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Visualizzazione post con etichetta vivere il tempo. Mostra tutti i post
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martedì 18 febbraio 2025

Favola semiseria, tra sogno e realtà

Di Gian Maria Zavattaro

Robert William Buss, Il sogno di Dickens, 1875

Gian Maria procedeva titubante verso l’appuntamento conviviale con i vecchi compagni di classe di tanto tempo prima. Aveva accettato l’invito con fatica: erano anni che non li vedeva e chissà  la faccia di tutti nello scoprire quanto il tempo aveva  segnato ciascuno: barbe bianche, capelli laddove sopravvivevano, pance e pancette ecc.ecc.
“Che fine avranno fatto i trascorsi pseudorivoluzionari? Finiti i trastulli della giovinezza, quanti si erano  convertiti al soffiar dei venti dei potenti di turno, ombrello protettivo dei propri affari e scalate sociali, politiche, culturali?” 
Lui no, lui puro (fino a un certo punto!), coerente (non sempre…) con le sue idee di impegno sociale ed accoglienza. Travèt  sino in fondo (quello sì), aveva  combattuto nel profondo per anni  ogni giorno la sua  battaglia.  L’amore, la famiglia, l’amicizia, il lavoro, l’impegno per gli altri - specie  gli ultimi e penultimi - erano stati  la sua forza motrice. Sicuro?  Sperava di sì…

sabato 26 novembre 2022

Tempo dell'attesa vivificante.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Händel, Messiah, 1741
“Apparso un istante tra noi, il Messia si è lasciato vedere e toccare, solo per perdersi una volta ancora, più luminoso ed ineffabile che mai, nell’abisso insondabile del futuro. È venuto. Ma adesso noi dobbiamo ancora e nuovamente - non più solamente un piccolo gruppo eletto, ma tutti gli uomini - attenderlo più che mai. Il Signore Gesù verrà presto solo se l’attenderemo ardentemente. Sarà un cumulo di desideri a far esplodere la parusia”. (P. Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, Mi,1968, pp. 183 e seguenti).
 
Ogni istante è la piccola porta da cui può entrare il Messia” (Walter Benjamin, Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962)

In questo tempo di covid e di guerra ci apprestiamo all’Avvento, frammisti ad una umanità divisa tra guerra e pace, amore e odio, spreco e fame, I Care e indifferenza, dedizione d’innumerevoli persone per gli sventurati e cinico profitto di speculatori. Perché attendere? Attendere chi, che cosa? Quale concreta attinenza hanno questi interrogativi con il vivere dolente e il tragico morire di tanti, con la dilagante povertà,  la solitudine disperante, l’incertezza e precarietà della vita che scuote sicurezze, scelte, abitudini, modi di relazionarsi con gli altri e con se stessi?

domenica 30 ottobre 2022

In cerca di un tempo di cura.

Post di Rosario Grillo.
Immagini di Tino Aime (qui il sito facebook).

Tino Aime, scultura legno e bronzo
Il tempo è una pietra d’inciampo.
Tranquilli, non lo considero ingombro, nemmeno un limite, pur dandosi come durata della mia e delle nostre esistenze terrene, che vanno a sbattere sullo scoglio della morte naturale.
Come inciampo, invece, è soglia dello “esperire”, intendendo per esperire l’immensa latitudine del conoscere, del fare, dell’agire, del patire, del sentire, della gamma inesauribile dell’habitus umano. Dell’indagine, dell’esplorazione.
Anassimandro suggellava l’immagine “pesante” del tempo, nel senso dell’uomo greco, confinato nella morsa del Destino (Moira) e obbligato al “fio della colpa”.
Necessità stringe l’ordine del kosmos.
Da quei vincoli liberò il Cristianesimo. Insiste qui il significato autentico della trascendenza: il regno di Dio non è di (o da) questo mondo. (1)
L’incarnazione, con tutto ciò che ne segue, non annulla né contrasta il paradigma della trascendenza, che riceve conferma nel Getsemani. Gesù non è obbligato ad ottemperare la missione affidatagli dal Padre. In qualità di uomo, suda “lacrime di sangue” al momento di scegliere di bere “l’amaro calice”.
In Cristo si modella così la libertà dell’uomo, perché è libero di non seguire il cammino della salvezza, giunge alla salvezza solo attraverso la sofferenza. (Sta qui l’enorme portata del dolore salvifico, che non inibisce la gioia spirituale della parte-cipazione al Creato).
Il sacro potrà perdere così la sua natura terrificante (e ordinatrice). (2)

martedì 2 agosto 2022

L'eternità presente. Biagio Marin.

