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Visualizzazione post con etichetta Europa. Mostra tutti i post
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venerdì 11 aprile 2025

Testimoniare il presente

Post di Rosario Grillo
 
Alberto Giacometti, L'uomo che cammina, 1960
Mentre politici dilettanti e populisti sfrontati disputano la loro partita di ping pong, qualche studioso si domanda la ragione che ha portato la traiettoria dell’edificanda unione europea lontano dal suo bacino di nascita.
Il Mediterraneo - di esso si parla - è stato fulcro di civiltà, crogiolo, felice medium di germi diversi. (1) Forte di questa vocazione forgiava i sentimenti di coloro che nel confino di Ventotene immaginavano la costruzione federale dell’Europa. Il cronico fallimento degli Stati nazionali, infarciti del virus nazionalista, richiedeva allora di integrare la liberaldemocrazia con i principi del socialismo, aggiungendo valori del Personalismo cristiano, per incamminarsi sul binario del sovranazionale. (2)
Come narrano le fiabe, paradigmaticamente, la retta via talvolta viene smarrita. In questo smarrimento si è incagliata l’Europa, che, dal tempo di Maastricht, ha assunto una diversa strategia assegnando la priorità all’economia neoliberista.
A sua volta, questo modello è andato assumendo sfumature sempre più lontane dalla vocazione sociale (correlata al Welfare)( 3) e sempre più vicine all’urgenza della teco-finanza.
Oggi l’Europa ruota attorno all’asse dei paesi del nord, dimentica del Mediterraneo e delle sue diverse prospettive. (4) Da questa traslazione discende la sua “durezza di cuore” che la spinge a serrare i suoi confini davanti al movimento dei migranti afro asiatici, facendosi convincere dall’angosciata propaganda dei governi Meloni- Orbán. (5)

venerdì 7 marzo 2025

Difendere il senso filosofico dell'Europa: un'idea di umanità

Post di Rossana Rolando

Mauro Biani, 5 marzo 2025
Quale piazza per l’Europa?
Il richiamo di Michele Serra ad una piazza per l’Europa si innesta su un doppio binario. Per un verso la necessità di ripensare l’Europa come soggetto autonomo, dentro la grande crisi dell’Occidente, nel momento in cui gli Stati Uniti hanno voltato altrove il loro interesse e stanno di fatto abbandonando il vecchio continente; per l’altro verso, il timore e lo sgomento che nascono dalla constatazione di realtà politiche sgretolate in opposti sovranismi, incapaci di pensare se stesse in termini comunitari nuovi.
Le proposte messe in campo fino ad oggi (Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron…) portano verso l’unico sbocco del riarmo nazionale o sovranazionale (integrare gli investimenti per una comune difesa) e del non meglio precisato prolungamento dello sforzo bellico, affinché l’Ucraina possa continuare la sua disperata resistenza, non solo per sé, ma per tutti gli altri territori che potrebbero diventare oggetto di ulteriori mire espansionistiche da parte delle malcelate ambizioni imperiali russe.
Molti, però, pur convinti della necessità di ritrovare un nuovo spazio politico per l’Europa, si defilano rispetto alla sola proposta bellicista. Si tratta quindi di vedere se la piazza per l’Europa possa essere qualcosa di diverso, meno riduttivo e divisivo.
 
Il senso dell’Europa”¹
In questa ora drammatica, non è forse inutile il riferimento al padre filosofico dell’idea europea: il grande pensatore - filosofo e matematico - Edmund Husserl (1859-1938), fondatore della corrente fenomenologica. Egli, nel pieno della crisi degli anni ’20 e ’30 del XX secolo, propone una ben precisa idea di Europa, un modello cui legare l’unica possibilità di sopravvivenza. Si è alle soglie di una grande catastrofe e il pericolo maggiore è dato dalla stanchezza dell’Europa, dalla sua mancanza di spirito: “Le nazioni europee sono ammalate, la stessa Europa, si dice, è in crisi”.²

