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Visualizzazione post con etichetta Giorgio Agamben. Mostra tutti i post
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domenica 5 novembre 2023

Della clemenza.

Post di Rosario Grillo.

Artemisia Gentileschi, Allegoria dell'inclinazione, 1615
Eppure la clemenza non è il perdono. E che cos’è allora? Qual è la sua condizione stereotipica, quali ne sono i motivi e l’utilità? Chi esercita o dovrebbe esercitare la clemenza, il giudice buono, il padre indulgente, il sovrano misericordioso, il politico populista? In effetti la clemenza è la disposizione benevola del capo sovrano verso l’inferiore; è virtù esterna, pubblica, non privata e interna come lo sono bontà e umiltà. È virtù dei potenti verso i soggetti, è azione di un superiore sociale verso un inferiore, talora richiesta alla giustizia, che con la grazia risparmia la vita o anni di pena. Si applica a contesti di giurisprudenza e di politica, esprime la mitigazione della retribuzione (Clemenza in Doppiozero).
 
💥 PREMESSA
Passando lo sguardo sulla postura della società attuale vien fuori la rigidità di una pretesa morale ispirata alla rettitudine bacchettona. Su di essa è seduta la disposizione comune a considerarsi portatori di verità incontrovertibili, con la refrattarietà ad assumere apertura al dissenso e proposito di dialogo.
A mio parere, non è solo un effetto del piglio “polemico e ciarliero” del mondo da social media; è soprattutto invece effetto scaturito da un input impresso dall’alto, da quanti subdolamente applicano il precetto latino: divide et impera.
La gamma di questa postura, del resto, ha molteplici variazioni e sembianze, tutte convergenti però nel rinsaldare un fondamentalismo culturale di base (1).

lunedì 6 settembre 2021

Il corpo. Riflessioni e polemiche.

Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di Ernst Ludwig Kirchner, pittore tedesco (1880-1938).
 
Kirchner, Ragazze che ballano in raggi i colore
Del corpo ci accorgiamo quando comincia a dar segno di disfunzione…
Questo l’approccio di un intrigante e ricco dialogo pubblicato di recente su La lettura.
Alzando lo sguardo, poi, sopra il metro delle nostre quotidianità, centrandolo sugli argomenti della filosofia, ci vengono incontro diversi momenti, continue occasioni di riflessione sul tema del “corpo”, non usciti esclusivamente dalla opzionalità tra spiritualismo e materialismo. Sempre più, del resto, in filosofia si argomenta l’inseparabilità tra corpo ed anima.
Così come nel corpo si distinguono gradualità sezioni e modalità in buon numero, nell’anima albergano livelli e protuberanze. C’è dunque una “regione di contatto”.
A confermare il mio giudizio cito la frase-manifesto di Merlau-Ponty: “io sono il mio corpo”.
Mauro Covacich e Alessandra Sarchi, entrambi menomati nel fisico dopo onorata attività fisica (maratoneta il primo, danzatrice la seconda) testimoniano un ritrovato equilibrio, una sorprendente ed insospettabile adattabilità del corpo.
“Essere un corpo, appunto, non disporne come di un attrezzo, è una cosa che sto imparando negli ultimi tempi, grazie agli acciacchi. Ho sempre corso per stare male, per non darmi tregua, ora una varietà di piccoli malanni mi sta guarendo.” (M.Covacich). Si ricava qui il senso della piena compenetrazione.

venerdì 12 marzo 2021

La soglia "oltre".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Anna Paolini (qui il sito).
 
Anna Paolini, L'attesa
Nel gesto si può dare comunicazione senza parola: ed è la mimica.
Ma anche: il gesto può supplire l’impossibilità della parola.
Quando il linguaggio giunge al luogo della incomunicabilità, sfera dell’ineffabile, cifra della testimonianza, il gesto viene incontro ed è come stare sulla soglia.
Giorgio Agamben parla così della testimonianza, fuori della parola o senza parola. Indica il testimone come colui che frequenta il nulla, soglia tra l’essere e l’inesprimibile. “E tuttavia il testimone non dispone per la verità di un altro luogo, di un’altra possibile via d’accesso che non sia il linguaggio. Egli crede nelle parole, malgrado la loro fragilità, resta fino all’ultimo filologo, amante della parola. Ma della parola non come asserzione: come gesto” (1).

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La stessa vibrazione dentro la filologia, da cui non una tonalità di ottimismo facile bensì un senso tragico, è stata di recente indagata ed illustrata da Massimo Cacciari nell’opera La mente inquieta.
Ivi, difendendo lo spessore filosofico dell’Umanesimo, il filosofo veneziano sfoglia le sfaccettature problematiche: non esclusivamente per linea positiva, molto spesso per via negativa. (2) (3)

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sabato 20 febbraio 2021

Memoria - Testimonianza.

Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti di Ciro D'Alessio (qui il sito).
 
Ciro D'Alessio, Cos'è il tempo?
Il 27 gennaio abbiamo ricordato la Shoah: memoria del crimine, per antonomasia, contro l’Umanità.
Si fa intervenire la memoria per tenere lontana la passione politica che divide.
La memoria, la vera memoria, la memoria correttamente intesa, unisce nel ricordo, crea il momento universale di pacificazione, nell’impegno a respingere la ricaduta nella barbarie.
 
