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Visualizzazione post con etichetta opera d'arte e commento. Mostra tutti i post
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lunedì 26 dicembre 2022

L'esperienza estetica. Gianluca Corona.

Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere di Gianluca Corona (qui il sito).
 
Gianluca Corona, Piatto con fragole, omaggio a Coorte, 2022, olio su tavola, cm 25x35
Contemplare un dipinto di Gianluca Corona – per esempio un piatto di fragole rosse, poste su un tavolo di marmo, sporgente da uno sfondo indefinito - è un’autentica esperienza estetica, nel significato greco di aistesis (αἴσθησις), sensazione, in cui tutti i sensi sono coinvolti nel sentire il profumo fragrante delle fragole, nel supporne il sapore tra il dolce e l’asprigno, nell’osservare il rosso che si insinua nei singoli interstizi, nel toccare “con mano” le piccole gibbosità… I critici letterari chiamano sinestesia la collaborazione tra le diverse sensazioni che concorrono a formare la realtà percepita. Si parla, in campo artistico, di iperrealismo, per indicare l’estrema veridicità sensoriale della figura dipinta.
 
Immagine e spiritualità. Eppure il genio artistico, immediatamente evidente, non sta “solo” nell’abilità del disegno (che pure è la base indispensabile, oggi spesso dimenticata, della grande arte), capace di riprodurre con estrema esattezza la realtà, ma nel sentimento che risveglia in chi osserva. Come insegna Hegel, l’arte pittorica – attraverso la materia colta sensibilmente nella figura e nel colore – trasmette un messaggio immateriale, spirituale.¹ In questo caso è lo stupore di fronte ad un “oggetto” che non abbiamo mai visto con questo nitore, in questa sua forma assoluta (ab-soluta), sciolta dal tempo e dallo spazio, potremmo quasi dire “sacrale”, per l’elevazione e la venerazione che è in grado di suscitare.
 

venerdì 25 giugno 2021

Visitati dall'ispirazione.

Post di Rossana Rolando.
 
❇ Ispirazione artistica.
Caravaggio, San Matteo e l'angelo, particolare
Nell’ultimo libro di Tullio Pericoli, dal titolo Arte a parte, c’è un breve capitolo dedicato all’ispirazione.¹ Il tema viene introdotto con la giusta dose di cautela, nella coscienza dell’altezza da cui discende la parola e di un certo senso del ridicolo che si può avvertire pronunciandola per se stessi. Eppure, dice Pericoli, “è innegabile che l’ispirazione esista, come esiste la pittura e come esistono gli attrezzi per dipingere”.²
La paragona ad un treno che corre su binari infiniti, libero e senza meta, non vincolato da orari… messo in moto non si sa da chi e perché o ancora, seguendo un passo di Florenskij (e ancor prima di Platone, nel suo Ione), la accosta ad una calamita che crea attorno a sé un campo magnetico capace di attrarre il ferro ed ogni altro oggetto su cui siano strofinate particelle ferrose: nello stesso modo, la mente può captare le idee, le immagini, le figure che “vagano nell’aria”.³ In entrambi i casi vi è qualcosa di esterno che interviene: chi ha acceso i motori del treno e lo ha messo in movimento nella prima metafora; tutto ciò che è attratto dal magnete, nella seconda figura. Lo stesso accade nell’ispirazione, intesa etimologicamente nei termini di uno “spirito” (respiro, soffio) che penetra dentro (in-spirare) e rende posseduti. Così nasce l’idea, l’intuizione creativa.

sabato 3 aprile 2021

Difficile Resurrezione.

Post di Rossana Rolando.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo, 1492 ca, Accademia Carrara, Bergamo
La recente scoperta (2018) di una sicura attribuzione ad Andrea Mantegna (1431-1506) della piccola tavola (48,5×37,5 cm), dipinta a tempera, raffigurante la Resurrezione di Cristo, mi pare già un buon motivo per dedicare un post a quest’opera, in prossimità della Pasqua.¹ Il dipinto, rimasto per cento anni nel deposito dell’Accademia Carrara di Bergamo come semplice copia del celebre pittore della Camera degli sposi, è stato “ritrovato” grazie agli indizi di incompletezza che lo hanno ricondotto alla pittura dello stesso Andrea Mantegna, Discesa di Cristo al Limbo, di cui va a costituire, in un perfetto incastro, la parte superiore.