giovedì 26 settembre 2024

Nel cuore dell'Europa

Post di Rosario Grillo
 
Tomáš Masaryk, 1918
Roberta De Monticelli testimonia il tempo che stiamo vivendo con la stessa serietà con la quale porta avanti la sua ricerca filosofica a partire dalla lezione della Fenomenologia (con particolare attenzione all’etica e alla politica). In questa posa, ultimamente, non ha risparmiato energie per stimolare la resistenza consapevole al galoppante disegno di riarmo delle potenze (occulto programma di far pesare, nell’improntare i rapporti internazionali, più la forza che ragione e dialogo). Ha sollecitato perciò ogni approfondimento della questione israelico-palestinese andando oltre ogni delega in bianco ad Israele; ha cercato chiarezza e trasparenza, lontana da ogni pregiudizio, sulla questione ucraina.
In questo senso si legge l’ultimo intervento su il Manifesto (08/09/24) ad evidenziare la pregnanza di un’opera ormai prossima alla vecchiaia di un secolo, con l’encomiabile figura dell’autore: Tomáš Masaryk.
 
T. Masaryk, chi è costui? Ben pochi ricordano l’importante ruolo da lui rivestito nel passaggio d’epoca, alla fine del primo conflitto mondiale. Altrettanto limitato il numero di coloro che conoscono la sua professione di filosofo. (1) Realtà che va imputata ai ritardi e alle manchevolezze dei programmi della disciplina storica, incapace di spronare in modo adeguato il corpo docente per produrre una pertinente analisi del Novecento. (2)

venerdì 7 giugno 2024

Con la democrazia, la pace.

Post di Rosario Grillo.
 
Laika, Viale Casto Pretorio, Roma
Si può dire che la democrazia sta vivendo una condizione di abulia?
“Chi la vive quotidianamente dovrebbe sentirla come un impegno permanente poiché, nonostante la tranquillità di spirito che il vivere libero e civile infonde, la democrazia può sempre decadere: perché le sue procedure e le sue istituzioni non sono come un pilota automatico”: così scrivono Nadia Urbinati e Gabriele Pedullà in Democrazia afascista. La fatidica partecipazione, costituita di impegno e passione per la libertà e la giustizia, sotto certi versi minacciata da “giochi di Palazzo” (1), è seriamente pericolante.
Indubbiamente si deve anche mettere in conto la corrente transizione del potere decisionale agli organi più in sintonia con l’asse della globalizzazione. Nonostante i disperati colpi di coda degli Stati nazionali.
Sale in primo piano, perciò, la responsabilità che sta in capo ad organizzazioni come l’Unione europea. Rimangono scolpiti nella pietra i principi concepiti nel Manifesto di Ventotene, vivificati poi dalla pratica politica di Schuman De Gasperi Monnet. Essi richiedono la democrazia in rinnovata confezione, fondamento di convivenza e presidio di incrollabile libertà.
Oggi, alle soglie delle elezioni europee, invece, non si può non rimanere interdetti davanti all’ultima stagione della gestione delle “cose europee” e non farsi domande sulle implicazioni di certe scelte compiute (2).

giovedì 7 marzo 2024

Ripensare l'Europa.

Post di Rosario Grillo.
Immagini di Doriano Solinas, per gentile autorizzazione.
 
Doriano Solinas
Nelle pagine conclusive delle lezioni su L’Europa - Storia di una civilt๠circola ripetutamente la parola: paura ed è messa sulla bocca dell’Europa (“L’Europa aveva paura”
²…”; L’Europa aveva paura, paura, paura”³). Lo storico L. Febvre la usa ragionando dell’Europa… ed io la riprendo oggi per descrivere il nostro stato d’animo, in questi momenti di guerre, interminabili, dure, atroci, disumane.
Al piano  che qualcuno prospetta: di voler governare il mondo con la guerra, cerco di opporre lo spirito che allora aleggiava nella fatica intellettuale dello storico francese. Mi spinge all’opera il tetragono argomento degli occidentalisti, usciti allo scoperto in ispecie con lo scoppio della guerra ucraina, poi rimasti mobilitati in difesa delle ragioni dello Stato d’Israele, a prescindere.
Quel corso, tenuto da Febvre, mentre si raccoglievano ancora le macerie della guerra, esplorava, in chiave di grande storiografia, le sorgenti della civiltà europea. Cogliendole nell’area mediterranea, ma saggiamente collocandole alla fine dell’Impero romano d’Occidente, con l’invasione repentina degli Arabi e la conseguente rottura dell’unità mediterranea. La fusione tra l’elemento nordico (Franchi-Germani-Vichinghi-Ungari, le più varie invasioni barbariche) e l’elemento mediterraneo (sotto la guida della Chiesa di Roma, con irradiazione del Cristianesimo) andò a costituire il ceppo e il crogiolo della nascente civiltà europea (da Carlo Magno in avanti).

venerdì 8 aprile 2022

L'alba dell'Europa.