✴️ La memoria.
In diverse occasioni, con Rossana e Gian Maria, siamo tornati a questo tema. Per sondarne la natura, per calibrarne le funzioni, per vagliare le proprietà imbevute di filosofia, teologia, letteratura, fisiologia.

domenica 2 febbraio 2020

Bellezza, paesaggio, giustizia.

Post di Rosario Grillo.

“Oggi viviamo nell’illusione di essere liberi, ma non lo siamo affatto: vediamo infatti come la comunicazione, che si presenta come libertà, si rovescia in controllo. Comunicazione e trasparenza producono anche una costrizione al conformismo: oggi crediamo di non essere soggetti sottomessi ma liberi, crediamo di essere un progetto che si delinea in maniera sempre nuova, che si reinventa e si ottimizza”  (Byung-Chul Han, Elogio della distanza, Doppiozero).

Byung-Chul Han, 
La salvezza del bello
Se leghiamo la morale all’estetica, in qualche modo, introduciamo un quantum di oggettività nella soggettività.
Assumo l’ardire di questo enunciato supponendo il facile e comune prospetto soggettivo del bello, in quanto piace. Memore, però, del principio kantiano: “il bello è ciò che piace universalmente senza concetto”, debbo preoccuparmi di chiarire se e  in quale rapporto va riconosciuta universalità al bello, allontanando dalla volgare identità del bello con ciò che piace.
Nella società odierna c’è parecchia indulgenza verso il compiacimento e, sia pure prescindendo dalla discussa tesi sulla “morte dell’arte”, che deputerebbe in favore della non-arte, metto in rilievo, guidato da Byung Chul Han, la condiscendenza che il gusto attuale del bello ha verso la maneggevolezza, la levigatezza, il tatto, il touch. (1)
Lo scopo non può non essere la “captatio” del bisogno di consumo indotto da un mercato onnivoro. C’è di mezzo un totale cedimento al libero arbitrio.
Di questo si tratta, non di autentica libertà, anche se Byung parla di “libertà decaduta in conformismo” (2).
Nell’intervista presa in esame, la necessità propugnata della distanza  è un modo per rilevare una compenetrazione tra soggetto ed oggetto e una contemperanza di soggettivo ed oggettivo.
La società del benessere (3) scarta la negatività: un ricettacolo per creare distanza, una frattura che divide dall’abbraccio, visto che il motto dell’attuale arte, a leggere Byung, sarebbe “abbracciare l’osservatore”.  (4)

domenica 8 dicembre 2019

Verità e bellezza. L'ideale di una duplice salvazione.

Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere di Jean-Baptiste-Siméon Chardin.

Jean-Baptiste-Siméon Chardin, 
I contrassegni dell'arte
La conclusione dell’Ode sopra un’urna greca di John Keats concilia il mondo della conoscenza (la verità) con la sfera estetica (la bellezza), nella convinzione che l’arte sia in grado di introdurre nel mondo vero, al di là dell’immediato e del contingente. La verità, sottratta allo sguardo superficiale, si rivela nell’opera d’arte, uscendo dal suo nascondimento:
“«Bellezza è Verità»,
«Verità è Bellezza». Questo a voi,
sopra la terra, di sapere è dato:
questo, non altro, a voi, sopra la terra,
è bastante sapere.”
Lo stesso legame si ritrova nella celebre poesia di Emily Dickinson, laddove bellezza e verità costituiscono i due lati della stessa realtà (“loro sono una cosa sola”), due volti dell’unico ideale per cui val la pena vivere e morire (“Morii per la bellezza – ma non m’ero ancora abituata alla mia tomba quando un altro, morto per la verità – fu adagiato nel sepolcro vicino”).
La suggestione dei versi lascia intatti molti interrogativi.

martedì 12 novembre 2019

Il sacramento del linguaggio, Agamben.

Post di Rosario Grillo

✱ PREFAZIONE.
Giorgio Agamben, 
Il sacramento del linguaggio
Voglio esternare il mio stupore, tutto pieno delle sensazioni intrinseche, davanti ad un testo che, sulle prime sembrava respingermi per la sua ostentata cadenza filologica... e che poi è diventato una rivelazione pagina dopo pagina, con connessa esplicazione di molti “arcani”.
In definitiva prezioso wunderkammer in miniatura.

✱ LINGUAGGIO E GIURAMENTO.
Con una complessa argomentazione “sulla punta di fioretto” Agamben mette a punto il senso che va riconosciuto alla “componente religiosa” del giuramento.
La ricchezza dei rimandi (alle radici indoeuropee, alla civiltà greca da Omero al periodo ellenistico, al diritto romano innestato nella celebrazione dell’imperatore, pontifex maximus, a studi etnografici) non oscura la centralità della tesi principale: la natura religiosa del giuramento è di tipo formale, è inscritta non nella rivelazione divina ma nell’inerenza tra il divino e la parola, sigillo del giuramento. A tal punto da autorizzare l’affermazione: il giuramento è Dio.
Si comprende del tutto se si traduce con l’idea del  pieno. Al contrario, la bestemmia è il vuoto. Ecco perché di essa si parla come di nominazione di Dio: frustra, vana, inconsistente, vuota.