Ma vi è un altro motivo, più intimo, che mi spinge a partire da un dipinto e dall’intensità spirituale – direbbe Hegel – che l’opera d’arte, pur percepita attraverso i sensi, è in grado di veicolare, ed è questo: la difficoltà di parlare oggi della Resurrezione.

venerdì 26 marzo 2021

Dolore e senso.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Rogier van der Weyden, Deposizione, 1435, dettaglio
“Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»” (Matteo 27,46)

“Grido che ancora risuona in ogni umanità. … Clamore che risuona nel cuore di ogni cristianità. … Grido come se Dio stesso avesse peccato come noi, come se perfino Dio si fosse disperato, come se anche Dio avesse peccato come noi. E del più grande peccato. Quello di disperare. ... Più dei due ladroni appesi ai suoi lati che non urlavano che un grido di morte umana, perché non conoscevano che una desolazione umana. … Il Giusto solo emise il clamore eterno. Ma perché? Che aveva? Lui solo poteva gridare il clamore sovrumano. Lui solo conobbe allora quella sovrumana desolazione. Così i ladroni non gettarono che un grido che si spense nella notte. E lui gettò il grido che risuonerà sempre, eternamente sempre, il grido che non si spegnerà mai, eternamente. In nessuna notte. In nessuna notte del tempo e dell’eternità” (Ch. Pèguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1966, p.83 passim).

Il venerdì santo è simbolicamente il giorno della croce ovvero l’icona di tutta la sofferenza che attraversa il mondo, dell’immensa realtà dell’umanità sofferente per diversissime cause: malattie, vecchiaia, avvelenamento dell’ambiente, città opprimenti senza spazi, criminalità, guerre, solitudini, tutte le forme incomprensibili di violenza miseria oppressione sfruttamento ed impotenza, estenuanti lutti familiari nella crudeltà della morte in solitudine dei propri cari e non ultima la propria angoscia della morte e tanto altro ancora.

martedì 5 maggio 2020

Il Raffaello di Nietzsche.

Post di Rossana Rolando. 

Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, 
particolare
Nella ricorrenza dei 500 anni dalla morte di Raffaello (1483-1520), vorrei ricordare e leggere (audio alla fine del post) una bellissima pagina di Nietzsche, dedicata alla Trasfigurazione, l’ultima tela (1518-20)* del pittore urbinate, oggi conservata presso la Pinacoteca vaticana. Il brano è contenuto ne “La nascita della tragedia”, l’opera del 1872, molto discussa e osteggiata dai filologi, il cui contenuto è in realtà squisitamente filosofico, preludio di tutto il percorso teoretico successivo.
Nello scritto nietzschiano la descrizione del capolavoro di Raffaello non muove da un interesse religioso, ma si inserisce all’interno di un discorso sull’arte e sulla sua funzione culturale.

sabato 22 giugno 2019

Labirinto Luzzati. Creare con gioia.

Post e fotografie di Rossana Rolando.

“…dove si divertono i bambini,
 quello è sempre un bel posto”
(Lele Luzzati)¹.

Mostra Labirinto Luzzati
✴️ Labirinto Luzzati è il titolo della mostra che si è aperta il 1 giugno a Genova presso Palazzo Ducale, nel Sottoporticato, e si protrarrà fino al 3 novembre 2019². Un omaggio della città a questo suo artista - nato a Genova il 3 giungo del 1921 e ivi morto il 26 gennaio del 2007 - che ha considerato il capoluogo ligure la sua principale fonte di ispirazione: “Genova, dove si entra dai tetti delle case e si esce giù per le strade ripide, labirintica come un bosco, è la mia migliore musa. Tutte le volte che esco dall'ascensore del quartiere di Castelletto e guardo fuori mi stupisco, perché vedo sempre qualcosa di nuovo”³.

Mostra Labirinto Luzzati
✴️ Genova per Luzzati non è semplicemente un luogo fisico, è piuttosto una qualità dell’anima, un modo di essere e di sentire, una tensione dello spirito verso il sogno e l’immaginazione: “Uno può benissimo non uscire dalla stessa stanza e viaggiare con la fantasia. Però io ho un altro vantaggio: che sto a Genova… una città che veramente ha delle prospettive talmente diverse: io posso passeggiare sempre nella stessa strada e vedere sempre cose nuove… Genova è una città molto molto ricca di prospettive, di spunti”. Perciò essa è presente, nella sua opera, anche quando risulta apparentemente assente. La verticalità di Genova, come dice liricamente Caproni, si riflette nell’opera di Luzzati, nei saliscendi di scale e scalette, nelle raffigurazioni prospettiche di immagini che si rincorrono e si sovrappongono, facendosi racconto e animazione. La tecnica artistica che meglio la identifica e la rappresenta è quella del collage (molto utilizzato da Luzzati): composizione di ritagli, scorci, spazi, età storiche… di cui è fatta ogni sua casa, strada, piazza. Il video di animazione dedicato a Genova raccoglie magistralmente l’essenza della città e dell’estetica che ad essa si lega.

sabato 13 ottobre 2018

La celebrazione dell'attimo, tra arte e filosofia contemporanee.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Americo Salvatori, per gentile autorizzazione (qui il sito). 

