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Visualizzazione post con etichetta amicizia. Mostra tutti i post
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martedì 18 febbraio 2025

Favola semiseria, tra sogno e realtà

Di Gian Maria Zavattaro

Robert William Buss, Il sogno di Dickens, 1875

Gian Maria procedeva titubante verso l’appuntamento conviviale con i vecchi compagni di classe di tanto tempo prima. Aveva accettato l’invito con fatica: erano anni che non li vedeva e chissà  la faccia di tutti nello scoprire quanto il tempo aveva  segnato ciascuno: barbe bianche, capelli laddove sopravvivevano, pance e pancette ecc.ecc.
“Che fine avranno fatto i trascorsi pseudorivoluzionari? Finiti i trastulli della giovinezza, quanti si erano  convertiti al soffiar dei venti dei potenti di turno, ombrello protettivo dei propri affari e scalate sociali, politiche, culturali?” 
Lui no, lui puro (fino a un certo punto!), coerente (non sempre…) con le sue idee di impegno sociale ed accoglienza. Travèt  sino in fondo (quello sì), aveva  combattuto nel profondo per anni  ogni giorno la sua  battaglia.  L’amore, la famiglia, l’amicizia, il lavoro, l’impegno per gli altri - specie  gli ultimi e penultimi - erano stati  la sua forza motrice. Sicuro?  Sperava di sì…

sabato 26 ottobre 2024

Avere un cuore pensante

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Moonassi (qui il sito instagram)
 
Moonassi, Per piacere prenditi cura di questo, particolare
Viviamo in un tempo dove tutti fanno appello alla corresponsabilità e non so quanti poi la praticano, soprattutto per quanto riguarda la pace. Scrivo perciò con molta titubanza, consapevole della responsabilità che mi assumo proprio a parlare di corresponsabilità in questo tempo segnato da inimicizie, odio, guerre insensate, speculazioni vergognose di profittatori-predatori senza scrupolo e da innumerevoli sofferenze individuali e collettive anche se in parte lenite da sorprendenti gesti di solidarietà collettiva e generosità individuale.
Il destino di ogni parola “forte” come corresponsabilità è fatalmente legato all’amore per essa: in base a ciò che davvero io sono o voglio essere posso praticarla. Mi guarderò perciò dal fare discorsi astratti. Voglio parlare della mia tua vostra nostra corresponsabilità, quella che ci coinvolge ogni giorno su tutti i fronti, che ci impegna ci ha impegnato e ci impegnerà nelle scelte di vita decisive e nella vita quotidiana: quella che la coscienza di ognuno/a di noi liberamente assume perché cittadino/a del mondo, persona in relazione con altre persone vicine e lontane sia nello spazio sia nel tempo, indipendentemente da etnia età condizione scelta religiosa e politica.

venerdì 8 settembre 2023

Storia di Lorenzo, che salvò Primo Levi.

Post di Rossana Rolando.
Immagini di Adrià Fruitόs (qui il sito instagram)
 
💥 I senza nome.
Immagine di copertina di Adrià Fruitόs
Chi è affezionato all’opera di Primo Levi e ne ha letto le pagine, si immerge nel libro di Carlo Greppi dedicato a Lorenzo Perrone, il muratore fossanese che ha salvato la vita del grande chimico e scrittore, con commozione e gratitudine. Non solo per l’enorme rilevanza dell’amicizia di Primo Levi con Lorenzo – tanto che i due figli di Levi ne portano il nome – ma per Lorenzo stesso, vero protagonista del testo.¹
A questo proposito vorrei sottolineare la scelta operata da Carlo Greppi, nella sua ricerca storica, particolare perché rivolta ad un uomo “marginale”, di cui si sapeva ben poco e di cui era arduo scrivere una biografia.² Un operaio civile, non internato, non ebreo, libero, che lavorava per una ditta di costruzioni – la I.G. Farben – presso Auschwitz III (Monowitz). Di molti altri, come lui, non è rimasto nulla, non una riga nei libri di storia, sono tutti passati senza lasciare traccia nella memoria collettiva. Così è stato, è e sarà per la gran parte degli uomini e delle donne che solcano le strade di questo mondo e sono dimenticati nella “fisiologica dispersione della storia”.³

venerdì 3 febbraio 2023

Il dono reciproco dell'amicizia.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini della pittrice PetronaViera (Uruguay), vissuta tra il 1895 e il 1960.

