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mercoledì 4 giugno 2025

Tutto inizia per caso?

Caso, destino, scelta
Post di Rossana Rolando
 
John Melhuish Strudwick, Un filo d'oro, 1885
Il caso
In un aneddoto della scuola scettica si racconta di un pittore greco, Apelle, che si ostina nel voler disegnare la schiuma alla bocca di un cavallo senza riuscirci. Alla fine, stanco e irato, per il suo fallimento, lancia la spugna intrisa di acqua e colori contro la tela e, così, casualmente, proprio quando ha rinunciato alla sua impresa, ottiene quello che cercava. Il caso ha fatto ciò che egli non ha saputo fare, sostituendosi alla sua inutile caparbietà.
L’espressione “per caso” (forte, in latino; τυχαίως, in greco) ha molteplici significati: nel racconto, appena citato, essa indica un accadimento fortuito, che capita senza essere previsto o programmato.
 
Caso o destino?
La filosofa Agnes Heller, vissuta lungo il corso del Novecento e oltre (1929-2019), ha dedicato al tema un suo libro autobiografico dal titolo Il valore del caso, vedendo nella coincidenza degli eventi ovvero nel caso, tutta la serie delle circostanze che non dipendono dalla libera scelta, siano esse favorevoli all’incremento della vita, o siano esse, al contrario, portatici di rovina.
Quello che noi siamo, il nostro carattere – come dice Eraclito – è il frutto di tante componenti innate, ma anche di elementi imprevedibili che, dall’esterno, contribuiscono a plasmare in un modo anziché in un altro le nostre inclinazioni. L’elenco delle condizioni non volute direttamente, ma trovate e vissute, è lunghissimo.
John Melhuish Strudwick, I giorni passano, 1878
Per caso, Agnes Heller ha un padre che, prima di addormentarsi, le legge poesie ungheresi, tra cui quelle dei bardi del Galles, i quali preferiscono essere bruciati sul rogo piuttosto che salutare il Re con ossequiose formule: e questo determina in lei un aspetto del carattere, quello di essere sempre pronta alla ribellione, nei confronti della coercizione esercitata dall’autorità.
Per caso, è figlia di genitori che non litigano e il loro esempio la costituisce in modo tale da respingere il litigio anche quando sarebbe necessario.
Per caso, nell’Ungheria del 1939, frequenta la scuola ebraica, in cui incontra studenti molto intelligenti, in concomitanza con le leggi che proibiscono agli ebrei di iscriversi al Liceo pubblico.
E così si potrebbe continuare.
Perciò Agnes Heller domanda:
“Tutto inizia per caso? Tutte le coincidenze, anche quelle infelici, possono in un modo o nell’altro diventare felici? Una coincidenza è sempre anche una svolta del destino? E una svolta del destino è sempre casuale? […] Il caso però, che sia una benedizione o l’inferno, è sempre un valore, un’opportunità, la possibilità di conoscere meglio il nostro carattere e di cambiare le nostre vite” (Il valore del caso, Castelvecchi ed., pp. 146-147).
Si comprende, in questi interrogativi, la complessità che si racchiude nel concetto di “caso”, tutto giocato tra due estremi: da una parte la necessità del destino; dall’altra parte, la libertà che trasforma l’evento apparentemente casuale in un’opportunità di cambiamento, nella direzione di una più completa umanità e felicità.
Comunque, il caso sembra mantenere un’impersonale consistenza, è un attore della storia, individuale e collettiva, non meno delle libere decisioni di ciascuno. In forma secolarizzata, esso richiama la concezione religiosa della provvidenzialità e, comunque, interroga sul tema del destino.

Lettura teologica
John Melhuish Strudwick, Nei giorni d'oro, 1907
Sempre nel Novecento, ma in campo teologico, lo stesso enigma è scandagliato dal grande pensatore tedesco Dietrich Bonhoeffer. Meglio di altri, egli ha saputo descrivere questo misterioso passaggio dall’impersonalità del caso alla necessità invisibile di un superiore disegno: “il mio problema, in sostanza, è come in questo ‘esso’ (destino), possiamo trovare il tu o, in altre parole, come dal destino nasca effettivamente la guida (Resistenza e resa, Edizioni paoline, p. 289). La cosa risulta tanto più problematica nel momento in cui la storia appare, ai nostri occhi, come un cumulo insensato di tragedie.
Parafrasando Montale, in Ossi di seppia, si potrebbe essere tentati di dire:
Non ho incontrato il bene se non di traverso,
in un’occasione di pura casualità:
il ruscello che non gorgoglia,
la foglia che non si incartoccia,
il cavallo che non stramazza.
Lo sa bene Dietrich Bonhoeffer, che ha resistito al male e ha pagato con la vita il prezzo della propria opposizione alla furia hitleriana. Condannato a morte, viene impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg, il 9 aprile 1945. Le sue parole non sono dunque espressione di un’astratta teoria, ma testimonianza di un impegno fiducioso nel senso ultimo della storia e della vicenda umana: “Sono certo che Dio non è un Fato atemporale, anzi credo che egli attende preghiere sincere e azioni responsabili, e che ad esse risponde (Ibidem, p. 68).

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