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Visualizzazione post con etichetta Caravaggio. Mostra tutti i post
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venerdì 25 giugno 2021

Visitati dall'ispirazione.

Post di Rossana Rolando.
 
❇ Ispirazione artistica.
Caravaggio, San Matteo e l'angelo, particolare
Nell’ultimo libro di Tullio Pericoli, dal titolo Arte a parte, c’è un breve capitolo dedicato all’ispirazione.¹ Il tema viene introdotto con la giusta dose di cautela, nella coscienza dell’altezza da cui discende la parola e di un certo senso del ridicolo che si può avvertire pronunciandola per se stessi. Eppure, dice Pericoli, “è innegabile che l’ispirazione esista, come esiste la pittura e come esistono gli attrezzi per dipingere”.²
La paragona ad un treno che corre su binari infiniti, libero e senza meta, non vincolato da orari… messo in moto non si sa da chi e perché o ancora, seguendo un passo di Florenskij (e ancor prima di Platone, nel suo Ione), la accosta ad una calamita che crea attorno a sé un campo magnetico capace di attrarre il ferro ed ogni altro oggetto su cui siano strofinate particelle ferrose: nello stesso modo, la mente può captare le idee, le immagini, le figure che “vagano nell’aria”.³ In entrambi i casi vi è qualcosa di esterno che interviene: chi ha acceso i motori del treno e lo ha messo in movimento nella prima metafora; tutto ciò che è attratto dal magnete, nella seconda figura. Lo stesso accade nell’ispirazione, intesa etimologicamente nei termini di uno “spirito” (respiro, soffio) che penetra dentro (in-spirare) e rende posseduti. Così nasce l’idea, l’intuizione creativa.

domenica 30 giugno 2019

Elogio di Nicodemo.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Crijn Hendricksz Volmarijn (1601-1645), 
Cristo e Nicodemo
“Guardando l’eclettico andirivieni dei nostri giorni guicciardiniani, si può nutrire nostalgia  per uno che “andò a trovare Gesù di notte” nell’intimità e nel silenzio di una ricerca veritiera che, proprio perché autentica e sofferta, può sentirsi appagata solo nella calma serena di una preghiera. Lo abbiamo lasciato all’opera pietosa del sepolcro nell’ora della morte e della desolazione. E non conosciamo altro di lui. Solo Dio sa la sua sorte. A noi è consentita l’ipotesi, l’illazione, la congettura. Ed è rassicurante - per noi poveri cristiani - pensare che abbia attraversato il varco della salvezza. Nell’incontro con Gesù gli era fatalmente apparsa una speranza più alta di quella che aveva cercato. E poiché la sua ragione era umile, aveva imparato, in quell’incontro, che la ragione sa tutto ma non sa nient’altro.” (M. Martinazzoli, La legge e la coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015,p.65-66)

L’ “Elogio di Nicodemo”, scritto da Martinazzoli nel 2002 (1), non vuole essere l’esegesi di una “memorabile pagina” del Vangelo (Giovanni 3,1-21), si limita a “proporre qualche ragguaglio” intorno a Nicodemo.

venerdì 12 febbraio 2016

Indifferenza e misericordia, con Caravaggio.

Caravaggio (il pittore del buio),
Vocazione di San Matteo,
particolare
Che significa indifferenza? Chiudere volutamente gli occhi, “non volere avere fastidi”, “non-volerne-sapere”, rifiutare la responsabilità di essere donne ed uomini cui sta a cuore non solo la propria integrità psicofisica ma anche il diritto dell’altro a sviluppare le sue possibilità personali e sociali.
Ogni giorno siamo chiamati a resistere all’escalation dell’indifferenza, che estinguerebbe in ognuno di noi ogni istanza di coinvolgimento, di partecipazione, di presa di posizione sulle mille realtà di ingiustizia sociale che ci attorniano.
Caravaggio (il pittore della luce), 
Vocazione di San Matteo,
particolare
E’ la malattia mortale dell’accidia (akedeia, come la definisce il monachesimo antico ed odierno), disfatta davanti al mistero dell’esistenza, rifiuto di condividere la sofferenza e la responsabilità del vivere con gli altri, rinuncia  ad ogni anelito comunitario, “tristezza per i beni divini”, come  la definiva S. Tommaso d’Aquino. La tradizione cattolica la considera uno dei sette vizi capitali, perché fuga  di fronte alle domande essenziali, atteggiamento negativo fondamentale di fronte alla vita, in quanto ne viola la dimensione sia profana sia religiosa, riducendola a "perenne agonia dell’umano".

sabato 3 gennaio 2015

Figure del Natale. Ottava figura, Riposo durante la fuga in Egitto.


