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Visualizzazione post con etichetta Mounier. Mostra tutti i post
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sabato 17 maggio 2025

75 anni dalla morte di Emmanuel Mounier

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini tratte dal sito Les amis d'Emmanuel Mounier
 
Emmanuel Mounier
"Chiamiamo democrazia, con tutti i termini qualificativi e superlativi necessari per non confonderla con le sue minuscole contraffazioni, quel regime che poggia sulla responsabilità e sull'organizzazione funzionale di tutte le persone costituenti la comunità sociale. Solo in questo caso ci troviamo senza ambiguità dal lato della democrazia. Aggiungiamo che, portata fuori strada fin dall'origine dai suoi primi ideologi e poi soffocata nella culla dal mondo del denaro, questa democrazia non è mai stata attuata nei fatti e lo è ben poco negli spiriti. Ci teniamo soprattutto ad aggiungere che noi non propendiamo verso la democrazia per motivi puramente e unicamente politici o storici, ma per motivi d'ordine spirituale e umano." (E. Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria).
 
Quest’anno ricorre il 120° anniversario della nascita di E. Mounier e il 75° della sua morte (non ancora 45enne) per infarto. Mi sollecita la riflessione su di lui anche l’attuale contesto mondiale ben poco democratico (guerre, distruzioni ambientali, stragi di innocenti, odio, indifferenza, servilismo, ipocrisia, idolatria neo-tecnologica, subdole manipolazioni…): una collettiva fuga dalla libertà nel "pensiero unico”, ovvero nel non pensare. Tutto ciò dovrebbe suscitare in noi un corale irrefrenabile grido di invocazione: “riconciliamoci profondamente con la nostra umanità!.
Abbiamo scoperto che anche noi siamo vulnerabili, fragili: è finita da tempo l’illusione d’essere immuni dalla paura, dall’insicurezza, dalla guerra. Eppure continuiamo imperterriti a negare agli altri - i popoli più poveri e svantaggiati - il diritto di sedere alla tavola imbandita del nostro sempre più effimero benessere (1). 
Sapete che cosa scriveva Mounier a J. Guitton nel 1928?  “Io voglio accogliere e donare: è tutto”. E due giorni prima di morire ancora scriveva a l'abbé Depierre: "Io vorrei con mia moglie dare almeno un po', prepararmi al giorno in cui gli avvenimenti forse ci spingeranno a donare tutto". A questa istanza  è rimasto fedele per tutta la vita.
Dodici anni fa iniziava l’azzardo del nostro blog Persona e Comunità, richiamo al “personalismo comunitario” di Mounier (2) da me  scoperto quasi casualmente nei miei anni universitari: un'avventura iniziata con la mia tesi di laurea su Mounier, subito divenuto stimolo-guida a ricercare la mia strada di uomo e di credente. La testimonianza - scriveva - è “forma pura dell’azione”, legata alla condizione storica della nostra relazione con noi stessi e gli altri; è proiezione verso una società comunitaria sottratta ad ogni tirannia, società di creazione, non di consumo, perché la testimonianza è tale solo se è impegno responsabile, gratuito incontro agapico: (engagement, affrontement,  parole intraducibili in italiano). Nel mare magnum di internet il nostro piccolo blog (Rossana-Rosario-Gian Maria) è umile dimesso pervicace modo di questa presenza.

martedì 29 agosto 2023

Péguy, lo spirituale nel tempo.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini tratte da Turi Distefano dalla mostra "Storia di un'anima carnale" (Meeting di Rimini, 2014).
 
Turi Distefano, mostra su Péguy
150 anni dalla nascita di Pèguy. Mounier e Pèguy: continuità di una presenza e testimonianza.
 