Americo Salvatori, 
Lama di luce
I paesaggi del Montefeltro - che costituiscono lo sfondo dei quadri di Piero della Francesca - sono spesso oggetto dei dipinti di Americo Salvatori, artista, pittore e musicista che nasce ad Urbania nel 1963 e vive a Lunano (PU).
Lama di luce ne è un primo esempio (olio su tela, 60 per 80).
In esso la natura viene offerta all’occhio di chi guarda nella sua immensità spettacolare, capace di suscitare uno stupore dal sapore antico, una meraviglia (thauma: nella duplice accezione di incanto e turbamento) che talora, nell’era tecnologica, sembra essere andata perduta.
La spazialità rappresentata ha una sua immediata veridicità: un prato, le colline, qualche albero, i monti sullo sfondo. Di lontano la luminosità irrompe a strisce, a squarci, a laghi. Dal limitare dell’ombra alla trasparenza delle montagne i colori si rarefanno, secondo una gradualità ascendente.
Un quadro realistico, si potrebbe dire.
Eppure il realismo dell’opera è tutto da indagare. Sappiamo bene che l’immagine non è la realtà, è piuttosto una rappresentazione mentale della realtà. Come il mare di Piero Guccione, la natura di Americo Salvatori è “un’essenza, un pensiero” (Marco Goldìn, La fedeltà di Piero Guccione al mare).

martedì 3 ottobre 2017

San Francesco di Nietzsche e di Giotto.

🖊Post di Rossana Rolando
🎨Immagine de La predica agli uccelli di Giotto.

Giotto di Bondone, La predica agli uccelli 
(tra il 1297 e il 1299), particolare
In un frammento postumo di Nietzsche troviamo questa penetrante immagine: “Francesco d’Assisi: innamorato, popolare, poeta, lotta contro l’aristocrazia e la gerarchia delle anime, a favore degli infimi (Frammenti postumi, 9 [19], Adelphi, Milano 1990, p. 9). E, molte pagine dopo, lo stesso Nietzsche pone Francesco - così “come Gesù di Nazareth”- tra “i grandi erotici dell'ideale, i santi della sensualità trasfigurata e incompresa che impersonano i “tipici apostoli dell'«amore»” (Frammenti postumi, 10 [51], cit., p. 129).
Nietzsche,  il veemente accusatore del cristianesimo - così come si è storicamente configurato - usa le parole più acute e toccanti per restituire la vera icona del santo di Assisi e del suo Modello.
Proprio questa immagine di Francesco caratterizza il ciclo degli affreschi di Giotto nella Basilica superiore di Assisi: è il santo narrato dalla religiosità popolare, attraverso le storie dei miracoli, è il “giullare di Dio”, tutto animato dal desiderio di danzare e cantare la vita, è il poeta che innalza la sua lode al cielo in una fratellanza spirituale con tutta la creazione.
Questa tesi viene espressa mirabilmente da Massimo Cacciari nel suo breve saggio su San Francesco in Dante e Giotto, sottotitolo di Doppio ritratto.

sabato 4 marzo 2017

Wassily Kandinsky e la fiaba.

🖊 Post di Rossana Rolando.

Il cavaliere azzurro (olio su tela, 55×60, 1903, Collezione privata, Zurigo) e La vita variopinta (tempera su tela, 130×162,5, 1907, Lenbachhaus Monaco) di Wassily Kandinsky (Mosca 1866 – Neuilly-sur-Seine 1944) appartengono alla fase precedente l’astrattismo, fatto risalire al 1910 - data in cui compaiono i primi acquerelli privi di oggetto figurativo realistico - e alla pubblicazione, due anni dopo, de Lo spirituale nell’arte.

