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Visualizzazione post con etichetta scuola. Mostra tutti i post
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giovedì 4 settembre 2025

La scuola: a che serve? Chi serve?

Post di Gian Maria Zavattaro 

Demetrio Casola, Il dettato, 1890
“Un popolo ignorante non è un popolo libero, non ha spirito critico, non è in grado di operare delle scelte consapevoli e responsabili”. 
 
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato. Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee.” (M. Benasayag).
 
PREMESSA
La qualità della struttura scolastica è la prima condizione materiale del fare scuola, perché rende efficace e gradevole sia vivere nella scuola sia il coerente lavoro didattico. Purtroppo gli edifici scolastici non brillano per il loro splendore architettonico, ma per le carenze strutturali. Eppure tutti sanno che un ambiente inadeguato e scarsamente funzionale - dai docenti ed alunni percepito come estraneo e degradante - dà luogo ad una vera e propria riduzione delle possibilità educative. La condizione in cui versa l’edilizia della scuola pubblica è immediatamente rivelatrice della considerazione - valutazione - in sede politica e di governo - del suo ruolo sociale. In altre parole la pessima condizione edilizia di una scuola è indice, più che di scarsa considerazione, di grave sottovalutazione del suo ruolo: segno di un cattivo stolto irresponsabile governo.

giovedì 19 giugno 2025

Dialogo tra generazioni sulla pace...

Post di Gian Maria Zavattaro

Albert Anker, Nonno e nipote, 1893
“La pace non è assenza di guerra, è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia. (B. Spinoza - 1632-1677 cfr. Trattato politico).

Ho letto a mio nipote undicenne il testo sopra citato. Abbiamo discusso a lungo. Riporto la sintesi della nostra discussione.

Siamo d’accordo: la pace non è assenza di guerra. Poi però per entrambi l’inizio del dialogo diventa impegnativo e laborioso: dobbiamo entrare in sintonia, spiegare l’uno all’altro con i nostri diversi linguaggi che cosa per ognuno di noi voglia dire la parola pace, “virtù, stato d’animo, disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia” e poi insieme attribuire un concorde significato univoco … Beh, abbiamo faticato un po’, ma non ci siamo arresi ed infine ci siamo accordati su un linguaggio per entrambi accettabile, sintetizzato nelle riflessioni di seguito riportate.

Quando Spinoza afferma  che “la pace non è assenza di guerra”, vuole  farci capire  che non basta dire ciò che la pace non è, ma ciò che è e deve essere. Certo, la pace è assenza di guerra: soprattutto oggi l’assenza di  guerra sarebbe necessaria perché le modalità di  distruzione  sono talmente imponderabili che non c’è nessuno in grado di controllarle e di impedire che l’umanità si dissolva, precipiti nel silenzio degli olocausti. e dei cimiteri….

Spinoza sapeva bene che la parola pace - in ebraico Shalom - vuol dire “ integrità, santità, buon ordine”: non un concetto negativo (semplice assenza di guerra) ma positivo: esplicita scelta quotidiana “virtuosa” che ognuno di noi liberamente costruisce e testimonia: “Virtù” che riguarda non solo i popoli ed i loro governanti, ma soprattutto ognuno di noi, come ci avverte la “Pacem in terris” (Papa Giovanni XXIII): “A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e dall’altra la comunità mondiale”.

domenica 30 marzo 2025

Alla Professoressa Anna Maria Tagliasacchi

 Albenga, 30 marzo 2025

Vincent van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito, 1890
Alla professoressa Anna Maria Tagliasacchi

Quando se ne va un’insegnante che abbiamo molto amato, sentiamo che ci accompagnerà per sempre come parte di noi.

Questo, infatti, è il "miracolo" dell’insegnamento, la traccia che lascia in chi è segnato: sentirsi intimo, senza esserlo nella quotidianità del vivere, stare dentro un legame senza espliciti vincoli, essere in relazione per sempre.

Sì, perché con lei – Professoressa Anna Maria Tagliasacchi Bonfante – abbiamo sperimentato cosa può accadere nell’ora di lezione, proprio nel senso di ciò che cade, colpisce e cambia. Nel silenzio che avvolgeva le sue spiegazioni – indelebili letture dantesche – si accendeva il fuoco della poesia, si intrecciava un intimo dialogo, ci si appassionava della sua passione, si entrava affascinati nel tempio del sapere.

Forse proprio questo caratterizzava nel profondo la sua persona, almeno nella percezione di chi l’ha conosciuta come alunno o alunna: un’idea per cui vivere, cui dedicare tutto il proprio essere. E l’idea era questa: la Scuola come luogo di significati, la cultura come via per aprire mondi, per illuminare e liberare.

Grazie Professoressa, per essere passata tra noi, con eleganza, ironia, impegno.

Non la dimenticheremo,

Rossana Rolando.

domenica 9 febbraio 2025

A docenti, alunni e genitori

Post di Rossana Rolando
 
Franco Matticchio, Altalena
Due logiche vanno oggi ad inquinare la possibilità di un insegnamento significativo, veramente teso alla preparazione degli studenti e ad un’autentica educazione per la vita.
 
