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Visualizzazione post con etichetta Wassily Kandinsky. Mostra tutti i post
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domenica 4 agosto 2024

Felicità possibile

Post di Rossana Rolando
Immagini e video di Norman Sgrò (qui il sito)
 
Quid faciat laetas segetes…hinc canere incipiam
Che cosa renda feconde [liete, felici] le messi…da qui comincerò a cantare
(Virgilio, Georgiche, 1,1).
 
Norman Sgrò, Plus ultra
💥Socrate e il maiale
Parlando della felicità, nel vago senso che ciascuno può dare a questo termine, prima di una riflessione articolata e argomentata, ci si può chiedere anzitutto se essere felici sia davvero lo scopo dell’esistenza o se la serietà del vivere non chiami a compiti ben più alti che non garantiscono affatto la felicità individuale. Così pensa Kant il quale esclude l’utilità personale come movente del retto agire (pur non negando l’aspirazione alla felicità come conseguenza possibile della virtù), così ragiona, d’altra parte, un utilitarista come J. Stuart Mill che - in polemica con una certa identificazione di felicità e piacere - ritiene sia meglio “essere un uomo insoddisfatto piuttosto che un maiale soddisfatto, essere un Socrate infelice piuttosto che uno stupido felice. E se lo stupido o il maiale sono di diversa opinione, è perché conoscono solo un lato della questione”.

giovedì 17 agosto 2023

Dei colori.

Post di Rosario Grillo.

Kandinsky, Sul bianco II, 1923
Kandinsky: «Il bianco, che è spesso considerato un non-colore (…) ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità».

 
È condivisibile l’ipotesi di P. Sloterdijk, che fa del grigio la coloritura della modernità? La sua “ suggestione”, argomentata (1) e documentata, addirittura sull’arco della storia, suscita in me dei dubbi, e, nello stesso tempo, mi catapulta nella complessa questione dei colori. 
Tuttavia, a fugar certe obiezioni, corre obbligo citare prima la zona grigia descritta da Primo Levi: “dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi. Possiede una struttura incredibilmente complicata, e alberga in sé quanto basta per confondere il nostro potere di giudicare” (2). La precisazione del celebre “deportato” torinese condensa la sua specifica scienza, la chimica, con la fine espressione letteraria; essa descrive l’immensa area dei non schierati, dei conformisti, dei collaborazionisti del Potere che opprime. Con essa esterno la mia diffidenza della politica del “giusto mezzo”, teorizzata da F. Guizot nel 1848 e transitata nel “centrismo” dei nostri tempi (con tutte le sue sfumature).
Tema multidisciplinare, la dottrina dei colori, con implicazione di fisica, logica, psicologia, biologia, filosofia, storia dell’arte.

martedì 7 marzo 2017

Il narratore di Walter Benjamin.

🖊 Post di Rossana Rolando
🎨 Tutte le immagini riproducono opere risalenti alla fase pre astrattista di Wassily Kandinsky (per una presentazione di essa si può cliccare qui: Wassily Kandinsky e la fiaba).

Wassily Kandinsky, 
L'elefante (1908)
«Quando il re egiziano Psammenito fu vinto e preso prigioniero dal re dei Persiani Cambise, questi si propose di umiliarlo. Ordinò di collocare Psammenito sulla via dove si sarebbe svolto il trionfo persiano, e fece in modo che il prigioniero vedesse passare la figlia in vesta da schiava, mentre si recava al pozzo con una brocca in mano. Mentre tutti gli Egiziani levavano pianti e grida a quella vista, il solo Psammenito rimase muto e immobile, gli occhi inchiodati al suolo; e quando, poco dopo, vide il figlio condotto a morte nel corteo, rimase altrettanto impassibile. Ma quando vide passare fra i prigionieri uno dei suoi servi, un uomo vecchio e impoverito, allora si batté il capo coi pugni e mostrò tutti i segni del più profondo dolore» (Walter Benjamin, Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nicola Leskov, in Angelus Novus, Einaudi, 1962, p. 254).

Wassily Kandinsky, 
Domenica, Russia antica (1904)
Questo racconto riportato da Erodoto nel terzo libro delle sue Storie, ripreso da Montaigne e raccolto infine da Benjamin nel suo breve e intenso saggio sulla narrazione “produce stupore e riflessione” (p. 255) ed ha il potere - dopo millenni - di suscitare curiosità e interrogazione nel pensiero.
Perché il faraone rimane muto di fronte all’umiliazione e alla condanna dei propri figli, mentre piange dinnanzi alla prigionia di un suo vecchio servo impoverito? Montaigne propone una sua esegesi: «Poiché traboccava già di cordoglio, bastava una piccola aggiunta perché quello spezzasse i suoi argini».

sabato 4 marzo 2017

Wassily Kandinsky e la fiaba.

🖊 Post di Rossana Rolando.

Il cavaliere azzurro (olio su tela, 55×60, 1903, Collezione privata, Zurigo) e La vita variopinta (tempera su tela, 130×162,5, 1907, Lenbachhaus Monaco) di Wassily Kandinsky (Mosca 1866 – Neuilly-sur-Seine 1944) appartengono alla fase precedente l’astrattismo, fatto risalire al 1910 - data in cui compaiono i primi acquerelli privi di oggetto figurativo realistico - e alla pubblicazione, due anni dopo, de Lo spirituale nell’arte.

Wassily Kandinsky, Il cavaliere azzurro
Oltre a ispirare successivamente, nel 1911, il nome del gruppo fondato a Monaco (di cui fanno parte, tra gli altri, Franz Marc e Paul Klee), Il cavaliere azzurro (o Il cavaliere blu, Der Blaue Reiter, 1903) ha una forte valenza simbolica: l’uomo in corsa sul cavallo bianco è l’alter ego dell’artista e rimanda al senso della vita come lotta tra bene e male, come tensione volta ad affermare il primato della dimensione spirituale su quella materiale. Il blu è il colore prediletto: il colore del cielo, della quiete introspettiva, della beatitudine, simile musicalmente a un flauto quando è azzurro, a un violoncello nel momento in cui diventa blu, a un contrabbasso se è molto denso e, infine, nella sua manifestazione “più scura e solenne” a un organo (Lo spirituale nell’arte, Se, Milano 1989, p. 65).