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Visualizzazione post con etichetta scuola pubblica. Mostra tutti i post
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giovedì 4 settembre 2025

La scuola: a che serve? Chi serve?

Post di Gian Maria Zavattaro 

Demetrio Casola, Il dettato, 1890
“Un popolo ignorante non è un popolo libero, non ha spirito critico, non è in grado di operare delle scelte consapevoli e responsabili”. 
 
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato. Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee.” (M. Benasayag).
 
PREMESSA
La qualità della struttura scolastica è la prima condizione materiale del fare scuola, perché rende efficace e gradevole sia vivere nella scuola sia il coerente lavoro didattico. Purtroppo gli edifici scolastici non brillano per il loro splendore architettonico, ma per le carenze strutturali. Eppure tutti sanno che un ambiente inadeguato e scarsamente funzionale - dai docenti ed alunni percepito come estraneo e degradante - dà luogo ad una vera e propria riduzione delle possibilità educative. La condizione in cui versa l’edilizia della scuola pubblica è immediatamente rivelatrice della considerazione - valutazione - in sede politica e di governo - del suo ruolo sociale. In altre parole la pessima condizione edilizia di una scuola è indice, più che di scarsa considerazione, di grave sottovalutazione del suo ruolo: segno di un cattivo stolto irresponsabile governo.

giovedì 19 giugno 2025

Dialogo tra generazioni sulla pace...

Post di Gian Maria Zavattaro

Albert Anker, Nonno e nipote, 1893
“La pace non è assenza di guerra, è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia. (B. Spinoza - 1632-1677 cfr. Trattato politico).

Ho letto a mio nipote undicenne il testo sopra citato. Abbiamo discusso a lungo. Riporto la sintesi della nostra discussione.

Siamo d’accordo: la pace non è assenza di guerra. Poi però per entrambi l’inizio del dialogo diventa impegnativo e laborioso: dobbiamo entrare in sintonia, spiegare l’uno all’altro con i nostri diversi linguaggi che cosa per ognuno di noi voglia dire la parola pace, “virtù, stato d’animo, disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia” e poi insieme attribuire un concorde significato univoco … Beh, abbiamo faticato un po’, ma non ci siamo arresi ed infine ci siamo accordati su un linguaggio per entrambi accettabile, sintetizzato nelle riflessioni di seguito riportate.

Quando Spinoza afferma  che “la pace non è assenza di guerra”, vuole  farci capire  che non basta dire ciò che la pace non è, ma ciò che è e deve essere. Certo, la pace è assenza di guerra: soprattutto oggi l’assenza di  guerra sarebbe necessaria perché le modalità di  distruzione  sono talmente imponderabili che non c’è nessuno in grado di controllarle e di impedire che l’umanità si dissolva, precipiti nel silenzio degli olocausti. e dei cimiteri….

Spinoza sapeva bene che la parola pace - in ebraico Shalom - vuol dire “ integrità, santità, buon ordine”: non un concetto negativo (semplice assenza di guerra) ma positivo: esplicita scelta quotidiana “virtuosa” che ognuno di noi liberamente costruisce e testimonia: “Virtù” che riguarda non solo i popoli ed i loro governanti, ma soprattutto ognuno di noi, come ci avverte la “Pacem in terris” (Papa Giovanni XXIII): “A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale”.

domenica 9 febbraio 2025

A docenti, alunni e genitori

Post di Rossana Rolando
 
Franco Matticchio, Altalena
Due logiche vanno oggi ad inquinare la possibilità di un insegnamento significativo, veramente teso alla preparazione degli studenti e ad un’autentica educazione per la vita.
 