Da una parte, la mentalità economicistica che si è imposta, impregnando di sé il linguaggio stesso dell’Istituzione scolastica. Ecco solo alcuni esempi:
· il passaggio dalla parola “Preside” (che aveva una valenza simbolica: colui/colei che presiede all’interno della comunità, facilita i rapporti tra le varie componenti e indica la direzione) al termine “Dirigente” (ripreso dal linguaggio aziendale e rispondente a criteri di efficienza burocratica, estranea alle relazioni);
· l’uso delle espressioni credito formativo e debito formativo per indicare premi o carenze nel percorso liceale (avere e dare al posto di crescere, quantità in sostituzione di qualità);
· la riduzione del curriculum scolastico ad un numero (facendo dell’alunno una sommatoria di punteggi, anziché una persona che si sta formando);
· la sottintesa mentalità competitiva che esaspera, negli studenti, l’ansia da prestazione e porta ad idolatrare il voto, impedendone la comprensione (non giudizio sulla persona, ma misurazione di un lavoro svolto);
· la certificazione di astratte competenze con cui si svuota il processo lungo e tortuoso dell’apprendimento …
Dall’altra parte, l’approccio clientelare ormai diffuso, che costituisce la mutazione più velenosa per la scuola e fa sì che essa si trasformi in una fabbrica di prodotti appetibili (progetti di ogni genere, indirizzi liceali “più piacevoli”, attività straordinarie, viaggi…) da “vendere”, in cambio di adesioni e popolarità. Gli alunni diventano così utenti, clienti da blandire e accontentare in ogni modo, per assicurare all’Istituto sopravvivenza e prosperità, in termini numerici.

domenica 19 gennaio 2025

LA SFIDA DEL CORAGGIO: INSEGNARE OGGI

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini di Franco Matticchio (qui il sito facebook)

Franco Matticchio
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato.  Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee” (M. Benasayag).                                                    

“Non possiamo aspettarci di raccogliere i fiori che non abbiamo mai piantato"… -  "La speranza non ha niente a che vedere con l'ottimismo: non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo, ma è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno" (V. Havel).

Coraggio: cuori pensanti che sperano, camminano insieme giovani adulti anziani, non si arrendono.

Sfida: provocazione con lo scopo di suscitare comunque reazioni….

Emergenza: situazione critica di estrema pericolosità pubblica che richiede risposte immediate.

Educazione: ex-ducere, condurre fuori (dal caos, dalla frammentazione, e insignificanza).

Insegnare: lat. insĭgnare, imprimere segni.

E evidente, almeno per me e per tanti, che la scuola è strettamente connessa al processo educativo: non è il tutto dell’educazione soprattutto nell’odierno pullulare mediatico dei social, I.A., agenzie alternative dalle forme più svariate: suadenti, seducenti, efficaci e per questo molto pericolose.  La scuola - con la famiglia - rimane  il “luogo” intenzionale e sociale più rilevante. Insegnare non è solo trasmettere nozioni: è entrare in relazione, interagire, comunicare in una dialettica di messaggi dati e ricevuti, verbali e non verbali, che compongono la comunicazione e relazione interpersonale. L’insegnamento, qualunque cosa si insegni, è sempre proposta di conferimento di senso. Non esiste scuola neutrale: non lo è la confessionale, non lo è la privata, non lo è quella laica Costituzionale. Chi non crede nel compito educativo della scuola (ogni scuola!) offende la propria ed altrui intelligenza, riduce la scuola a non-luogo, (1) che provoca ciò che Mounier, in riferimento a certe perverse prassi educative, chiamava “strage degli innocenti”.

sabato 28 gennaio 2023

Musica e lager nazisti.

 Post di Rossana Rolando.

 Le musiche create in cattività sono sopravvissute ai loro autori per giungere a noi come meravigliosi uccelli fuggiti dalle gabbie 
per la salvezza delle nostre fondamenta umane 
(Francesco Lotoro).

Roberto Franchini, L'ultima nota
Il 27 gennaio 2023, presso l’Auditorium San Carlo di Albenga, si è tenuta la rappresentazione “Musica e lager nazisti”. Il progetto, ideato e coordianto da me (Rossana Rolando), ha coinvolto la classe 4A del Liceo Classico ed alcuni alunni del Liceo Musicale, guidati dal professor Davide Nari e dalla professoressa Adriana Iozzia. 

