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Visualizzazione post con etichetta Maria Zambrano. Mostra tutti i post
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venerdì 12 marzo 2021

La soglia "oltre".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Anna Paolini (qui il sito).
 
Anna Paolini, L'attesa
Nel gesto si può dare comunicazione senza parola: ed è la mimica.
Ma anche: il gesto può supplire l’impossibilità della parola.
Quando il linguaggio giunge al luogo della incomunicabilità, sfera dell’ineffabile, cifra della testimonianza, il gesto viene incontro ed è come stare sulla soglia.
Giorgio Agamben parla così della testimonianza, fuori della parola o senza parola. Indica il testimone come colui che frequenta il nulla, soglia tra l’essere e l’inesprimibile. “E tuttavia il testimone non dispone per la verità di un altro luogo, di un’altra possibile via d’accesso che non sia il linguaggio. Egli crede nelle parole, malgrado la loro fragilità, resta fino all’ultimo filologo, amante della parola. Ma della parola non come asserzione: come gesto” (1).

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La stessa vibrazione dentro la filologia, da cui non una tonalità di ottimismo facile bensì un senso tragico, è stata di recente indagata ed illustrata da Massimo Cacciari nell’opera La mente inquieta.
Ivi, difendendo lo spessore filosofico dell’Umanesimo, il filosofo veneziano sfoglia le sfaccettature problematiche: non esclusivamente per linea positiva, molto spesso per via negativa. (2) (3)

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venerdì 21 agosto 2020

Continuare a nascere. Maria Zambrano.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Stefano Mancuso (qui il sito instagram).

Vivere umanamente è un'azione, 
e non un semplice lasciarsi andare nella vita 
e attraverso di essa 
(Maria Zambrano, Il sogno creatore).

Stefano Mancuso, 
La grazia
Ritorno su Maria Zambrano, la filosofa spagnola che attraversa il Novecento (1904 – 1991) e vive per 45 anni esule, dopo la guerra civile spagnola, a causa della sua opposizione al regime franchista. Una figura già per questo tratto biografico interessante, vicina da tale punto di vista - ma non solo - ad un’altra grande donna filosofa molte volte ripresa in questo blog che è Hannah Arendt. In particolare mi soffermo su un aspetto che rende affascinante la figura di Zambrano, vale a dire l’uso dell’immagine poetica.
La filosofia, già nel mondo greco, intende marcare le distanze dalla rappresentazione lirica. Il filosofo, infatti, cerca “ciò che è atemporale”, il poeta insegue “ciò che si intesse e si disfa nel tempo”¹. Così pensa Platone. Eppure, la poesia non abbandona mai Platone (l’uso dei simboli, delle immagini e dei miti e soprattutto la teorizzazione dell’amore che impregnerà di sé la poesia occidentale) ed egli finisce col salvarla ponendola al servizio della verità filosofica.²

giovedì 6 agosto 2020

Il pagliaccio e la filosofia.

Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere dell'artista Paolo Ventura (qui il sito)¹.

Paolo Ventura, Pagliacci 
(vedi nota 1).
In uno spot del canale Treccani viene presentata la situazione di un consiglio d’azienda presso il quale sopraggiunge un personaggio vestito da pagliaccio. Quand’egli comincia a parlare il suo linguaggio è così forbito da suscitare stupore ammirato nel direttore. Contemporaneamente il suo volto perde a poco a poco le sembianze del pagliaccio per assumere i tratti di un giovane uomo serio, affidabile ed autorevole. Lo spot gioca su un comune modo di interloquire, quando per esempio si dice “il tale è proprio un pagliaccio” e vuole indicare l’importanza della parola nel rapporto con gli altri e nella considerazione di chi ci ascolta.  Di primo acchito il video risulta molto efficace.
Un momento dopo però, non appena si comincia a riflettere, vien da pensare alla figura del pagliaccio nell’arte rappresentativa (pittura, scultura), nella musica, nel cinema, nella letteratura…, all’importanza attribuita alla clownterapia negli ospedali per l’infanzia… ed ecco che spunta la perplessità sull’uso della figura clownesca, come semplice richiamo dispregiativo ad una persona poco seria e per nulla credibile.