Da una parte, la mentalità economicistica che si è imposta, impregnando di sé il linguaggio stesso dell’Istituzione scolastica. Ecco solo alcuni esempi:
· il passaggio dalla parola “Preside” (che aveva una valenza simbolica: colui/colei che presiede all’interno della comunità, facilita i rapporti tra le varie componenti e indica la direzione) al termine “Dirigente” (ripreso dal linguaggio aziendale e rispondente a criteri di efficienza burocratica, estranea alle relazioni);
· l’uso delle espressioni credito formativo e debito formativo per indicare premi o carenze nel percorso liceale (avere e dare al posto di crescere, quantità in sostituzione di qualità);
· la riduzione del curriculum scolastico ad un numero (facendo dell’alunno una sommatoria di punteggi, anziché una persona che si sta formando);
· la sottintesa mentalità competitiva che esaspera, negli studenti, l’ansia da prestazione e porta ad idolatrare il voto, impedendone la comprensione (non giudizio sulla persona, ma misurazione di un lavoro svolto);
· la certificazione di astratte competenze con cui si svuota il processo lungo e tortuoso dell’apprendimento …
Dall’altra parte, l’approccio clientelare ormai diffuso, che costituisce la mutazione più velenosa per la scuola e fa sì che essa si trasformi in una fabbrica di prodotti appetibili (progetti di ogni genere, indirizzi liceali “più piacevoli”, attività straordinarie, viaggi…) da “vendere”, in cambio di adesioni e popolarità. Gli alunni diventano così utenti, clienti da blandire e accontentare in ogni modo, per assicurare all’Istituto sopravvivenza e prosperità, in termini numerici.

domenica 19 gennaio 2025

LA SFIDA DEL CORAGGIO: INSEGNARE OGGI

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini di Franco Matticchio (qui il sito facebook)

Franco Matticchio
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato.  Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee” (M. Benasayag).                                                    

“Non possiamo aspettarci di raccogliere i fiori che non abbiamo mai piantato"… -  "La speranza non ha niente a che vedere con l'ottimismo: non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo, ma è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno" (V. Havel).

Coraggio: cuori pensanti che sperano, camminano insieme giovani adulti anziani, non si arrendono.

Sfida: provocazione con lo scopo di suscitare comunque reazioni….

Emergenza: situazione critica di estrema pericolosità pubblica che richiede risposte immediate.

Educazione: ex-ducere, condurre fuori (dal caos, dalla frammentazione, e insignificanza).

Insegnare: lat. insĭgnare, imprimere segni.

E evidente, almeno per me e per tanti, che la scuola è strettamente connessa al processo educativo: non è il tutto dell’educazione soprattutto nell’odierno pullulare mediatico dei social, I.A., agenzie alternative dalle forme più svariate: suadenti, seducenti, efficaci e per questo molto pericolose.  La scuola - con la famiglia - rimane  il “luogo” intenzionale e sociale più rilevante. Insegnare non è solo trasmettere nozioni: è entrare in relazione, interagire, comunicare in una dialettica di messaggi dati e ricevuti, verbali e non verbali, che compongono la comunicazione e relazione interpersonale. L’insegnamento, qualunque cosa si insegni, è sempre proposta di conferimento di senso. Non esiste scuola neutrale: non lo è la confessionale, non lo è la privata, non lo è quella laica Costituzionale. Chi non crede nel compito educativo della scuola (ogni scuola!) offende la propria ed altrui intelligenza, riduce la scuola a non-luogo, (1) che provoca ciò che Mounier, in riferimento a certe perverse prassi educative, chiamava “strage degli innocenti”.

venerdì 23 agosto 2024

Scuola di libertà.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Patrik Svensson (qui il sito instagram)
 
Patrik Svensson, Donna che danza
Il tema. In ogni ambito, come tutti ben sappiamo, la motivazione fa la differenza, andando a qualificare l’operare di ciascuno in un senso o nell’altro. Esistono motivi diversi – buoni, cattivi, giusti, sbagliati – per agire. La stessa professione, quella del medico per esempio, può essere svolta al fine precipuo di guadagnare soldi oppure può caricarsi specificamente di un forte valore vocazionale ed ideale. In ogni caso, quando la motivazione - di qualunque segno sia - si affievolisce, subentra la negligenza sonnacchiosa che tutto ingrigisce.
 