150 anni fa nasceva Pèguy (P): il meeting di Rimini gli ha dedicato una splendida mostra. Ho scoperto P. alla fine degli anni 60 mentre preparavo la tesi di laurea su Mounier (M.), che lo considerò suo maestro e ispiratore. Rapporto ideale, spirituale (M. aveva 9 anni quando P. morì in guerra nel 1914), essenziale e decisivo di tutto l’orientamento del suo pensiero ed azione: continuità di una medesima ricerca e di un medesimo impegno che si esprime in entrambi nel vivo senso dell’incarnazione, della fedeltà al reale, nell’appello alla mistica contro tutte le politiche. P. fu socialista prima di essere cristiano. M. fu cristiano prima di essere “socialista”. Tuttavia queste anteriorità rimandano ad una presa di coscienza unica: il personalismo di M. si inserisce nella linea del realismo spirituale di P. Mi pare anche di notare continuità profonda tra “l’ottimismo tragico” di M. e il “pessimismo” (così definito da alcuni) di P. Nelle vacanze natalizie del 1928 il giovane M. riscopre e approfondisce P. Contemporaneamente prende atto della propria incompatibilità con la carriera accademica di cui condanna il sapere astratto avulso dalla realtà (1). Scrive alla sorella nel maggio del 29: “Io vorrei comunicarti questa ebbrezza che sento ancora rileggendo certe cose di P.).  
Turi Distefano, mostra su Péguy
L’esigenza di comunicare agli altri la sua “rivelazione” si accompagna con il dialogo incessante con il suo pensiero (2). In questo stato d’animo pubblica nel 1931, in collaborazione con il figlio di P, La Pensée de Ch. Péguy (3): “P. non è morto, è solo incompiuto” scrive nella prefazione e sottolinea come P. prediliga della filosofia “le parole giovinezza e libertà, un clima più che una dottrina”. Lo colpisce il suo “lirismo”: non sentimento vacuo, ma il suo modo di esprimere intuitivamente la ricchezza del reale; non incapacità di pensiero ma espressione della “generosità” categoria della persona. “Si evochi la maniera di P., la sua minuzia prodiga, la sua gioia di salvare nel suo paradiso straripante la minima sfumatura, il minimo oggetto, la minima parola” (4).

venerdì 22 luglio 2022

Papa Francesco e la pace.

Post di Gian Maria Zavattaro.
 
Papa Francesco contro la guerra
CONTRO LA GUERRA
PERCHÉ NON LA PACE?  PERCHÉ LA GUERRA?
 
“Questo Dio, siamo noi che ve lo abbiamo dato. Che cosa ne avete fatto? E’ per questo che ve lo abbiamo dato? Perché i poveri siano più poveri, perché i ricchi siano più ricchi? Perché i proprietari riscuotano i loro affitti? Perché i benestanti bevano e mangino?  Perché dei re mezzo pazzi regnino su popoli abbruttiti? E perché là dove i vecchi re cadono sorgano per dar loro il cambio degli orribili avvocati con i pantaloni neri, dei furbi, dei convulsionari, dei professori, degli ipocriti con le mascelle di lupo, mischiati a vecchie donne, degli uomini come mio padre? E che sia proibito di cambiare niente a tutto ciò? Perché ogni potere viene da Dio?” (P. Claudel, Pensée a Orian, Le Père humiliè, 1948).
 
La gente come me, che non conta nulla o ben poco,  possiede però un bene prezioso: la parola contro il silenzio. Mi riferisco alla parola trasparente, pulita, chiara, lampante, netta, inequivocabile. Come ci insegna il linguaggio di  papa Francesco in Contro la guerra Il coraggio di costruire la pace (LEV, 2022). Dopo aver letto Contro la guerra  capisco che anche per la gente come me parlare diventa necessità, dovere, obbligo: innanzitutto di ascoltare senza pregiudizi tutte le parti - i pro, i contro, i sì, i no, i boh,  i ma, i se… - e capire che hanno delle ragioni, ma che una sola è la ragione; di smascherare la frastornante ridondanza di tanti/e salottieri/e,  mentre tanti innocenti continuano ad essere falciati dalle guerre; di denunciare lo  stordimento e smarrimento prodotto dai media per i quali ogni guerra si riconduce al business dello spettacolo televisivo o alle fatue chiacchiere dei bar virtuali finché l’audience conviene, per passare poi, dopo il pieno della saturazione, ad ammannirci ben altri squallori.

sabato 16 ottobre 2021

Il vaccino, la persona, la comunità.

 Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito)

Andrea Ucini, Caduta libera
“La menzogna, la durezza di cuore, la vigliaccheria, l’egoismo fanno silenziosamente ogni giorno sotto i nostri occhi vittime altrettanto numerose e più lentamente torturate di quanto non sappia fare la guerra: chi ha bisogno che sia il cannone ad aprirgli le orecchie non comprende più da lungo tempo questo tumulto dei tempi di pace”
(E. Mounier).
“È un delitto lasciare la politica agli avventurieri, è un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon cuore senza adoperare il buon cervello” (d. Tonino Bello).
 