PetronaViera, Tempo di gioco
Più volte nel passato abbiamo dedicato (Rossana, Rosario, io) attenzione all’amicizia con variegati spunti di riflessione. Tornare a parlarne - in questo sofferto tempo di più o meno decrescente covid, di crescente povertà, inenarrabili stragi di guerra, implacabili inimicizie, forzate migrazioni dalla fame e da ogni sorta di violenze - è insieme provocazione, invocazione, supplica, grido, anelito di speranza. È bene perciò dar conto della recente pubblicazione Sull’amicizia di E. Borgna (Raffaello Cortina 2022), emerito insigne psichiatra. Mi guardo bene dallo stilare una recensione: solo voglio accogliere in libertà l’invito a continuare a esplorare (e praticare) l’amicizia, lasciando che siano gli esperti - profano quale io sono - ad entrare nel merito delle implicanze legate alla professione medica psichiatrica. (1) È bello insistere, proprio in questo tempo, sull’amicizia, “parola sempre nuova alla quale guardare con attenzione e con stupore, recuperandone la ricchezza umana e gli infiniti orizzonti di senso” (2). Chi ha letto altri saggi di Borgna non si stupisce dei suoi continui riferimenti religiosi, filosofici storici letterari artistici, respiro inequivoco della sua “cultura”: in primis “i testi meravigliosi” di S.Weil, Teresa d’Avila, Rilke, Leopardi, Bonhoeffer, Nietzsche, Dickinson, Pozzi, Musil, Sachs, Poltawska e K.Woityla e tanti altri…(3).

Petrona Viera, Piccola storia
Amicizia: “ha il significato di un dialogo infinito, dialogo del silenzio e della parola, che continua anche quando non ci si vede, non ci si parla, non ci si incontra”. Dialogo che ogni volta che ci si rivede ravviva il linguaggio del silenzio, torna ad essere “linguaggio della parola, dei volti, degli sguardi, delle lacrime”, perché il tempo dell’amicizia non è tempo dell’orologio, ma tempo “interiore non mai slabbrato”. (4)

domenica 7 agosto 2022

Il nostro viaggio a Trieste.

Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie di Rossana Rolando.
 
"Trieste ha una scontrosa grazia"
(Umberto Saba, Trieste, 1945).
 
"La mia anima è a Trieste"
(James Joyce, Lettera a Nora, 27 ottobre 1909).

Trieste, piazza Unità d'Italia
Trieste: ci siamo arrivati nel giorno funesto del divampare dell’incendio sul Carso, obbligati ad uscire in fretta e furia dall’autostrada per precipitarci in salvamento - si fa per dire - nel concentrico cittadino, in un caos inimmaginabile di traffico perennemente fermo, a rilento, a singhiozzo, in tutte le possibili direzioni…
Trieste: città impagabile, straordinaria, meravigliosa, dove il passato si sposa con il presente ed occhieggia il futuro. Palazzi superbi quasi almeno come Genova, uno più visivo dell’altro. Gente tanto ruvida quanto cordiale e genuina, che ci colpisce in particolare per i toni gentili. Ci è capitato continuamente per strada di richiedere a caso a uomini e donne di tutte le età informazioni o indicazioni, come pure formulare mille richieste negli uffici a ciò predisposti: abbiamo sempre - dico sempre - ricevuto risposte pazienti, graziose, puntuali. In questa superba città mitteleuropea, crocevia di tante lingue culture etnie, ci siamo sentiti cittadini del mondo e chi ben conosce la sua storia spesso sofferta e dolorosa rimane come noi sorpreso dalla pacifica grazia della sua vita che traspira la cultura della reciproca conciliazione, così come la grandiosa piazza dell’Unità d’Italia ci è parsa più propriamente piazza della fraternità universale che, nulla nascondendo delle traversie del passato, vive la pace gioiosa del presente e annuncia speranze future.
 

domenica 19 maggio 2019

Primo Levi, Agli amici.

Post di Rossana Rolando.

Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purché fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita
(Primo Levi, Agli amici).¹

Pier Vincenzo Mengaldo,  
Per Primo Levi
Tra gli scritti raccolti in occasione del centenario della nascita di Primo Levi (31 luglio 1919) nel libro di Pier Vincenzo Mengaldo, appena uscito per Einaudi, vi è un piccolo saggio del 2018 dedicato a Il canto di Ulisse² , contenuto in Se questo è un uomo³.
La vicenda è a tutti nota ed è appena il caso di richiamarla sommariamente: Primo Levi e Jean Samuel, giovane studente alsaziano, denominato Pikolo, dallo stesso Levi, si recano a ritirare il rancio e lungo il cammino si scambiano confidenze sulle loro case, le loro letture, gli studi, le rispettive madri tanto somiglianti, come tutte le madri. Dapprima parlano in francese, poi Pikolo, che è stato un mese in Liguria e vorrebbe imparare l’italiano, sollecita Primo Levi che, chissà come e perché, ricorda alcuni versi dell’Ulisse dantesco e comincia a ricostruire  l’intero canto XXVI, cercando di rammendare le parti mancanti in uno sforzo della memoria che deve procurargli – come nota Mengaldo, citando situazioni estreme e analoghe - intima soddisfazione. Il parallelismo Inferno – Lager, da una parte e Poesia – Liberazione, dall’altra parte,  è subito evidente.

sabato 9 marzo 2019

Essere amici. Nuovo libro di Franco La Cecla.

Post di Rossana Rolando.

Prima di copertina.
Il tema antico dell’Amicizia è l’oggetto di un piccolo e prezioso libro di Franco La Cecla, dal titolo Essere amici, appena uscito per Einaudi¹. Il suo ampio respiro culturale spazia dall’antropologia alla filosofia, con ricchi riferimenti al pensiero contemporaneo (Derrida, Lévinas, Benjamin, Foucault, Illich...), fino alla poesia e alla letteratura.
Non si tratta di un'esposizione accademica catalogante, anche se la memoria della sistemazione aristotelica dei libri VIII e IX dell’Etica nicomachea, relativamente alle condizioni, ai fondamenti, alle tipologie dell’amicizia, è costantemente richiamata lungo le pagine del testo.
Già il titolo lo indica in modo chiaro. Non è l’idea di “amicizia” ad essere posta al centro dell’attenzione, ma l’“Essere amici”, laddove il verbo essere tende ad immettere il lettore in una situazione viva, in movimento: l’amicizia è il valore eterno, assoluto, sciolto dalla spazio e dal tempo; l’essere amici è la possibilità data a ciascuno nel corso della propria vita.

E, infatti, il terzo e forse più denso capitolo del libro si sofferma sulla revocabilità dell’amicizia, come condizione della stessa, insistendo sul carattere mobile e quindi mai scontato di quel corpo vivo che è la relazione amicale tra due persone: “L’amicizia è sostenuta dalla sua potenziale rottura. Essa ne è sostanziata, si dà solo come qualcosa che possa essere revocabile in ogni momento. Questo ne è il paradosso fondamentale”².

domenica 10 maggio 2015

Gli amici di facebook e l'amicizia.



Circa due anni fa, iniziando con mia moglie l’avventura del blog, ho scoperto che, per entrare in comunicazione in rete ed interagire su facebook, occorreva dare e ricevere “amicizia”. Visto il valore ed il peso che le attribuivo e continuo ad attribuirle - è nell'amicizia che i rapporti interumani si manifestano in tutta la loro meravigliosa gratuità - a me profano è subito nato qualche sospetto. 


Mi erano infatti oscure ed equivoche - e lo sono tuttora - le implicanze psicologiche del dare-richiedere amicizia, le relazioni simmetriche implicite, le metacomunicazioni sottese, il valore simbolico ed il  significato strategico o tattico da attribuire ai “mi piace” o addirittura la disinvolta ed ardita richiesta “metti mi piace”, i debiti od obblighi o condizionamenti reciproci che ne scaturiscono. 


Forme inconsce o lucidamente consapevoli di una sorta di voto di scambio? Espressione invece di autentica solidarietà e condivisione? Oppure addirittura affermazione narcisistica del proprio esserci nel mondo virtuale?