 Post e fotografie di Rossana Rolando.

Grado, casa natia di Biagio Marin
Nel nostro viaggio a Trieste – città dal grande fascino mitteleuropeo, cui dedicheremo presto un post – abbiamo raggiunto, via mare, Grado, il paese lagunare di Biagio Marin, poeta oggi universalmente riconosciuto, di cui la critica letteraria e filosofica si è largamente occupata.¹
Nato in territorio asburgico e poi coinvolto nel processo di unificazione italiana, vive una lunga esistenza, tra il 1891 e il 1985, non priva di grandi dolori, come la morte del figlio Falco, nel corso della Seconda guerra mondiale, e la scomparsa di altri affetti cari (la moglie, il nipote Guido). 
Sulla parete della sua casa natia si legge la scritta di alcuni versi che rimandano ad affanni antichi e a lacerazioni ricomposte nel lavorio dell’interiorità:

Mar queto mar calmo/ no’ vogie no’ brame/ respiro de salmo/ tra dossi e tra lame.

[Mar queto, mare calmo/ non voglie non brame/ respiro di salmo/ tra dossi e tra lame].²

sabato 11 giugno 2022

Pensiero e spazio.

Post di Rosario Grillo.
 
Kandinskij, Ferrovia, 1909
In fisica si è passati con grande fatica dallo spazio assoluto alla relatività dello spazio; poi, di seguito, si sono “agitate le acque” per un rapido succedersi di cambiamenti che hanno portato alla fisica dei “quanta”.
Altrove avevo già sondato il terreno della congiuntura culturale, tra fine ottocento e l’inizio del 900, per ricavarne la pregnanza della questione (arte, letteratura, filosofia, antropologia). Oggi mi concentro sulla relazione che si instaura tra il pensiero e lo spazio e dichiaro, a scanso di equivoci, di essere stato provocato da un insegnante di letteratura russa attento al tema della relazione. (1)
In questa prospettiva - semplifico - lo spazio incide sul pensiero, disponendolo alla cura della relazione. Molte situazioni ci convincono che il nostro atteggiamento mentale, con il conseguente flusso di pensieri, è influenzato dal luogo nel quale ci troviamo. La traduzione di ciò, allora, diventa il riconoscimento dello spazio come schermo (filtro) attraverso il quale pensiamo. Vale la pena dedurre, da tutto ciò, la vitalità del pensiero: ovvero, il pensiero è qualcosa di vivo, si muove non nell’Olimpo dell’astratto ma nel concreto dell’esistere.
È necessario anche stabilire il legame spazio-tempo. Solitamente li consideriamo associati. Si può riflettere quindi sul peso che ha esercitato il tempo nella formulazione della einsteiniana legge di relatività (1916); ma soprattutto si potrebbe andar dietro alla differenziazione Occidente-Oriente, riconoscendo nel primo il primato del “tempo” e nel secondo quello del “filtro spazio”. Questa dicotomia è parecchio diffusa, basata su distinte peculiarità: in Occidente prevale il pensiero razionale, che va più per l’esterno, e in Oriente prevale il sentire intuitivo, che va più per l’interno.
In molte occasioni, in certi passaggi di epoca culturale, si è prevalentemente utilizzato il codice dello schematismo geografico, dal quale il succitato distacco Occidente-Oriente si è giovato.
Maciej Bielawski ha insistito però - secondo me con ragione - sulla convenienza - ed è rilievo ontologico - a concepire interno a ciascun atto del pensare l’incidenza, con l’alternarsi e confluire nel tempo e nello spazio.
Disposti in questo modo, apriamo il pensiero al vasto campo delle emozioni. (2)

domenica 22 maggio 2022

Il tempo della vita nel tempo del mondo.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle illustrazioni di Pepe Serra (qui il sito instagram).
 
Pepe Serra, Rallentare il tempo
Nell’attesa che il nostro ospite indesiderato - il covid - se ne vada per sempre, senza oltre indugiare, da casa nostra e da ogni altra casa, mia moglie ed io trascorriamo questo tempo di privazione osservando il tempo del mondo e sondando l’essenza del tempo delle nostre vite.
 