Viviamo in una società irta di continue provocazioni e contraddizioni, dove ci si imbatte continuamente e ci si ritrova costretti ad ogni piè sospinto - e spesso è impresa eroica - a discernere tra verità e menzogna, forza e violenza, mediazione e compromesso, bene comune ed interessi di parte, diritti/doveri di tutti e spettanze esclusive. Il tutto oggi aggravato dall’inasprirsi strategico, fraudolentemente correlato al no-vax ed al no-green pass, di violenze ed assalti a pubbliche istituzioni democratiche: violenze in realtà intese a rinchiuderci nel mutismo della maggioranza silenziosa, a fomentare sfiducia e stanchezza nelle istituzioni democratiche, a diffondere assuefazione antidemocratica ed esaltare l’impunità trasgressiva.

sabato 6 marzo 2021

Su interiore e spirituale.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Andrea Calisi (qui il sito instagram).

Andrea Calisi, Vincent e i corvi
Gent.le Amica, 
mi chiede se posso delineare una distinzione tra “interiore” e “spirituale”. Da profano quale sono, non ho scritti specifici sui due aggettivi che propone. Mi limito pertanto a brevi appunti, considerazioni appena abbozzate: spunti che soprattutto mi hanno ancora una volta rivelato il mio sapere di non sapere…    Spero comunque che in qualche modo Le possano servire. In caso contrario per me è stata un’utilissima riflessione e di ciò La ringrazio… 

E’ indubbia l’ambivalenza dei due termini, usati da secoli ed ancor oggi con diversi significati a volte inconciliabili. Ne conseguono: difficile decifrazione; necessità di offrire consapevolezza della equivocità dei termini; chiara presentazione che il significato proposto dei due termini, pur essendo scelta personale e perciò soggettiva, è tuttavia convinzione intersoggettiva e perciò di fatto oggettiva, largamente diffusa nella cultura attuale (in particolare nel mondo cattolico), frutto di motivate scelte teoriche ed articolate esperienze di vita, anche se non necessariamente condivise o condivisibili da tutti.

venerdì 20 marzo 2020

70 anni del genetliaco di Emmanuel Mounier (22 marzo 1950).

Post di Gian Maria Zavattaro
Le immagini sono riprese dalla pagina facebook dedicata a Mounier (qui).

Emmanuel Mounie

“Bisogna salvarsi insieme; bisogna arrivare insieme dal buon Dio, bisogna presentarsi insieme; non bisogna arrivare a trovare  il buon Dio  gli uni senza gli altri. Dovremo tornare tutti insieme nella casa del padre. Bisogna anche pensare un poco agli altri; bisogna lavorare un poco gli uni per gli altri. Che si direbbe se arrivassimo, se tornassimo gli uni senza gli altri?” (Ch . Péguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1966, pag. 35).

Nel pieno della virulenza del coronavirus in Italia e nel mondo ricorre  il 70° della morte - notturna improvvisa  per infarto - di E. Mounier non ancora 45enne. Indubbia casualità che tuttavia mi consente qualche riflessione correlata con il nostro smarrimento in questo inquietante ed incerto interregno temporale che ci sollecita a “riconciliarci profondamente con la nostra umanità”: “non pensavamo di essere anche noi vulnerabili e così tremendamente fragili”, convinti del “privilegio di una sostanziale e durevole immunità dalla paura e dal senso così umano di insicurezza […] tanto da sentirci in dovere di negare agli altri - i popoli più poveri e svantaggiati - il diritto a sedere al banchetto della nostra felicità” (1). Ebbene scriveva Mounier a J. Guitton nel 1928 “Io voglio accogliere e donare: è tutto”; due giorni prima di morire ancora scriveva a l'abbé Depierre:"Io vorrei con mia moglie dare almeno un po', e prepararmi al giorno in cui gli avvenimenti forse ci spingeranno a donare tutto". A questa istanza  è rimasto fedele per tutta la vita.

mercoledì 4 settembre 2019

Incontro di sguardi.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle opere di Antonello da Messina (1430-1479).