Post di Rosario Grillo.

Luci della terra, immagine NASA, 2002
Non esiste, ad onor del vero, un’entità già costituita alla quale possiamo dare il nome di Europa. Terra del tramonto: questo il “segno
” impresso, mentre la mitologia narra della principessa Europa violentata da Zeus in sembianze di toro.
Per questa ragione attingiamo dalle radici culturali; in questo modo, si impongono all’attenzione per primi: la tradizione giuridica romana e la Chiesa romana, assurta, tra Costantino e Teodosio, a “resume” della Roma imperiale, mentre sulla via della canonica aveva raggiunto una sintesi tra filosofia greca e dogmatica patristica.
Resta il bisogno di fissare una dimora. A questo riguardo, se Roma, la sede del vescovo di Roma, godeva della simbologia romana, contano: gli avamposti che l’impero bizantino manteneva nella penisola, l’insediamento dei regni romano barbarici, tra i quali, alla fine, prevalgono i Franchi (avevano fermato l’avanzata islamica a Poitiers), la costante instabilità a causa dell’espansionismo arabo (i saraceni nel Mediterraneo) e la nuova ondata di invasioni per mano dei vichinghi e degli Ungari. Questi ultimi, con grande evidenza, ci spingono a guardare ad est.
Così, svegliata la nostra coscienza storica, riconosciamo che buona parte dei barbari che avevano insidiato l’impero romano venivano dall’area di mezzo dell’oriente, che si estende dal Reno agli Urali, che si protende verso la penisola scandinava, che nel meridione comprende pianure ungheresi ed ucraine fino al Mar Nero. Non c’è Europa senza questo “melting”.
Sorprendentemente (perché nel medioevo, nonostante la difficoltà delle comunicazioni, ci si spostava) Carlo Magno diplomaticamente intrattiene rapporti con l’impero bizantino, i Vichinghi, con diverse vicissitudini, sono la cellula del regno normanno del sud che interagisce con arabi e con bizantini; più in là sarà Enrico I, imperatore del sacro Romano impero germanico, a sposare la vedova di Vladimiro I di Rus’.

venerdì 18 marzo 2022

No guerra.

Post di Rosario Grillo.

Francobollo per pace e libertà, Europa, 1995
Debbo una risposta al mio amico Gian Maria e cerco una risposta alla mia “tempesta del dubbio”. (1)
Nel secondo caso, un intreccio di problematiche soggettive ed ingorghi oggettivi suscitati ad iosa da una crisi generale (quella che ufficialmente è cominciata nel 2007), da una lunga pandemia e ora della guerra in Ucraina chiede un’interpretazione, almeno un tentativo di risposta.
Gian Maria ha posto il dilemma: o vita, quale scelta conseguente al conforto dei desideri soggettivi e delle comodità di supporto, o libertà, quale norma fondante di uno star assieme, della società umana, che, comunque, porta nel profondo il segno di un patto etico-spirituale.
Il livello dello smembramento sociale è ormai molto avanzato. (2) Sollecitato da mille fattori: solleticazione dell’individualismo nel contesto del neo liberismo, crisi involutiva della Democrazia, crisi, implicita e indotta, degli organi intermedi, parossismo della logica del consumismo, torsione psicologica in presenza della prolungata pandemia, e senza soluzione di continuità, della minaccia derivata dalla guerra ucraina.
Effetti evidenti: una lingua di Babele, ovvero un accavallarsi di opinioni che, sic et simpliciter, si trasformano in ideologie; una diffidenza reciproca che ora rasenta l’ostilità preventiva; una situazione pericolosamente incline al bellum omnium contra omnes.

sabato 19 giugno 2021

Vie dell'accoglienza.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Gabriel Pacheco (qui il sito instagram)

Gabriel Pacheco, Galleggiare per non affogare
Il fenomeno dell’immigrazione, come tutti sanno, si è da anni complicato ed aggravato con lo sbarco continuo di migliaia e migliaia di “migranti” sulle sponde europee del Mediterraneo: donne uomini e soprattutto giovani giovanissimi e bambini. Fenomeno oggi vistoso, continuamente mutevole, incontrollato, problematico nel senso etimologico (1):evento che ci viene gettato in faccia, chiede d'essere risolto e merita necessariamente ed urgentemente una risposta né superficiale né banale.