Perché lo faccio? Lo spazio dato alla motivazione è tanto più rilevante tra i banchi di scuola, in un’età delicata e complessa, com’è quella della giovinezza. Spesso risultati scolastici deludenti non dipendono da capacità, intelligenza, propensione, quanto piuttosto dalla motivazione che manca. Di lì il famoso “non si impegna”, “è svogliato/a”, “non studia abbastanza”. Il problema è capire cosa può accendere il desiderio. Per ciò che si ama, infatti, – uno sport, uno strumento musicale, un hobby … - si mettono in conto grandi fatiche. Curare la motivazione significa introdurre uno scopo, un oggetto d’amore capace di rispondere al perché di tanti sforzi. Questo permette di superare ostacoli e frustrazioni, rimettendo le cose al giusto posto, delimitando il peso esagerato di false istanze, alla lunga deboli, sgretolate dalla prima difficoltà o sconfitta.

lunedì 19 agosto 2024

Sul supposto ininsegnabile.

Post di Rosario Grillo
Immagini generate da DALL-E  (Intelligenza Artificiale)
 
Robot che disegna (generato da DALL_E)
Dacché lo Stato si è assunto l’onere dell’istruzione pubblica (1) - gli storici puntano verso il XVIII secolo - viene ad essere sotto osservazione generale l’attenzione “interessata” che il potere, sia esso monarchico o repubblicano, gli ha riservato. Al suo interno, votato al mantenimento dell’ordine ed alla trasmissione del costume, un ruolo andrebbe al pungolo critico degli intellettuali, nemici della “muffa stagnante” e agitatori del rimescolamento, in cerca della necessaria innovazione.
Una figura, l’intellettuale, purtroppo in via di estinzione, quando, per altro verso, più forte si fa la pressione del potere, moltiplicato ed esteso ad arco globale, con il fine di subordinare ai propri fini l’universo della “formazione”.
Basta richiamare l’Intelligenza Artificiale, per intendere; è incontestabile, d’altronde, la tendenza attuale dei sistemi scolastici, pilotata all’uniformismo.
Il nostro blog, su questo tema è tornato tante volte.
Mi limito ad aggiungere qualche considerazione, sollecitato dalla convergenza di due appunti. Il primo proviene dall’opera di G. Cambiano (2), che chiude la sua rassegna soffermandosi a lungo su Nietzsche. Il secondo è ricavato da un breve scritto di C. Zaltieri (3), trovato su internet.

domenica 23 giugno 2024

Riscoprire il Liceo Classico.

Post di Gian Maria Zavattaro
Illustrazioni di Marco Somà, al libro di Luca Tortolini dal titolo Che cos'è la scuola, ed. Terre di Mezzo (qui il sito instagram)
 
Marco Somà, illustrazione in Che cos'è la scuola
In occasione dei 150 anni del Liceo Classico di Biella.  
La scuola dovrebbe avere sempre come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniosa, non ridotti a specialisti. Lo sviluppo dell'attitudine a pensare e giudicare autonomamente dovrebbe  sempre essere al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate.(A.Einstein)
 
Ho esercitato il servizio di preside del Liceo Classico di Biella dal 1991 al 2002. L’intervento che gentilmente mi è stato richiesto non vuole essere un panegirico farcito di convenzionali flatus vocis: non credo interessi a nessuno. L’anniversario del Liceo - circostanza gioiosa irripetibile doverosa - dovrebbe piuttosto a mio avviso far pensare: suggerire di cogliere l’occasione per andare innanzi (lat. pro-cedere) nella consapevolezza che “la scuola è un laboratorio che anticipa ciò che dovrebbe essere nel futuro la collettività” (Papa Francesco).
 
Per Prima Cosa intendo unirmi idealmente a tutte le generazioni e persone che hanno vissuto, in modi e ruoli diversi, la storia del Liceo dall’inizio ad oggi. Sono tutti i presidi, i docenti e non docenti, alunni e alunne, le famiglie nel susseguirsi di generazioni accomunate dall’insegnare-imparare. Sono l’impegno dei dirigenti, la passione dei docenti, la dedizione dei non docenti, i sogni degli studenti, nel quotidiano travaglio di tutte le componenti - donne e uomini, giovani e non giovani - con le loro gioie, speranze e frustrazioni, mediocrità ed eccellenze, successi e sofferenze, illusioni e delusioni, libertà e servilismi che sono i vissuti di ieri e di oggi.
E poi intendo raccontare come penso debba continuare ad ardere l’anima del Liceo Classico biellese, emblema dell’anima di tutti i licei d’Italia. Vuol dire raccontare la sfida nuova-antica che ogni giorno affrontavano ed affrontano i docenti, gli studenti, le famiglie: il Liceo è capace di “educare” ed essere “luogo” di autentiche relazioni e di cultura?

lunedì 4 dicembre 2023

I voti come risorsa educativa.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Pepe Serra (qui il sito instagram).