Caravaggio, Riposo 
durante la fuga in Egitto.
Questo dipinto del Caravaggio del 1595-96  rappresenta la nota scena del vangelo di Matteo, 2, 13-15 in cui si narra: «Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode…». Caravaggio interpreta la scena immaginando un momento di riposo, un attimo di sollievo e di conforto nel lungo peregrinare di Giuseppe, di Maria e del bambino. Un angelo suona per loro una musica celestiale: sullo spartito è la parte del cantus del mottetto Quam pulchra es et quam decora del fiammingo N. Bauldewijn, ispirato al Cantico dei Cantici.

Caravaggio, Riposo 
durante la fuga in Egitto, 
particolare.
Nel video che di seguito proponiamo Luigi Ceccarelli presenta  una splendida interpretazione del dipinto e del ruolo che in esso sembra essere attribuito all’arte, sorta di “salvezza” dalle fatiche, dai dolori, dalle pesantezze di questo mondo: «la musica come regalo divino per la dolorosa umanità di sempre».
Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.



«Ma» - continua Ceccarelli - «quante famiglie nella storia dell’uomo saranno costrette all’umiliazione dell’Esodo, in fuga da tiranni sanguinari, dalla miseria, dal destino di sopraffazione …»
La fuga in Egitto diventa così metafora di un destino che si ripete, nelle miriadi di persone costrette oggi a fuggire dai loro persecutori. E allora, accanto al sollievo dell’arte, vi deve forse essere il richiamo alla responsabilità etica, al gesto umano e umanizzante della compassione, intesa nel senso etimologico del com-patire, del sentire con l'altro e del portare il dolore dell’altro. 
In Caravaggio il tema del com-patire viene espresso potentemente nella scena della Deposizione (1602-1604) e nella partecipazione che le diverse figure esprimono attraverso la loro stessa fisicità, il loro protendersi verso il centro.

Caravaggio, La deposizione di Cristo.

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mercoledì 23 luglio 2014

Il nostro viaggio in Calabria, prime fugaci impressioni.

Soverato (Cz), 23 luglio 2014.


«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. 
Un paese vuol dire non essere soli, 
sapere che nella gente, nelle piante, nella terra 
c’è qualcosa di tuo, 
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Cesare Pavese, La luna e i falò.

La Calabria – regione che abbiamo scelto quest’anno come meta delle nostre vacanze – suscita in mia moglie e in me sentimenti molto intensi e ambivalenti, di segno positivo e negativo. 

Crotone, 
peschereccio all'alba.
In questo primo post, per i nostri amici del blog, vogliamo privilegiare alcuni aspetti gioiosi, di indubbia bellezza e bontà, che questa terra offre a chi la visita. Lo vogliamo fare in una forma leggera, fatta di immagini - scattate da noi - e di brevi didascalie. Forse, al termine del viaggio, proveremo a formulare alcune riflessioni più articolate su questo lembo d’Italia e sulle forti contraddizioni che ne abbiamo colto.

Crotone, Capo Colonna, 
resti del tempio dedicato a Hera Lacinia, 
uno dei santuari più rilevanti della Magna Grecia, 
risalente al VI secolo a.C.


Crotone, la città di Pitagora 
(il filosofo e matematico 
vissuto tra il VI e il V secolo a.C.). 
Museo archeologico.
Spiaggia di Sibari 
dove sbocciano numerosi 
- piccoli, umili, ostinati - 
fiori bianchi.
Museo archeologico di Sibari, 
centro importante della Magna Grecia, 
fondato nell'VIII secolo a.C.
Sibari, grandiosa pasticceria...
... a dir poco memorabile.
Santuario Santa Maria "delle Armi" 
(che significa "delle grotte"),  risalente al X secolo. 
Vista stupenda sulla pianura di Sibari,
che si estende all'orizzonte fino al mare
(altezza 1015, comune di Cerchiara, 
provincia di Cosenza).
Santa Maria delle Armi, scavata nella roccia. 
La fierezza dei fiori occhieggianti
tra le pietre.
Splendida Abbazia di 
Santa Maria del Patire (XI secolo), 
Corigliano (provincia di Cosenza).
Rocca imperiale, uno dei tanti borghi 
posti su un'altura, a dominare.
Chiesa bizantina di San Marco (XI secolo), 
Rossano, antico centro 
in provincia di Cosenza.
Tipico paesaggio collinare, 
con ulivi e aranceti...
... un paesaggio che si estende 
a perdita d'occhio.
Santa Severina, in provincia di Crotone, 
Battistero bizantino risalente al IX- X secolo d.C.
Catanzaro, un particolare.
Ruderi della Basilica di Santa Maria della Roccella, 
edificata dai normanni tra XI e XII secolo 
e semidistrutta dal terremoto del 1783 
(provincia di Catanzaro).
Parco archeologico di Scolacium (Catanzaro). 
Vi troneggiano gli ulivi, 
antichi di anni, contorti e nodosi.
Mattia Preti, pittore seicentesco 
influenzato dal Caravaggio, 
come si nota in quest'opera dal titolo Concerto. 
E' artista calabrese, nato a Taverna  
- dove sono esposte sue opere -
in provincia di Catanzaro.