L’amicizia è, presumo per tutti, un’avventura impegnativa ed esclusiva: non si concede al primo venuto, non è né semplice cameratismo né incontro al bar virtuale né accordo su fini ed interessi comuni o su semplici modi di vedere né banale scambio di opinioni gusti sensazioni emozioni, dove le persone scoprono solo un lembo di se stessi. Non è neppure una forma di scaramanzia per uscire dal proprio isolamento oppure pretesto per rendere invisibili agli altri le proprie mire nascoste.


Ebbene facebook è sicuramente anche queste cose (che non mi piacciono per niente) e non mi interesserebbe più di tanto se non fosse anche altro.
Fino a due anni fa, nella mia ignoranza pressoché totale della rete, pensavo all’amicizia come un dischiudersi così profondo da esigere giocoforza per prima cosa l’incontro dei volti, degli sguardi e delle voci. E perciò non poteva assolutamente avere cittadinanza nella rete.


In parte sbagliavo, perché l’esperienza di questi mesi ha messo in forse le mie certezze e mi ha fatto ricredere, pur con molti distinguo e perplessità. La via principe, se non unica, dell’amicizia rimangono sicuramente l’hic et nunc spazio-temporale, le nostre vicissitudini esistenziali e soprattutto quel sesto senso impalpabile ed indefinibile che ti fa scegliere l’amico o l’amica.


Eppure in questi mesi ho incontrato in progressione tante persone, con le quali ho pattuito “amicizia secondo facebook”, con centrali e comuni respiri di ideali, sapori di valori, condivisi orizzonti: il tutto in un pervasivo atteggiamento di empatia, un sentimento forte di reciproca bene-volenza e sollecitudine.


Mia moglie ed io abbiamo scoperto interessi comuni a tante persone apparentemente anonime, comuni aperture ad ambiti di riflessione a noi cari, disponibilità a pensare e ad approfondire, il gusto reciproco di ancora meravigliarsi ogni giorno, la passione di una inquieta ricerca inconclusiva - senza cadere nell’astrattismo accademico e nel patetico – che non è detto si trovino sempre nel proprio ambiente e che si rendono possibili anche tra persone fisicamente lontane, ma partecipi di una comunità ideale e spirituale.

E lì che si annida l’embrione di quella che si può a buon diritto chiamare amicizia: come crescerà ed a quali livelli si svilupperà non è dato sapere, ma è possibile che essa nasca e cresca.


Insomma il valore dell’amicizia “virtuale”, anche se ancora tutto da scoprire,  può volteggiare nella rete e lo si riconosce quando ti impone di uscire dalla prigionia del tuo io, quando supera la costrizione dei rapporti utili ed interessati per rivolgersi unicamente a quelli interessanti, quando (parlo per me) ti accorgi che è possibile  liberarsi delle proprie maschere difensive e dei ruoli che sei costretto a recitare nel mondo dei cinque sensi, per riscoprire quello che sei e quello che sai di dover essere.


Certo ho ben presente i non pochi rischi ed i pericoli dell’ambivalente facebook, peraltro insiti in ogni vicenda umana: il raffinato egoismo velato da maschere altrettanto raffinate, il narcisismo che si vale del “mi piace” altrui come strumento di affermazione del sé, la mancanza dell’ombrello protettivo e della censura conseguente che la comunità visibile dei viventi assicura. Così come mi turbano la smodata popolarità dell’effimero, la frequentazione della cronaca pettegola e della banalità insulsa od il mettere in piazza parolacce e volgarità senza tanti problemi.


Non sono per nulla giovane, ma non abbastanza troglodita da non saper scorgere le infinite potenzialità che la rete offre a nuove forme di comunicazione ed anche persino a possibili autentiche amicizie, etsi non videntur. Senza mai illudersi che per comunicare basti “messaggiare”. Io posso stabilire infiniti contatti virtuali con l’altro e tuttavia, nel mio solipsismo narcisistico, non  partecipargli un solo istante di vero dialogo con lui.


Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

giovedì 23 aprile 2015

La Resistenza di Luisito Bianchi.



"La gratuità prende tutto... 
come un oceano infinito nel quale l'essere vive, respira, si bagna di gratuità... 
è la gratuità che presiede alla vita...” 
(Luisito Bianchi, Dialogo sulla gratuità).