Antonello da Messina, 
Ritratto di Ignoto
L'inferno sono gli altri
(Sartre)
L'uomo è per l'uomo un Dio
(Spinoza)
Lo sguardo degli altri è il più sicuro rivelatore di me stesso
(Mounier)

L’altro giorno per strada ho incrociato una persona mai vista prima (un signore che camminava, come mia moglie ed io, in un sentiero di montagna); per una breve frazione di tempo ci siamo guardati, ci siamo scambiati un lieve sorriso ed ognuno ha proseguito il suo cammino. Fugace incontro, come infiniti altri, che questa volta però ha lasciato il segno e mi ha sollecitato a notturne riflessioni sullo sguardo mio e dell’altro.

venerdì 2 agosto 2019

Ieri “Fu la cristianità”. Oggi il tempo della metanoia spirituale.

 Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini dei dipinti di Edvard Munch (1863-1944)

Edvard Munch, 
Golgotha
“Non possiamo essere onesti senza riconoscere che dobbiamo vivere nel mondo, etsi Deus non daretur”. Si pone allora “il problema che non mi lascia tranquillo: quello di sapere cosa sia veramente per noi oggi il Cristianesimo o anche chi sia Cristo” (Dietrich Bonhoeffer).

Sulla via del crepuscolo della vita, nella mia inquieta esperienza di fede, mi sforzo di capire l’identità di questo tempo di satura secolarizzazione, cogliere la mentalità delle generazioni più giovani, penetrare nelle loro attese e speranze, vivere le ansie teocentriche e gli aneliti autentici dei cristiani di oggi, essere compagno di strada in qualche modo di chi soffre, nel coraggio e nello sforzo di “sapere cosa sia veramente per noi oggi il Cristianesimo o anche chi sia Cristo”. 
Dal punto di vista politico - relativamente alla situazione italiana - questo tentativo di capire si trova di fronte  all'interrogativo di tanti: come si concilia la fede di un cristiano con le posizioni di una destra sovranista, populista, xenofoba e quant'altro?

mercoledì 22 maggio 2019

Emmanuel Mounier e il fascismo, ieri o oggi.

Post di Gian Maria Zavattaro
Video a cura di Giovanni Grandi, professore di Filosofia Morale presso Università di Padova (qui il sito).
Rileggendo 
Emmanuel Mounier
Su segnalazione di mia moglie, giorni fa ho visto-rivisto e soprattutto ascoltato il video (pubblicato su youtube) del prof. Giovanni  Grandi “pseudo valori spirituali fascisti. Leggendo Emmanuel Mounier 1933”.
Per noi, che sei anni fa, iniziando la nostra avventura digitale, abbiamo voluto denominare il nostro blog “Persona e Comunità” come  costante richiamo al “personalismo” di Emmanuel Mounier (1), è stata spontanea l'istanza d’invitare chi ci legge alla visione del filmato.
Non aggiungiamo considerazioni alla grazia efficace delle parole del prof. Grandi.
Solo ci permettiamo, a mo’ di cornice, due citazioni tratte entrambe da Cos’è il personalismo?”. 
La prima richiama la debolezza storica e morale di una posizione attendista che ha lasciato crescere la potenza della bestia hitleriana (e con questo ci ricorda di non rimanere inerti di fronte al riemergere dei fascismi).
La seconda mette in guardia dal pericolo di essere trattati come uomini oggetti, manipolati da un potere che sfrutta, ai fini della propria affermazione, la nostra distratta inerzia (tanto più oggi, attraverso i social, vere macchine per creare consenso).

✴️ 1. “Noi abbiamo cura che le nostre adesioni si conservino vigili e  non trapassino nel sonno conformista: ma la vigilanza ha per scopo l‘assiduità dell’impegno, non lo scoraggiamento. A ogni svolta sta in agguato la tentazione dei né-né: né fascismo né comunismo, né dittatura né anarchia, né questo né quello, né capra  né cavoli. Il non-intervento, sotto questo aspetto pacifico, è un’arma camuffata. Noi sosteniamo che ci sono quelli che hanno tradito col nazismo e quelli, come Chamberlain o Daladier, che hanno tradito di fronte al nazismo; ed è una debolezza della coscienza europea non averli citati al medesimo tribunale (2).

