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domenica 23 giugno 2024

Riscoprire il Liceo Classico.

La sfida è non solo capire che cosa la società civile chiede alla scuola ma anche che cosa la scuola può e deve chiedere alla società civile.
Post di Gian Maria Zavattaro
Illustrazioni di Marco Somà, al libro di Luca Tortolini dal titolo Che cos'è la scuola, ed. Terre di Mezzo (qui il sito instagram)
 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola
In occasione dei 150 anni del Liceo Classico di Biella.  
La scuola dovrebbe avere sempre come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniosa, non ridotti a specialisti. Lo sviluppo dell'attitudine a pensare e giudicare autonomamente dovrebbe  sempre essere al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate.(A.Einstein)
 
Ho esercitato il servizio di preside del Liceo Classico di Biella dal 1991 al 2002. L’intervento che gentilmente mi è stato richiesto non vuole essere un panegirico farcito di convenzionali flatus vocis: non credo interessi a nessuno. L’anniversario del Liceo - circostanza gioiosa irripetibile doverosa - dovrebbe piuttosto a mio avviso far pensare: suggerire di cogliere l’occasione per andare innanzi (lat. pro-cedere) nella consapevolezza che “la scuola è un laboratorio che anticipa ciò che dovrebbe essere nel futuro la collettività” (Papa Francesco).
 