Gli studenti hanno risposto alle sollecitazioni con entusiasmo, impegno e consapevolezza. A partire dal libro L'ultima nota di Roberto  Franchini e dalla Antologia musicale concentrazionaria di Francesco Lotoro sono stati elaborati testi e studiati spartiti presentati al pubblico. Mi è caro ricordare qui i nomi degli studenti e le parti intrepreate, durante la rappresentazione: Margherita e Vittoria (narrazione: musica per vivere e per morire), Sveva (esecuzione brano musicale, pianoforte: Premières neiges di Józef Kropiński, Buchenwald, 1944), Federico ed Edoardo (pezzo teatrale: vita del musicista Simon Laks), Amedeo ed Emma (pezzo teatrale: Jacques Stroumsa, il violinista di Salonicco), Giulia, accompagnata al pianoforte da Marika (canto: “Effunderunt sanguinem” di Pietro Feletti, Stalag VIC/Z Fullen Groß-Hesepe, 1945), Serena e Veronica (pezzo teatrale: l’ultima canzone di Ilse Weber), Maia e Alice (pezzo teatrale: Anita Lasker Wallfisch, la violoncellista di Birkenau), Pietro, Alessandro e Giulia (esecuzione musicale con clarinetto, saxofano e violoncello: Robert Emanuel Heilbut, “Ons eigen hoekje”, KZ Bergen-Belsen, 1944), Agata ed Elena (narrazione: Terezín, il supremo inganno del nazismo e Orchestre per l’inferno. Auschwitz), Giulia, accompagnata al pianoforte da Marika (canto: “Anima nostra” di Pietro Feletti, Stalag VIC/Z Fullen Groß-Hesepe, 1945), Tommaso e Pietro (pezzo teatrale: Kurt Gerron, l’attore che fece un regalo a Hitler), Anna (pezzo teatrale: la valigia piena di spartiti di Gideon Klein), Francesca (pezzo teatrale: l’esilio a Terezín dell’ebreo Pavel Haas), Pietro ed Alessandro (esecuzione musicale con clarinetto e saxofano: brano di Hermann Gutler, 1944), Agata e Carlotta (riduzione teatrale: favola di Natale di Guareschi), Sveva (brano musicale, pianoforte: Klavierstückdi Józef Kropiński, Buchenwald, 1944), Beatrice, Sara e Carlotta (aiuti tecnici).

Ragazze e ragazzi sono state/i meravigliose/i: hanno dato il meglio, commossi e commoventi. Il pubblico - silenzioso, concentrato, partecipe - è risultato di grande aiuto per costruire il giusto clima. 

Ciò che segue, sinteticamente, è la mia introduzione all’evento.

sabato 15 ottobre 2022

Salvare la scuola.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Illustrazioni di Monica Barengo (qui il sito instagram).

Illustrazione di Monica Barengo
“Tutto il problema si riduce qui, perché non si può dare che quello che si ha. Ma quando si ha, il dare viene da sé, senza neanche cercarlo, purché non si perda tempo. Purché si avvicini la gente su un livello da uomo, cioè a dir poco un livello di parole e non di gioco. E non una parola qualsiasi di conversazione banale, di quelle che non impegna nulla di chi la dice e non serve a nulla in chi l’ascolta. Una parola come riempitivo di tempo, ma parola scuola, parola che arricchisce”. (don Lorenzo Milani, in Esperienze pastorali)
 
"Avanti la Brigata Leggera!" C'era qualcuno sgomento? No, anche se i soldati sapevano che qualcuno aveva sbagliato. Loro non fecero domande, loro non si chiesero perché, loro non fecero altro che farlo e morire. Nella valle della Morte cavalcarono i seicento. (Tennyson Alfred)
 
La scuola non ha bisogno dell’antitesi tra scienza, tecnologia e studi umanistici. Il mondo è un enigma che ogni scuola dovrebbe esplorare tramite plurime letture tra loro complementari, base del futuro bagaglio di tutti gli studenti: capacità di pensiero convergente e divergente, stupore e pragmatismo, poesia e prosa, arte e formule matematiche, affermazione personale e solidarietà, gratuità ed utilità, humanitas e tecnologia. Ci vogliono docenti dal doppio coraggio: non rinchiudersi nel mala tempora currunt e non cadere nella spirale delle sirene di moda, destinate a svaporare nel cimitero del demodè. Il rinnovamento della didattica, l’aggiornamento tecnologico sono imprescindibili doveri dei docenti, ma non sono fini a se stessi, bensì strumenti per conseguire le finalità della scuola: insegnare (da insĭgnare) imprimere segni nella mente e nel cuore, istruire (da in-struere) inserire/portare dentro conoscenze e competenze, educare (da ex-ducere), condurre fuori dalla frammentazione, dal caos, dall’insignificanza uomini e donne consapevoli di sé e del mondo).
Strada da fare. Camminando insieme.

venerdì 23 aprile 2021

Resistenza e scuola nel tempo del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Vignette di Mauro Biani (con gentile autorizzazione).
 
Mauro Biani, Liberazione, 25 aprile
Il 25 aprile (quest’anno cade di domenica) siamo tutti invitati a ripensare il valore della Resistenza e della nostra libertà, proprio alla vigilia di nuove speranze nei riguardi della resistenza al covid.
 
