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Visualizzazione post con etichetta Bibbia. Mostra tutti i post
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venerdì 9 maggio 2025

La madre simbolica

Post di Rossana Rolando
 
Odilon Redon, Due giovani donne tra i fiori, 1912
C’è un racconto biblico che, meglio di tanti discorsi, sembra raccogliere il carattere duplice della maternità, l’ambivalenza che si racchiude in ogni dimensione esistenziale originaria. Nella Bibbia, così come nella grande letteratura, si presentano personaggi, situazioni, “luoghi”, “tipi” che comunicano significati universali - al di là della distinzione tra credenti e non credenti - perché toccano l’umano e insegnano a riconoscerne la complessità. Il brano in questione è tratto dal primo libro dei Re. Lo riporto qui, per poi cercare di coglierne il messaggio sotteso (1 Re 3, 16-28).
 
Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra. Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io». L'altra donna disse: «Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto». E quella, al contrario, diceva: «Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo». Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: «Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo». Allora il re ordinò: «Prendetemi una spada!». Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra». La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: «Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo affatto!». L'altra disse: «Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!». Presa la parola, il re disse: «Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre». Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.

lunedì 27 dicembre 2021

Potenzialità del "resto".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Gustave Doré, pittore e incisore francese (1832-1883).
 
“Quando si comincia, c’è già un’antecedenza assoluta “ (Nancy).
 
Gustave Doré, Colomba inviata dall'arca, 1866
Nella Bibbia viene richiamata frequentemente la parola “il resto”. Fenomeno già notato, studiato ed analizzato. Un teologo di fama, Walter Vogels, ne ha fatto l’oggetto della sua recente opera (1), nella quale allarga il raggio fino ad estendere l’analogia alla Chiesa-minoranza nel tempo presente.
Senza dubbio, “il resto” identifica una minoranza e forse sarebbe meglio rappresentabile come “una ridotta” militare. Di volta in volta: dopo il diluvio, dopo la cattività babilonese, eccetera, la palma dell’elezione divina al popolo d’Israele, colpito nella protervia e nell’idolatria, ridotto nel numero e temprato dalla sciagura.
C’è subito da evidenziare che si è compiuta una selezione e i “salvati” hanno purezza d’animo e spirito per ri-cominciare. C’è quindi di mezzo: il cominciamento (biblicamente: all’inizio, l’in principio).
Un punto fermo è però che l’Inizio trascende, è incomparabile con “ciò che viene iniziato”. Una libertà incondizionata è ragione di ineffabilità della volontà di “dare inizio”. Ma, visto che si tratta di ri-cominciare, abbiamo di fronte qualcosa che è già cominciato e che (stand by, ingrippamento, aberrazione?) si è bloccato e deve ri-cominciare.
Nella vicissitudine ha perso quantità, o numero, e si ritrova: resto. Per questa ragione, il resto non è un residuo; piuttosto è una milizia scelta. La consapevolezza dell’elezione imprime, perciò, al nucleo “resto” ardore di testimonianza.

domenica 10 maggio 2020

Roberto Calasso, Il libro di tutti i libri.

Post di Rosario Grillo.

Roberto Calasso, 
Il libro di tutti i libri
Sto leggendo Il libro di tutti i libri di Roberto Calasso e, anche se non va bene procedere ad un’analisi prima del suo completamento, mi cimento nel lavoro che il titolo annuncia.
Che sia un excursus dentro la Bibbia risulta chiaro, perché a tutti è noto il suo volto: una sorta di “ grande codice dell’Occidente” (1), un incubatore di tutte le grandi opere della letteratura mondiale.
Calasso non ha mutato nel tempo il suo stile: espone e commenta. La contiguità della descrizione alla interpretazione richiede attenzione, ma è elemento fondante di svelamenti sorprendenti: fulcro di successive intuizioni e documento di ampia erudizione. (2)
✴️Abramo, Giobbe e Kafka
Un autentico “affondo” si trova nella “perlustrazione della figura di Abramo.
Abramo - è risaputo - è il primo Patriarca, messo in condizione di colloquiare con Dio (3), graziato con la concessione dell’eredità filiale, che in via diretta fa capo ad Isacco e in via indiretta a Israele  (avuto dalla schiava Hagar).
Ad Abramo è legato il precetto della sottomissione a Dio, compendiato nel sacrificio di Isacco.
Celebre, tra le tante, l’interpretazione di Kierkegaard, che ne fece la “figura dell’eroe di fede, racchiusa nella incondizionatezza della scelta.

martedì 18 giugno 2019

Mosè: la libertà e la legge (Mino Martinazzoli).

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini della vita di Mosè negli affreschi della Cappella Sistina.

Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482), 
Cappella Sistina
“In questa raccolta Mino Martinazzoli rivendica il diritto-dovere di accettare su di sé e di porre - in ogni tempo e al potere di ciascuno e di tutti - la domanda che dà senso alla vita, quella pronunciata da Pilato oltre duemila anni fa, all’ora sesta, poco prima che entrasse in scena il tripode con l’acqua per lavarsi le mani: “Quid est veritas?”. La verità. Quel gesto di Pilato rappresenta l’atto di estrema viltà, il rifiuto di distinguere tra il bene e il male. Mino Martinazzoli, attraverso le storie indagate in queste riflessioni, sottolinea al contrario il dovere di scelta, il primato della responsabilità individuale, lo spazio di soggettività su cui si fonda la cultura dei cattolici democratici, cui Mino rimase fedele sempre. La responsabilità soggettiva è il principio della coscienza, che non è di per sé la fonte dei valori morali, ma è lo strumento attraverso il quale i valori vengono percepiti e diventano vincolanti, per una scelta quotidiana tra il bene e il male, tra la giustizia e l’errore. La  scelta quotidiana necessaria per inseguire le utopie di libertà, giustizia, eguaglianza, aspirazioni irrinunciabili dell’umanità. La coscienza come guida del faticoso percorso di risposta alla domanda di verità” (Tino Bino, Prefazione, a M. Martinazzoli, La legge e la coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015, pag.10).

***
Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482),  
particolare (Mosè spezza le tavole)
Cappella Sistina
Ho avuto la ventura di incontrare un’unica volta, a Biella sul finire degli anni 90, Mino Martinazzoli, “nella sua malinconica consapevolezza, un raro esempio di politico pensante” (1). L’incontro con questo “intellettuale prestato alla politica” mi segnò profondamente per quanto fossi distante dalle sue scelte partitiche, ma non dalle motivazioni che lo animavano e dalla sua passione estranea ad ogni obbedienza devota, ad ogni chiusura, sempre “un poco da un’altra parte” (2).
I tre saggi raccolti nel testo citato sono come il suo “testamento spirituale”, che trova nella Bibbia “libro dei  libri” il fondamento dell’agire politico e sociale  di un uomo alieno da ogni presunzione, nutrito di letteratura, assetato di assoluto e proprio per questo vivificato dal “rovello del dubbio” e consapevole dei limiti della politica (3).
Provo a riflettere sul primo saggio proposto dal libro sopra citato, riservandomi un'ulteriore riflessione su Nicodemo.

domenica 9 giugno 2019

Il Gesù di Massimo Recalcati.

Post di Rossana Rolando.

Massimo Recalcati, 
La notte del Getsemani
Di Gesù si è molto occupata la filosofia.
Non mi riferisco alla elaborazione teologica medievale e moderna, tutta incentrata sul Dio di ragione, sulle possibili dimostrazioni della sua esistenza e sulla elaborazione dei suoi attributi.
No, penso proprio alla figura cristologica, presa in considerazione in molteplici modi da filosofi moderni e contemporanei, anche molto lontani dall’ottica confessionale o critici nei confronti del fenomeno religioso:  da Spinoza a Nietzsche, da Fichte ad Hegel, da Jaspers a Bloch… per citare solo alcuni nomi. Non a caso, su questo tema, è stato scritto da Xavier Tilliette  un poderoso libro dal titolo Filosofi davanti a Cristo¹, a testimonianza del fascino che la figura di Gesù ha saputo sprigionare nel corso del tempo. 
Non vi è quindi nulla di strano nel fatto  che Massimo Recalcati, filosofo e psicanalista a tutti noto, abbia dedicato alla figura di Gesù il suo ultimo lavoro, La notte del Getsemani, frutto di una meditazione rivolta ai monaci di Bose (cui il libro, infatti, è dedicato). Semmai può colpire - in chi non abbia familiarità con i suoi scritti - la profondità della sua visione, la freschezza del suo racconto, capace di suscitare coinvolgimento ed emozione nel cuore di chi legge, trasformando il già conosciuto in qualcosa di totalmente nuovo.  E forse può anche sorprendere la coraggiosa scelta di parlare di Gesù - da parte di chi, come Recalcati, si dichiara laico -  in un tempo indifferente e in alcuni casi ostile nei confronti di tutto ciò che richiama, in qualche misura, la storia del cristianesimo.
Illuminanti allora possono risultare, per porsi nella giusta prospettiva, le parole che  Bonhoeffer scrive nel suo Resistenza e resa e che lo stesso Recalcati cita: «l’ateo – colui che fa esperienza dell’assenza di Dio, del suo silenzio – è assai più vicino a Dio dell’uomo di fede, perché il “Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona”... essere cristiano non significa essere religioso, ma significa essere uomo»².

Chi è dunque il Gesù di Massimo Recalcati? Lo direi, sinteticamente, in tre punti.

martedì 26 dicembre 2017

J.L.Borges, l'enigma del Natale.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Simone Martini (1285-1344).

Giovanni I, 14¹.
Non sarà questa pagina enigma minore
di quelle dei Miei libri sacri
e delle altre che ripetono
le bocche inconsapevoli,
credendole d’un uomo, non già specchi
oscuri dello Spirito.