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mercoledì 8 gennaio 2014

La metafora del gioco della palla.

La reciprocità [...]appartiene così essenzialmente alla natura del gioco [...].
Perché ci sia gioco, non è necessario che ci sia sempre realmente qualcun altro che
vi partecipi,
occorre però sempre che vi sia almeno qualcosa d'altro con cui il giocatore gioca
e che risponde al suo movimento con un movimento simmetrico.
Così il gatto che gioca sceglie il gomitolo di lana, perché questo gioca con lui ...
H.G.Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, p. 137.

Gioco: una parola dai molteplici significati...
Il gioco ... termine polisenso ... 
Caravaggio, I bari.
Quando parliamo di gioco rischiamo di parlare di tutto e di niente: il gioco del lotto, della roulette (quella russa magari)? I giochi elettronici che imperversano nelle case e nei bar, che fanno ricche le lobbies  parassitarie nascoste dietro le quinte, che rendono i poveri ancor  più poveri, che rischiano di  impoverire i comuni che  si oppongono al loro proliferare? Giochi delle parti, giochi maschili e femminili che sin dall’infanzia dividono i sessi? Il  gioco delle tre carte?  I giochini dei politici, panem et circenses? Vivere la vita per gioco  e non sul serio? Il gioco come vizio o come virtù? Giocare l’avversario? Giocare se stesso, giocarsi in una scelta che non ammette ritorni? Ancora una volta ci si incontra o ci si scontra con  l’ambivalenza di una parola-chiave, polisemica, come tutte le  parole-chiave della vita. 

domenica 8 dicembre 2013

Costruire il tempo con le nostre mani.



Ci impegniamo... 
(Pablo Picasso).
 


 “Ci impegniamo, noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto, né chi sta in basso,
né chi crede, né chi non crede.

Ci impegniamo:
senza pretendere che gli altri si impegnino per noi,
senza giudicare chi non si impegna,
senza accusare chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna,
senza cercare perché non si impegna.
Se qualche cosa sentiamo di "potere"
e lo vogliamo fermamente
è su di noi, soltanto su di noi.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi ci facciamo nuovi,
ma imbarbarisce
se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi. 
Ci impegniamo:
per trovare un senso alla vita,
a questa vita
una ragione
che non sia una delle tante ragioni
che bene conosciamo
e che non ci prendono il cuore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo,
ma per amarlo.”
(don Primo Mazzolari, Amare il mondo).



...Anassagora dice che l'uomo è il più sapiente dei viventi
 perché ha le mani 
- ma è ragionevole dire che ha le mani 
perché è il più sapiente.
Aristotele.


Ci impegniamo, noi e non gli altri ...
(mani dei dipinti rupestri)


... senza  giudicare 
chi non si impegna ... 
(Leonardo da Vinci)

... Il mondo si muove 
se noi ci muoviamo... 
(Giotto)

.... imbarbarisce se scateniamo la belva 
che è in ognuno di noi ... 
(Matthias Grünewald)

... ci impegniamo per trovare 
un senso nella vita... 
(Michelangelo Merisi da Caravaggio)

... una ragione ... 
(Giovanni Bellini)


... che ci prenda il cuore .... 
(Sandro Botticelli)

...ci impegniamo 
per amare il mondo ... 
(Michelangelo Buonarroti)


Don Primo Mazzolari (1890-1959) -  sacerdote, partigiano e scrittore -  sempre schierato dalla parte dei poveri, dei perseguitati e degli oppressi, è uno dei più significativi e luminosi testimoni del Cattolicesimo italiano prima del Concilio Vaticano II, di cui profeticamente ha anticipato, nei suoi scritti e nel suo impegno quotidiano, molte prese di posizione legate  soprattutto alla “Chiesa dei poveri”, alla libertà di coscienza,  al pluralismo ed al “dialogo con i lontani”.

Chi desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.    


mercoledì 27 novembre 2013

Il primato della vista.