Penso soprattutto alla scuola ed ai suoi fondamenti valoriali radicati nei primi 12 articoli della Costituzione: dignità del lavoro, diritti inviolabili della persona e pari dignità di tutti, solidarietà politica economica e sociale, impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono libertà uguaglianza partecipazione dei cittadini, libertà religiosa, sviluppo della cultura e libertà della ricerca, tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, accoglienza dello straniero, ripudio della guerra come valori essenziali dell’educazione, rapporto intrinseco tra pace e giustizia sociale ed internazionale.
 
Penso alla Resistenza, radice della Costituzione, e al valore della memoria (“senza memoria l’uomo non saprebbe nulla e non saprebbe fare nulla”), centrale soprattutto per lo sviluppo di una cittadinanza attiva giovanile.
 
Per noi anziani il tempo è costituito da un passato, dal presente e in minima parte da un futuro. Per i giovani il tempo è costituito soprattutto dal presente e da un futuro che appare oggi più come minaccia che come promessa. E’ inutile che ci lamentiamo dei giovani che non sanno progettare e guardare al futuro. Uno dei risultati del modo con cui gli adulti stanno gestendo la società è proprio la deprivazione del futuro per i giovani, senza la possibilità per loro di progettare a medio e lungo termine.
L’unica realtà che oggi percepiscono è questo tempo ferito, un presente dilatato senza confini precisi: non determinato da un passato per loro poco comprensibile data la velocità dei cambiamenti e non proiettabile in un futuro data l’incertezza nella quale si vive in questo tempo di covid. Se poi osserviamo la realtà in modo impietoso, possiamo constatare che spesso siamo noi adulti - in specie non pochi di coloro che sono ai vertici dei poteri - ad essere incapaci di guardare lontano per costruire un futuro che apparterrà ad altri.

domenica 24 gennaio 2021

Memoria e speranza ostinata.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini della pittrice ceca di origine ebraica Malva Schalek, deportata prima nel campo di Terezin e poi ad Auschwitz (dove muore).
 
Malva Schalek, Arrivo nel campo di Terezin
“2 febbraio1943. Gli Stubendienste gridano: avanti, avanti a letto. Lasciare le scarpe sotto. Ci arrampichiamo sulle tavole. Tavole senza paglia e senza coperte. Non riusciamo a dormire. Uno propone di pregare. Preghiamo. Shema Israel Adonaj Elobenu… Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio…” Deuter. 6,4-9. (1)

Ogni giorno si consumano drammi e tragedie di migliaia di persone: morti di covid (oltre 2 milioni a tutt’oggi nel mondo), ma anche di solitudine, freddo, fame, guerre di cui nessuno parla, disperati annegamenti, atti terroristici, schiave schiavi e bambini sfruttati, rigurgiti razzisti e tanto altro. Di contro l’indifferenza globale e, in troppi decisori dei destini nostri e del mondo, mediocrità, improvvisazione, incapacità, irrisione truffaldina.

Mia moglie ed io ci siamo tormentati su vari interrogativi: quest’anno nel nostro blog c’è posto per la Shoah? Perché continuare a parlarne? Perché partecipare all’annuale memoria di più di 6.000.000 di ebrei assassinati?

Perché ancora, sempre, e ancor più nel tempo del covid, occorre non dimenticare, occorre pensare e far pensare. Perché il paradosso del covid, se ci obbliga al distanziamento fisico, nel contempo ci fa scoprire l’altro e ci impone di “rispondergli” in senso etimologico, di dedicarci cioè alla “responsabilità” reciproca, perché ognuno di noi è per gli altri un altro.

giovedì 21 gennaio 2021

L'angoscia del professore.

Post di Rossana Rolando.
Immagini di Philip Mckay (qui il sito), con gentile autorizzazione.
 
Philip Mckay, Imparando a volare
Il racconto di Giovannino Guareschi, Sciopero dei professori (in audio al fondo del post), contenuto nel prezioso libro Racconti spirituali,¹ appena uscito per Einaudi, curato da Armando Buonaiuto, con un saggio introduttivo di Gabriella Caramore, presenta un primo livello di lettura cui introduce lo stesso curatore. 
E’ la storia di un professore liceale, rappresentato in una forma caricaturale, pur nei risvolti realistici: una figura triste, di segno opposto rispetto alle macchiette parodistiche di don Camillo e Peppone. Eppure è anche personaggio capace di riscattare se stesso in un attimo finale di lucida consapevolezza.

domenica 27 settembre 2020

Lezione di libertà.

Post di Rossana Rolando.

Scuola provenzale, Scala di Giacobbe, XV sec.

Apro le lezioni di filosofia, in quarta liceo classico, leggendo alcuni passi della prolusione predisposta da Pico della Mirandola, per il convegno dei dotti che egli avrebbe voluto convocare al fine di un confronto vero e schietto sulle diverse posizioni delle tradizioni religiose e culturali. E’ la famosa orazione De hominis dignitate.¹ La leggo sulla scorta del bellissimo saggio di Massimo Cacciari, dal titolo La mente inquieta² e ne sono profondamente coinvolta. 

Vorrei trasmettere, mentre presento il testo, una convinzione profonda: «“Classico” è ciò che ancora ha da venire»³, ciò in cui è possibile rinascere e dare forma all’avvenire. 

