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Visualizzazione post con etichetta Immanuel Kant. Mostra tutti i post
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domenica 4 agosto 2024

Felicità possibile

Post di Rossana Rolando
Immagini e video di Norman Sgrò (qui il sito)
 
Quid faciat laetas segetes…hinc canere incipiam
Che cosa renda feconde [liete, felici] le messi…da qui comincerò a cantare
(Virgilio, Georgiche, 1,1).
 
Norman Sgrò, Plus ultra
💥Socrate e il maiale
Parlando della felicità, nel vago senso che ciascuno può dare a questo termine, prima di una riflessione articolata e argomentata, ci si può chiedere anzitutto se essere felici sia davvero lo scopo dell’esistenza o se la serietà del vivere non chiami a compiti ben più alti che non garantiscono affatto la felicità individuale. Così pensa Kant il quale esclude l’utilità personale come movente del retto agire (pur non negando l’aspirazione alla felicità come conseguenza possibile della virtù), così ragiona, d’altra parte, un utilitarista come J. Stuart Mill che - in polemica con una certa identificazione di felicità e piacere - ritiene sia meglio “essere un uomo insoddisfatto piuttosto che un maiale soddisfatto, essere un Socrate infelice piuttosto che uno stupido felice. E se lo stupido o il maiale sono di diversa opinione, è perché conoscono solo un lato della questione”.

mercoledì 5 gennaio 2022

Grandi sedentari.

Post di Rossana Rolando
Immagini dei dipinti di Peter Ilsted, pittore danese vissuto tra il 1861 e il 1933.

Peter Ilsted, Donna che legge
Una famosa aneddotica, fiorita intorno alla figura di Immanuel Kant, descrive il filosofo sempre legato alla sua Königsberg, da cui non si sarebbe mai allontanato (se si escludono i soggiorni giovanili come precettore). Anzi, secondo un racconto biografico, l’unica volta in cui sta per intraprendere un viaggio, già in carrozza, voltosi a guardare le guglie della città, decide di tornare indietro. Naturalmente si potrebbe insistere sulla leggendaria monotonia del grande pensatore tedesco, sulla abitudinaria scansione della giornata, sugli orologi messi a punto all’ora della sua passeggiata… ma c’è una lettura che mi pare ben più interessante. La presenta, in una ricca conferenza sul viaggio - inserita al termine di questo post -, Claudio Magris, nel momento in cui, per opposizione, cita il valore della sedentarietà, riferendosi proprio a Kant.

💥 Nel tempo prolungato del covid, in queste stesse vacanze di Natale, molti hanno dovuto disdire viaggi e restare a casa. Perciò una riflessione sulla sedentarietà può risultare utile. Il termine richiama proprio la condizione di chi non si muove, rimane fisso in un posto, sta seduto (sedentarius da sedere = stare seduto). Può assumere una sfumatura negativa, quando si riferisce ad una certa pigrizia che trattiene dall’essere attivi. Ma, il latino sedere richiama anche l’idea del piantare, dello stare, del risiedere, quindi evoca la stabilità dell’abitare. Sempre Magris, racconta come, al ritorno da ogni viaggio, anche quando sa di dover ripartire in giornata, disfa comunque la valigia, suscitando il riso dei suoi familiari, proprio per ribadire a se stesso che la casa è la normalità – pur continuamente violata dalle ricorrenti partenze - ovvero il luogo in cui ri-siedere.

venerdì 30 luglio 2021

In cerca di un nuovo paradigma.

Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di El Lissitzky, pittore russo vissuto tra il 1890-1941.

El Lissitzky, Proun
Quando le nostre iniziative rimangono invischiate nel corpo, nel linguaggio o in questo mondo smisurato che ci è dato da finire, non è perché un genio maligno ci opponga le sue volontà: si tratta solo di una specie di inerzia, di una resistenza passiva, di un venir meno del senso: di una avversità anonima. Ma anche il bene è contingente. Non si dirige il corpo reprimendolo, né il linguaggio ponendosi nel pensiero, né la storia ricorrendo continuamente a giudizi di valore: si deve sempre sposare ognuna di queste situazioni, e quando esse si superano, lo fanno spontaneamente (L'uomo e l'avversità, pp. 271-272, Merlau-Ponty).