Il romanzo
di don Luisito Bianchi...
Don Luisito Bianchi (per le essenziali note biografiche si può vedere il nostro post del 25.04.14 ”Luisito Bianchi e la Resistenza”) è conosciuto soprattutto per il suo romanzo sulla resistenza “La messa dell’uomo disarmato”. La lettura di questo  libro è stata per noi un incontro casuale (grazie all’amico Gianni Peirano), subito trasformatosi in avvenimento e grazia. E poiché con gli amici  si condividono le cose belle e soprattutto i bei libri, incontrare questo libro bellissimo non poteva non  significare  amarlo  e condividerne i contenuti con tutte le persone desiderose  di  essere responsabili delle  bellezze del mondo.

... un dono da condividere...
Così tempo fa nacque in Rossana Rolando, mia moglie, il gusto di condurre un’appassionata e serrata analisi del libro di don Luisito, che da tempo abbiamo pubblicato in questo blog, nel settore “pagine”, settore particolarmente impegnativo e perciò forse un po’ marginale per chi ci legge,  rispetto alla pubblicazione e frequentazione dei post ordinari.
Siamo a lungo rimasti indecisi, mia moglie ed io, se ripresentare come post quell’analisi:  lunga (più di dieci cartelle!), articolata (ripercorre tutte le 850 pagine!) ed accorata (è lo sguardo di  chi cerca di capire e si interroga, di chi guarda con amore il creato ed ogni creatura, per cogliere la verità che è “a-letheia”, non nascondimento). Dunque un viaggio  che non cede alle lusinghe del “mordi e fuggi”, tipiche del viaggiare in internet. Infine abbiamo deciso di riproporlo proprio il giorno della festa della Liberazione, il 25 aprile: una sfida che gli amici che ci leggono potranno liberamente, ed eroicamente”, raccogliere, se riterranno che  ne valga la pena.

... un testo che si presta a vari livelli 
di lettura e approfondimento...
In ogni caso mi permetto di tracciare un breve quadro del “romanzo sulla resistenza” (così Luisito lo definisce), come premessa alla  lettura diretta della "messa" o come modesto succedaneo all’analisi che verrà pubblicata il 25 aprile.
Il libro non è solo un romanzo sulla resistenza, ma anche un’elegia della vita contadina, un’autobiografia spirituale. Non solo tratta precisi eventi storici, ma descrive volti, persone, gesti. Libro scomodo, disturbante, senza cedimenti al revisionismo: il modo migliore di celebrare il 25 aprile,  dove la potenza della memoria è ricordo ma insieme attualità e responsabilità, è  passato ma nel contempo presente.

... viaggio della memoria 
che conferisce luce al presente...
C’è una convinzione comune in tutti coloro che hanno letto il libro ed in tutte le recensioni che abbiamo  avuto la ventura di scorrere: si tratta di un’opera sulla resistenza diversa da tutte le altre, evento che mancava nella vicenda letteraria nazionale, libro singolare in cui, pur nella manifestazione disumana del male della guerra, c’è un effondersi dell’amore che filtra, pervade, intride di sé personaggi, paesaggi, gesti, dialoghi, pensieri.

... opera che ricostruisce la resistenza 
in modo del tutto singolare...
Molti hanno parlato e parlano  di  capolavoro letterario.  Sicuramente si è trattato di un autentico caso editoriale. Il romanzo circolò  in edizione autoprodotta ed autofinanziata tra il 1989 e il 1995. L’editore Sironi si imbatte casualmente in quest’opera e decide 13 anni fa di ristamparla, rendendola così disponibile al grande pubblico.

... da molti ritenuto 
un capolavoro.
La vicenda narrata comincia nella primavera del 1940. Il protagonista Franco, sulla via di diventare monaco benedettino, se ne torna dai suoi nella campagna cremonese alla cascina Campanella. Il fascismo entra in guerra, alleato dei nazisti. Piero, il fratello, sarà in Grecia a buscarsi un congelamento, mentre altri giovani del paese partono per la campagna di Russia. La svolta storica avviene l’8 settembre del 43: è la scelta tra libertà e schiavitù, tra dignità e servilismo,  bene e male. Sullo sfondo liturgico delle stagioni della terra, tra semine, raccolti, vendemmie e sagre, si innestano i riti cruenti degli  uomini in lotta fratricida.  L’intreccio di invenzione letteraria, ricerca spirituale e ricostruzione storica è articolato in tre tempi, quasi un itinerario liturgico: il gemito della Parola – il silenzio della Parola -  lo svelamento della Parola.