Pepe Serra, Percorrendo la strada della cultura

Da tempo divampa la polemica sui voti, per taluni ostacolo all’apprendimento, da relegare semmai a fine anno e da soppiantare con annotazioni scritte in nome della “valutazione evolutiva”, nuova scoperta dell’acqua calda, che pare ignorare circa 50 anni di letteratura pedagogica sulla conditio sine qua non di ogni valutazione, compreso il voto qualis esse debet che non ha nulla da spartire con la patologia in modalità “fiscale”. Mia moglie (docente di filosofia nel nostro liceo ingauno) ed io (preside per 26 anni, pensionato) siamo convinti che la valutazione con voto sia sicura risorsa educativa se si vivono le sue inderogabili condizioni. Liberiamoci subito da equivoci e confusioni. Il voto, espressiva comunicazione matematica, è nel processo valutativo la punta dell’iceberg: non è fuori dal tempo e dal contesto senza un prima e un poi, ma comunica in sintesi di volta in volta i livelli della crescita formativa sino alla sua conclusione, in base a criteri discussi, approvati in sede collegiale e comunicati ad alunni e famiglie.

martedì 28 novembre 2023

Imparare i sentimenti. No alle scorciatoie.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle sculture lignee di Alessandra Aita (qui il sito).
 
Alessandra Aita
In questi giorni si parla nuovamente dell’introduzione a scuola di un ennesimo insegnamento distinto dalle discipline curricolari, legato all’educazione dei sentimenti e delle emozioni. Il progetto sperimentale del ministro Valditara - sull’onda del turbamento collettivo che ha coinvolto l’opinione pubblica, in seguito all’uccisione della giovane Giulia Cecchettin - riprende, in forma diversa, una proposta di legge già avanzata anni fa.
 
La cultura e i sentimenti. Ancora una volta, si pensa di affrontare un enorme tema – come quello dell’educazione all’affettività – con qualche ora in più, in questo caso pomeridiana e libera, affidata a docenti volenterosi e psicologi.
Da anni si espropria e si svuota la scuola del suo specifico ruolo - che è quello di educare attraverso la cultura - per introdurre materie trasversali che rischiano di rispondere solo alla strategia politica di chi cerca di ottenere consenso, facendo leva sulla diffusa ansia sociale, attraverso l’offerta di soluzioni facili e semplificate rispetto a problemi difficili e complessi.

venerdì 10 novembre 2023

Lottare per la scuola e la cultura.

Post di Rossana Rolando.
Immagini tratte dalla pagina facebook dell'artista afghana Shamsia Hassani (qui).
 
Shamsia Hassani, Studentessa
💥 Resistere oggi, almeno nel nostro mondo occidentale, asservito a logiche di profitto e di consumo, in cui l’apparire conta più dell’essere, significa continuare a fare cultura, in ogni luogo, soprattutto a scuola.
Potrebbe sembrare una tautologia: certo, a scuola si fa cultura, cos’altro?
Eppure… Anche la scuola è assediata da una pretesa utilitaristica, quella per cui ha sempre meno spazio la formazione fine a se stessa, la promozione del pensiero senza altri fini, la coltivazione delle discipline teoretiche, i cui risvolti applicativi non risultano immediati.
Nel pieno delle cose da consumare, in cui tutto appare facile, a portata di mano, l’avventura del sapere sembra perdere il proprio fascino e la propria rilevanza all’interno della società.
La figura del docente è sempre più lontana dal compito dell’intellettuale, dell’uomo/donna di studi, per essere declassata in molti modi, sia internamente al mondo della scuola, con le sue logiche aziendali che equiparano gli studenti a clienti, sia esternamente ad esso, nelle aspettative dei genitori e della società tutta, che alla scuola chiedono tanti altri servizi, ma non quello della formazione-educazione della mente.
Quel che Nicola Gratteri ha affermato qualche giorno addietro, rispecchia un’opinione diffusa: «Oggi i ragazzi vedono gli insegnanti come degli sfigati. Quando un insegnante arriva a scuola con la Panda, agli occhi dei ragazzi è un fallito. Il loro modello è il cafone che arriva davanti al pub la sera col Suv vestito tutto luccicante. È il loro modello vincente perché non si è investito in istruzione».¹

sabato 16 settembre 2023

Appello di oltre 60 studiosi sui danni del digitale a scuola.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini di Adrià Fruitós (qui il sito instagram).
 