💥 1. Il tempo del mondo. (1) Ho riletto alcune pagine del “Tempo della vita e tempo del mondo” di H. Blumenberg (Il Mulino,1996). Il tempo del mondo, diacronico, ha una sua perturbante fisionomia priva di tenerezza e misericordia, impietoso di fronte al tempo di ogni vicenda umana, indifferente alle nostre singole sincroniche vite. Ma la brevità della vita - per quanto lunga possa essere - può divenire per alcuni la più corruttrice di tutte le ossessioni: tentazione del successo supremo, quello di ricomporre ed identificare il tempo sincronico delle nostre vite con quello diacronico del mondo. Secondo Blumenberg la chiave di lettura la fornirebbe Hitler: ha cercato in ogni modo di forzare il rapporto tra tempo del mondo diacronico e tempo della vita sincronico, facendoli coincidere e smarrendo il senso del sopravvivere del mondo al singolo. E poiché l’indifferenza che il tempo del mondo riserva ai miserabili affanni delle esistenze individuali non si fermava, non gli sarebbe rimasta che l’allucinata demoniaca soluzione possibile: finirlo, inabissarlo senza alcun superstite. E’ la tentazione che può colpire tutti oggi con la catastrofe nucleare. Ubris famelica tale da spingere anche oggi a travalicare oltre i limiti, sfidare il “tempo del mondo” con l’ostentazione del potere e l’illusione dell’onnipotenza.

domenica 19 dicembre 2021

Perché attendiamo?

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere di Angelo Balduzzi, con gentile autorizzazione (qui il sito).
 

Angelo Balduzzi, E viene giù dal cielo
“Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?” (C. Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1973, p. 276. Cfr anche il titolo di "Tracce" «Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora, perché attendiamo?» gennaio 2013, Appunti dagli Esercizi spirituali degli universitari di CL, Rimini, 7-9.12.12).

 
Perché, chi, cosa attendere?
Coloro che vogliono vivere in profondo la fede cristiana “attendono” le promesse del Signore Gesù, figlio del Dio vivente e sanno perché (1). L’Avvento è “attesa” nel significato originario dell’etimo: tempo vivificante che tiene desta l’attenzione verso eventi considerati decisivi a cui ci si dedica con vigile cura e coerenti scelte di vita.
Il guaio è che oggi non si sa attendere. Si aborrono i tempi d’attesa di qualunque genere e specie. Nel nostro liquido presente le attese, non importa se vitali o accidentali, sono insopportabili, perché vissute come tempo morto, sprecato.  Non si ha tempo da perdere nella corsa compulsiva a vivacchiare nel consumismo e nel conformismo.
L’Avvento, “tempo dell’attesa vivificante”, richiede invece “attenzione”: fare in noi e attorno a noi silenzio per contemplare, ascoltare, pregare, amare, perdonare, accudire, pazientare, curare…cioè vivere intensamente la vita. In ognuno di noi questo tempo ha la cifra del vigore della propria fede speranza carità, ha il sigillo della propria passione e azione, intelligenza, coerenza, fedeltà. Attesa non passiva che reclama la conversione.
 

lunedì 28 dicembre 2020

Elogio dei rimpianti.

Post di Rossana Rolando.

Immagini delle illustrazioni di Anna Parini (qui il sito instagram).


Anna Parini, Abbraccio
Mentre scorrono gli ultimi giorni di questo anno difficile e, per molte persone, doloroso - segnato da malattia, lutti, perdite -, l’atteggiamento dominante sembra essere quello della fuga verso un tempo migliore, capace di cancellare e portare via questo annus horribilis. Nel futuro si proietta un passato idealizzato, felice, libero da costrizioni. Si attua una sorta di ribaltamento della leopardiana operetta morale dedicata al venditore di almanacchi: il parametro della vita bella non sta nel tempo che non si conosce - un futuro immaginario, carico di speranze, potenzialmente e, per Leopardi, illusoriamente migliore del presente - ma nel passato che si conosce.