In questo tempo incerto di pandemia, in questo rientro difficile a scuola, soprattutto per i ragazzi che sentono fortissima la limitazione della libertà di fare - non potersi toccare, abbracciare, radunare…, - riflettere sulla libertà di essere, se davvero esiste una simile libertà, mi pare decisivo e salutare.

lunedì 13 luglio 2020

Scuola a distanza. Notazioni di un ex preside.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle vignette di Mauro Biani (con gentile autorizzazione).

Mauro Biani, 2020
(con il covid il 10% degli studenti
ha abbandonato la scuola)
Ho voluto attendere - perentorio     amorevole consiglio di mia moglie - il (definitivo?) tramonto della epidemia virale per  non incrementare controversie inutili. Ora mi è impossibile tacere quel che avrei voluto dire da tempo. Esco dal mio silenzio di pensionato, preside per 26 anni, amodé, ma sempre teso ad amare la scuola. Riflessioni dunque soggettive, opinabili, cestinabili.
Intanto mi è parsa pilatesca la modalità della serrata indiscriminata delle scuole. Immagino che i "sapientes et prudentes" del palazzo di v.le Trastevere conoscessero allarmanti fatti dati rischi da non diffondere. Oppure erano impreparati ad affrontare altrimenti un’emergenza improvvisa ed imprevista. Cerco di capire l’ostico realismo sotteso alla decisione: prevenzione, precauzione, tutela della sicurezza dei più giovani, rassicurazione contro l’irrazionale panico largamente diffuso dai media. Ma dal mio angusto osservatorio sacrificare la scuola è sembrato esagitato(1). Per decreto ministeriale si dichiara incompatibile la coesistenza tra salvaguardia della salute e luoghi di trasmissione dell’istruzione (anche se i cosiddetti esperti non sono unanimi). Soprattutto nella decisione di chi dirige la scuola ai suoi vertici mi ha lasciato perplesso lo strapotere totalizzante del pensiero “convergente” miope scontato: rinuncia a pensare con sguardo lungo, a promuovere tempestivamente, a sollecitare, a favorire in ogni scuola entro regole di piena sicurezza la ricerca di soluzioni fuori dai correnti schemi, fattibili risposte sino al momento impensate ed impensabili, a valutare  le migliori e più sicure, approvarle e diffonderle.

lunedì 13 gennaio 2020

Quaestio veritatis: valutazione e violenza.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Vignette di Rattigan (qui il sito), con gentile autorizzazione.

Rattigan, 
 Valutazione scuola 
(ironico riferimento al bonus premiale)
Premessa.  Credo che tutti possiamo essere d’accordo sul principio che il tempo-spazio scuola, se vuole produrre cultura ed umanità, non debba essere mortificante ma liberante e che lo studio, pur esigendo fatica e rigore, non debba essere angosciante. Credo inoltre che tutti possiamo assentire che ciò è possibile solo sulla base dell’impegno quotidiano di ogni singolo docente, purché deontologicamente competente e gratificato da un dignitoso riconoscimento economico e sociale.
I trascorsi ultimi mesi - nell’andirivieni di almeno tre improvvisati ministri all’Istruzione scelti con l’ottica della spartizione partitica dei cymbalis bene sonantibus e non certo nella logica della comprovata riconosciuta capacità - hanno comunque riproposto in primo piano “il problema scuola”, ovvero la consapevolezza delle mille emergenze omissioni contraddizioni che affliggono il delicato determinante compito educativo degli insegnanti. Non intendo entrare nel merito della querelle politica. Preferisco limitarmi - non a caso in questo mese dedicato agli scrutini intermedi - a sottolineare un aspetto della competenza richiesta ai docenti che da solo meriterebbe l’ammirazione tangibile di chi pretende di governare e legiferare.

martedì 28 maggio 2019

Insegnare è un atto politico.

Post di Rossana Rolando. 
Immagini delle illustrazioni di Angelo Ruta (qui il sito) per gentile autorizzazione.

Angelo Ruta, 
Il suono del pensiero
La vicenda dell’insegnante Rosa Maria Dell’Aria (rientrata a scuola ieri 27 maggio, dopo la sospensione di 15 giorni)  ha suscitato molte discussioni, adesioni, distanze. Basta aprire su youtube il video “incriminato” (qui sotto riportato) – quello preparato dagli alunni della II E dell’Istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, in cui si costruisce un parallelo tra le leggi razziali del 1938 e l’odierno Decreto sicurezza - per capire la varietà delle reazioni, espresse in commenti di diverso segno, in alcuni casi con un linguaggio violento, come purtroppo accade troppo spesso in rete.
Non entro nel merito del lavoro svolto, degli accostamenti operati dai ragazzi, della loro libera ricerca condotta senza preventive censure.
Mi soffermo invece su un’affermazione che ritorna spesso nei commenti al video e che si può sintetizzare negli slogan: “fuori la politica dalla scuola”, “[I professori] devono insegnare e basta”, “la scuola non deve essere di parte”, “La scuola deve fare la scuola e la politica deve essere fatta nelle sedi giuste”…

sabato 27 ottobre 2018

Il monito di Simone Weil. Qual è il tuo tormento?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Anna Masini (in arte Ninamasina), per gentile autorizzazione (http://www.ninamasina.it/).

