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Visualizzazione post con etichetta Claude Monet. Mostra tutti i post
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martedì 22 maggio 2018

Inno alla primavera.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagine del dipinto di Claude Monet, Tempo di primavera. 

Primavera non bussa, lei entra sicura, 
come il fumo lei penetra in ogni  fessura. 
Ha le labbra di carne, i capelli di grano
che paura, che voglia che ti prenda per mano, 
che paura, che voglia che ti porti lontano
 (Fabrizio De André, Un chimico).

Claude Monet. Tempo di primavera, 1872.

“Tu cosa fai veramente?”.
L’eremita rispose:
“Vivo qui”.
Vivere qui è una chiamata, l’opera di una vita,
ma anche la cosa più basilare che si possa immaginare.
Prima di ogni altra cosa noi viviamo sulla terra;
viviamo nell’ambiente che ci attornia.
(E. Theokritoff, Abitare la terra).

La natura ogni anno, ogni primavera, si risveglia umile e silenziosa. Si ripresenta nella sua veste più delicata: splendore di gemme, di fiori, di intensi colori. Vorremmo trattenerla questa stagione in cui tutto rinasce e germoglia, vorremmo fermarla, rimanere in questo incanto. Ma è come un battito d’ali.

martedì 27 dicembre 2016

Regalo di Natale. Primo Levi.

🖊 Post di Rossana Rolando.
🎨 Le immagini riproducono il dipinto di Claude Monet, La gazza (al termine del racconto di Primo Levi si capirà il collegamento con l'uccello che generalmente viene associato al ladrocinio: la gazza ladra).


Claude Monet, 
La gazza, particolare
L’ultimo Natale di guerra, il racconto autobiografico scritto da Primo Levi nel 1984, ricorda il 25 dicembre del 1944.
Le voci sull’andamento bellico hanno raggiunto anche il Lager: si sa ormai che si avvicina la fine della guerra. La convinzione che sia “l’ultimo Natale di guerra e di prigionia” - come effettivamente sarà - conferisce al vissuto la forza delle esperienze che si imprimono nella memoria all’atto del congedo: non un Natale tra gli altri, ma l’ultimo.
In questo brano (1), che è solo una parte dell’intera narrazione, sono riconoscibili i temi sviluppati da Primo Levi anche in altre opere (penso soprattutto a I sommersi e i salvati): l’istinto della sopravvivenza e il progressivo sfinimento, la condizione di Muselmänner, i sommersi, sottouomini deprivati di tutto, ormai incapaci di pensieri ed emozioni, la zona grigia di ambiguità che - in cambio di qualche misero vantaggio - porta i prigionieri a farsi complici dei nazisti e rende indistinto il confine tra le vittime e i carnefici.
Claude Monet, 
La gazza, particolare
Ma insieme vi ritroviamo i contrassegni del Natale. Senza alcuna ombra di retorica solidaristica, anzi nell’assoluto dominio di quella logica disumanizzante che, all’interno del Lager, divide dagli altri e spinge a salvare esclusivamente se stessi, i due protagonisti si trovano, loro malgrado, a dover “condividere” tra loro (per convenienza) e con altri (contro la propria volontà) un dono. Sembra che Primo Levi, con il suo stile asciutto, velatamente ironico, capace di levità nonostante la memoria del dolore,  abbia voluto introdurre una sorta di eterogenesi dei fini, facendo balenare nel luogo più lontano da Dio – nel buio della negazione e dell’assenza di Dio – il germe di una logica altra (del dono e della condivisione) che si realizza a dispetto di ogni azione intenzionale.


🔴🔴 Primo Levi, L'ultimo Natale di guerra 🔴🔴
  

Claude Monet, 
La gazza, particolare
...Fu un Natale memorabile per il mondo in guerra; memorabile anche per me, perché fu segnato da un miracolo. Ad Auschwitz, le varie categorie di prigionieri (politici, criminali comuni, asociali, omosessuali ecc…) potevano ricevere pacchi dono da casa, ma gli ebrei no […].
Eppure un pacco arrivò fino a me, mandato da mia sorella e da mia madre nascoste in Italia, attraverso una catena di amici […]. Il pacco conteneva cioccolato autarchico, biscotti e latte in polvere…