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Visualizzazione post con etichetta Hannah Arendt. Mostra tutti i post
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domenica 5 novembre 2023

Della clemenza.

Post di Rosario Grillo.

Artemisia Gentileschi, Allegoria dell'inclinazione, 1615
Eppure la clemenza non è il perdono. E che cos’è allora? Qual è la sua condizione stereotipica, quali ne sono i motivi e l’utilità? Chi esercita o dovrebbe esercitare la clemenza, il giudice buono, il padre indulgente, il sovrano misericordioso, il politico populista? In effetti la clemenza è la disposizione benevola del capo sovrano verso l’inferiore; è virtù esterna, pubblica, non privata e interna come lo sono bontà e umiltà. È virtù dei potenti verso i soggetti, è azione di un superiore sociale verso un inferiore, talora richiesta alla giustizia, che con la grazia risparmia la vita o anni di pena. Si applica a contesti di giurisprudenza e di politica, esprime la mitigazione della retribuzione (Clemenza in Doppiozero).
 
💥 PREMESSA
Passando lo sguardo sulla postura della società attuale vien fuori la rigidità di una pretesa morale ispirata alla rettitudine bacchettona. Su di essa è seduta la disposizione comune a considerarsi portatori di verità incontrovertibili, con la refrattarietà ad assumere apertura al dissenso e proposito di dialogo.
A mio parere, non è solo un effetto del piglio “polemico e ciarliero” del mondo da social media; è soprattutto invece effetto scaturito da un input impresso dall’alto, da quanti subdolamente applicano il precetto latino: divide et impera.
La gamma di questa postura, del resto, ha molteplici variazioni e sembianze, tutte convergenti però nel rinsaldare un fondamentalismo culturale di base (1).

lunedì 16 ottobre 2023

Ricoeur legge Hannah Arendt.

Post di Rosario Grillo.

Hannah Arendt, 1944 (Archive/Archive Photos/Getty Images).
In un libercolo (1) P. Ricoeur compie un franco riconoscimento dell’impianto arendtiano, muovendo in direzione della cura della democrazia malata. La sua analisi mette a fuoco gli assi centrali del fare politica.
 
💥Innanzitutto quando si richiama il pensiero di H. Arendt, ci si sofferma quasi sempre sulla sua opera principale (Le origini del totalitarismo), dimenticando il piano organico dei suoi scritti. (2) Ci si priva, per questo, del sostrato teorico della sua Weltanshauung.
Bisogna passare almeno alla Vita activa e al corredo delle opere minori, che tanto minori non sono, in quanto fungono da indispensabili tasselli di completamento del quadro teorico arendtiano, capace di ispirare un umanesimo in guarigione dalla ferita del totalitarismo.
Quest’ultimo, per giunta, non è fenomeno-fungo, improvviso; è piuttosto l’ultima stazione di un processo di degenerazione politica.
Dev’essere ben chiaro, per prima cosa, che, anche quando il discorso diventa teorico e metastorico, la fenomenologia politica, praticata dalla Arendt, scorre sempre dentro un letto di fiume concreto e chiama in causa la “ vita activa”, un tessuto confezionato con ben tre fattori della condizione umana: animal laborans, homo faber, zoon politikon (lavoro, opera, politica). La politica - se ne evince - è agire.

domenica 6 marzo 2022

Figure del nemico.

Post di Rossana Rolando
Immagini dei dipinti del pittore ucraino Kyriak Kostandi (1852-1921).

Kyriac Kostandi, Fuori nel mondo, 1885
Sentiamo che molto ci sfugge. Ci lambisce continuamente il sentimento profondo dell’insensatezza di questa guerra. Assurdi i combattimenti, assurdi i morti tra i quali molti bambini, assurdo lo sventolio della possibile deflagrazione nucleare della guerra. Eppure la storia insegna che l’insensatezza non è mai tale per chi la vive e la interpreta: tutto risponde ad una logica, magari semplificata e perversa, ma pur sempre ad una logica. Specialmente nei regimi.
 