I limiti di questo approccio sono da molti osservatori individuati: il virus non è stato la causa di tutti i mali, ma l’acceleratore di situazioni critiche già in atto. Un esempio su tutti: l’individualismo esasperato della seconda ondata di covid ha semplicemente messo in luce una tendenza caratterizzante la società contemporanea. Ed altri temi si potrebbero evocare: le situazioni drammatiche della scuola, della sanità, dei servizi pubblici hanno evidenziato le carenze di una politica e di una mentalità collettiva che non hanno saputo investire risorse in settori determinanti per il bene comune e per il futuro delle giovani generazioni.

Se si tiene conto di tali analisi, l’atteggiamento verso il passato diventa forse più critico, nutrito di fecondi rimpianti, capaci di generare nuove prospettive culturali e sociali.

sabato 15 agosto 2020

Solitudini di ferragosto.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini di Fabio Delvò, con gentile autorizzazione (qui il sito)
 
”Segui i desideri del tuo cuore e lo stupore dei tuoi occhi.
 Sappi, però, che per tutto Dio ti convocherà in giudizio.” (Qohelet)


Fabio Delvò, 
Solitudine
Siamo soli, cantava Vasco: è vero! La solitudine, con implicanze e costi assai diversi, riguarda ognuno di noi anche in questi giorni di ferragosto. Ma “solitudine” è parola equivoca e significa diverse e divergenti realtà:
✴️ a- Solitudine come dimensione asociale (isolamento, abbandono) oppure antisociale (dannazione, stigmatizzazione, emarginazione dei malati vecchi stranieri migranti nel binomio indissolubile solitudine-povertà).
✴️ b- Solitudine che rimanda alla storia personale e sofferenze psichiche di ciascuno,  fino a sconfinare nella patologia e/o in morbosi egocentrismi.
✴️ c- Solitudine legata all’identità irripetibile di ognuno di noi, segno di interiorità, mezzo  per trovare se stessi e andare oltre se stessi, polarità costruttiva della dimensione sociale, condizione di autentica relazione con l’altro (il tu) che non ha il suo punto di partenza nel monologo ma nel dialogo, nella fraternità, nell’apertura all’amore tanto che “un buon matrimonio è quello in cui ognuno dei coniugi affida all’altro il compito di vegliare sulla sua solitudine” (R.M. Rilke).
E’ a ferragosto che la solitudine si rivela in tutte le sue contraddizioni,  alla faccia del coronavirus a cui  ormai abbiamo fatto il callo, tanto che molti di noi - troppi - non ci fanno più caso.

venerdì 13 settembre 2019

L’estate, l’alunno ideale e l’XI libro delle "Confessioni".

Post di Rossana Rolando
Immagini delle illustrazioni di Davide Bonazzi (qui il sito)

Davide Bonazzi, 
Tempo circadiano
Sto parlando dell’alunno ideale (ce ne sono ancora a rendere bello l’insegnamento), quello che, nonostante le faticose ore di lezione, nelle lunghe mattinate scolastiche, partecipa – non sempre con la stessa intensità emotiva, ma partecipa – e ad un certo punto il suo sguardo si accende, sente il trasporto dell’insegnante mentre spiega, entra in comunicazione empatica, formula interrogativi che sollecitano e aiutano il procedere del discorso, si pone in dialogo - anche quando non interviene esplicitamente - capisce che si sta toccando un punto cruciale, avverte il fascino della conoscenza… ecco, è l’alunno ideale, a cui si insegna e da cui si impara.
Mettiamo il caso che l’alunno ideale, nel mare di compiti da svolgere durante le vacanze estive - chissà cosa pensano i docenti quando predispongono i compiti per le vacanze… - in questo mare, dicevo, mettiamo il caso che l’alunno ideale abbia avuto in consegna la lettura dell’XI libro delle Confessioni di Agostino. A parte la gradita brevità (solo 37 pagine, nell'elegante edizione, con testo latino a fronte, della Città Nuova) non si comprende come l’insegnante di filosofia abbia potuto affidare una simile lettura per l’estate - coraggio o temeraria incoscienza?

giovedì 11 luglio 2019

Riflettendo su un lavoro di Mauro Ceruti.