✴️ 2. “Uomo, svegliati! Il vecchio appello socratico, sempre attuale, è il nostro grido di allarme a un mondo che si assopisce nelle sue strutture, nei suoi comodi, nelle sue miserie, nel suo lavoro e nel suo ozio, nelle sue guerre, nella sua pace, nel suo orgoglio e nel suo accasciamento.  […]  Bisogna pur giungere a distinguere oggi gli uomini-oggetti, padroni e schiavi, dagli uomini d’umanità. Il secolo tende sempre più, attraverso le più diverse dottrine, a instaurare un universo di uomini-oggetti. Noi prepariamo, traversando tutte le audacie politiche, sociali o economiche che si vorrà, un mondo di uomini di umanità. Ma proprio qui sta forse la massima audacia, quella che accumula contro di sé il massimo di odio. Poiché essa vuole un mondo di uomini liberi, e quando l’uomo non ama la propria libertà più di ogni cosa al mondo, nulla egli detesta di più.”  (3)

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Note.
1 . “Questo nome risponde al dilagare dell’ondata totalitaria:  da essa è nato e contro di essa, e accentua la difesa della persona contro l’oppressione delle strutture. Sotto  quest’angolo visuale corre il rischio di trascinare con sé vecchie reazioni individualistiche, felici di adornarsi di un nuovo blasone: di deliberato proposito l’abbiamo fin da principio associato a “comunitario”; ma un’insegna non è una qualificazione completa; e, quando noi ricorderemo le vie maestre della nostra filosofia dell’uomo, vedremo che la persona non è una cellula, nemmeno in senso sociale, ma un vertice, dal quale partono tutte le vie del mondo” (E. Mounier, Che cos’è il personalismo?, Einaudi, 1948, pp.13-14). E’ illuminante la premessa di Mounier all’ edizione del 1948 , in cui precisa che  il personalismo “non sarà mai un sistema né una macchina politica“,  ma una  prospettiva per la soluzione dei problemi umani.  “Respingo pregiudizialmente ogni tentativo di utilizzare “il personalismo”  in favore dell’ignavia storica, in difesa delle forme di civiltà che la storia condanna. Respingo la tentazione, molto forte in alcuni, di chiamare “personalismo” la loro incapacità a sopportare una lunga disciplina di azione.   Mi auguro che queste pagine aiutino a pensare e a creare, e non a difendersi contro i richiami del mondo. La miglior sorte che possa toccare al personalismo è questa: che dopo aver risvegliato in un sufficiente numero di uomini  il senso totale dell’uomo, si confonda talmente con l’andamento quotidiano dei giorni da scomparire senza lasciar traccia”. cfr.o.c., pp. 9-10.
2.o.c., pp.99-100.
3. o.c. pp. 79 e 81-82.

giovedì 4 aprile 2019

Quaresima. Tempo di attesa.

Post di Rosario Grillo
Immagini del San Giovanni Battista nel deserto, del pittore olandese Geertgen tot Sint Jans (1460-1490).

Geertgen tot Sint Jans, 
San Giovanni Battista nel deserto, 
particolare
Una Chiesa in cammino.
Mi attrae, molto, il modo di comunicare di Papa Francesco: così semplice e diretto!
Nemmeno nei documenti ufficiali, e tra essi metto le encicliche, troviamo una argomentazione professorale, cattedratica... già questo lo distingue dalla forma ricercata, in gran parte teologale, del linguaggio, scritto e parlato, dei pontefici di prima, ancor di più dei pontefici di tempo fa.
È un controsenso: egli proviene dal mondo dei Gesuiti, che, come ordine, è riconosciuto amante della messa in scena (teatralità della Controriforma), fautore della tecnica intellettuale...fino all’estremo della “casistica.
Lo ritrovo invece vicino al modello tracciato da E. Mounier: “Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina ma nasca dalla carne(1). La conferma nella Chiesa di Bergoglio, da lui descritta come “ospedale da campo.

venerdì 28 dicembre 2018

Per una nuova rinascita sociale.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini dei dipinti di Giuliano Giuggioli, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). Il pittore è in mostra ad Albenga fino al 13 gennaio 2019, presso Palazzo Oddo: un ringraziamento particolare a Francesca Bogliolo - curatrice della mostra - che ci ha permesso di conoscere l'artista.

Giuliano Giuggioli, 
Dobbiamo proteggere i nostri sogni. Il sorvegliante
“L'azione politica, quale si concepisce oggi, è viziata nel suo più profondo modo d'essere. I suoi fini sono limitati: la conquista del potere e la conservazione o la riforma delle istituzioni. Ora l'azione politica di oggi è divenuta, quasi insensibilmente, totalitaria nelle sue esigenze” (E. Mounier. Rivoluzione personalista e comunitaria, Ed. Comunità, Milano 1955, pp. 343 s.).