Abbiamo letto nei giorni scorsi, dall’inizio di questa guerra della Russia di Putin contro l’Ucraina, numerose analisi storiche e politiche; abbiamo ascoltato molte voci soprattutto per cercare di capire – che non vuol dire affatto giustificare – le motivazioni che hanno mosso Putin verso un passo così atroce, rispetto al quale si è alzata netta, forte e unita la condanna dei paesi europei e di molti altri nel mondo.
 
Le ragioni dell’Ucraina non hanno bisogno di essere cercate, sono lì evidenti: una nazione indipendente che viene aggredita, violata nel suo territorio, nelle sue città, nelle sue strade e nei suoi palazzi, massacrata nella carne della sua gente, ridotta alla fame, costretta a fuggire. Un paese che resiste orgogliosamente con le famiglie che si spezzano e con gli uomini che rimangono a combattere, un popolo niente affatto indebolito dalla consuetudine alla libertà, fiero, pronto a morire per riguadagnare la propria sovranità.

venerdì 21 agosto 2020

Continuare a nascere. Maria Zambrano.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Stefano Mancuso (qui il sito instagram).

Vivere umanamente è un'azione, 
e non un semplice lasciarsi andare nella vita 
e attraverso di essa 
(Maria Zambrano, Il sogno creatore).

Stefano Mancuso, 
La grazia
Ritorno su Maria Zambrano, la filosofa spagnola che attraversa il Novecento (1904 – 1991) e vive per 45 anni esule, dopo la guerra civile spagnola, a causa della sua opposizione al regime franchista. Una figura già per questo tratto biografico interessante, vicina da tale punto di vista - ma non solo - ad un’altra grande donna filosofa molte volte ripresa in questo blog che è Hannah Arendt. In particolare mi soffermo su un aspetto che rende affascinante la figura di Zambrano, vale a dire l’uso dell’immagine poetica.
La filosofia, già nel mondo greco, intende marcare le distanze dalla rappresentazione lirica. Il filosofo, infatti, cerca “ciò che è atemporale”, il poeta insegue “ciò che si intesse e si disfa nel tempo”¹. Così pensa Platone. Eppure, la poesia non abbandona mai Platone (l’uso dei simboli, delle immagini e dei miti e soprattutto la teorizzazione dell’amore che impregnerà di sé la poesia occidentale) ed egli finisce col salvarla ponendola al servizio della verità filosofica.²

domenica 19 luglio 2020

Storia di un amore. Martin Heidegger e Hannah Arendt.

Post di Rossana Rolando
Vignette di Emiliano Bruzzone (qui il sito) e disegni di Franz Kafka.

Emiliano Bruzzone, 
Martin Heidegger

L’amore tra Martin Heidegger ed Hannah Arendt ha inizio nel 1924, anno in cui ella frequenta le sue lezioni a Marburgo. La Arendt è una giovane tedesca ebrea, di 18 anni, una personalità intensa e brillante, molto bella. Heidegger ha 35 anni, è sposato con Elfride e padre di due figli. La sua carriera universitaria è iniziata come assistente di Edmund Husserl a Friburgo (1919) - città nella quale ha conosciuto anche Karl Jaspers, avviando con lui una  sofferta amicizia - per poi continuare a Marburgo (1923) e, in un secondo momento (1928), ritornare a Friburgo, come successore di Husserl.¹

Scrive Martin Heidegger a Hannah Arendt: 
“L’irrompere della presenza dell’altro nella nostra vita è qualcosa che nessun sentimento riesce a dominare” (1925).²
“Io non potrò mai averLa per me, ma Lei apparterrà d’ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa” (1925).³

domenica 5 luglio 2020

Socrate e l'invenzione della coscienza.