Post di Rosario Grillo

Sputnik 1, il primo satellite artificiale
 in orbita intorno alla terra.
Immagine Nasa.
Tommaso Kuhn usò il termine “paradigma” per racchiudere il codice di lettura predominante, in grado di dare una “visione del mondo” conforme al sapere complessivo di un’epoca. Ne parlò per rappresentare la cognizione scientifica dei moderni, dove principio di inerzia, meccanicismo e rivoluzione copernicana avrebbero dominato... e fu dal mondo del pressappoco all’universo della precisione  (Koyrè).
Mi domando se non sia il tempo di parlare di un nuovo cambio di paradigma, con la consapevolezza della crisi che ha interessato i capisaldi della fisica newtoniana, della epistemologia e in generale delle scienze all’inizio del ‘900. Nell’annuncio c’è la volontà di comprendere nel fascio delle novità destabilizzanti l’area delle scienze sociali ed umane. (1)

giovedì 4 aprile 2019

Quaresima. Tempo di attesa.

Post di Rosario Grillo
Immagini del San Giovanni Battista nel deserto, del pittore olandese Geertgen tot Sint Jans (1460-1490).

Geertgen tot Sint Jans, 
San Giovanni Battista nel deserto, 
particolare
Una Chiesa in cammino.
Mi attrae, molto, il modo di comunicare di Papa Francesco: così semplice e diretto!
Nemmeno nei documenti ufficiali, e tra essi metto le encicliche, troviamo una argomentazione professorale, cattedratica... già questo lo distingue dalla forma ricercata, in gran parte teologale, del linguaggio, scritto e parlato, dei pontefici di prima, ancor di più dei pontefici di tempo fa.
È un controsenso: egli proviene dal mondo dei Gesuiti, che, come ordine, è riconosciuto amante della messa in scena (teatralità della Controriforma), fautore della tecnica intellettuale...fino all’estremo della “casistica.
Lo ritrovo invece vicino al modello tracciato da E. Mounier: “Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina ma nasca dalla carne(1). La conferma nella Chiesa di Bergoglio, da lui descritta come “ospedale da campo.

giovedì 13 dicembre 2018

Il tempo dell'attesa.

Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie d'autore di Tommaso Giulla, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). I titoli sono fedeli all'ispirazione, ma liberamente adattati.

Tommaso Giulla, 
L'attesa
“Gli ultimi sono quelli che hanno creduto nell’attesa, nell’avvento, nella speranza, virtù dell’attesa. Hanno creduto che il tempo è tempo di speranza e che la vita è l’avvento del tempo definitivo, ultimo, del compimento finale.  Gli ultimi sono i poveri di Dio, gli spogliati per Dio, gli impotenti a salvarsi, che attendono Dio come Ultimo della loro attesa, che chiedono a Lui la salvezza, che aspettano Lui come salvezza” (Lino Prenna: in Lo spazio dell’anima domenica 2 dicembre, Agenda Famiglia Cristiana 2018). (1)

sabato 10 novembre 2018

Il profumo del tempo.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini delle illustrazioni di Alessandro Coppola (qui il sito), per gentile autorizzazione.

Alessandro Coppola, 
Una finestra sull'universo
“È necessaria una rivitalizzazione della vita contemplativa: la crisi del tempo sarà superata solo nel momento in cui la vita activa, anch’essa in piena crisi, accoglierà nuovamente in sé la vita contemplativa. […] Solo nell’indugiare contemplativo, anzi in una moderazione ascetica, le cose svelano la loro bellezza, il profumo della loro essenza. Ed essa consiste di sedimentazioni temporali che appaiono solo nella loro luminosità fosforescente” (Byung-Chul Han, IL PROFUMO DEL TEMPO, L’arte di indugiare sulle cose, Vita e Pensiero, Mi, 2017, pp.8 e 57).
Il libro è stato pubblicato in Germania nel 2009 e tradotto in italiano nel settembre 2017. Al di là delle provocazioni e denunce anticipate nei  precedenti testi circa i mali e le patologie del sistema capitalistico e consumistico, Han sviluppa una propositiva, attualissima, pars construens, foriera di speranza, con  digressioni ora strettamente storico-filosofiche e letterarie (da Aristotele a S. Tommaso,...Baudrillard, Lyotard, Bauman..., soffermandosi su Proust e nel dialogo critico con Nietzsche Heidegger e Arendt), ora intensamente appassionate, cariche di toni poetici là dove inneggia al profumo del tempo contemplativo, quale vero e proprio tempo libero e liberante (cfr. il gr.“scholè” e il lat. otium”).

giovedì 9 agosto 2018

Il "contemplativo" nel tempo.