Nel piano della problematica epistemologica quando i neo positivisti da una parte e Popper dall’altra dibattevano il cliché della verità scientifica, Thomas Kuhn chiarì che la loro disputa non avrebbe avuto esito se non si fosse trovato un modello. Solo il modello poteva impegnare tutti i membri della comunità scientifica, della società intera. Vi era intrinseco la comprensione del valore sociale proprio della scienza; venivano messi in luce la cogenza, universalità: vincoli per tutti. Gli diede il nome di paradigma.

martedì 28 maggio 2019

Insegnare è un atto politico.

Post di Rossana Rolando. 
Immagini delle illustrazioni di Angelo Ruta (qui il sito) per gentile autorizzazione.

Angelo Ruta, 
Il suono del pensiero
La vicenda dell’insegnante Rosa Maria Dell’Aria (rientrata a scuola ieri 27 maggio, dopo la sospensione di 15 giorni)  ha suscitato molte discussioni, adesioni, distanze. Basta aprire su youtube il video “incriminato” (qui sotto riportato) – quello preparato dagli alunni della II E dell’Istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, in cui si costruisce un parallelo tra le leggi razziali del 1938 e l’odierno Decreto sicurezza - per capire la varietà delle reazioni, espresse in commenti di diverso segno, in alcuni casi con un linguaggio violento, come purtroppo accade troppo spesso in rete.
Non entro nel merito del lavoro svolto, degli accostamenti operati dai ragazzi, della loro libera ricerca condotta senza preventive censure.
Mi soffermo invece su un’affermazione che ritorna spesso nei commenti al video e che si può sintetizzare negli slogan: “fuori la politica dalla scuola”, “[I professori] devono insegnare e basta”, “la scuola non deve essere di parte”, “La scuola deve fare la scuola e la politica deve essere fatta nelle sedi giuste”…

martedì 6 ottobre 2015

Il coraggio di "sentire il sapore" e di "aver sapore".

Avere il coraggio 
di pensare 
autonomamente...
(August Macke, 
Donna che legge)
Sàpere aude
Sàpere aude, abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto”*: esortazione latina** diventata giustamente famosa grazie a Kant, che ne fa il motto dell’Illuminismo nel suo scritto del 1784 “Risposta alla domanda: che cosa è l’Illuminismo?”. 
Cosa significa oggi? 
“Aude”: abbi il coraggio prima di tutto di essere te stesso, di  scegliere sempre e solo in base alla tua coscienza, libero di fronte ad ogni potere. 
... nel vortice 
del nostro tempo... 
(August Macke, 
Cerchi di colori)
“Sàpere”: se come verbo transitivo significa sapère - conoscere - capire - intendersi di, nel suo significato etimologico, come intransitivo, è aver sapore - sapère di -  odorare di - avere il senso del gusto - gustare - sentire il sapore ed in senso figurato avere intelligenza - essere saggio, prudente, assennato.
Tramontate le illusioni illuministiche, qual è per noi il possibile significato del “sapio” in questa società in cui la  condizione umana generalizzata è quella di consumatori individualisti, plagiati, eterodiretti, smarriti nelle nostre “vite di corsa”,  affidate alla liquida esperienza del momento?

sabato 19 settembre 2015

Un pensiero mattutino con le tre domande kantiane e J. Mankes.

Che cosa possiamo 
conoscere?
(Jan Mankes, Autoritratto)
 Legno storto. Incedere eretti.
(H. Gollwitzer)*
Tre grandi domande.
Da giovane sognatore pensavo  ad un possibile patto di fedeltà tra noi tutti – ognuno con i suoi  impegni, non importa a quali livelli, interpersonali, familiari, professionali, sociali, amministrativi, politici… - e le tre domande kantiane, purché queste ultime si ponessero in versione plurale e non individualistica. “Che cosa insieme possiamo conoscere, che cosa insieme dobbiamo fare, che cosa insieme ci è concesso sperare?”. In sintesi: chi siamo noi? 
Che cosa 
dobbiamo 
fare?
(Jan Mankes, 
Autoritratto)
Che cosa ci è concesso 
sperare? 
(Jan Mankes, 
Vaso di gelsomini)
Oggi non so sinceramente quanti decisori delle piccole e grandi scelte politiche economiche e sociali possano essere d’accordo e soprattutto quanti di loro ogni giorno siano fattivamente impegnati nell’operare perché tutti possano conoscere, orientarsi criticamente su ciò che debbono fare, continuare o ritornare a sperare. Eppure una laica, laicissima, riflessione su questo patto di fedeltà potrebbe essere un cerino acceso nell’oscurità del vuoto di pensiero, di orientamenti, di speranza del nostro tempo sempre più liquido.