Lascio gli aspetti geopolitici a chi ha le competenze professionali per svolgerli. Mi limito a qualche interrogativo: qual è la politica di inclusione-integrazione nella mia regione, in Italia ed in Europa? Quali i rapporti tra Comuni Sprar Cas questure e prefetture Caritas ed altre istituzioni pubbliche, religiose, laiche, private ubicate in tutte le province?

Ma il primo interrogativo, decisivo, è: Che significa accoglienza? Parola usata ed abusata con cui troppi si riempiono la bocca.

È assistenzialismo sentimentale, frutto di spinta emotiva più o meno duratura o fatto culturale? Atto di debolezza o di forza? Optional paternalistico o dovere che liberamente si sceglie e si adempie? Gesto isolato o dimensione stabile? Generico appello buonista o forte richiamo al primato etico della responsabilità? È imperativo della singola persona oppure sociale-istituzionale o unità di entrambi?

Un significato univoco. Se a definire il grado di civiltà di una società è la sua valenza inclusiva, la capacità di dare tutela a persone e gruppi più deboli, la parola accoglienza deve assumere un significato univoco.  Scriveva De Rita che accoglienza “non è solo prestarsi per qualcuno in difficoltà senza lasciarsi sopraffare nel lavoro dalla dimensione burocratica e amministrativa; innanzitutto è una mentalità, un atteggiamento di fondo, una disposizione anteriore all’agire, ospitalità dell’altro nel proprio orizzonte personale e professionale, solidarietà. Non si improvvisa; si costruisce poco alla volta nelle circostanze in cui ci si trova; è cultura, essenzialmente educazione”.

domenica 14 febbraio 2021

S. Benedetto e la politica oggi.

Post di Gian Maria Zavattaro
Illustrazioni di Carlo Stanga (qui il sito)

Carlo Stanga, Cercando l'Europa in un orto benedetto
“Ne sono certo. Esiste un‘altra Europa, di cui poco si parla. Un’Europa giovane e appassionata, che sogna, viaggia, lavora, resiste, combatte. Un’Europa che si fa carico del proprio destino e non scarica sugli Ultimi le colpe della crisi. E’ venuto il tempo di darle voce e farla suonare con tutti i suoi strumenti per costruire una rete fra lingue e culture […] che dica davvero chi siamo, che esprima la forza di una cultura comune e narri l’appartenenza ad uno spazio unico al mondo, fertile e misurabile, ricco di storia, lingue, piazze, culture, paesaggi. Coraggio e cuore, dunque. Come i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni barbariche. Come i padri fondatori dell’Unione che dopo due guerre mondiali ridiedero dignità e ricchezza a un continente in ginocchio. Essi sapevano che l’Europa non è un dono gratuito, ma una conquista, e spesso un sogno che nasce dalla disperazione per la sua mancanza. Osarono sognarla nel momento in cui tutto sembrava perduto. Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un ritorno dei muri e al linguaggio della violenza (Paolo Rumiz, Il filo infinito, Feltrinelli, 2017, pp.173-74).

Il giorno in cui ho terminato di rileggere Il filo infinito di P. Rumiz (ed. Feltrinelli, pubblicato nel 2017 quando il covid era un famigerato sconosciuto) Draghi, sciogliendo la riserva, accettava l’incarico conferitogli dal Presidente Mattarella: evento che potrebbe rivelarsi forse decisivo per il presente ed il futuro dell’Italia e dell’Europa. La casualità con la mia lettura, ovviamente irrilevante, è stata tuttavia per me stimolo a fare i conti con l’impietosa brutale messa a nudo dei nostri mali e mal-essere da parte dell’imperversante covid. Mal-essere e mali che Rumiz ripetutamente denuncia (1), come altri prima e dopo di lui, rifiutando di non  vedere né ascoltare o di ridursi a ciechi sordi muti. 

sabato 11 maggio 2019

Il 26 maggio riscoprire e ricostruire l'Europa.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini dell'illustratore Francesco Bongiorni (qui il sito instagram).