Adrià Fruitós, Intelligenze artificiali
“Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno. Si tratta di evitare che si realizzi fino in fondo quella «dittatura perfetta» vaticinata da Aldous Huxley quando la televisione doveva ancora entrare in tutte le case e lo smartphone aveva la concretezza di un’astrazione fantascientifica: « Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù». Giovani schiavi resi drogati e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro”. (Indagine della Settima Commissione del Senato, comunicata alla presidenza il 14.6.2021”.)
(1)
 
💥 “Appello per un rigenerato umanesimo del terzo millennio rivolto a insegnanti, studenti, genitori, cittadini”: è il titolo di un articolo - non di grande evidenza - su Avvenire del 3 settembre, p. 6, a firma di Vito Salinaro. Poiché l’articolo rimandava al documento citato in epigrafe,  ho letto e riletto entrambi, dai quali attingo per tentare di formulare qualche riflessione.
L’appello è stato sottoscritto da oltre 60 studiosi di fama nazionale ed internazionale: invoca la “rinascita della scuola” sempre più soggetta a “logiche di aziendalizzazione e digitalizzazione pervasiva”, forzate dalle “élite al potere” che come obiettivo ultimo pongono “il pensiero unico e il trionfo della tecnocrazia”. Il Piano Scuola 4.0. intende accelerare il processo di digitalizzazione della didattica: “una scuola digitale, uno studente digitale, un insegnante digitale, una pedagogia digitale” (2).

martedì 22 agosto 2023

Maleducazione civile.

Post di Rossana Rolando.
Illustrazioni di Sergio Ingravalle (qui il sito instagram).
 
Sergio Ingravalle, Incolpare
💥 L’ossimoro con cui sono uniti due termini opposti – maleducazione e civile – è già in se stesso una provocazione ed è il titolo di uno dei capitoli del libro di Nicoletta Gosio Nemici miei.¹ L’autrice non si addentra volutamente nel complesso dibattito filosofico relativo al segno positivo o negativo del processo di civilizzazione (da Hobbes a Rousseau), ma fa notare come l’abitudine a pensare uniti educazione e convivenza civile - tanto che esiste una materia scolastica dal titolo Educazione civica – sia messa oggi a dura prova.
 
💥 Luoghi esemplari. La maleducazione è stata sdoganata e si è diffusa in tutti gli ambiti, senza ossequio a ruoli, competenze, specializzazioni…
Il penultimo capitolo del libro è dedicato alla sanità, con riferimento alla cosiddetta “medicina difensiva”, che moltiplica strategie – esami e visite specialistiche… - per evitare di affrontare direttamente un paziente sempre più diffidente e minaccioso, infarcito del presunto sapere proveniente dal “consulto dell’onnisciente dottor Google”.² Ma non è solo la sanità ad essere coinvolta. Chi lavora con il pubblico sa bene che la rottura del rapporto fiduciario ha inquinato tutti i settori. L’aggressività dei genitori verso le/gli insegnanti in difesa del figlio/a, in ogni caso e comunque, è un’esperienza comune, ancorché irragionevole e diseducativa.
La psichiatra Nicoletta Gosio assume come esempio di questo diffusa maleducazione la strada, citando l’uso del clacson ad ogni piè sospinto, gli insulti e i gesti volgari all’ordine del giorno.

sabato 10 giugno 2023

Scuola senz'anima.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Victoria Semykina (qui il sito).
 
Illustrazione di Victoria Semykina
La scuola è un laboratorio che anticipa ciò che dovrebbe essere nel futuro la collettività. (Papa Francesco). (1)
La scuola dovrebbe avere sempre come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniosa, non ridotti a specialisti. Lo sviluppo dell’attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente dovrebbe sempre essere al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate” (Albert Einstein).
 
