Post di Gian Maria Zavattaro.
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Crijn Hendricksz Volmarijn (1601-1645),
Cristo e Nicodemo |
“Guardando l’eclettico andirivieni
dei nostri giorni guicciardiniani, si può nutrire nostalgia per uno che
“andò a trovare Gesù di notte” nell’intimità e nel silenzio di una ricerca
veritiera che, proprio perché autentica e sofferta, può sentirsi appagata solo
nella calma serena di una preghiera. Lo abbiamo lasciato all’opera pietosa del
sepolcro nell’ora della morte e della desolazione. E non conosciamo altro di
lui. Solo Dio sa la sua sorte. A noi è consentita l’ipotesi, l’illazione, la
congettura. Ed è rassicurante - per noi poveri cristiani - pensare che abbia
attraversato il varco della salvezza. Nell’incontro con Gesù gli era fatalmente
apparsa una speranza più alta di quella che aveva cercato. E poiché la sua
ragione era umile, aveva imparato, in quell’incontro, che la ragione sa tutto
ma non sa nient’altro.” (M. Martinazzoli, La legge e la
coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015,p.65-66)
L’ “Elogio di Nicodemo”,
scritto da Martinazzoli nel 2002 (1), non vuole essere l’esegesi di una
“memorabile pagina” del Vangelo (Giovanni 3,1-21), si limita a “proporre
qualche ragguaglio” intorno a Nicodemo.