Wassily Kandinsky, Il cavaliere azzurro
Oltre a ispirare successivamente, nel 1911, il nome del gruppo fondato a Monaco (di cui fanno parte, tra gli altri, Franz Marc e Paul Klee), Il cavaliere azzurro (o Il cavaliere blu, Der Blaue Reiter, 1903) ha una forte valenza simbolica: l’uomo in corsa sul cavallo bianco è l’alter ego dell’artista e rimanda al senso della vita come lotta tra bene e male, come tensione volta ad affermare il primato della dimensione spirituale su quella materiale. Il blu è il colore prediletto: il colore del cielo, della quiete introspettiva, della beatitudine, simile musicalmente a un flauto quando è azzurro, a un violoncello nel momento in cui diventa blu, a un contrabbasso se è molto denso e, infine, nella sua manifestazione “più scura e solenne” a un organo (Lo spirituale nell’arte, Se, Milano 1989, p. 65).

venerdì 13 gennaio 2017

Le radici della "pietà". Paolo Pennisi.

🖊 Post di Rossana Rolando.
🎨 Le opere rappresentano dipinti di Paolo Pennisi.

Paolo Pennisi, Miserabili
🔵 Il dipinto.
Uomini accovacciati, orbite vuote, buchi neri rivolti all’insù, una testa capovolta. Sagome solo tratteggiate, lasciate così, nella loro rozza espressività. I colori sono tutti giocati sulla stessa tonalità della terra, come di terra – fragile e sgretolabile - sembra fatta questa dolente umanità. Uno sfondo appena riconoscibile di cielo e monti. Non ci sono abiti particolari, che possano dire a quale epoca appartengono questi uomini, nessun riferimento geografico o cronologico. Una rappresentazione fuori da ogni coordinata spazio temporale, eppure potente, con un forte impatto emotivo su chi osserva.

🔵 Il significato dell’opera.
Il dipinto si intitola “Miserabili”. Esso può richiamare una condizione sociale ed economica di sofferenza legata a bisogni materiali oppure può indicare una depravazione di tipo morale, ma può soprattutto essere il segno di una condizione esistenziale: è misero (in quanto infelice, afflitto, tormentato) ogni uomo nel suo patire, sia esso materiale, mentale, psicologico, affettivo, fisico, spirituale, morale. Miserabile quindi è l’intera umanità. Paolo Pennisi riesce a mettere in scena il dolore, spogliandolo di tutti i caratteri contingenti, legati a questa o quella situazione, a questo o quel tempo: è il dolore nella sua essenza.

martedì 13 dicembre 2016

"La vie" e il misticismo di Chagall.

🖊 Post e fotografie di Rossana Rolando.
🎨 L'analisi dettagliata dell'opera La vie” - rispetto allo sviluppo interpretativo dell'articolo - è scritta in viola.

Marc Chagall ha affermato di sé: «Io sono un mistico, certo. Non è che vado in una chiesa o sinagoga particolare, ma prego. La mia preghiera è il mio lavoro. E poi  leggo Verlaine, la Bibbia. Credo nei profeti. Sono queste le regole della mia fede» (1). E Raïssa Maritain (1883-1960) - la moglie russa ed ebrea-cattolica di Jacques Maritain,  finissima intellettuale legatasi di amicizia nel periodo statunitense con il pittore russo, ebreo come lei e quindi perseguitato durante gli anni della furia nazista - così scrive nel saggio a lui dedicato: «Chagall si è sempre stupito che si potesse concepire un’arte senza misticismo» (2).

Marc Chagall, La vie
particolare
🎨
La vie, l’opera monumentale (296×406 cm) dipinta nel 1964, conservata dalla Fondation Aimé et Marguerite Maeght di Saint Paul de Vence ed esposta recentemente presso il Forte di Bard, ben si presta ad interpretare l'aspetto mistico della sua poetica. Essa va letta da destra a sinistra e dall’alto al basso secondo la scrittura ebraica. L’artista, in tutta la vasta narrazione simbolica del grande olio, è soggetto ed oggetto insieme, è colui che racconta e ad un tempo è raccontato. Lo dice subito la sua immagine sdoppiata e collocata sul lato destro, in basso: da una parte lo vediamo tra le braccia protettive della seconda moglie Vava, dall’altra parte lo troviamo raffigurato sul cavalletto, nella veste di un violinista da cui la testa si stacca e vola, come musica che armonicamente si sviluppa sulla tela. Più in là, posta tra Vitebsk a sinistra e Parigi sotto, le due città del sogno, divenute tali per nascita ed elezione, si affusola la figura dell’artista con la prima moglie Bella - prematuramente perduta e rimasta nella memoria eternamente sposa - con in braccio la figlioletta Ida.

martedì 20 settembre 2016

"Les Règions inconnues" di Davide Peiretti.