Francesco Bongiorni, 
Crisi europea
Parlare dell’Europa è parlare di noi, del nostro passato presente e futuro: di come intendere e vivere la nostra presenza nel mondo globalizzato, di come preoccuparci sia di chi condivide con noi questo tempo-spazio 2019 sia delle generazioni che si seguiranno, consapevoli e grati per quanto ha fatto la generazione che ci ha preceduto.
Tra breve voteremo. C’è l’urgenza pressante di dare ai tanti interrogativi sull’Europa una risposta di ferma speranza, nutrita da un cuore ed un pensiero veramente liberi da ogni meschino calcolo e/o subdola seduzione.

giovedì 14 marzo 2019

Passato presente e futuro dell'Europa.

Post di Rosario Grillo
Immagini della carta politica dell'Europa, attraverso la più celebre opera artistica di ciascuno stato, tratte e autorizzate da Vanilla Magazine (qui). 

Europa attraverso l'arte
Non mi va di condannare l’Europa al destino insito nella sua pertinenza geografica (Occidente da occasus richiama: tramonto). Aggiungo la criticità di un destino segnato dalla sua identità geopolitica: terra d’origine- quindi emblema - degli Stati-nazione…
Un piccolo passo indietro e si staglia, con contorni definiti, la “possanza” del fenomeno.
Lo Stato-nazione è creatura prettamente occidentale, diversa dalle conformazioni statuali orientali, che non mancavano al suo tempo e non erano mancate neanche prima di allora.

venerdì 10 marzo 2017

L'anima dell'Europa.


🖊 Post di Rosario Grillo.
🎨 Le immagini riportano alcuni ritratti di Erasmo da Rotterdam (1466-1536) dipinti dal pittore tedesco Hans Holbein il Giovane (1497-1543).
Erasmo è stato il primo europeo cosciente e il suo nome, non a caso, costituisce l'acronimo (in lingua inglese) del Programma di mobilità studentesca dell'Unione europea, istituito nel 1987

Hans Holbein il Giovane, 
Ritratto di Erasmo da Rotterdam 
(1523, Kunstmuseum Basel), particolare
Incerta risulta la fonte etimologica della parola Europa, disputata tra i sostenitori del mito di Europa, dea conquistata da Zeus e madre di Minosse (eurus = ampio + or = occhio, ampio occhio) e i sostenitori delle fenicio ereb (Occidente).
Nell'uno e nell'altro caso, trascurando l'accenno ad Occasus=Occidente (tramonto), c'è convergenza laddove si ferma l'attenzione allo “sguardo oltre l'orizzonte” “lo spirito di crescita” “il divenire”: tutte immagini rappresentate nello svolgimento del tessuto della civiltà europea: Odisseo, Eraclito, la talassocrazia greca.
Comincio da qui perché l'etimologia, percorrendo la via del linguaggio, dipana molti misteri e/o equivoci.
Comunque il mio intervento non è inteso a far concorrenza ai giovani cultori della diplomazia, speciale arte della conoscenza delle relazioni internazionali, che ci illustreranno al meglio il divenire geopolitico della comunità europea.
Vuole piuttosto indicare opportunamente la natura e la qualità dell'anima dell'Europa.

venerdì 11 marzo 2016

La scuola nell'Europa frantumata. Illustrazioni di Anna Forlati.