Per Prima Cosa intendo unirmi idealmente a tutte le generazioni e persone che hanno vissuto, in modi e ruoli diversi, la storia del Liceo dall’inizio ad oggi. Sono tutti i presidi, i docenti e non docenti, alunni e alunne, le famiglie nel susseguirsi di generazioni accomunate dall’insegnare-imparare. Sono l’impegno dei dirigenti, la passione dei docenti, la dedizione dei non docenti, i sogni degli studenti, nel quotidiano travaglio di tutte le componenti - donne e uomini, giovani e non giovani - con le loro gioie, speranze e frustrazioni, mediocrità ed eccellenze, successi e sofferenze, illusioni e delusioni, libertà e servilismi che sono i vissuti di ieri e di oggi.
E poi intendo raccontare come penso debba continuare ad ardere l’anima del Liceo Classico biellese, emblema dell’anima di tutti i licei d’Italia. Vuol dire raccontare la sfida nuova-antica che ogni giorno affrontavano ed affrontano i docenti, gli studenti, le famiglie: il Liceo è capace di “educare” ed essere “luogo” di autentiche relazioni e di cultura?
 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
LA SCUOLA È “PRESENTE” nel suo tempo nelle triplice modalità di “esse nosse velle - esse: presente del presente […] - nosse: presente del passato […] - velle: presente del futuro […] .
La scuola dunque “siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi”(1). Sconfina, sfugge ad ogni esclusiva appropriazione o appartenenza: fa parte del suo tempo ma non si perde in esso, si radica nella storia del passato di cui ha memoria, nella pre-visione di un futuro più umano. È “extraterritoriale”, cioè a servizio delle persone ma mai serva né monopolio di nessuno.
Tutte le scuole hanno un’anima, il rischio è tradirla. M. Augé direbbe che anche la scuola da “luogo” potrebbe trasformarsi in “non-luogo” di relazioni ed educazione. Per il Liceo il rischio è che la sua anima si dissolva nel conformismo gregario, nei labirinti burocratici, nella resa al disincanto, nello svuotamento quotidiano dell’I Care, nella rassegnata accettazione di imposizioni che ignorino le vere urgenze.
“ANIMA” è la singola identità di ogni scuola, il suo respiro di humanitas, di attese aspirazioni e speranze; è il suo modo di vivere le relazioni tra preside - docenti - alunni-famiglie; è il gusto della libertà di pensiero, di ricerca del sapere; è, oggi soprattutto, la riscoperta della “lentezza” (festina lente!) che sconfessa l’illusorio mito del “subito ed ora” di chi vive e vede se stesso gli altri e il mondo sempre e solo di corsa.
Lentezza: la chiave per “vedere”, leggere, decifrare, interpretare, interrogare ed interrogarsi. Senza un tempo più lento non esiste nessun genere di lettura non solo di libri cartacei o virtuali, ma di se stessi, degli altri, del mondo sociale e naturale.
Anima è apertura agli incontri, alla convivialità, all’ospitalità, alle avventure che si chiamano poesia, meraviglia, gratuità, bellezza; è il veleggiare da una disciplina all’altra (nessuna esclusa!) con la parola, l’ascolto, la lectio faccia a faccia con gli allievi; è educare alla cittadinanza e alla comprensione della complessità favorendo sia il pensiero convergente (contenuti e regole funzionali ai bisogni-interessi della società) sia il pensiero divergente (creativo innovativo critico) che non tollera nessuna sudditanza.
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
Anima che, senza divenirne succube, si vale dell’ésprit de géometrie (di cui oggi emblema è l’Intelligenza artificiale con tutti i suoi limiti e implicite minacce) ma ancor più vive l’urgenza dell’ésprit de finesse nella didattica quotidiana, che è guardare in faccia gli alunni e insieme esplorare e praticare l’humanitas: il senso profondo della "contemplatio" latina, della "theoria" nel senso greco originario di “osservare”. Non lo sguardo distratto e superficiale, al contrario un atteggiamento, una presenza "pienamente presente" che sa andare al di là di ciò che appare (la doxa) e disvelare ciò che era celato e nascosto (a-letheia), che vuole opporsi al ritorno della barbarie intesa secondo l'etimo greco come incomprensibile balbettio, incapacità di comunicare, assenza di parola, di logos, al limite di pensiero, incapacità appunto di "vedere" criticamente la realtà e di rapportarsi ad essa con responsabilità.
Anima che pone continuamente una domanda: quale ruolo hanno gli insegnanti nella vita di ogni loro alunno? Può rispondere solo chi nel quotidiano relazionarsi sa “vedere”, cioè guardare negli occhi, leggere i bisogni di ognuno per dare senso al cammino degli allievi, accompagnarli, com-partecipare con attenzione e con passione, educare (ex-ducere), condurre fuori dal caos, dalla frammentazione, dall’insignificanza: appunto in-segnare, imprimere segni nella mente e nel cuore e dare nuove opportunità a chi non ne ha. La domanda in ogni caso va vissuta come sfida concreta circa la responsabilità che ogni insegnante ha nella vita dei suoi alunni in rapporto al suo quotidiano dialettico relazionarsi, in-segnando loro ad emozionarsi, sorprendersi, scoprire per esempio che l’interrogazione non è un modo fiscale per trovare il punto debole nella preparazione, ma il momento in cui ognuno può dire che ce l’ha fatta o ce la farà a conoscersi, capire e farsi capire, amarsi ed amare, pro-cedere, fare un passo avanti nella scalata delle difficoltà ed infine sentire, proprio perché lo si apprezza che anch’egli si può dare agli altri, perché non si dà ciò che non si possiede. Non ci sono molte alternative: il docente o è l’incubo persecutorio da cui, finito il liceo, finalmente ci si congeda per sempre oppure è il compagno di viaggio che qualche volta magari non aveva chiaro il senso del proprio viaggio - accompagnare e compartecipare alla fatica del crescere - ma che continuamente si è reso e si rende disponibile - nella cooperazione tra docenti con i singoli alunni - ad un cammino di volta in volta insieme chiarito e tracciato… […]
 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
IL SIGNIFICATO. La scuola da tempo non è più l’unica agenzia formativa e neppure la più importante e decisiva di fronte allo strapotere e il pullulare dei media virtuali. Oggi si “impara” molto di più fuori che dentro la scuola. Gli studenti passano mediamente 4-5 ore al giorno a scuola, ma ne passano ben di più e per tutti i 12 mesi dell’anno a chattare notte e giorno, sui social, in internet, alla tv, nei video-audio virtuali di ogni specie…In che senso allora la scuola è ancora luogo delegato all’istruzione? La risposta sta nel decidere quale deve essere oggi lo specifico della scuola, liceo in particolare: trasmettere informazioni, nozioni competenze continuamente superate dalle esigenze del mondo produttivo, del mercato, del progredire rapido della tecnologia, oppure offrire strumenti critici di lettura-interpretazione della realtà (l’io, l’altro, il mondo).
Innanzitutto la scuola è“luogo” di relazioni in cui gli alunni vivono situazioni cariche di significati e di valori e per comprenderle servono capacità critiche. Rimane indubbiamente la necessità dell'acquisizione di conoscenze, anzi occorre conoscere molto più di prima, ma limitare il ruolo della scuola alla trasmissione di nozioni-competenze (indicate dai signori dell’economia-produzione-commercio) significherebbe rendere la scuola oggi in-significante. La scuola è luogo di relazioni: tra docenti che rappresentano il mondo degli adulti ed i giovani alunni; con le istituzioni locali e il territorio (comune,provincia, regione, ASL, associazioni culturali, mondo del lavoro, volontariato ecc.); con la società globale (nazionale, europea, mondiale). In questo contesto l’insegnamento, qualunque cosa si faccia, è carico di valori e onestà vuole che i docenti li esplicitino nella dimensione di un pluralismo dialogico aperto ad ogni confronto e rispettoso della “debolezza” del giovane.
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
L’insegnamento, qualunque cosa si faccia, è sempre proposta di conferimento di senso: i fatti ed il mondo non sono mai muti e sono letti secondo il bisogno insopprimibile di ognuno di porre domande, interpretarli, riferirli a sistemi di significati e di valore assunti liberamente e consapevolmente. Scuola laica, non laicista, dove l’educazione non è ideologia, ma è aperta a tutte le proposte valoriali, rispettosa di tutte le religioni e culture, luogo in cui ciascuno può vivere la sua speranza e partecipare alla costruzione della società democratica. Non esiste l’insegnante neutrale o asettico, la cui falsa posizione è non prendere mai posizione. Ad ogni insegnante piuttosto si richiede di non essere mai settario né fazioso né parziale: in altre parole rispettoso della libertà di crescita degli alunni, anzi funzione del loro rendersi indipendenti, capaci di scegliere e di assumere le proprie responsabilità familiari professionali sociali. Il docente è insieme educatore ed operatore sociale con specifiche qualità necessarie per accettare qualunque alunno si presenti, adattando il suo insegnamento alle forze ed alle debolezze di ciascuno. Prospettiva che presuppone docenti di alto livello e profondamente motivati, reclutamento severo, valutazione severa, stipendio serio […].
 