Di Rossana Rolando.
Lame di luce a squarci, di azzurro e di bianco. Particelle che vibrano come pulviscolo nell’aria, nel Tutto del nero che avvolge. 
Nessun possibile riferimento ad oggetti o paesaggi a noi noti, solo segni, colori e  forme.
Davide Peiretti, 
Les Règions inconnues
particolare
Les Règions inconnues - le regioni sconosciute -: questo è il titolo dell'imponente trittico (1979, Tempera e metalli su tela, cm 300×178) di Davide Peiretti (Torino, 1933-2008), pittore della figurazione astratta che opera nella culla culturalmente fervida della Torino anni 60-90. Un artista di cui si conosce la grande passione per il mondo della musica e la dimestichezza con gli strumenti musicali: figlio di un liutaio divenne anch’egli abile nel restauro e nella costruzione di strumenti musicali (la biografia può essere consultata nel sito qui). E’ stato definito “pittore della musica”, proprio in relazione a questo intreccio che non è solo biografico, ma risulta narrato in ogni suo dipinto: note, suoni, melodie e sinfonie si traducono - nel linguaggio pittorico - in corpuscoli, forme, onde che giungono a noi in un movimento elegante e armonioso. Del resto il connubio tra pittura e musica è tema fondamentale nella storia dell’arte. Lo ha messo in evidenza da par suo Philippe Daverio (leggere qui) in occasione della mostra, dedicata a Davide Peieretti, tenuta a Gavirate (Varese) nello scorso maggio.
Davide Peiretti, 
Les Règions inconnues
particolare
Ma c’è un interesse più segreto del pittore torinese che potrebbe illuminare questo dipinto ed è racchiuso nel suo amore per la filosofia. La pittura astratta – ben più della rappresentazione realistica – ha una forte valenza filosofica, perché comunica un’idea, una visione del mondo. In questo consiste la sua grandezza: non nel semplice segno  – linee, figure, colori – ma nella potenza comunicativa di quel segno, nel messaggio concettuale in cui si risolve l’e-mozione estetica.

mercoledì 17 agosto 2016

La notte e la paura della Morte, F. Hodler.


Post di Rossana Rolando.
La notte di Ferdinand Hodler è una potente raffigurazione della Morte e della paura che essa incute. Si tratta di una grande tela (116.5 per 299), dipinta negli anni 1889-90. Il quadro suscitò scandalo e venne perciò escluso dalla Mostra di Belle Arti che si tenne a Ginevra nel 1891.

Ferdinand Hodler, La notte, particolare
Raffigura corpi nudi: di uomini possenti, di donne sinuose, corpi abbracciati nel sonno, avvolti tutti in un drappo nero che copre e protegge in parte le nudità. Lo sfondo sembra essere la sola terra gelida, dai colori bianco grigi, attraversata da fragili fili di vegetazione.  La notte, luogo del sonno riparatore: dolce, appagante, tranquillo. 
Solo in mezzo spicca un uomo, l’unico sveglio nel dipinto, scosso improvvisamente da qualcosa, certamente spaventato, anzi terrorizzato. Lo si capisce dallo sguardo, dall’espressione del volto, dalle mani contratte. Una sagoma nera lo sovrasta e si erge su di lui come un fantasma. La notte, luogo di fragilità.

lunedì 11 luglio 2016

La donna di spalle. Vilhelm Hammershøi.

Post di Rossana Rolando.
 
V. Hammershøi, 
Interno con il cavalletto dell'artista
Vilhelm Hammershøi è stato un pittore danese vissuto tra il 1864 e il 1916. Ancora oggi rimane largamente sconosciuto, nonostante la notorietà di cui ha goduto durante la vita. Nel contesto del Novecento e dell’affermarsi delle avanguardie, la pittura di Hammershøi è risultata del tutto inattuale, lontana dalle innovazioni di stile e di colore dei pittori più in voga e, per questo, è stata dimenticata. Solo nell’ultimo decennio del Novecento, grazie alla mostra parigina del Museo d’Orsay del 1997, è iniziata la sua rivalutazione. Agli inizi di quest’anno 2016, in occasione del centenario della morte, si è tenuta a Roma una mostra dedicata al grande artista danese (Hotel Art, via Margutta).

