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sabato 24 agosto 2019

Brucia la terra.

Gli incendi che stanno devastando le foreste (Siberia, Amazzonia...) addolorano tutti coloro che hanno a cuore il destino della terra e ci spingono a proporre questa riflessione.
Post di Gian Maria Zavattaro.

E' peggio che villano, è criminale infliggere una ferita non necessaria all'albero che ci nutre o ci protegge. 
I vecchi alberi sono i nostri genitori, e forse genitori dei nostri genitori. [...] 
Guardati dall'uomo che abbatte un albero per raggiungere i frutti!
(Henry David Thoreau, Ascoltare gli alberi).

Incendio del 2013,
Foresta nazionale in California.
La preoccupazione ecologica ormai da tempo si è trasformata in problema politico e fa parte della consapevolezza collettiva della relazione  tra l’agire dell’uomo e gli squilibri del mondo naturale. Riflettere sull’ecologia è la premessa per parlare sensatamente di ogni tipo di inquinamento, del  verde in città, degli incendi dolosi, del traffico, dell’inceneritore, della speculazione edilizia, delle aree dismesse, dei rifiuti urbani…
Nella cultura attuale si scontrano, senza possibilità di incontro, due visioni del mondo antagoniste. Una, di gran lunga  dominante, è “il principio Babilonia”, così definito da Enrique Dussel (1): la morale sociale  della dissipazione, distruzione, desolazione della terra  che segna tutti noi con un marchio che rischia di divenire indelebile (cfr. Apocalisse 8, 7).
Fumo che oscura il cielo,
nell'incendio del 2016 in California.
L’altra è il “principio Gerusalemme”, per il quale la terra non appartiene all’uomo:  è l’etica comunitaria che vuole passare dalla produttività alla convivialità, che si guarda bene dall’esecrare il progresso, che  ha fede nell’homo faber, ma rifiuta il modello dello sfruttamento sregolato delle risorse  e dell’uso spregiudicato delle tecnologie, con le conseguenti  ritorsioni contro la vita,  messa a repentaglio in ogni  sua forma.
Il principio Babilonia è  la concezione strumentale  della natura, separata dall’uomo. E’ l’atteggiamento predatorio che  lo stesso linguaggio entrato in uso comune sembra emblematicamente sottolineare (il suolo “si sfrutta”, le montagne sono  “soggiogate”,  i fiumi “regolati”, “si penetra nelle foreste vergini”…): linguaggio maschilista che da tempo ha prodotto la giusta collera dell’ecofemminismo. 
Fumo che oscura il cielo,
 nell'incendio del 2016 in California
E’ la distruzione della terra, non più “sorella” ma materia sfruttabile e distruttibile all’infinito, redditizia per la crescita del tasso di profitto; è la forma arrogante di conquista e di dominazione non solo economica ma anche culturale, le cui formule sono così sintetizzate da Bateson: noi contro l’ambiente – noi contro altri uomini – è la singola spa o multinazionale che conta – possiamo avere un controllo unilaterale dell’ambiente – viviamo all’interno di una frontiera che si espande all’infinito – il determinismo economico è una cosa ovvia e sensata – la tecnica ci permetterà di attuarlo”.

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Pubblicato il 27 luglio 2019
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Il  nesso uomo - società - ambiente non è solo un problema politico o economico ma coinvolge i valori essenziali della vita umana.
Oggi è  il tempo di nuove proposte in nome dell’etica  della responsabilità.
Ma questa espressione è molto vaga e deve essere chiarita: chi è responsabile? Di fronte a chi e di che cosa?  Verso i propri simili e per il tempo dell’umanità che si intravede? Verso le future generazioni? Verso i propri contemporanei è indiscutibile; verso le generazioni future è più problematico perché la responsabilità è per definizione personale e non un generico auspicio collettivo del rispetto. L’etica del dovere, della pietas, dell’empatia come partecipazione alla sofferenza di un’altra creatura, come solidarietà, è un  impegno ed una scelta del singolo, di ognuno di noi. Questo impegno è  il segno del nostro futuro ed insieme l'unica garanzia che ci può preservare dal pericolo, ricorrente e permanente, di un mondo che in ogni momento potrebbe rivoltarsi e travolgerci.
Incendi nelle contee di Yolo e Napa 
in California, 2018
Alla fine degli anni ’80 Dussel lanciava un monito ed  una possibile via di salvezza coerente con il suo “principio Gerusalemme”: ”La natura, la terra, la sua biosfera ed atmosfera, le sue acque sono ferite a morte. L’incremento distruttivo non è lineare, ma organico, cioè le regioni centrali resisteranno meglio alla crisi; la periferia, le nazioni povere, moriranno prima. La crisi è mondiale, ma i responsabili politici economici e militari del sistema distruttivo della natura sono oggi nel mondo le potenze sviluppate del centro perché inquinano la terra per più del 90%, pur rappresentando solo il 30% della popolazione mondiale. […] Non sarà che modelli di relazione uomo-natura più poveri, meno distruttivi, meno consumistici, più economici, più pazienti, più popolari, più rispettosi della terra, potranno sorgere soltanto in seno a quei popoli nei quali il grado di contraddizione tecnologica non è ancora arrivato al livello raggiunto dal capitalismo centrale avanzato? Non sarà che la rottura del sistema distruttivo si effettuerà solo quando verranno ridefinite le relazioni persona-persona? Se i popoli periferici si libereranno, questo non produrrà un’inversione di tendenza non solo nella relazione Nord-Sud, ma anche in quella uomo-natura persona?” (2) A più di trent’anni  di distanza che cosa rispondere oggi?

La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. 
Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra.
(Messaggio di Capriolo Zoppo della tribù di Duwamish
 al presidente degli USA Pierce, 1854).

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Pubblicato il 21 agosto 2019
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Note.
1. Enrique Dussel, Etica comunitaria, Cittadella editrice Assisi, 1988. cfr. in particolare i capitoli 3° (Morale sociale vigente:“il principio Babilonia”); 5°(Etica comunitaria:“il principio Gerusalemme”); 18° (Etica ecologico-culturale). 
2. o.c., p.216.

6 commenti:

  1. Mirella Impellizzeri24 agosto 2019 alle ore 19:59

    Disastroso, tutta la vita sul pianeta ne pagherà le conseguenze!

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    1. Verissimo! A noi resta la responsabilità di non chiuderci nel silenzio, per non esserne complici.

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  2. Grazie Gian Maria, Rossana e Rosario per le vostre riflessioni!

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  3. Il titolo ,molto forte, è giustificato dalla questione indagata, che, come risulta nell’analisi, va oltre il piano teorico : nasce indubbiamente dal Male. Perché deturpare, distorcere ciò che è venuto dalla Mano del Creatore, non può che essere Male ( in coerenza con l’essenza del male ). Giustizia, Umanità, Comunità, Prossimità, Relazione , ne sono investiti ed impediti.
    Accorate, ma ben calibrate le esortazioni di Gian Maria, che prendono forma dall’’invito alla responsabilità individuale e collettiva.

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    1. E’ questa la tremenda spaventosa banalità del male di cui è paradigma, ed insieme metafora, la distruzione del creato operata dalla vastità degli attuali incendi. Sempre puntuali ed approfondite le tue riflessioni.

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