Anna Forlati, 
Il veliero lascia l'isola
Il tornado dei migranti, cartina di tornasole  dell’incapacità o non volontà di accoglienza, ha disarticolato, disgregato e frammentato l’Europa attuale, ha interrotto bruscamente il sogno di un’unione europea dei popoli, ha disvelato una spirale di chiusure narcisistiche, di contrastanti visioni ed interessi privati e nazionali tra loro irriducibilmente estranei. Il destino dell’Europa pare avviarsi verso una pluralità di destini imprevedibili.
L’irrompere della  frenesia della disgregazione e della frammentazione non può non avere ripercussioni su tutti gli aspetti della vita organizzata, scuola compresa.
Anna Forlati, 
Primo Manifesto per commemorare 
la strage dell'Istituto Salvemini, 2014
(Illustrazione digitale)
Europa e scuola, disgregazione dell’Europa e frammentazione della scuola. Non mi riferisco alle disfunzioni strutturali e logistiche, agli edifici cadenti, alle carenze legislative, ad una riforma da poco varata in cui troppi non si riconoscono, ai contratti scaduti, ai nuovi oneri  imposti dall’alto sempre più pesanti e senza vera contropartita salariale… Penso invece al senso della funzione docente, alla sua costante ambivalenza tra professione e semiprofessione, tra ”volontariato” e frammentazione di motivazioni e comportamenti i più eterogenei,  che di fatto impediscono  e rendono impossibile una definizione univoca.

mercoledì 8 luglio 2015

Il NO della Grecia.


Il no della Grecia.
Alla luce della cronaca di questi giorni...


“La nostra costituzione si chiama democrazia
 perché il potere è nelle  mani non di una minoranza
ma del popolo intero”
(Tucidide, II, 37).

La festa per la vittoria del no...

Il no della Grecia...
Non posso stare zitto di fronte agli affossatori di destra e di sinistra dell'Europa di Ventotene ancora tutta da costruire, che confondono non a caso il no (greco e nostro) all'austerità con il loro no all'Europa...

...non è un no 
al sogno dell'Europa...
Il no della Grecia cosa ha rappresentato …
Non sappiamo ancora che cosa voglia dire il no della Grecia per il futuro dei Greci - e per il nostro futuro -, non sappiamo se sarà un ulteriore tracollo o se avrà inizio un percorso di rinascita. Comunque il no della Grecia non è il no al sogno dell'Europa, ma è il no a questa Europa così come si è andata costituendo. E' la volontà di un paese di decidere il proprio futuro, di rimettere al centro la politica come decisione di un popolo, di non sentirsi schiacciato da anonime forze sovranazionali.

... tra paure e speranze ...
Cambierà qualcosa nel modo di concepire l’Europa?
Il referendum in Grecia - pur nella problematicità della pagina che si apre ora per la Grecia - sollecita l'Europa delle finanze a fare i conti con il modo di praticare la democrazia, che poi vuol dire ripensare quel sogno che non si è realizzato: l'Europa dei popoli.
... la sfida della Grecia 
è un appello alla democrazia vera...
L'ambiguità della famosa citazione di Tucidide.
Già G. Reale (Radici culturali e spirituali dell’Europa, per una rinascita dell’”uomo europeo”,  R. Cortina, Mi. 2003) aveva a suo tempo messo in luce l’ambiguità contenuta nel proemio della Costituzione europea (approvata ma mai ratificata e quindi mai entrata in vigore), là dove si vale della citazione sopra riportata di Tucidide: “la nostra costituzione si chiama democrazia   perché il potere è nelle  mani non di una minoranza ma del popolo intero” (II, 37).
... una democrazia in cui le decisioni importanti 
non siano riservate a pochi...
La democrazia di Pericle – maschera di un’aristocrazia – icona dell’Europa di oggi.
Bellissime parole, ma sono le parole di Pericle nel famoso epitaffio in onore dei caduti ateniesi nel primo anno della guerra del Peloponneso (431-430 a.c.). Pericle – ci rammenta Reale - è un’icona perfetta per un certo modo di intendere l’Unione europea: formalmente democratico, in realtà gestore  di una democrazia che lui dirige, senza prestare attenzione al dissenso, disprezzando il “bordello” della democrazia  partecipativa. Non a  caso - conclude Reale - a proposito della democrazia ateniese  così Socrate si esprime nel “Menesseno”: ”Qualcuno  la chiama democrazia, qualcun altro nel modo che gli piace, ma in realtà è un’aristocrazia con l’approvazione della massa”. Noi oggi la chiamiamo  manipolazione, trionfo delle lobby finanziarie, potere delle banche, consumismo di massa, mercato trasferito nell’arena politica ...

... non è questa l'Europa dei popoli...
Nulla di più lontano 
dall' Europa sognata 
e sperata da molti  di noi, 
sulle orme del Manifesto di Ventotene.

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venerdì 12 giugno 2015

L'Europa e la scuola, l'Islam, il laico cristiano.