Simone Martini, Frontespizio 
del commento di Servio a Virgilio, 
(Miniatura)
Sin dalle prime righe J.L.Borges restituisce il Natale al Mistero biblico e teologico.
La pagina, di cui si parla all’inizio, potrebbe essere quella richiamata nel titolo, Giovanni I, versetto 14: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Ma (la pagina) potrebbe anche essere la stessa del componimento di Borges, in cui si immagina Gesù che narra il proprio cammino tra gli uomini.
E’ comunque un racconto enigmatico, che le bocche inconsapevoli ripetono senza scorgervi l’eccesso in esso contenuto, il sovrappiù che non proviene dall’uomo, ma dallo Spirito. Il Mistero di Dio può rivelarsi soltanto in una forma oscura, rendendosi visibile all’occhio debole dell’uomo “per speculum et in aenigmate” (1 Corinzi, 13,12).

Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
Accondiscendo ancora al linguaggio
Che è tempo successivo e simbolo.

L’enigma del Natale è l’Eterno che si fa linguaggio, entrando nel tempo della narrazione, nella successione del prima e del poi. L’Altissimo si consegna alle parole, “accondiscende” ad esse, quindi si abbassa e si racchiude in quei poveri segni che non riescono a contenerlo, ma possono soltanto rimandare a Lui come simboli.

martedì 12 dicembre 2017

Erri De Luca, "E disse".

Post di Rosario Grillo
Immagini dello scultore tedesco Ernst Barlach (1870-1938).

Era felice al vento, lo accoglieva in ascolto.
Era di quelli che afferrano una frase
dove gli altri intendono solo un chiasso
(Erri De Luca, E disse). 

Erri De Luca, 
"E disse"
Un margine sottile: su di esso corre il romanzo di Erri de Luca.
Il margine fonda l’unione del romanzo con il saggio.
Di un romanzo si tratta: ce lo indicano il flusso delle parole, lo stile poetico, l’andatura colloquiale.
Del saggio ha la profondità ed il rigore.
Romanzo che vede protagonista Mosè-Erri De Luca.
La passione per l’alpinismo di Erri è trasferita a Mosè, inventando la descrizione della scalata del monte Sinai.
Mosè è condottiero del popolo ebraico: il suo protagonismo convoglia la fisicità e la psicologia, materiale e spirituale, del popolo intero.
Dico fisicità perché il corpo e la natura, nella concretezza fenomenica,  sono presenze importanti, dentro la vicenda.
Si conferma, ancora una volta, la pregnanza e la valenza della corporeità, tipiche del pensiero Erri de Luca.

sabato 20 giugno 2015

Carlo Maria Martini e la tradizione ebraica. Gerusalemme eccesso.

Post a cura di Rossana Rolando.
 
Il dialogo invisibile è quello di colui che percepisce l’altro 
senza che questi lo sappia, 
per tenere conto della sua esistenza, della sua vocazione, 
del suo pensiero, delle sue aspirazioni e delle sue sofferenze. 
Questo incontro invisibile, questo dialogo senza discorso, 
comincia nei nostri cuori. 
Prima che il dialogo si concretizzi, esiste 
(F. Lovsky).
Pro veritate adversa diligere
(Il motto di Carlo Maria Martini).


La chiave di lettura. 
Presentazione del libro.
Il libro di Cristiana Dobner, L’eccesso, ed. Dehoniane, Bologna 2014, ricostruisce la biografia intellettuale e spirituale di Carlo Maria Martini attraverso una chiave di lettura originale, interessante, direi anche sorprendente. Almeno su di me ha avuto questo effetto. Provo a dire perché.
La figura del cardinal Martini viene ripercorsa alla luce del suo rapporto con il testo biblico, con l’ebraismo e con Gerusalemme. E questo legame con “i fratelli maggiori” – così Martini definisce gli ebrei – questo dialogo fraterno durato tutta la vita, viene a configurarsi come una sorta di codice o di paradigma che permette di penetrare tutti gli aspetti dialogici di questa grandiosa personalità: il cardinale dell’ecumenismo e del dialogo tra le religioni, tra le culture, tra tutte le persone pensanti, siano esse credenti o  non credenti;  il fine predicatore – novello Ambrogio – della diocesi milanese, capace di entrare in comunicazione con i giovani; l’interlocutore prescelto dai terroristi incarcerati; il  promotore delle scuole di formazione all’impegno sociale e politico.

sabato 6 giugno 2015

L'ora prima di Erri De Luca.

Queste pagine non provengono da insonnie 
ma da risvegli
(Erri De Luca). 
Post a cura di Rossana Rolando.

Erri De Luca, Ora prima
Ho letto “Ora prima” di Erri De Luca (edizione Qiqajon, Bose 1997). 
E’ il libro di un uomo che non arriva alla fede, ma che legge e rilegge l'antico ebraico delle sacre Scritture.
E’ il messaggio di un non credente che porta il credente a riflettere sulla propria fede.
E’ il dono di una persona inquieta alla ricerca di veri significati per vivere.
E’ la testimonianza di chi riconosce nella Bibbia il grande codice culturale dell'Occidente, oltre che il riferimento ineludibile per chi pensa di aver fede.