Nel libro si intrecciano 
la ricostruzione storica,  l'invenzione letteraria, 
la vicenda umana e spirituale...
Non so in quale fase oggi don Luisito porrebbe questi nostri giorni. Certo la figura dell’autore e la sua biografia spirituale sono riflessi in molti personaggi del libro: in Franco, che esce dal monastero e torna a fare il contadino nel paese di campagna; nel fratello Piero che non si reputa cristiano ma che spende la vita per gli altri; in don Luca-Benedetto, monaco del monastero che si aggrega ai partigiani sulle montagne; in Giuliano, Rondine, Stalino. il giovane Balilla,  tre figure di umili che non si dimenticano facilmente; nell’arciprete del paese, uomo colto e vicino alla gente; nel Professore, in Cecina e suo marito, nella madre; nell’abate del monastero, figura forse modellata su Aureli Escarrè, l’abate di Montserrat fuggito dal regime franchista e morto proprio a Viboldone, dove don Luisito risiedeva.

... e i personaggi escono vivi 
dalla pagina ...
Perché un prete sente il bisogno di scrivere “un romanzo sulla resistenza” (è il sottotitolo)?  Don Luisito vede una straordinaria connessione tra  la parola dell’Avvenimento, la Parola di Dio, la parola laica della Resistenza. Parola che si fa cultura nella misura in cui ti fa appartenere alla gente; diventa ricerca, poesia,  bellezza, promessa e riconciliazione, amore disarmato e gratuità.  La resistenza allora assume un doppio significato: da una parte racconto della lotta partigiana;  dall’altra categoria spirituale che indica la capacità di riconoscere la presenza di Dio, della Parola, anche in fatti  tragici e violenti.

Se la Parola non era presente anche in quei fatti drammatici, allora era vero che Dio era morto dopo Auschwitz”.“Quegli uomini che lasciarono tutto, casa, famiglia, figli, lavoro e andarono a combattere sulle montagne per liberare  la patria dall’invasore e conquistare la libertà furono l’esempio più bello di gratuità che si potesse pretendere. Fu  la testimonianza di come tanti uomini erano pronti a dare la propria vita per la costruzione di un mondo nuovo. E capii anche che quel sangue, gratuitamente versato, non era stato vano, perché ogni volta che ne facciamo memoria, come ho tentato di fare  ne “La messa dell’uomo disarmato”, lo attualizziamo. Esattamente come accade nella Messa, quando facciamo memoria del sacrificio di Cristo”.


... e immettono in un mare 
di significati...
La conclusione è la predilezione per gli umili, la volontà di costruire un mondo nuovo nella gratuità. Il romanzo è un’aperta contestazione contro ogni forma di svilimento della resistenza, che invece si presenta come radicalità del dono senza contraccambio in un mondo dominato dalla concezione che tutto è negoziabile e tutto ha un prezzo. Se l’uomo partigiano è colui che gratuitamente prende le  parti di chi non ha potere, non per sostituirvi un altro potere ma per essere liberi, allora  la resistenza non è arida né sterile; se essa non viene strumentalmente svilita per instaurare nuovi poteri, allora può  generare figli ogni qual volta si resiste al potere dell’uomo sull’uomo.

... sulle tracce 
di un mondo da rinnovare  ...
Il libro pone ad ognuno di noi impietosi interrogativi. Non si ripropone forse ancora oggi la scelta tra libertà e schiavitù, tra dignità e servilismo, tra bene e male? Non dobbiamo forse con la nostra testimonianza stimolare le nuove generazioni a proseguire una resistenza che oggi appare in parte tradita, monca, incompiuta? Quale resistenza io, tu, noi stiamo combattendo? Di fronte a chi portiamo la responsabilità di combatterla?

...proiettati 
in un orizzonte di libertà.
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