Gli studi scolastici sono come il campo che racchiude una perla”
(S. Weil, Riflessioni sull’utilità degli studi scolastici al fine
dell’amore di Dio, 
in  Attesa di Dio, Rusconi, Mi,1991, p.84).

Ninamasina, Simone Weil
S. Weil è figura cara a questo blog, come dimostrano appassionati post firmati in particolare da Rosario. Ebbene è in corso in Italia una viva polemica, anche con dure manifestazioni di protesta, da  parte di studenti e docenti, circa l’incuria (un eufemismo?) che l’attuale governo parrebbe riservare agli “studi scolastici”, tutto proteso com’è su altri fronti (proclamazione della fine della povertà in Italia mentre si cacciano gli “sventurati” di turno - oggi i migranti e domani chi? - e si snaturano gli equilibri dei bilanci, si distribuiscono panes et circenses - ovvero condoni vari - nella ricerca vorace di consensi e di controllo dei media, denunciando miriadi di complotti e via).
Mi è parso perciò valesse la pena rilanciare un piccolo post, pubblicato al tempo dei primi vagiti di questo blog, esattamente il 16.9.2013. Si tratta di una pagina che ha conservato a mio parere tutta la sua fragranza: S. Weil con lucido ardore precisa il valore dello studio - qualsiasi studio, dalla  versione latina al problema di geometria “anche se sbagliati” - ed il suo significato sociale  umano religioso, che non è mai solo affare individuale, perché a ben vedere studio vuol dire cultura, cioè, oltre che possesso della parola, appartenenza alla comunità e responsabilità verso gli altri (1).

venerdì 6 maggio 2016

Com-unità contro disgregazione. Immagini di Enrico Benaglia.

Estratto dalla relazione tenuta il 2/5/2016 al Campo Scuola Agesci, presso Sassello, diretto da Fabrizio Coccetti e Donatella Mela, appena eletta Capo Guida nazionale. A lei rivolgiamo un caro augurio per il suo nuovo incarico e servizio.

Enrico Benaglia, 
Eclissi all'alba.


Mi gridano da Seir:
«Sentinella, quanto resta della notte?».
La sentinella risponde: «Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!»
Is. 21,11-12.







Le mie sono riflessioni di chi ha dedicato 42 anni alla scuola ed ora ne è osservatore inquietamente interessato. L’Emergenza educativa oggi si presenta  come complessa situazione di pericolo che investe tutti, giovani ed adulti, chi educa e chi è educato, se assumiamo come parametro il significato letterale di “educare: e-ducere”, condurre fuori dall’ignoranza e dipendenza per rendere le persone autonome, responsabili, consapevoli dei propri ed altrui diritti-doveri. Quanti di noi lo sono?
Enrico Benaglia, 
L'incantatrice di farfalle
E chi educa? Famiglia e scuola, luoghi privilegiati della paideia. Di fatto tantissime agenzie alternative, suadenti, spesso irresistibili nel mediatico guazzabuglio di sirene incantatrici e pervasivi indottrinamenti.
Chi deve essere educato? Si sa: bambini, adolescenti, giovani. Di fatto tutti: uomini donne adulti anziani, consapevoli o meno, nello stillicidio di una sorta di permanente indottrinamento più o meno occulto: conformismo e consumismo liquidi, tv, media, condizionamenti ideologici, di mercato...

martedì 29 settembre 2015

C. Rogers, la comunicazione educativa e la libertà nell'apprendimento. Con G. Vallifuoco.

Dopo gli articoli correlati:

CARL ROGERS E IL METODO NON DIRETTIVO.
proponiamo:

Carl Rogers, la comunicazione educativa e la libertà nell’apprendimento.

Insegnare è 
comunicare
(Gennaro 
Vallifuoco,
Acqua)


Congruente è chi è coerente con se stesso, chi sa ascoltarsi, chi è lucidamente partecipe di tutto ciò che in lui avviene, chi è lo stesso sia interiormente sia esteriormente, perché  ciò che sente è ciò che esprime. La congruenza  è decisiva soprattutto nella comunicazione educativa, nel rapporto tra docente e studente. Rogers (Freedom to learn, trad. it. Libertà nell’apprendimento, Giunti-Barbera,1973) specifica che il vero docente non è colui che semplicemente trasmette, impone e dirige centrato su di sé, ma persona che, sapendo comunicare totalmente con se stessa, è in grado di comunicare con gli altri. Decentrato da se stesso e centrato sullo studente e sulla classe, si mette in gioco, rifiuta uno stato di oggettività che gli permetterebbe di considerarsi come al di fuori dell’interazione.

domenica 30 agosto 2015

Auguri a tutti i docenti. Con Gennaro Vallifuoco.