L'Occidente, figlio della cultura greca, si caratterizza per il primato della vista, rispetto ad altri sensi. Se da Gerusalemme e dalla radice ebraica viene il richiamo all'ascolto, e quindi all'udito come organo della conoscenza, da Atene deriva l'importanza del vedere, come attesta tutta la produzione - ricchissima - dell'arte occidentale, interpretata quale via di accesso alla verità, via semplice e aperta a tutti.
L'Occidente e il primato della vista...


Lo sguardo interiore.  
Lo sguardo segna in modo irripetibile il nostro stare al mondo e i significati di fondo con cui,  consapevoli o passivi, lo abitiamo: è segno conoscitivo centrale per eccellenza. Ma non guardiamo solo fuori di noi:  volenti o nolenti, per prima cosa vediamo noi  stessi, prima di tutto c’è il nostro sguardo interiore (intus-legere), “il conosci te stesso”, l’apertura a noi stessi, consapevole  od inconscia, immediata o riflessa,  sicuramente   distorta se non diviene   movimento che caratterizza l’interiorità della persona, un ri-prendersi e ri-possedersi, condizione – se ne è  parlato in un precedente post – dell’abitare    il mondo e di socializzare senza infingimenti. 

... guardare dentro ...

Lo sguardo sul mondo.  
Allora  lo sguardo si fa propriamente apertura  alla realtà esterna: è il primato della vista   che si identifica da sempre con il conoscere, come attesta  il lessico greco del vedere.
Per Platone  è «filosofo» chi ama «lo spettacolo della verità», chi esercita  la visione del bene culmine della conoscenza, liberandosi dalla zavorra delle opinioni inautentiche. Per Aristotele il desiderio di sapere nasce dalla meraviglia di ciò che si vede.
... guardare fuori: la meraviglia della realtà ...

Lo sguardo sedotto.  
Ma lo sguardo può essere offuscato dall’abbagliamento della seduzione: come nel racconto di Medusa, figura bellissima quanto perversa, che riesce ad affascinare quegli uomini che si voltano a guardarla, trasformandoli in pietra o come nel mito  di Narciso che si lascia sedurre dal proprio riflesso nell'acqua rivelando tragicamente il cortocircuito dell'ego.


Medusa - la realtà tentacolare -  che seduce e spaventa...
Narciso: la malattia dell'ego ...

Lo sguardo che non vede.  
Già Pascal affermava: "troppa luce abbaglia", ad indicare la debolezza dello sguardo umano, impossibilitato a vedere fino in fondo. E che dire del mito platonico della caverna - metafora della condizione umana -,  in cui il prigioniero crede di vedere la realtà, mentre intravvede solo ombre? O della cecità tragica di Edipo, o  di Tiresia che proprio perché cieco   ha preveggenza aperta al futuro, mentre gli è negata la percezione del presente? 

... troppa luce abbaglia ...

I miti rivelano, nella declinazione dello sguardo-conoscenza, la natura originaria di uno sguardo che non può essere mai esaustivo, che è sempre parziale,  che può però sempre indicare nuovi indizi di avvicinamento alla realtà esterna, in una reversibilità degli sguardi tra l’uomo e il mondo che rende possibile l’esistenza del visibile e dell’invisibile: anche in mezzo al deserto ci sentiamo guardati, anche nella solitudine più assoluta possiamo sentire la compagnia di uno sguardo. 


... l'invisibile (in questo quadro il fascio di luce che non proviene dalla finestra) è condizione del visibile (in questo quadro la scena).

Lo sguardo oggi. 
Oggi viviamo in un contesto sociale  e culturale dedito alla fobia dello sguardo, alla miopia:  vediamo solo quello quello che vogliamo vedere  - non vidi  ergo non est…  - oppure ci fanno vedere solo quello che vogliono e c’ è chi si industria  a non farci vedere, a distrarci,  a velare lo sguardo, ad impedirci ogni stupore e meraviglia che muove ed incita lo sguardo. Mai chiudere gli occhi di fronte  alla realtà al mondo. Mai essere ciechi per non vedere volutamente: poiché chiudere un occhio è permissivismo, chiudere entrambi gli occhi è complicità viltà servilismo. 


... chiudere gli occhi è complicità ...
Ritrovare uno sguardo lucido. 
Solo in un caso, ci suggerisce Derrida,  vale la pena chiudere gli occhi: quando non è un assentarsi dal mondo ma  vederlo meglio per  meglio viverlo  ed abitarlo, perché – aggiunge -  non bisogna semplicemente vedere con gli occhi, occorre anche pensare con gli occhi a costo di doverli chiudere per ritrovare anzitutto se stessi. Destino della finitudine umana tra presenza ed assenza.  

... prendere distanza, per vedere meglio ...



Tutte le immagini riproducono opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

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