Post di Rossana Rolando

Walter Crane (1845-1915), 
Socrate decide di bere la cicuta
Maschere e volti.
Tra i “materiali” che hanno dato l’incipit agli esami di stato 2020 torna alla mia mente questa citazione molto nota e particolarmente suggestiva di Luigi Pirandello: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”.  
Il significato è presto intuibile. La maschera rimanda all’esteriorità, il volto richiama l’interiorità, quale identità autentica che solo pochi sanno preservare, conciliando l’apparire con l’essere.
Tuttavia, ciò che è immediatamente ovvio si complica non appena si pretenda di scavare un poco oltre la superficie.
Infatti, che cosa significa essere autentici? E ancora, chi afferma di voler essere se stesso/a che cosa intende veramente? E infine, quando si è se stessi?
Il rischio di identificare l’autenticità con l’immediata e impudica spontaneità che mette in piazza ed esteriorizza tutto, senza maschere e mediazioni, è fin troppo evidente.

domenica 7 luglio 2019

La persona e l’io profondo per Hannah Arendt.

Post di Rossana Rolando.

Hannah Arendt (1906-1975), 
Premio Sonning 1975
«Lasciate che vi rammenti l’origine etimologica della parola “persona”, che deriva dal latino persona e rimane pressoché immutata in tutte le lingue europee… Persona definiva originariamente la maschera che ricopriva il volto “personale” dell’attore e serviva a indicare agli spettatori quale fosse il suo ruolo nel dramma. Nella maschera, imposta dal dramma, c’era però una vasta apertura, più o meno all’altezza della bocca, attraverso cui la voce dell’attore poteva passare e risuonare, nella sua nuda individualità. Ed è proprio da questo “risuonare attraverso” che deriva il termine persona: il verbo per-sonare, “risuonare attraverso” è quello dal quale deriva infatti il sostantivo persona, “maschera” […] I romani furono i primi a usare il termine in un senso metaforico: nel diritto romano persona indicava chiunque fosse in possesso di diritti civili, a differenza del semplice homo» usato per designare chi non godeva di protezione giuridica  (Hannah Arendt, Responsabilità e giudizio)¹.

Questo passo è ricavato dalla prolusione tenuta da  Hannah Arendt, nel 1975, a Copenaghen, in occasione del premio Sonning (vedi qui), conferitole per il contributo dato alla cultura europea. Il discorso, oggi pubblicato come prologo a Responsabilità e giudizio, diventa l’occasione per riflettere sul rapporto tra la persona – maschera, ruolo – e l’io profondo.

martedì 28 maggio 2019

Insegnare è un atto politico.

Post di Rossana Rolando. 
Immagini delle illustrazioni di Angelo Ruta (qui il sito) per gentile autorizzazione.

Angelo Ruta, 
Il suono del pensiero
La vicenda dell’insegnante Rosa Maria Dell’Aria (rientrata a scuola ieri 27 maggio, dopo la sospensione di 15 giorni)  ha suscitato molte discussioni, adesioni, distanze. Basta aprire su youtube il video “incriminato” (qui sotto riportato) – quello preparato dagli alunni della II E dell’Istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, in cui si costruisce un parallelo tra le leggi razziali del 1938 e l’odierno Decreto sicurezza - per capire la varietà delle reazioni, espresse in commenti di diverso segno, in alcuni casi con un linguaggio violento, come purtroppo accade troppo spesso in rete.
Non entro nel merito del lavoro svolto, degli accostamenti operati dai ragazzi, della loro libera ricerca condotta senza preventive censure.
Mi soffermo invece su un’affermazione che ritorna spesso nei commenti al video e che si può sintetizzare negli slogan: “fuori la politica dalla scuola”, “[I professori] devono insegnare e basta”, “la scuola non deve essere di parte”, “La scuola deve fare la scuola e la politica deve essere fatta nelle sedi giuste”…

martedì 11 settembre 2018

Pensare da sé, Hannah Arendt.

Post di Rossana Rolando.

Hannah Arendt, 
Alcune questioni di filosofia morale
🌟 La tesi di fondo. Si può aderire a idee, sentimenti, comportamenti esecrabili non perché si è più “malvagi” o “criminali” di altri uomini, ma perché si è rinunciato a pensare e, con ciò, ad essere veramente “persone”. Questa tesi di Hannah Arendt ha una validità che va ben al di là del contesto storico nel quale è stata formulata (con particolare riferimento alla figura di Eichmann e di altri gerarchi nazisti) per estendere la sua verità ad ogni tempo e ad ogni luogo. In particolare, oggi, il modo in cui scaltri manipolatori orientano l’opinione pubblica, attraverso i social media, facendo appello ai più bassi istinti di ciascuno ed ottenendo larghissimo consenso, può portare a drammatiche conseguenze sul piano etico e politico (per la perdita del senso alto della politica intesa come ricerca del bene comune).

giovedì 10 agosto 2017

Laudatio di H. Arendt a K. Jaspers.

