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Visualizzazione post con etichetta Čiurlionis. Mostra tutti i post
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sabato 26 settembre 2015

Il perdono in un racconto del Fedone.

Post a cura di Rossana Rolando.
Violenza che colpisce...
(M.K. Čiurlionis, 
Fulmine)
“Quelli invece che siano incorsi in colpe espiabili sì ma gravi, come chi, per esempio, in un impeto di collera, abbia fatto violenza al padre o alla madre e poi se ne sia pentito e abbia vissuto così il resto di sua vita; o chi sia divenuto omicida per altro motivo simile e allo stesso modo se ne sia pentito; costoro debbono sì, necessariamente, precipitare nel Tartaro, ma poi, trascorso laggiù un anno dalla loro caduta, ecco che la marea li ricaccia fuori, gli omicidi lungo il Cocìto, i percotitori del padre e della madre lungo il Piriflegetonte; e quando, trasportati da queste fiumane giungono a livello della palude Acherusìade, quivi allora gridano e invocano, gli uni quelli che uccisero, gli altri quelli cui fecero violenza, e, chiamandoli a nome, pregano e supplicano che li lascino uscir fuori nella palude e che li accolgano; e, se riescono a persuaderli, escono fuori e così hanno pace dai loro mali; se no, sono riportati via un’altra volta nel Tartaro, e dal Tartaro sono ributtati un’altra volta nei fiumi, e mai cessano di patire quest’alterna vicenda se prima non hanno persuaso coloro a cui fecero offesa: perché questa è la pena che da quei giudici fu loro inflitta” (Platone, Fedone, Laterza).

... violenza che deve
essere espiata...
(M.K. Čiurlionis, 
Diluvio)
Dopo aver parlato degli uomini che sono destinati a rimanere per sempre negli inferi e prima di aver descritto quelli che si sono distinti per la santità della loro vita, Platone, in questo passo del Fedone, descrive la posizione di coloro le cui colpe sono giudicate espiabili. 
Sebbene si siano macchiati di un grave crimine, resi ciechi e sordi da un impulso irrefrenabile, essi possono sperare nella temporaneità della loro pena.