Riporto il secondo estratto  della relazione dal sottoscritto tenuta ad Albenga in occasione dell’inaugurazione del circolo ingauno ACLI. Il primo estratto è stato pubblicato su questo blog il 9.6.15 .

Video introduttivo (si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare).

 

Europa: la scuola e i giovani. 
Il Miur in questi anni ha inondato le scuole di ordinanze, circolari, progetti europei: non so con quali risultati, perché la cittadinanza europea non si costruisce ope legis, ma attraverso la creazione di un clima educativo di convivialità, accoglienza reciproca delle differenze. Diceva ai giovani papa Giovanni Paolo II nel 2003: “L’Europa di domani è nelle vostre mani. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità: quella di essere il luogo dove la persona, ogni persona, è accolta nella sua incomparabile dignità”. 

Ancora Europa.
Sono passati 12 anni e quei giovani sono diventati adulti, ma credo che anche ai giovani d’oggi si potrebbe rivolgere la medesima accorata sollecitazione. Certo, le riforme le fanno gli organismi legislativi ed esecutivi europei: penso al superamento della  schizofrenia tra l‘Europa degli stati e dei popoli, lo scarto tra principi dichiarati e politiche perseguite; penso a quanto siano diffusi il Neet, l’abbandono scolastico, la disoccupazione giovanile, l’esclusione sociale; c’è urgenza di rendere attrattiva e di qualità la formazione professionale, in particolare il livello terziario (ITS), tagliato su misura delle esigenze del giovane e del territorio…

Educare a sentirsi parte 
di una comunità...
Ma  la scuola deve fare  la sua parte sviluppando, in progressione e  nella quotidiana interazione docenti-studenti-genitori, il senso di appartenenza a  "comunità" sempre più vaste: famiglia, scuola, città, territorio, Italia, Europa, il pianeta Terra. Con precisi obiettivi: il protagonismo degli studenti (Erasmus, scambi tra scuole, azioni di volontariato in altri paesi);  la conoscenza della  Carta dei diritti delle persone e delle specifiche identità  dei paesi membri per comprenderne la diversità culturale e dialogare; percorsi di pace in rete (con le altre scuole del territorio, della regione, della UE sino all’ONU)  ...

...oltre le frontiere nazionali.
L’Europa: e l’Islam?
Nell’epoca che stiamo vivendo gli scontri di civiltà rappresentano la più grave minaccia alla pace mondiale. Come può affrontare l’Europa l’incontro fra civiltà diverse, in particolare l’Islam, che è stato a lungo il suo  nemico esterno? Europa ed Islam non sono due concetti estranei tra loro.

La minaccia degli scontri di civiltà 
(Picasso, Guernica, particolare).
Non si può definire estranea una cultura che in vari periodi storici  ha dominato a lungo  in vaste zone dell’Europa. 

Uno sguardo retrospettivo
Cristiani e musulmani giocano a scacchi 
(Miniatura XIII secolo).
Penso agli emirati arabi in Sicilia ed in Spagna, ai cittadini musulmani della penisola balcanica, alla Bosnia ed Albania, ai numerosi  emigranti musulmani che  sono una parte non secondaria né marginale della società europea.

Socrate con i suoi allievi, 
Manoscritto arabo, XIII secolo.
La cultura occidentale  non sarebbe  ciò che è  se l’Islam non avesse fatto da tramite nel restituirle gran parte del sapere classico (matematico scientifico medico filosofico) con l’aggiunta di straordinari apporti indiani persiani cinesi.

Studiosi arabi e occidentali 
che studiano insieme geometria, 
(Manoscritto arabo, XIII secolo).
Non c’è ragione che i musulmani, come i cristiani, non possano essere buoni cittadini europei,  oggi e domani. E non regge l’allarme relativo all’invasione dei migranti ed agli estremisti. Quanto ai migranti mi limito ad una citazione, che non vuole provocare ma far pensare:“Ci rendiamo conto che non abbiamo politici in grado di affrontare l’immane fatica di pensare un mondo “altro”. Ma saremmo fuori dalla civiltà e dalla stessa fede, se stabilissimo che è “naturale” far pagare agli “ultimi” la nostra voglia di vivere e la smodata presunzione di essere “superiori” ai comuni mortali. L’Occidente è ad un bivio. O smette di dirsi umano e cristiano […],oppure “condivide” ciò che è ed ha: cultura, tradizione umanistica, diritti umani, fino a questa terra che è di Dio, e dunque di tutti, questo pane che la terra ancora ci dona. Nessuno pensa che sia cosa da poco, ovvia e di immediata attuazione. Non è follia, è l’unica saggezza possibile”(F. Scalia SJ, in Adista n. 17, 09.05.2015).

