🎨 Tutte le immagini riproducono opere di Honoré Daumier (1808-1879), caricaturista e pittore che esprime, attraverso la maschera della deformazione satirica, il proprio impegno sociale di corrosiva ed efficace denuncia dell'esistente.
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Honoré Daumier, I nottambuli |
La
determinazione al “topos” si può pensare come cifra della sua “linea
fenomenica”, della sua fisicità. Nella sfera della sua “natura pensante” si
trova, invece, la dimensione infinita o “metafisica”.
Al di là del
“Cristianesimo tragico”, che Pascal enuncia, caratterizzato dal “Deus
absconditus”, vibrante di un’interrogazione continua sulla radice della umana
condizione, si proietta una ricerca instancabile del topos ideale, di un
eu-topos (luogo del bene o buon luogo) e da esso, di un ou-topos (di un
non-luogo equivalente a luogo ideale).
Pascal
partecipava così al processo culturale che prendeva abbrivio dall’Umanesimo
italiano e si sviluppava nel seno della filosofia moderna. Laddove, attraverso
le sollecitazioni di Tommaso Moro, Etienne de la Boetie, Tommaso Campanella,
Francesco Bacone, il tema dell’utopia avrà un ruolo paradigmatico.
Diffusissima
la venatura utopica fino al punto di rappresentare il tema per antonomasia di
quella stagione culturale. Dalla religione alla filosofia, alla scienza,
l’istanza della “riforma o renovatio” fa tutt’uno con il concetto di utopia.
[Qui
condivido l’interpretazione di Massimo Cacciari, che combatte la riduzione a
“metodo” assegnata da molti all’utopia e suggerisce la sua centralità e
pregnanza].
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Honoré Daumier, Nadar (pioniere nel campo della fotografia) in mongolfiera |
C’è modo
così di constatare la relazione che si stringe tra la razionalità e il futuro.
Voglio
aggiungere, per confermare l’incipit, che il topos andava prendendo la
configurazione, ora di Eldorado, ora del “buon selvaggio”, sull’onda della
conquista dei mari, delle terre, dei popoli... delle colonie.
È sempre il
futuro a muovere l’interesse culturale dell’uomo moderno, reincarnazione di
Prometeo o novello Ulisse, proteso a varcare le colonne d’Ercole.
Celebre
l’immagine dantesca che ritrae Ulisse nell’atto di trascinare i suoi
compagni alla scoperta dell’ignoto: “fatti non foste a viver come bruti
ma per seguire virtute e conoscenza” (Inferno, c. XXVI), figura nobile
dell’umana progressione conoscitiva.
Ma ad
opporsi ad essa, più che le remore di natura religiosa, fu il richiamo alla
“verità effettuale” in un crescendo che da Machiavelli porta ai positivisti e a
quello “strano spirito” che fu F. Nietzsche.