Ottantasei anni fa, nell’ottobre 1932, il giovane Emmanuel Mounier pubblicava il primo numero di “Esprit”, rivista oggi ancora ben presente nel panorama europeo, che soprattutto nel secondo dopoguerra  fu punto di riferimento per molti cattolici italiani. Mounier è stato anche voce ispiratrice del Vaticano II ed ancor oggi, nella sua inattualità,  offre spunti  formidabili di riflessione in questo “tempo di privazione”.

sabato 21 aprile 2018

Creazione. La mano di Dio.

Post di Rosario Grillo 
Immagini delle opere di Auguste Rodin (1840-1917).

Auguste Rodin, 
La mano di Dio
“Si può partire dallo studio dell'universo oggettivo, e porre in luce come il modo personale di esistere sia la più alta manifestazione dell'esistenza, e come l'evoluzione della natura preumana converga nel momento creatore in cui sorge questa suprema realizzazione dell'universo. Si potrà dire che la realtà centrale dell'universo è un progredire verso la personalizzazione [...]” (v. Mounier, Le personnalisme, 1949, in Oeuvres, 1962, III; tr. it., p. 9).


La creazione può essere o il più semplice o il più difficile tema da spiegare.
La semplicità sta nella azione diffusa e comune del creare: il fabbro crea le forbici e mille altri oggetti metallici, anche la cuoca può attribuirsi la dote di creatrice dei suoi piatti succulenti.
La difficoltà riguarda lo spostamento dell’asse temporale verso un’origine più o meno a-temporale, fuori del tempo.
La prima specie, moltiplicata per il numero dei potenziali artigiani, è alla portata di tutti e va fatta rientrare nella virtù tecnica della produzione.
In ogni caso, l’etimologia della parola contempla il fare. Aggiungo la mia opinione, che invita a mettere in risalto la res (cosa) implicata e la relazione realtà-creato.

mercoledì 22 giugno 2016

Non basta la protesta per cambiare. George Bellows.


George Bellows, 
Dempsey and Firpo, 1924
In molte città italiane le recenti elezioni amministrative hanno visto il pullulare di una ridda di liste civiche che qualcuno felicemente ha definito “democrazia tribale” protesa a difendere ad oltranza il proprio orticello di interessi, spettanze, diritti. Ad altri (ai “politici”?!) l’onere del bonum commune...
E così mi è venuto in mente il “borghese” tratteggiato da Mounier: non uno specifico essere sociale ma un “essere metafisico”, categoria dello spirito che  non risparmia nessuno di noi, nessun gruppo sociale, nessuna parte politica. Questo “essere metafisico” è il prodotto di un liquido materialismo che fa rimpiangere  la dignità del materialismo storico che non condivido, ma che aveva il merito di dare significato al mondo e speranza ai disperati.

martedì 15 dicembre 2015

Briciole di filosofia. Sul concetto di persona, con Ottorino Stefanini.

Secondo Mounier...
Ottorino Stefanini, 
Cappelli di OttO,
Singolare collettivo, 
2013



«Ogni persona ha un significato tale da non poter essere sostituita nel posto che essa occupa nell'universo delle persone. Tale è la maestosa grandezza della persona che le conferisce la dignità di un universo; e tuttavia [tale è anche] la sua piccolezza, in quanto ogni persona è equivalente in questa dignità, e le persone sono più numerose delle stelle » (Il Personalismo, AVE, Roma 1964, p. 81).

Ottorino Stefanini, Human, Kites Men B
2011 (Uomini aquiloni)
La categoria della persona.
Mounier, pur rifiutando lo “spirito di sistema”, si è impegnato a fondare teoricamente la categoria della persona con tratti spesso sorprendenti e suggestivi, senza mai pretendere una rigorosa definizione. Se infatti la persona è storia in movimento, dinamica e non statica, non può essere compresa né compressa in una definizione esaustiva: essa emerge, sporge, non è inglobabile.
La relazione è strutturalmente costitutiva dell’essere della persona. 
La comunicazione è al centro dell’universo personale. Dire persona è dire relazione strutturalmente costitutiva del suo essere: è l’io che nasce dal confronto con il tu, dall’incontro con l’altro; è apertura, uscita da sé,  in un cammino di lenta, progressiva e graduale costruzione.

giovedì 5 novembre 2015

Emmanuel Mounier, il pensiero.