In questo “tempo di privazione” c’è il rischio che ogni scuola si stia avviando a tradire la propria vocazione, la propria “anima”. M. Augé direbbe che da “luogo” di relazione-educazione rischia di trasformarsi in “non-luogo”: punto e basta. Come ogni evento ed istituzione umana la scuola vive nel tempo della società hic et nunc con i suoi valori e contraddizioni, ne è il riflesso, ma va oltre perché tempo-luogo educativo proiettato verso il futuro. È “presente” nel suo tempo nella triplice modalità di presente del presente, presente del passato, presente del futuro (“esse nosse velle”). “Siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi (2): sconfina, sfugge ad ogni esclusiva appropriazione, abita sia il pensiero convergente (contenuti e regole funzionali ai bisogni-interessi della società) sia il pensiero divergente (creativo critico innovativo). È il suo ruolo “profetico” (3), spesso tradito, emblema dell’etica della responsabilità nei riguardi anche delle future generazioni: appartiene al suo tempo ma non si perde in esso, riconosce la memoria e la storia nella pre-visione di un futuro più umano.

lunedì 15 maggio 2023

Don Lorenzo Milani, centenario nascita.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle illustrazioni di Simone Massi tratte dal volume "Il Maestro" di Maurizio Silei, Orecchio acerbo, 2017 (con gentile autorizzazione).

Illustrazione di Simone Massi (da "Il Maestro")
Il nostro blog nel passato ha dedicato a don Milani vari post. Pensavo per i 100 anni dalla sua nascita di limitarci ad alcune citazioni per noi significative (sotto riportate, provocazioni che cesellano a mio avviso l’orizzonte educativo della scuola) e segnalare 4 pubblicazioni con nuove testimonianze e impegnativi spunti di riflessione. (1) Poi con timore e tremore ho deciso di esternare il mio debito nei suoi riguardi. Ho impropriamente “scoperto” don Milani nel 68 dove si sbandierava, incompresa e tradita, “L’obbedienza non è più una virtù”. Nel ’70 un libro di pedagogia (lo conservo gelosamente) mi apre gli occhi su don Milani, da allora riferimento (non unico ma tra i fondamentali) nei miei 16 anni di docenza, 26 di presidenza. oggi nel mio volontariato presso la scuola diocesana Migrantes, scuola di frontiera, in sintonia con E. Affinati (L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani, Mondadori, 2016) e con tutti i docenti che ogni giorno praticano lo spirito di Don Milani senza averlo mai conosciuto. “Proprio per questo don Milani è l’uomo del futuro”: i ragazzi di periferia e gli immigrati - stranieri”, in base all'etimo estranei - sono oggi “i ragazzi di Barbiana”.

venerdì 24 marzo 2023

Pedagogia e deriva tecnocratica.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini dei disegni di Elena Griscioli (qui il sito instagram).
 
Elena Griscioli, Autoritratto (rivisitazione Escher)
Giorni fa il ministro della PIM intimava di non demonizzare l’intelligenza artificiale e dichiarava la necessità e la volontà di andare “oltre” la “lezione frontale”, dando per scontato che fosse qualcosa di brutto, oscenamente scipita, senza precisare che cosa per lui e per gli altri (docenti, alunni, famiglie, gli italiani tutti) significasse l’avverbio-preposizione “oltre”: esempio insigne di formazione reattiva che a sua volta demonizza. Insomma la lezione frontale in questo nostro tempo sarebbe qualcosa di “diabolico”  proprio nel senso etimologico del termine: qualcosa che separa divide allontana rende nemici. Esattamente l’opposto di ciò che è ogni giorno da secoli la lezione-relazione faccia a faccia, detta frontale.
Più o meno negli stessi giorni usciva alle stampe il libro-manifesto (2 vol. pagine1330) In difesa dell’umano (ed. Vivarium Novum) con l'esplicito intento di salvare la scuola e l’università dalla deriva tecnocratica ed economicistica, offrendo 48 contributi di studiosi di area umanistica e scientifica (1). Avvenire a questo tema ha dedicato molti articoli, Provo a sintetizzare l’articolo di Righetto, dal titolo citato in epigrafe (2), che illustra il senso del libro-manifesto.

domenica 19 marzo 2023

Senex, puer e intelligenza artificiale.