Vilhelm Hammershøi
 Interno con donna al piano
Proprio l’inattualità – nel senso nietzschiano del non ancora attuale rispetto al proprio tempo - per la quale Hammershøi è caduto nell’oblio è quella che oggi ce lo rende affine (tanto che spesso viene accostato ad Hopper). Certamente vi è in questo pittore un legame con tematiche esistenzialistiche (Kierkegaard era danese) che trovano nel Novecento larga espressione in campo filosofico, letterario, cinematografico. I soggetti attraverso i quali viene elaborata questa poetica dell’esistenza sono sintetizzabili in tre nuclei: le stanze vuote, la luce e il silenzio, la donna di spalle.

mercoledì 6 luglio 2016

La Bibbia Maciejowski e la sua storia.

Tutte le immagini presenti in questo post e nell'articolo La torre di Babele. Letture di Rosario Grillo riproducono miniature della Bibbia Maciejowski, un ciclo di figurazioni miniate che racconta le Scritture: gli eventi, gli episodi, i personaggi dell’Antico Testamento dalla Genesi a David.

Bibbia Maciejowski, 
Quinto giorno della creazione
Bibbia Maciejowski, 
Caino uccide Abele
La Bibbia miniata risale al 1250 circa ed è riconducibile al contesto geografico della Francia settentrionale. Secondo alcuni studiosi sarebbe stato Luigi IX (1214-1270), re di Francia, a commissionarne la realizzazione. Le icone – fulgido esempio di arte figurativa gotica – rappresentano 346 episodi tratti da Genesi, Esodo, Giosuè, Giudici, Ruth e Samuel e sono raccolte in 46 fogli.

sabato 2 luglio 2016

Adam Elsheimer, Fuga in Egitto.


Adam Elsheimer è stato un pittore tedesco, vissuto tra il 1578 e il 1610. Dopo essersi formato in Germania, si è spostato in Italia, prima a Venezia e poi a Roma, luogo in cui è morto ad appena 32 anni, dopo aver condotto una vita spesso segnata dalla malinconia e dalle difficoltà economiche. Nella permanenza italiana ha assorbito la lezione di grandi artisti: da Tiziano a Tintoretto, da Caravaggio a Carracci. La Fuga in Egitto - un vero gioiello - è un'opera di piccole dimensioni (31×41) del 1609 (oggi all'Alte Pinakotheck di Monaco).


La fuga in Egitto. I critici sono concordi nel ritenere questo piccolo quadro un punto di passaggio fondamentale dalla pittura stilizzata del paesaggio - e in particolare della volta stellata - alla rappresentazione realistica del vero. Di questo dipinto molto si è detto proprio in questa direzione: l’individuazione delle varie costellazioni (del Delfino o dell’Aquila, delle Pleiadi, dell’Orsa Maggiore…) ha fatto pensare ad una ben determinata notte del 1609 (con varie ipotesi: 21 marzo? 19 aprile?).

mercoledì 29 giugno 2016

Il cielo nascosto.

E quando miro in cielo arder le stelle;
   dico fra me pensando:
    a che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
    infinito seren? Che vuol dir questa
solitudine immensa? Ed io che sono?
   (G. Leopardi, Canto di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89)

Adam Elsheimer, 
Fuga in Egitto 
(particolare)
Sabato 11 giugno, nel quadro dei festeggiamenti e dibattiti promossi da Rai3 in quel di Forlì, mi ha colpito una sequenza di notizie: l’inquinamento luminoso prodotto dalla luce artificiale nasconde le stelle ad un terzo dell’umanità; oltre il 60 per cento degli europei e l'80 per cento dei nordamericani non hanno più la possibilità di vedere la Via Lattea.
Il cielo stellato! Che cosa significa e rappresenta? Quale implorazione nasconde? Metafora? Semplice visione o privazione sensoriale?
Penso all’esprit de geometrie, all’esprit del finesse: ai loro diversi modi di interpretare e sentire le stelle e, tramite loro,  i propri tormenti e stati d'animo, le proprie speranze, certezze, inquietudini ed implorazioni...
Mi sovviene la mia infanzia:  lo studio a memoria del pianto di stelle” del Pascoli. E immancabilmente il canto di un pastore errante di Leopardi...
Penso a Maiakovskij: Ascoltate!/ Se accendono/le stelle -/ vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?/  Vuol dire che è indispensabile/ che ogni sera/ al di sopra dei tetti/ risplenda almeno una stella?!... (1).