Post di Rosario Grillo
Immagini delle sculture (acciaio inox intrecciato a mano) di Giuseppe Inglese (qui il sito).

Giuseppe Inglese, Respiro nel sogno
È vero: la vita richiede il divenire, movimento!
Lo aveva enunciato con epigrafica chiarezza Eraclito: “tutto scorre”.
La putrefazione, fenomeno  che interviene al momento della stasi, ne è una conferma.
Mi premuro di aggiungere che nell’economia - prendo la questione nella immediatezza dell’ordine naturale quando il fare umano si struttura nelle relazioni sociali - la stagnazione è condizione evidente di crisi.
Movimento c’è, ma con prudenza, nei bozzetti di vita agreste dentro i testi biblici. Marco (4:26-29) narra l’analogia che Gesù stesso evoca tra il regno di Dio e la pratica della semina. Il seme si nasconde, si nutre della terra e dell’acqua, germoglia e dà frutto.
Senza forzature, nel rispetto dei ritmi della natura, con lentezza, il seme (la vita) radical(mente) prende forma e sviluppo: pieni.

martedì 22 maggio 2018

Inno alla primavera.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagine del dipinto di Claude Monet, Tempo di primavera. 

Primavera non bussa, lei entra sicura, 
come il fumo lei penetra in ogni  fessura. 
Ha le labbra di carne, i capelli di grano
che paura, che voglia che ti prenda per mano, 
che paura, che voglia che ti porti lontano
 (Fabrizio De André, Un chimico).

Claude Monet. Tempo di primavera, 1872.

“Tu cosa fai veramente?”.
L’eremita rispose:
“Vivo qui”.
Vivere qui è una chiamata, l’opera di una vita,
ma anche la cosa più basilare che si possa immaginare.
Prima di ogni altra cosa noi viviamo sulla terra;
viviamo nell’ambiente che ci attornia.
(E. Theokritoff, Abitare la terra).

La natura ogni anno, ogni primavera, si risveglia umile e silenziosa. Si ripresenta nella sua veste più delicata: splendore di gemme, di fiori, di intensi colori. Vorremmo trattenerla questa stagione in cui tutto rinasce e germoglia, vorremmo fermarla, rimanere in questo incanto. Ma è come un battito d’ali.

sabato 10 marzo 2018

Slow.

Post di Rosario Grillo.
Immagini delle opere di Mario Mazzella (Ischia, 1923-2008), pittore di chiara ispirazione metafisica, le cui figure sottili - intessute di mare e di cielo - appaiono sospese, al di fuori del tempo. Grazie alla gentile autorizzazione della Galleria omonima (qui il sito). 

Mario Mazzella, 
Barche a riva
È oggetto del più sistematico saccheggio: il tempo, il tempo della nostra vita e quello della natura. Per questo abbiamo bisogno di rallentare, tagliare i tempi di lavoro e di consumo, liberare la natura dall'assedio consumistico. Scrive Piero Bevilacqua: “Oggi, il profitto si realizza grazie a una sempre più rapida trasformazione delle risorse naturali in merci e la metabolizzazione di queste in rifiuti. E appare ormai chiara la trappola in cui gli uomini e la natura sono prigionieri. Le risorse naturali devono essere distrutte a velocità crescente – sia nella fase della produzione che in quella del consumo – mentre gli uomini sono costretti a un uso sempre più vorace del loro tempo. Un tempo che non viene soltanto assorbito dall’orario di lavoro, ma anche dal tempo libero, dal processo di consumo...” (Ecologia del tempo).

domenica 28 agosto 2016

Tempo paradigmatico.

Post di Rosario Grillo.

