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Visualizzazione post con etichetta Robert John Thornton. Mostra tutti i post
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giovedì 27 febbraio 2020

L'epidemia e la peste dell'insonnia di Gabriel García Márquez.

Post di Rossana Rolando

Illustrazione tratta da "The temple of flora"
di Robert John Thornton (1768-1837),
Mimosa grandflora
(Immagine di copertina di Cent'anni di solitudine, ed. citata).
La temuta epidemia di Coronavirus, pur con le opportune necessarie distinzioni, ha richiamato, alla mente di molti, l’ampia letteratura sulla peste - da Tucidide a Sofocle, da Lucrezio a Boccaccio, fino a Manzoni -, con pagine che sembrano tratte dal nostro presente e che ben evidenziano l’atteggiamento costante degli uomini di fronte al pericolo incombente, supposto o reale che sia. Non meno illuminante è il rimando ai risvolti simbolici di alcune altre opere, come avviene ne La peste di Albert Camus, in cui il morbo diventa metafora della violenza totalitaria, o come accade nel racconto di Gabriel García Márquez, in cui la peste, allegoricamente intesa come malattia dell’insonnia, ha l’effetto di una progressiva perdita della memoria.
Mi soffermo, in particolare, su quest’ultima narrazione, inserita in Cent’anni di solitudine.
“… la cosa più temibile della malattia dell’insonnia non era l’impossibilità di dormire, dato che il corpo non provava alcuna fatica, bensì la sua inesorabile evoluzione verso una manifestazione più critica: la perdita della memoria. Significava che quando il malato si abituava al suo stato di veglia, cominciavano a cancellarsi dalla sua memoria i ricordi dell’infanzia, poi il nome e la nozione delle cose, e infine l’identità delle persone e perfino la coscienza del proprio essere, fino a sommergersi in una specie di idiozia senza passato”¹.