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Visualizzazione post con etichetta Cappella Sistina. Mostra tutti i post
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martedì 18 giugno 2019

Mosè: la libertà e la legge (Mino Martinazzoli).

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini della vita di Mosè negli affreschi della Cappella Sistina.

Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482), 
Cappella Sistina
“In questa raccolta Mino Martinazzoli rivendica il diritto-dovere di accettare su di sé e di porre - in ogni tempo e al potere di ciascuno e di tutti - la domanda che dà senso alla vita, quella pronunciata da Pilato oltre duemila anni fa, all’ora sesta, poco prima che entrasse in scena il tripode con l’acqua per lavarsi le mani: “Quid est veritas?”. La verità. Quel gesto di Pilato rappresenta l’atto di estrema viltà, il rifiuto di distinguere tra il bene e il male. Mino Martinazzoli, attraverso le storie indagate in queste riflessioni, sottolinea al contrario il dovere di scelta, il primato della responsabilità individuale, lo spazio di soggettività su cui si fonda la cultura dei cattolici democratici, cui Mino rimase fedele sempre. La responsabilità soggettiva è il principio della coscienza, che non è di per sé la fonte dei valori morali, ma è lo strumento attraverso il quale i valori vengono percepiti e diventano vincolanti, per una scelta quotidiana tra il bene e il male, tra la giustizia e l’errore. La  scelta quotidiana necessaria per inseguire le utopie di libertà, giustizia, eguaglianza, aspirazioni irrinunciabili dell’umanità. La coscienza come guida del faticoso percorso di risposta alla domanda di verità” (Tino Bino, Prefazione, a M. Martinazzoli, La legge e la coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015, pag.10).

***
Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482),  
particolare (Mosè spezza le tavole)
Cappella Sistina
Ho avuto la ventura di incontrare un’unica volta, a Biella sul finire degli anni 90, Mino Martinazzoli, “nella sua malinconica consapevolezza, un raro esempio di politico pensante” (1). L’incontro con questo “intellettuale prestato alla politica” mi segnò profondamente per quanto fossi distante dalle sue scelte partitiche, ma non dalle motivazioni che lo animavano e dalla sua passione estranea ad ogni obbedienza devota, ad ogni chiusura, sempre “un poco da un’altra parte” (2).
I tre saggi raccolti nel testo citato sono come il suo “testamento spirituale”, che trova nella Bibbia “libro dei  libri” il fondamento dell’agire politico e sociale  di un uomo alieno da ogni presunzione, nutrito di letteratura, assetato di assoluto e proprio per questo vivificato dal “rovello del dubbio” e consapevole dei limiti della politica (3).
Provo a riflettere sul primo saggio proposto dal libro sopra citato, riservandomi un'ulteriore riflessione su Nicodemo.