 Post di Rossana Rolando.

Craiyon, immagine codificata automaticamente
Nell’articolo di Alessandro D’Avenia su scuola e intelligenza artificiale (ChatGPT)¹ si prende così sul serio l’introduzione di questa tecnologia informatica, da ipotizzare, sui banchi di scuola, una vera rivoluzione metodologica, tutta volta a promuovere il pensiero creativo e innovatore rispetto al processo di raccolta, sintesi, memorizzazione che la macchina sa fare bene e in fretta, molto meglio di qualsiasi umano. La sfida è saper produrre un capolavoro, piccolo o grande che sia, generare quel novum che la macchina – interrogata al proposito - dichiara di non poter fare. D’Avenia cita il bel passo del musicista Rick Rubin: «Creare vuol dire portare all’esistenza qualcosa che prima non c’era. Potrebbe essere anche solo una conversazione, la soluzione a un problema, un biglietto per una persona cara, una nuova disposizione dei mobili, una strada diversa per tornare a casa».

Ho letto con interesse. Ho riflettuto e mi son chiesta se sia possibile promuovere l’intuizione, la creatività, fin’anche la genialità, senza passare attraverso la regola del pensiero che prima impara a raccogliere, selezionare, ordinare. La creatività – come sa bene D’Avenia – non è spontaneità, ma è frutto maturo di una crescita faticosa e disciplinata.

Utilizzo - per formulare la mia obiezione - due concetti che la psicoanalisi di Jung e di Hillmann ha approntato,² teorizzando le due figure archetipiche e complementari di senex e puer. Non si tratta solo di una polarità presente in tutte le fasi della vita – se l’eterno bambino che è in noi non viene soffocato da cronos – o, ancora, di una classificazione sociologica – giovani vecchi – ma, per quel che conta qui, di una doppia categoria pedagogica.

venerdì 3 marzo 2023

Scuola e tecnologia. Dove si sta andando?

 Post di Gian Maria Zavattaro.

Guido Scarabottolo, Cosa vedete?
“Oggi appare sempre più chiaramente che gli sviluppi della scienza, della tecnica, dell’industria sono ambivalenti, senza che sia possibile stabilire se prevarrà il peggio o il meglio” (E. Morin-S.Naïr, Una politica di civiltà, Asterios 1999).
 
In questo “tempo di privazione” mia moglie ed io continuiamo a coltivare un sano “ottimismo tragico”. Capire il presente è sempre percepirlo ed interpretarlo da un punto di vista selettivo e non esaustivo. Chiunque pontifichi di averlo interamente compreso mi pare incline all’impudicizia (“aneideia”): non sa o non vuole esplorare fino in fondo, non ama il dubbio, non ha sospetti nel propinare la sua “doxa”, verità apparente, altra cosa dalla verità nascosta (a-letheia), non va oltre l’apparenza, ascolta il canto delle sirene, non mette a nudo i nodi essenziali delle tre domande kantiane ridotte al silenzio o all’oblio dall’“inferno della stupidità”. Parliamo allora con prudente reticenza della tecnologia ogni giorno più pervasiva, in accelerazione geometrica non matematica nelle nostre quotidiane relazioni, ed ora pesantemente imposta dall’alto in tutte le scuole italiane: per noi invito ad esercitare un “sano scetticismo” anche se - come suggeriva anni fa Stoll - “verrete subito etichettati come luddisti o trogloditi”.

lunedì 20 febbraio 2023

Piano Scuola 4.0. Fine di un modello pedagogico?

Post di Rossana Rolando.