IL LICEO INTERAGISCE CON LA SOCIETÀ E IL TERRITORIO. All’inizio di ogni anno scolastico da tempo si nota il crescere del divario sempre più a forbice tra la scuola (discorsiva, in presenza, centrata sulla parola scritta-parlata-pensata e sul linguaggio verbale e non verbale) e la società civile (iconica fuggente virtuale produttiva del qui-subito immediato, dell’accelerazione e del superamento). 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
Da una parte si tenta di prediligere il possesso della parola. Dall’altra vige il primato della comunicazione virtuale: messaggi istantaneamente recepibili nella loro multiforme varietà, accattivanti, persuasivi, seduttivi: sindrome della crisi della scrittura e della lettura, i cui tratti salienti sono brevità, movimentazione, povertà del linguaggio e delle idee, ridotte - nei salotti virtuali - a battute e battibecchi. Si intrecciano così oggi, ma anche si scontrano, due paradigmi, due diverse concezioni dell’insegnare e dell’apprendere che, a livello europeo, hanno provocato ampi dibattiti sul futuro dell’insegnamento: uno centrato sul concetto “classico” di PAIDEIA, intesa come formazione della persona, l’altro centrato sul concetto “moderno” di acquisizione delle competenze funzionali alla vita attiva e al proprio posizionamento nel mondo del lavoro e dell’impresa. In questo tempo dell’ambivalenza, segnato dalla “transizione” oltre la secolarizzazione e la globalizzazione, la sfida è non solo capire che cosa la società civile chiede alla scuola ma anche che cosa la scuola può e deve chiedere alla società civile. Proprio il liceo è oggi chiamato ad interrogarsi e interrogare sul rapporto scuola-società, per “non dimenticare che si può guardare il cielo”, che non si deve obnubilare il problema del destino di ognuno di noi, della nostra esistenza nell’universo, del valore e della precarietà del nostro esistere. Vuol dire domandarsi: che cosa ci è concesso sperare e che cosa significa oggi pensare? Educare a pensare è la grande scommessa di oggi, contro ogni tentativo di clonazione: educare alla parola, reagire al corto respiro degli adulti e insieme essere capaci di pensare i punti di vista dell'altro. Vuol dire apertura mentale, creatività contro conformismo, consapevolezza metodologica e critica, rigore epistemologico e insieme solidarietà e accoglienza dell'altro e della sua diversità, consapevoli delle radici storiche della nostra identità, convinti come Cicerone che "nescire quid ante quam natus sis acciderit id est semper esse puerum". 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
Contro questo infantilismo culturale è la ragione specifica del Liceo. Il termine culturale, decisamente ambiguo e polivalente, viene qui assunto sia nell’accezione proposta da don Milani (possesso della parola, appartenenza alla comunità e cittadinanza) sia nell’accezione di H.Gadamer possesso della parola come domanda della filosofia, della scienza, della tecnica; parola della Poesia che sa stupire, meravigliarsi, gustare, riconoscere e renderci responsabili delle bellezze del mondo; parola della riconciliazione, del perdono e della promessa nell’incontro delle diversità. Solo in questo contesto culturale ha senso l'acquisizione di questo o quel sapere specialistico, della “competenza”.
 