Emmanuel Mounier
La filosofia “personalista e comunitaria” di Mounier (1905-1950) non è un sistema speculativo né un movimento politico. E’ una filosofia (spesso guardata con supponenza  dagli accademici e vista con sospetto da certi ecclesiastici curiali), “provvisoria”, destinata ad essere superata nella misura in cui si realizzano le persone e la comunità.
Il Personalismo.
Anti-ideologica per vocazione, si oppone ad ogni  distorsione mistificatoria del pensiero in funzione di interessi particolari e intende smascherare il “disordine stabilito” ed ogni forma di potere  che minaccia la libertà delle persone. E’ “lotta per l’uomo”, “pensiero combattivo”, “progetto”, “engagement” (termine usato da Mounier molto prima di Sartre).


martedì 27 ottobre 2015

Maritain e Mounier.



Emmanuel Mounier 
(1905-1950)
Jacques Maritain
(1882-1973)


















Lascio alla letteratura specialistica la trattazione esaustiva del tema annunciato nel titolo.  Metto semplicemente in evidenza che sotto certi aspetti Maritain e Mounier sono molto vicini: entrambi cattolici dichiarati con fitta corrispondenza tra i due. Per altri versi invece differenti ed anche distanti: Maritain ripresenta il tomismo sotto forma ritenuta adatta ai tempi ed in una esplicita metafisica sistematica;   Mounier,  più giovane di 23 anni, apprezza il tomismo ma ne è fuori e, molto  più coinvolto nel dialogo con la cultura contemporanea, in particolare con l’esistenzialismo, rivolge  la sua filosofia “militante” all’impegno, “engagement”.

domenica 2 agosto 2015

Un pensiero mattutino, con E. Mounier e L. Spilliaert. Alla luce attraverso la notte.


La vicenda umana 
tra piccolezza e grandezza 
(Léon Spilliaert, 
Spiaggia con persone)
Il tempo spirituale è fatto di salti violenti, di crisi e di notti interrotte da rari istanti di pienezza e di pace. Assomiglia al tempo del poeta, che non a quello dell’ingegnere. 

venerdì 20 marzo 2015

Personalismo comunitario oggi. Emmanuel Mounier a 65 anni dalla morte.


“Che senso avrebbe tutto questo se la nostra piccola bambina non fosse che un pezzo di carne smarrita non si sa dove, un po’ di vita tormentata e non questa bianca piccola ostia che ci supera tutti, un’infinità di mistero e di amore che ci abbaglierebbe se la vedessimo a faccia a faccia, se ogni più duro colpo non fosse una nuova elevazione che ogni volta quando il nostro cuore comincia ad abituarsi, ad adattarsi al colpo precedente, è una nuova richiesta di amore. [...] Non dobbiamo pensare al dolore come a qualcosa che ci viene strappato, ma come a qualcosa che noi doniamo…”
(E. Mounier, Lettere sul dolore, uno sguardo sul mistero della sofferenza, Milano, Bur, 1995, pp.61-62).




Il personalismo comunitario oggi.
La notte del 22 marzo 1950 moriva improvvisamente Emmanuel Mounier. Il primo aprile avrebbe compiuto 45 anni. A 65 anni dalla morte (e 110 dalla nascita) che cosa ci può ancora insegnare questo filosofo non accademico, “debole in filosofia ma non nell’amore per essa”, questo cattolico militante suscitatore di vocazioni, spesso snobbato dagli ambienti accademici e visto con sospetto da certa gerarchia ecclesiastica e tuttavia persona che ha fortemente influito sulle generazioni e sulla cultura della seconda metà del 900? Che cosa ci può ancora comunicare il suo personalismo comunitario, che lui stesso esplicitamente proponeva non come sistema speculativo o, peggio, macchina politica, ma come filosofia militante “provvisoria”, destinata ad esaurirsi nella misura in cui si realizzassero le persone e la comunità?
Da allora gli scenari sono talmente mutati da rendere forse in parte inattuale la formulazione del suo personalismo, ma non certamente la sua attenzione e riflessione  sulla persona e sulla comunità che rimangono attualissime: “muore il personalismo, ritorna la persona”, scriveva P. Ricoeur tempo fa su Esprit.


L'incontro con Emmanuel Mounier.
Credo si possa continuare ad incontrare Mounier semplicemente ripercorrendo la sua avventura spirituale e culturale, condividendo la sua passione sociale e politica vissuta nell’urgenza dell’impegno concreto per i più deboli, riscoprendo la sua testimonianza cristiana e la sua vicenda umanissima di  padre che,  colpito  dalla malattia inguaribile di una figlia, si chiede quale senso abbia la sofferenza.