Fine del modello pedagogico umanistico?
Piano Scuola 4.0
I Collegi dei docenti stanno approvando – entro il 28 febbraio – i progetti previsti per i finanziamenti del PNRR, elaborati da ogni Istituto, secondo il Piano scuola 4.0.
Si tratta di una vera e propria riforma non discussa, né in Parlamento né nei luoghi decisionali della Scuola, che sta passando senza troppe resistenze, all’insegna della modernizzazione del sistema scolastico, finalmente liberato, secondo gli slogan della moda dominante, da un sapere trasmissivo e da metodi sorpassati e ormai inefficaci, come la lezione frontale, divenuta da lungo tempo, per i suoi detrattori, la parodia di se stessa.
A ben vedere, è in questione un intero modello pedagogico, che s’intende demolire. Non si tratta semplicemente di introdurre nuovi strumenti da affiancare all’azione dell’insegnante, centro propulsore dell’azione educativa. La figura del docente, nella scuola futura, prevista dal piano 4.0, sarà del tutto stravolta. Non s'identificherà più con l’intellettuale, in grado di porsi come mediatore tra la complessità del sapere e il percorso di attivazione della conoscenza - sia ch’essa riguardi un teorema di matematica o una versione di greco o una pagina della Critica della ragion pura.
Il modello pedagogico umanistico che ha posto il sapere filosofico, storico, letterario, scientifico al servizio di un progetto educativo liberante, capace di sviluppare uno spirito critico, corrosivo rispetto alla omologazione massificante, sarà accantonato. Alcuni indirizzi, caratterizzati in modo particolare dall’intento formativo fine a se stesso, senza un diretto scopo pratico, come il Liceo classico, saranno destinati a subire un altro – forse definitivo – duro colpo.

domenica 1 maggio 2022

Insegnamento-apprendimento "significativo".

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Andrea Ucini (qui il sito instagram).

Insegnare non è riempire un vaso, ma accendere un fuoco (Montaigne).
 
Andrea Ucini, Museo del fuoco
In base alla mia esperienza di docente e soprattutto di preside, si può essere d’accordo, almeno a parole, sull’affermazione che l’apprendimento scolastico per divenire “significativo” non deve mortificare né angosciare, pur esigendo fatica e rigore.
I due anni trascorsi di covid hanno prodotto un'abnorme situazione di emergenza (1) - contraddistinta per  quanto riguarda la scuola  da  reiterate improvvisate misure non sempre coerenti e da discutibili palliativi (banchi a rotelle, mascherine inutilizzate o inutilizzabili…) - che  ha colto tutti impreparati e impietosamente ha evidenziato luci e ombre circa “il problema dell’insegnamento - apprendimento”. (2)  La “dad” non è stata “luogo” di  tutti e di ciascuno, anzi spesso si è trasformata in “non-luogo” (3) per nulla gratificante, in cui si sono prodotti servizi scarsamente efficaci e funzionali, contestabili offerte di valore aggiunto, effimere relazioni educative e conseguenti apprendimenti ben poco “significativi”.
Non parlerò delle tecniche e tecnologie oggi di moda per indurre apprendimento che si presume significativo: le lascio agli addetti ai lavori ed a quanti si assumono la responsabilità di introdurle, diffonderle e ritenerle significative.

venerdì 14 gennaio 2022

Fedeltà al servizio.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Pepe Serra (qui il sito instagram).
 
Pepe Serra, Possiamo fermare il coronavirus?
Penso ai medici e infermieri, al personale sociosanitario e ovviamente ai docenti, presidi ed operatori scolastici di ogni grado. Che cosa oggi accomuna ed unisce profondamente queste persone? Che cosa stanno facendo?
Ci mostrano l’unica strada percorribile! È la fedeltà al servizio, al di là  di ogni divergenza e varietà di opinioni circa l’attuale pandemia. Impossibile ignorare, sottovalutare o peggio dare per scontata la loro costanza etica.  Nella loro stragrande maggioranza hanno dimostrato e stanno dimostrando a chi è “intelligente” (che sa intus-legere, vedere in profondità) il significato non retorico di parole come fraternità,  perché fratelli-sorelle non si nasce: è nei fatti e con i fatti che si costruisce fraternità-sororità.
Non so se coloro che gareggiano nel criticare tutto e tutti a 360° hanno lo stesso coraggio e la loro paziente resistenza. Non mi sento di sottoscriverlo, perché si può essere e dichiararsi fratelli-sorelle in modo ambivalente: Caino con Abele ("Sono forse io il custode dell'altro?"), i fratelli di Giuseppe...; oppure silenzioso quotidiano servizio al prossimo, che in questo tempo di covid è il  modo circostanziale di esercitare e testimoniare la propria fraternità, nell’adempimento  rigoroso e sofferto della propria deontologia professionale. Per chi vuol vedere...