IL DIRITTO ALL’APPRENDIMENTO, ALL’ECCELLENZA, AL MERITO si colloca nell’ottica della riduzione delle disuguaglianze, dell’attenzione ai più deboli e alle nuove e vecchie povertà non solo economiche. Il Liceo, come ogni scuola, è un bene comune, che spetta a tutti curare. È luogo dell’ascolto, dell’accoglienza e della valorizzazione di ogni singolo studente, soprattutto di chi è in situazione di svantaggio, per far sì che ciascuno possa esercitare appieno il diritto di imparare, di dialogare in termini di reciproca accoglienza ed ospitalità di ogni identità e diversità. La scuola è “luogo” dove si gioca in buona parte il destino dell’integrazione culturale, rispettosa di tutte le identità e differenze, nella piena consapevolezza che i divari educativi possono determinare più insidiose povertà e nuove forme di ingiustizia e selezione. Il diritto all’apprendimento, all’eccellenza, al merito si dispiega solo se insieme all'uguaglianza degli accessi si affermano condizioni organizzative e didattiche per una uguaglianza delle opportunità di riuscita e di risultati, con interventi educativi differenziati e processi formativi individualizzati che consentono anche la cura dell’eccellenza. 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
Solo così non è insensato parlare di merito: parola ambigua se fa esclusivo riferimento al traguardo, al successo, e non si riferisce prioritariamente al cammino fatto, soprattutto da chi parte da posizioni addirittura svantaggiate. Ugualmente ambiguo il modo di intendere la competizione: dal latino cum - petere, tendere verso e ricercare insieme, non ognuno per sé. Nulla da spartire con la competizione mediata dal mercato. […] Si deve esprimere invece nell’emulazione, si esalta nel dialogo, non nell'esclusione, rimanda alla piena realizzazione di tutte le potenzialità, alla valorizzazione ottimale dei talenti di ogni alunno, alla capacità di rispondere in modo funzionale e singolare ai loro bisogni.
 