...la gente non crede a chi non ama…
(Don Lorenzo Milani)

La gente non crede 
a chi non ama... 
(Gennaro Vallifuoco, 
L'innamorato 2010 
omaggio 
a Marcel Marceau)

Auguro a tutti i docenti
la gioiosa e sofferta avventura di:
  • insegnare (Insĭgnare, imprimere segni nella mente e nel cuore) ed educare (ex-ducere, condurre fuori dalla frammentazione, dal  caos, dall’insignificanza)
Auguro di...

martedì 25 agosto 2015

Auguri a tutti gli studenti. Con G. Vallifuoco.

...vola solo chi osa farlo...
Volare mi fa paura...
Quando succederà, io sarò accanto a te...
(L. Sepúlveda, Storia di una gabbianella 
e del gatto che le insegnò a volare)

... vola solo chi osa farlo... 
(Gennaro Vallifuoco, 
Gli acrobati)

A te che inizi un nuovo anno auguro …

  • di vivere quell’ora di lezione che ti aiuterà a diventare quel che vorrai diventare
  • di esser pronto a “mescolare” le pagine di un libro alla tua vita
  • di  emozionarti di fronte a una poesia, a un brano musicale, a un dipinto
  • di avere tempo per interrogare, capire, decifrare, pensare e sognare
  • di aprire l’intelligenza e il cuore a tutti gli incontri e le conoscenze

venerdì 12 giugno 2015

L'Europa e la scuola, l'Islam, il laico cristiano.

Riporto il secondo estratto  della relazione dal sottoscritto tenuta ad Albenga in occasione dell’inaugurazione del circolo ingauno ACLI. Il primo estratto è stato pubblicato su questo blog il 9.6.15 .

Video introduttivo (si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare).

 

Europa: la scuola e i giovani. 
Il Miur in questi anni ha inondato le scuole di ordinanze, circolari, progetti europei: non so con quali risultati, perché la cittadinanza europea non si costruisce ope legis, ma attraverso la creazione di un clima educativo di convivialità, accoglienza reciproca delle differenze. Diceva ai giovani papa Giovanni Paolo II nel 2003: “L’Europa di domani è nelle vostre mani. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità: quella di essere il luogo dove la persona, ogni persona, è accolta nella sua incomparabile dignità”. 

Ancora Europa.
Sono passati 12 anni e quei giovani sono diventati adulti, ma credo che anche ai giovani d’oggi si potrebbe rivolgere la medesima accorata sollecitazione. Certo, le riforme le fanno gli organismi legislativi ed esecutivi europei: penso al superamento della  schizofrenia tra l‘Europa degli stati e dei popoli, lo scarto tra principi dichiarati e politiche perseguite; penso a quanto siano diffusi il Neet, l’abbandono scolastico, la disoccupazione giovanile, l’esclusione sociale; c’è urgenza di rendere attrattiva e di qualità la formazione professionale, in particolare il livello terziario (ITS), tagliato su misura delle esigenze del giovane e del territorio…

Educare a sentirsi parte 
di una comunità...
Ma  la scuola deve fare  la sua parte sviluppando, in progressione e  nella quotidiana interazione docenti-studenti-genitori, il senso di appartenenza a  "comunità" sempre più vaste: famiglia, scuola, città, territorio, Italia, Europa, il pianeta Terra. Con precisi obiettivi: il protagonismo degli studenti (Erasmus, scambi tra scuole, azioni di volontariato in altri paesi);  la conoscenza della  Carta dei diritti delle persone e delle specifiche identità  dei paesi membri per comprenderne la diversità culturale e dialogare; percorsi di pace in rete (con le altre scuole del territorio, della regione, della UE sino all’ONU)  ...

...oltre le frontiere nazionali.
L’Europa: e l’Islam?
Nell’epoca che stiamo vivendo gli scontri di civiltà rappresentano la più grave minaccia alla pace mondiale. Come può affrontare l’Europa l’incontro fra civiltà diverse, in particolare l’Islam, che è stato a lungo il suo  nemico esterno? Europa ed Islam non sono due concetti estranei tra loro.

La minaccia degli scontri di civiltà 
(Picasso, Guernica, particolare).
Non si può definire estranea una cultura che in vari periodi storici  ha dominato a lungo  in vaste zone dell’Europa. 

Uno sguardo retrospettivo
Cristiani e musulmani giocano a scacchi 
(Miniatura XIII secolo).
Penso agli emirati arabi in Sicilia ed in Spagna, ai cittadini musulmani della penisola balcanica, alla Bosnia ed Albania, ai numerosi  emigranti musulmani che  sono una parte non secondaria né marginale della società europea.

Socrate con i suoi allievi, 
Manoscritto arabo, XIII secolo.
La cultura occidentale  non sarebbe  ciò che è  se l’Islam non avesse fatto da tramite nel restituirle gran parte del sapere classico (matematico scientifico medico filosofico) con l’aggiunta di straordinari apporti indiani persiani cinesi.

