Post di Rosario Grillo (prima parte)
Iconografia di Rossana Rolando.
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Hans Baluschek
(1870-1935),
Stazione ferroviaria |
Al monito historia magistra vitae si
risponde sempre più chiudendosi nel cogente presente (il presente ci limita e
ci costringe!).
Per questo ci si dimentica del fenomeno
più comune, addirittura “primario” della storia dell’uomo: la migrazione.
Siamo figli dell’uomo migrante. L’uomo,
prima che stanziale, è nomade.
Le migrazioni dall’Africa, gli
spostamenti degli uomini di Neanderthal, i passaggi negli altri continenti, in
intreccio con le fasi climatiche della glaciazione e del disgelo, non solo
testimoniano un indivisibile rapporto uomo-natura, ma disegnano le piste della
distribuzione dell’uomo sulla Terra (diffusionismo). Da qui può discendere la
necessaria “demitizzazione” del fenomeno migratorio. Una demitizzazione che
mette da parte la crosta “tenebrosa”, paurosa con cui lo si è ricoperto e
considerato, che ne fa una “novella peste” del Duemila.
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Hans Baluschek
(1870-1935),
Gli emigranti |
Secondo quest’ultima prospettiva, si
tratterebbe di un’epidemia – si pensi all’Ebola – che rischierebbe d’infettare
il puro e salubre Occidente: sul piano sociale, di una sostanza infettante che
minaccerebbe il nostro “benessere” (Welfare), sul piano culturale, di etnie
impure e/o inclinazioni religiose spurie che deturperebbero l’integrità della
nostra civiltà (integralismo).
Ecco il risvolto “negativo”
dell’approccio. Ma, al contempo, si è dimostrato concretamente percorribile
l’altro risvolto (aspetto attivo), che dichiara la fattibilità, addirittura la
convenienza di una risposta favorevole alle migrazioni.