IL LICEO luogo della speranza, chiave di volta per ogni processo di crescita e categoria fondamentale della scuola. Speranza e utopia segnano l’arte del pensare. Non ci sarebbero scuole se non coltivassimo una qualche speranza. […] È per la società - cito P. RICOEUR - ciò che l'invenzione è per la conoscenza scientifica. Per la scuola è la capacità di riscoprire il gusto del sogno fondato, non quello dell'evasione miracolistica, ma quello che poggia sulla centralità dell'alunno e della persona, sull'etica della responsabilità e della promessa, sull’incontro delle diversità, non subite ma accolte come ricchezza. Scuola che, come l'eros platonico, è figlia di povertà e ricchezza, e perciò stesso "filosofa", inquieta e nomade ricercatrice di verità e di possibilità inesplorate. Testimone sul territorio della speranza, anche nei tempi di privazione, la scuola non cessa di mettere in guardia, come Socrate, da quello che Platone definisce lo "Stato dei Porci": termine non associato come per noi all’idea di volgarità o di basso benessere, ma che rimanda ad una comunità sonnolenta paga di tutti i suoi bisogni soddisfatti, che non affronta il vero compito dell'uomo, che consiste nella responsabilità verso l'altro...
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
I DOCENTI, I GENITORI, I GIOVANI. Il rapporto fiduciario è la risorsa sociale fondamentale alla base della convivenza non antagonista-conflittuale. Senza fiducia reciproca non c’è speranza di socialità: il rischio è anche nella scuola il bellum omnium contra omnes.
DOCENTI. I […] La scuola non “pro-cede” se i docenti si arrendono, se non scoprono o riscoprono la passione di in-segnare, sognando con gli studenti un mondo che non c’è: pazzia che non cede al ricatto del disincanto, pazzia dell’humanitas e della compartecipazione empatica. In ballo è la deontologia del docente, dell’insegnare ad apprendere. Heidegger ne vide l'eccezionale complessità […] in "Che cosa significa pensare?": «Insegnare è più difficile che imparare perché insegnare significa fare imparare. Un vero maestro infatti nient'altro fa imparare che questo: l'imparare....Il vero maestro soltanto in questo anticipa coloro che da lui imparano: egli deve imparare molto più di loro perché deve imparare a "fare imparare"». […] Sapremo comunicare con gli altri solo se sapremo comunicare con noi stessi, perché decentrati da noi stessi potremo essere centrati sull’altro. Il docente si mette in gioco, rifiuta uno stato di neutralità: presenza non autoritaria, vuole incidere sulla vita dell’altro, non in modo direttivo, ma mediante un movimento di empatia che è capacità di mettersi al posto dell’altro, senza confondersi o perdersi nell’altro. (K. Rogers direbbe “calore freddo”). Professione agapica nel segno del servizio, ma anche della forza: si sta in piedi non in ginocchio.
 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
GENITORI. […] Il patto con le famiglie comporta un reciproco esigente ed urgente impegno a superare la cronica emergenza educativa degli adulti e di non pochi genitori, spesso per mille motivi indisposti a gestire con autorevolezza la quotidiana dialettica con i figli adolescenti, ma dispostissimi nei colloqui con i docenti a sublimare la loro incapacità con l’aggressione difensiva ad oltranza sempre comunque, a scapito della autorevolezza e della serenità dell’insegnante.
 