Sin dai primi numeri della rivista Esprit (da lui fondata nel 1932) esplicite sono le istanze fondanti:  collocarsi dalla parte dei “poveri”, nel cuore della miseria in tutte le sue forme;  rompere con il “disordine stabilito” che dietro un'apparenza di ordine e legalità democratica è in realtà ingiusto ed ineguale, disordine troppo esteso e troppo tenace per essere combattuto senza versare nulla, senza reclamare volti  nuovi, senza una revisione dei valori, senza  una  riorganizzazione della classe dirigente; affermare il primato della persona e dello spirituale, valori non solo cristiani, nella relazione con gli altri, nel costruire una comunità di persone; prendere congedo dalla “cristianità borghese” attraverso una permanente rivoluzione prima di tutto morale che chiarisca ai “fraterni avversari”, allora rappresentati da Nietzsche e Marx, che il cristianesimo è ben altro che  una caricatura borghese.


La rivista Esprit.
Attorno alla rivista Esprit ed alla sua proposta personalista e comunitaria Mounier riunì filosofi, teologi, sociologi, politici, artisti, uomini e donne, provocando forti riscontri culturali in Francia, Polonia, Italia (Dossetti, “gruppo del Gallo”, “Comunità” di Olivetti…), nel Concilio Vaticano II, nella visione filosofica di Giovanni Paolo II… Ostile ad  ogni manifestazione di clericalismo, Mounier non intese mai fare una filosofia specificamente cristiana, ma una filosofia sulla persona, comune a tutti, cristiani o no, pervasa di “ottimismo tragico", ma capace di indicare nuove strade di libertà e speranza.
Nel corso della sua vita  il cattolico Mounier si trova sovente più a suo agio nel mondo “laico”, anche tra gli atei, che non negli ambienti ”cristiani”, ivi compresi quelli di sinistra, quando troppo immersi in un’atmosfera di sacrestia che confonde sacro e profano. 



Al di là delle categorie politiche.
Quanto alle scelte politiche dei cattolici, scriveva nel 1949: “Ci sono cattolici di destra e cattolici di sinistra: è un fatto ed è un fatto opportuno. Ciò prova che il cattolicesimo supera tutte queste vicende politiche. Se si colpissero apertamente nella Chiesa i cattolici di destra, io domanderei per essi il diritto all’espressione”. “Non progressisti perché cristiani” ma neppure “reazionari perché cristiani.


La sofferenza innocente.
Diceva Mounier  che  “i bambini hanno il cielo nei loro occhi” e “niente assomiglia di più al Cristo dell’innocenza sofferente”: lui, toccato nel vivo della sua carne soprattutto dalla vicenda della primogenita Francoise, presto colpita da encefalite progressiva, destinata a vivere in una “misteriosa notte profonda dello spirito”, “piombata in un grande silenzio, con il suo bello sguardo aperto dal mattino alla sera su Dio sa qual mistero, senza un gesto, senza un sintomo di coscienza”; lui, convinto che dopo la notte della sofferenza viene la luce.


L'assunzione responsabile del proprio tempo. 
Mounier ha vissuto fino in fondo la propria avventura terrena: ha amato, ha scelto la povertà, ha saldato in modo esemplare vita pubblica e privata (emblematiche le lettere alla moglie Paulette Leclercq), ha conosciuto il dolore, suo e degli altri. La sua vita è stata tutta un atto di presenza agli uomini ed agli avvenimenti del suo tempo. Il coraggio della resistenza politica (la prigione  sotto Vichy!), i digiuni quando erano cosa seria e non moda festaiola e spettacolare, la sua proverbiale timidezza unita a tensione morale che mai si piegava a compromessi o scoraggiamenti o tradimenti, la sua generosità e disinteresse, il suo amore per tutti a cominciare dai nemici, la passione per una comunità fatta di persone, l’impegno vissuto come virtù della durata, la fortezza e la carità come “virtù di fuoco”: ecco i suoi tratti esemplari.


Rimane come motivo dominante la sua testimonianza di autentica cittadinanza e di presenza cristiana “nel mondo ma non del mondo”, capace di comporre - così anni fa scriveva A. Rigobello - “audacia e pazienza, mistica e politica, generosità e raccoglimento, carità e fortezza, stupore e fedeltà non solo sul piano dei concetti ma nel concreto del vivere”.