Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Anna Paolini (qui il sito).
Ma anche: il gesto può supplire l’impossibilità della parola.
Quando il linguaggio giunge al luogo della incomunicabilità, sfera dell’ineffabile, cifra della testimonianza, il gesto viene incontro ed è come stare sulla soglia.
Giorgio Agamben parla così della testimonianza, fuori della parola o senza parola. Indica il testimone come colui che frequenta il nulla, soglia tra l’essere e l’inesprimibile. “E tuttavia il testimone non dispone per la verità di un altro luogo, di un’altra possibile via d’accesso che non sia il linguaggio. Egli crede nelle parole, malgrado la loro fragilità, resta fino all’ultimo filologo, amante della parola. Ma della parola non come asserzione: come gesto” (1).
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La stessa vibrazione dentro la filologia, da cui non una tonalità di ottimismo facile bensì un senso tragico, è stata di recente indagata ed illustrata da Massimo Cacciari nell’opera La mente inquieta.
Ivi, difendendo lo spessore filosofico dell’Umanesimo, il filosofo veneziano sfoglia le sfaccettature problematiche: non esclusivamente per linea positiva, molto spesso per via negativa. (2) (3)
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