STUDENTI. […] Il rapporto Giovani 2023 dell’Istituto Toniolo. Giovani “tra incertezza e voglia di un nuovo protagonismo”, che chiedono più ascolto: ritratto d’una generazione scoraggiata, dal “forte desiderio di dare valore ad ogni esperienza di vita, senza rassegnarsi ad una presenza di basso profilo”. […] È l’ennesimo riconoscimento della scuola come pilastro fondamentale della società civile in una democrazia vitale: il “luogo” della socializzazione e dell’avvio alla cittadinanza consapevole, forse l’unico mezzo efficace per eliminare ogni discriminazione, per accogliere-ospitare nel senso sopra espresso e assorbire l’impatto dei flussi migratori mondiali nell’ottica della inclusione, per imparare il significato del vivere insieme, cogliere i valori umani della vita associata e della partecipazione, rendersi utili al prossimo, riconoscere il valore della differenza e del dialogo interculturale come unico possibile strumento di incontro e confronto con chi ha visioni antropologiche diverse, nella comune condivisione di scelte che invocano e reclamano tolleranza, solidarietà, ospitalità reciproca, libertà sociologiche, giustizia, pace, la responsabilità di ognuno verso gli altri e le generazioni future.
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola?
Ecco allora l’ultima domanda. Gli alunni escono dal Liceo tutti maggiorenni e formalmente “maturi”: quale espansione il Liceo consente e consentirà, promuove e promuoverà perché possano esercitare la loro cittadinanza attiva?
 
L’augurio a tutti, ad ogni insegnante, studente, genitore:il coraggio di promuovere insieme - ognuno con la propria sensibilità esperienza responsabilità - la passione degli studi liceali come comunione di studium e itinerarium: cammino misto di partecipazione emotiva, dialogo, gioia, fatica e anche di qualche ineludibile sofferenza.
Ai docenti esprimo come auspicio l’elogio che intorno alla metà del ‘400 Ludovico Carbone tesseva del suo maestro Guarino Veronese: "quot homines, natura barbaros, a loquendi barbarie liberavit eosque in patriam lingua et arte latinos factos remisit” con l’avvertenza che latinos oggi non può che significare cives: cittadini del mondo, consapevoli dei propri doveri e dei diritti degli altri, di qualsiasi etnia cultura religione condizione.
Agli studenti dedico alcuni pensieri tratti da un opuscolo, che mi ha accompagnato nei miei primi passi di giovane docente sul finire degli anni ’60, che mi paiono attualissimi…
 
Non vi arrendete, come abbiamo fatto noi, non seguite le seduzioni, riflettete, rifiutate, respingete.
Riflettete, prima di dire sì, non date retta subito,
non credete neppure all’evidenza,la credulità addormenta,
e voi dovete essere svegli.
Cominciate con una carta bianca
e scriveteci voi stessi la prima parola,
non accettate nessuna prescrizione.
Ascoltate bene, a lungo, attenti,
non crediate alla ragione cui noi ci siamo sottomessi
Incominciate dalla tacita rivolta della riflessione,
indagate e rifiutate.
Costruite a poco a poco il sì della vostra vita.
Non vivete come noi. Vivete senza paura”.
(W. Bauer, Speranza per oggi e per domani, Cittadella editrice Assisi,1969, p. 37)
 
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2 commenti:

  1. Mi sento onorata di essere insegnante del Liceo Classico di Biella. In questi 29 anni ho vissuto un’esperienza vera, fatta di incontri, di condivisione, ho imparato tanto. Ringrazio infinitamente il Preside che tanti anni fa mi accolse e mi diede fiducia. È quella fiducia che ho cercato di servire ogni giorno, incontrando i miei allievi, i loro genitori, i miei colleghi e le tante persone che fanno il Liceo classico di Biella: scuola che ha in se stessa una profonda umanità, costituita non solo dalla bellezza di ciò che si studia, ma anche dalle relazioni che nascono, dagli incontri che hanno tessuto legami veri, indimenticabili. Questa attenzione alla ‘Persona’ deve rimanere lo scopo profondo, principale della mia scuola, della scuola. Solo così possiamo costruire comunità vere, in cui non solo trasmettiamo nozioni, ma uno stile di vita fondato sulla fiducia e sulla collaborazione. Ringrazio di cuore e vi abbraccio. Patrizia

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