Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Victoria Semykina (qui il sito).
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Illustrazione di Victoria Semykina |
La scuola dovrebbe avere sempre come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniosa, non ridotti a specialisti. Lo sviluppo dell’attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente dovrebbe sempre essere al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate” (Albert Einstein).
In questo “tempo di privazione” c’è il rischio che ogni scuola si stia avviando a tradire la propria vocazione, la propria “anima”. M. Augé direbbe che da “luogo” di relazione-educazione rischia di trasformarsi in “non-luogo”: punto e basta. Come ogni evento ed istituzione umana la scuola vive nel tempo della società hic et nunc con i suoi valori e contraddizioni, ne è il riflesso, ma va oltre perché tempo-luogo educativo proiettato verso il futuro. È “presente” nel suo tempo nella triplice modalità di presente del presente, presente del passato, presente del futuro (“esse nosse velle”). “Siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi (2): sconfina, sfugge ad ogni esclusiva appropriazione, abita sia il pensiero convergente (contenuti e regole funzionali ai bisogni-interessi della società) sia il pensiero divergente (creativo critico innovativo). È il suo ruolo “profetico” (3), spesso tradito, emblema dell’etica della responsabilità nei riguardi anche delle future generazioni: appartiene al suo tempo ma non si perde in esso, riconosce la memoria e la storia nella pre-visione di un futuro più umano.