Studiosi arabi e occidentali 
che studiano insieme geometria, 
(Manoscritto arabo, XIII secolo).
Non c’è ragione che i musulmani, come i cristiani, non possano essere buoni cittadini europei,  oggi e domani. E non regge l’allarme relativo all’invasione dei migranti ed agli estremisti. Quanto ai migranti mi limito ad una citazione, che non vuole provocare ma far pensare:“Ci rendiamo conto che non abbiamo politici in grado di affrontare l’immane fatica di pensare un mondo “altro”. Ma saremmo fuori dalla civiltà e dalla stessa fede, se stabilissimo che è “naturale” far pagare agli “ultimi” la nostra voglia di vivere e la smodata presunzione di essere “superiori” ai comuni mortali. L’Occidente è ad un bivio. O smette di dirsi umano e cristiano […],oppure “condivide” ciò che è ed ha: cultura, tradizione umanistica, diritti umani, fino a questa terra che è di Dio, e dunque di tutti, questo pane che la terra ancora ci dona. Nessuno pensa che sia cosa da poco, ovvia e di immediata attuazione. Non è follia, è l’unica saggezza possibile”(F. Scalia SJ, in Adista n. 17, 09.05.2015).

Un musulmano e un cristiano 
suonano il liuto 
(XIII secolo).
Quanto ai fondamentalisti è bene tener presente che l’Islam non è per niente monolitico: esistono tanti Islam quante sono le comunità e le confraternite islamiche, che non hanno autorità una sull’altra. Eppure tutte convergono nel dichiarare che il  fanatismo è una lettura fanatica e violenta che altera e tradisce l’ispirazione profonda del Libro sacro, come riconosce papa Francesco nell’Evangelii gaudium: “il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono a ogni violenza” (Eg252).

Studiosi in una libreria abbaside 
(XIII secolo).
Ciò che si deve stigmatizzare è invece il razzismo, non tanto e non solo quello becero e plateale dei comizi e dei media ma quello più nascosto, sornione, ancor più pericoloso: l'etnocentrismo, “violenza - scrive Cardini - che non accorda dignità a codici di valore diversi dai nostri”. L’unica via della pace è quella di prendersi cura dell’altro e dell’altra religione, accettare le innegabili differenze come ricchezza e fecondità, senza nascondere la propria identità, senza ingannare l’altro con accomodanti sincretismi; è ascoltare e dialogare per essere capaci di riconoscerne i valori, per incontrarsi senza sospetti e sognare insieme il futuro di fratellanza e convivenza pacifica.

Il sogno di una convivenza pacifica.
L’Europa: e il laico cristiano?
Mi sembra quanto mai attuale la “lettera a Diogneto”:  il cristiano è nel mondo senza essere del mondo,  "ogni terra straniera  è la sua patria e ogni patria è terra straniera".  Il vangelo non ci consegna una cultura, non fa di noi una cittadella.

Un testo ineludibile.
Il laico cristiano abita le culture degli uomini, si rifiuta di avere un tempio a parte, penetra ogni cultura, tutto assume discerne e giudica nell’orizzonte della propria fede. Nella città postsecolare, interdipendente e globalizzata che oggi si chiama Europa,  con tutte le persone che credono fermamente nella convivenza e nella pace deve lealmente condividere i diritti e doveri di cittadinanza attiva, in particolare la scommessa della solidarietà che propone un cammino politico e sociale in cui il  neoliberismo senza regole non può avere posto. 
Il laico cristiano abita 
le culture degli uomini...
L’unità  europea si fa innanzitutto con le grandi idee, la cultura, il dialogo, la volontà di pace. Volere la pace – ci ricorda E. Bianchi - significa vivere il principio di alterità, ovvero  assumere la responsabilità verso l’altro come criterio essenziale di orientamento delle scelte personali e politiche. Vuol dire accoglienza di chi chiede aiuto, attenzione all'educazione dei giovani, distribuzione equa delle ricchezze, solidarietà tra paesi ricchi e poveri, rispetto di ogni uomo e donna e soprattutto per il cristiano che testimonia il paradosso dell’amore, l'abolizione dell’inimicizia, lo smascheramento di ogni idolatria,  la vigilanza per non cadere nella tentazione del potere e della corruzione. In piena sintonia con l’esortazione, laicissima, contenuta nel  preambolo della costituzione europea del  2003 (approvata ma mai ratificata)  di “proseguire questo percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi”.

...per realizzare insieme 
un cammino di civiltà.
Portare avanti questo cammino di civiltà dell’Europa è il compito che spetterebbe ad ognuno di noi, giovani ed adulti, donne ed uomini, secondo le proprie  responsabilità e carismi. Nell’attuale diffuso smarrimento e disincanto ci vuole coraggio: il coraggio dei giovani, il coraggio di avere più coraggio. “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”: così terminava con perentoria fermezza il documento di Ventotene, firmato dai giovani Spinelli, Rossi, Colorni.

L'Europa di domani 
è nelle nostre mani...
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