🖋 Post di Rosario Grillo
🎨 Per un'immagine artistica di Hannah Arendt, particolarmente significativa, rimandiamo a  questa pagina (non avendo potuto contattare Gloria Argelés, che ne è l'autrice, ed essere così autorizzati alla pubblicazione su questo blog).


Tetradramma ateniese 
del V° secolo a. C, 
con la civetta di Minerva, simbolo della filosofia
La potenza di uno scrigno sta nella capacità di racchiudere tesori in poco spazio.
Una qualità che ho ritrovato nell'opera Verità e Umanità, da me già recensita nella parte relativa al contributo di Jaspers (qui il link).
Una ricca messe di motivi mi sollecita a scriverne ancora, in particolare riferendo i temi contenuti nella Laudatio di Hannah Arendt.
Lo spessore è confermato dalla virtù intrinseca della “reductio ad unum: il motivo conduttore, qualificante ed eternamente valido: Humanitas.
La Arendt insiste su un concetto: portare a chiarezza.
In questa “intentio riconosce la pregnanza della filosofia di Jaspers. Direi di più: della sua filosofia dell'esistenza.
Libro contenente i due discorsi 
(di Arendt e Jaspers)
A Jaspers quindi riconosce la patente di continuatore autentico di Kant, laddove di quest’ultimo è proprio il magistero universale (non contingentemente legato ad un frangente storico culturale) della Aufklarung.
In questo registro viene evidenziata la comunanza  di filosofo e politico: entrambi votati a mettere in pubblico la propria persona (persona: cifra dell'esistenza).
Con la differenza che il politico ha un raggio circoscritto, mentre il filosofo agisce su un orizzonte autenticamente universale.
Tale proprietà, attribuita a Jaspers, è comprovata da episodi concreti, storici, del suo filosofare.
“Ciò che sempre resiste alla chiarezza, che nella sua luce non si dissolve in nebbia, appartiene alla humanitas, e assumere la responsabilità per ogni pensiero nei confronti dell'umanità significa vivere in questa chiarezza e in essa mettere alla prova se stessi e tutto ciò che si pensa” (p. 64).
Sfiora il panegirico l’intervento dell’allieva/amica di Jaspers.

venerdì 28 luglio 2017

K. Jaspers, H. Arendt, Verità e umanità.

🖋 Post di Rosario Grillo

Il libro.
🔶Un libro  di poche pagine e con la vocazione ad essere vademecum.
Non nell’accezione di passepartout enciclopedico alle 1000 e più questioni che si profilano durante i giorni.
Nella funzione, invece, di Viatico.
Di memento opportuno delle nostre radici civiche fondamentali, osservate le quali, risultano orientati i nostri passi ad un benefico consorzio umano.
“Quando i contrasti tra i partiti trascinano da legami di solidarietà ad un processo auto distruttivo, lo Stato libero diventa una quinta che un domani può essere rovesciata assieme a tutti i suoi politici e i suoi partiti. La democrazia, esclusivamente formale, genera il totalitarismo, cosicché a ragione Hitler poté dire trionfante: 'l’ho battuta con la sua stessa follia' ” (p. 39).
🔶Un premio.  L'occasione del discorso di Jaspers coincide con il “premio per la pace” assegnatogli nel 1958 dai Librai tedeschi.
Ne parla in tono kantiano sul filo di “Per la pace perpetua”.
Sia in quanto continuatore dello spirito critico-razionale di Kant, sia per accettazione dell'etichetta repubblicana.
“Kant disse che soltanto gli Stati dotati di ‘forma di governo repubblicana’ possono stipulare la pace” (pp. 37-38).
Dove il governo repubblicano non rispecchia una specifica formula costituzionale. Vuole significare piuttosto la condivisione comune, la partecipazione democratica.