Un musulmano e un cristiano 
suonano il liuto 
(XIII secolo).
Quanto ai fondamentalisti è bene tener presente che l’Islam non è per niente monolitico: esistono tanti Islam quante sono le comunità e le confraternite islamiche, che non hanno autorità una sull’altra. Eppure tutte convergono nel dichiarare che il  fanatismo è una lettura fanatica e violenta che altera e tradisce l’ispirazione profonda del Libro sacro, come riconosce papa Francesco nell’Evangelii gaudium: “il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono a ogni violenza” (Eg252).

Studiosi in una libreria abbaside 
(XIII secolo).
Ciò che si deve stigmatizzare è invece il razzismo, non tanto e non solo quello becero e plateale dei comizi e dei media ma quello più nascosto, sornione, ancor più pericoloso: l'etnocentrismo, “violenza - scrive Cardini - che non accorda dignità a codici di valore diversi dai nostri”. L’unica via della pace è quella di prendersi cura dell’altro e dell’altra religione, accettare le innegabili differenze come ricchezza e fecondità, senza nascondere la propria identità, senza ingannare l’altro con accomodanti sincretismi; è ascoltare e dialogare per essere capaci di riconoscerne i valori, per incontrarsi senza sospetti e sognare insieme il futuro di fratellanza e convivenza pacifica.

Il sogno di una convivenza pacifica.
L’Europa: e il laico cristiano?
Mi sembra quanto mai attuale la “lettera a Diogneto”:  il cristiano è nel mondo senza essere del mondo,  "ogni terra straniera  è la sua patria e ogni patria è terra straniera".  Il vangelo non ci consegna una cultura, non fa di noi una cittadella.

Un testo ineludibile.
Il laico cristiano abita le culture degli uomini, si rifiuta di avere un tempio a parte, penetra ogni cultura, tutto assume discerne e giudica nell’orizzonte della propria fede. Nella città postsecolare, interdipendente e globalizzata che oggi si chiama Europa,  con tutte le persone che credono fermamente nella convivenza e nella pace deve lealmente condividere i diritti e doveri di cittadinanza attiva, in particolare la scommessa della solidarietà che propone un cammino politico e sociale in cui il  neoliberismo senza regole non può avere posto. 
Il laico cristiano abita 
le culture degli uomini...
L’unità  europea si fa innanzitutto con le grandi idee, la cultura, il dialogo, la volontà di pace. Volere la pace – ci ricorda E. Bianchi - significa vivere il principio di alterità, ovvero  assumere la responsabilità verso l’altro come criterio essenziale di orientamento delle scelte personali e politiche. Vuol dire accoglienza di chi chiede aiuto, attenzione all'educazione dei giovani, distribuzione equa delle ricchezze, solidarietà tra paesi ricchi e poveri, rispetto di ogni uomo e donna e soprattutto per il cristiano che testimonia il paradosso dell’amore, l'abolizione dell’inimicizia, lo smascheramento di ogni idolatria,  la vigilanza per non cadere nella tentazione del potere e della corruzione. In piena sintonia con l’esortazione, laicissima, contenuta nel  preambolo della costituzione europea del  2003 (approvata ma mai ratificata)  di “proseguire questo percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi”.

...per realizzare insieme 
un cammino di civiltà.
Portare avanti questo cammino di civiltà dell’Europa è il compito che spetterebbe ad ognuno di noi, giovani ed adulti, donne ed uomini, secondo le proprie  responsabilità e carismi. Nell’attuale diffuso smarrimento e disincanto ci vuole coraggio: il coraggio dei giovani, il coraggio di avere più coraggio. “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”: così terminava con perentoria fermezza il documento di Ventotene, firmato dai giovani Spinelli, Rossi, Colorni.

L'Europa di domani 
è nelle nostre mani...
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