Monica Pennazzi, 
Ucronìa (Non tempo)
James Hillman è conosciuto come il più importante continuatore della “psicologia archetipica” iniziata da Jung. 
In essa si assegna all’anima una dote a-temporale o intemporale, in relazione con la sua appartenenza al regno del caos e con la sua irriducibile differenza da ciò che si dispiega nel tempo lineare ed evolutivo. 
Da Hillman: “Non possiamo più pensare alla nostra biografia come un sistema vincolato dal tempo, come a una progressione lungo una linea retta dalla nascita alla morte; la dimensione temporale, la dimensione lineare, è soltanto una delle dimensioni della nostra vita. L’anima si muove in cerchi, dice Plotino” (Il codice dell’anima, p.180-1).
Monica Pennazzi, 
Ucronìa (Non tempo), 3
Come si vede, ci troviamo nel solco dell’agostinismo. Ad Agostino d’Ippona appartiene l’esplicitazione della peculiare relazione, psicologica, che stringono anima e tempo.
Nelle Confessioni, egli sostiene che soltanto il presente è, ma solo per un istante fugace, quindi è, e nel momento successivo non è, trapassa subito dall’essere al non essere. Il passato è attraverso l’anima: ricordo, il futuro, infine, suo tramite, è: attesa.
Nella interpolazione di Hillman, l’urgenza è della libertà o autenticità della “ghianda” che si trova nell’anima.
Essa è il suo archetipo, ed in essa si trova sia l’individualità (irripetibilità, Leibniz direbbe: indiscernibile) sia il genio (carattere).

mercoledì 30 marzo 2016

La mutazione del tempo in "non ho tempo". Illustrazioni di Shout.

“…amare qualcuno significa dargli tempo, attenderlo, avere tempo per lui o per lei. […] Così, ad esempio, educare significa aprire la possibilità di un tempo sensato a chi cresce; perdonare significa rigenerare il tempo di una relazione che era morta” (Roberto Mancini, Sperare con tutti, Qiqajon, p.24).

(La percezione del tempo)
Alessandro Gottardo,
Shout
Tutti noi passiamo buona parte del nostro tempo a dire  “NON HO TEMPO” come se “il tempo reale” fosse congelato sine die e non fosse inesorabilmente in divenire. Il paradossale “non ho tempo” è come il condensato del nostro comune vissuto nella costante percezione della sproporzione tra il tempo che abbiamo e le sempre più numerose opportunità, pressanti scadenze ed incombenti urgenze che ci incalzano.
Eppure il nostro vivere dovrebbe consistere proprio nell’avere tempo. Sono i morti che non hanno più tempo.
(La linea del tempo)
Alessandro Gottardo,
 Shout
Nulla riesce a fermare il tempo nel suo inesorabile ed implacabile trascorrere, nel suo muto linguaggio di finitezza. Fugit irreparabile tempus. Non possiamo sfuggire al suo dominio né tanto meno dominarlo, per quanto ci paia intollerabile un tempo noncurante ed indifferente alle nostre singole vite, impietoso di fronte al trascorrere di  ogni vicenda umana. Eppure la temporalità è determinazione essenziale dell’essere umano, insieme dono e compito. Porre un realistico rapporto tra vita  ed aspettativa è condizione per giungere alla  comprensione di noi stessi e possedere davvero la nostra esistenza.

sabato 31 ottobre 2015

La memoria e l'albero. Con Stefano Nava.

  “Memoria e ricordo sono sotto il segno eccezionale 
del dover essere” 
(Bernard Stoeckle).*

L'albero, simbolo del tempo
che ci costituisce
(Stefano Nava, Il cedro)
Parlare della memoria in un piccolo post è sicuramente pretenzioso. Lascio a color che sanno ogni discorso psicologico, psicanalitico, sociologico (la memoria a breve lungo termine; individuale e collettiva; il  ruolo del vissuto, dei desideri, dei meccanismi di autodifesa consci ed inconsci nel rimuovere, dimenticare, modificare, abbellire il passato…). Solo vorrei riflettere brevemente sulla memoria come “tratto essenziale del nostro essere finito e storico”, perché non si può sganciare l’esistenza umana dalla sua costituzione storica, perché il presente ed il futuro non possono essere consapevolmente vissuti senza riconoscere  il già accaduto, perché il ricordo mi stringe a non chiudere gli occhi né a tacere sull’oggi.
L'albero, simbolo 
del radicamento e della durata
(Stefano Nava, Il sicomoro, 
particolare)
La sua estinzione o il suo  accecamento sono “l’oblio dell’essere” di uomini e donne che, “legati brevemente al piolo dell’istante”, non sanno che cosa sia ieri e che cosa sia oggi. E’ ciò che ognuno di noi può sperimentare in questa società  liquida, smarrita nella profonda instabilità e spaesamento dell’esistenza sia individuale sia sociale.