Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

Visualizzazione post con etichetta gioia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gioia. Mostra tutti i post

sabato 7 marzo 2015

"Il Signore della danza". Video.

All'Amico Mario, 
perché torni presto a danzare la vita ...

Un tuffo nel cielo ...

... danzando ...

Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
 perché io possa cantare senza posa
(Sal 30. 12-13)

...ballando con il cielo...
 Potrei credere solo in un Dio che sappia danzare
(Nietzsche)

Qual è il significato della danza?
Ho riletto in questi giorni “CRISTO SIGNORE DELLA DANZA” (Lord of the dance) del poeta cantautore Sidney Carter (1915-2004). Debbo dire che di primo acchito ho trovato ostico capire ed apprezzare. Condizione preliminare era attribuire un significato univoco alla “danza” che come ogni fenomeno umano è qualcosa di tremendamente ambivalente, tanto che il suo linguaggio specifico rischia di sfuggire ad ogni possibilità di definizione e di traduzione in parola.

La danza è espressione collettiva ... 
profondamente umana...
Non so danzare né ballare, eppure la danza ha sempre esercitato un sottile fascino su di me: forse perché so bene che da tempi immemori in ogni cultura ed etnia è forma espressiva collettiva, profondamene umana, anteriore alla parola scritta; forse perché è un'arte capace di comunicare attraverso il corpo i sentimenti più profondi ed i momenti salienti della vita individuale e sociale, come la gioia, il dolore, il lutto, la festa, la speranza, l’attesa (ad es. della pioggia ovvero della vita!); forse perché si accompagna incondizionatamente alla musica, la regina delle arti, anzi è essa stessa corporea espressione musicale; forse perché sono nato in un paesino del Monferrato che per anni è stato centro di appuntamenti internazionali di danza; forse perché da piccolo, prima dell’invasione delle discoteche, vedevo zii e zie frequentare balere e dancing e ritornare a casa piacevolmente spossati e felici…

La danza è un'arte 
capace di comunicare attraverso il corpo ...
Nella sua forma pura sembra  favorire un’autentica estasi: uno stato di completo distacco ma insieme di forte comunione, in una tensione volta a superare i limiti spaziali  ed a  trasformare il tempo; esperienza  intensa personale, ma insieme corale e coinvolgente, persino stravolgente; dimensione ludica, avventura di un gioco inebriante, con la sua specifica componente di gratuità che è linguaggio alternativo liberante, controparte del quotidiano linguaggio utilitaristico della vita adulta.

... avventura di un gioco inebriante ... 
linguaggio alternativo liberante ...
Dicevo: fascino ambivalente di attrazione e repulsione. Repulsione – almeno per me – se la danza è intesa e vissuta come orgia di balli che sballano nelle discoteche di tutte le notti e dei fine settimana, se forma lasciva di tentazioni demoniache (la seduzione assassina di Salomè, la danza del ventre nelle grossolane raffigurazioni stereotipe a buon mercato...).

Anche la danza, come ogni fenomeno umano, 
è ambivalente ...
Attrazione se la danza è intesa e vissuta come raffinata eterea arte corporea, che si libra in ginniche e sinuose sequenze di movimenti angelicati, musica che si fa visione di armonie corporee, mito di un’eterna inafferrabile giovinezza, segno spazio-temporale di identità e differenze culturali.

... la danza come rimando 
ad un'eterna giovinezza ...
E, non ultima, universale espressione di un profondo sentire religioso che è preghiera, lode, supplica, ringraziamento, adorazione, invocazione. Ecco ci siamo: è così che ho incontrato una pagina di don Tonino Bello (“l’eleganza della suora”) ed ho compreso  che la danza, nella sua forma pura, può contenere in sé il  dono estatico dell’accostarsi a Dio nella preghiera e nella lode del ringraziamento. E’ così che si fa illuminante la visione poetica  di Sidney Carter.

... la danza come espressione di lode... 
di preghiera ...
“L’ELEGANZA DELLA SUORA”
“Alla fine viene una suora, giovanissima anche lei. Era stata in Palestina ed era tornata da qualche giorno. Ha portato un vasetto di alabastro con dell’unguento orientale profumatissimo. E’ venuta vicino all’altare e, senza dire nulla, si è tolta i sandali e ha attivato un registratore. Aveva preparato la marcia nuziale di Mendhelsonn -  quella che suonerà quando  vi sposerete voi - e ha fatto una danza con questo vaso di alabastro sulle note della marcia nuziale. Lei, suora, che di marce nuziali … soltanto per analogia poteva averci a che fare. Ha fatto una danza splendida, con un’espressione artistica di grande livello, tant’è che ho detto: “Accidenti, qua le suore si esercitano nella danza invece che fare le monache!”. Poi mi hanno spiegato che era una suora missionaria; era arrivata lì in Etiopia da un anno, e fino a due anni prima aveva frequentato danza classica in una scuola annessa alla Scala di Milano…” (Don Tonino Bello, Alfabeto della vita, ed. Paoline, Mi, 2010, pag. 55) .

... danzate, ovunque voi siate ...

... perché io sono il Signore della danza.

“CRISTO SIGNORE DELLA DANZA”
 “Danzate, ovunque voi siate, dice Dio,
perché io sono il Signore della danza:
io guiderò la danza di tutti voi.
Dovunque voi siate,
io guiderò la danza di tutti voi.
Io danzavo
il primo mattino dell'universo,
io danzavo circondato dalla luna,
dalle stelle e dal sole,
disceso dal cielo danzavo sulla terra
e sono venuto al mondo a Betlemme.
Io danzavo per lo scriba e il fariseo,
ma essi non hanno voluto seguirmi;
io danzavo per i peccatori,
per Giacomo e per Giovanni,
ed essi mi hanno seguito
e sono entrati nella danza.
Io danzavo il giorno di sabato,
io ho guarito il paralitico,
la gente diceva che era vergogna.
Mi hanno sferzato
mi hanno lasciato nudo
e mi hanno appeso ben in alto
su una croce per morirvi.
Io danzavo il Venerdì,
quando il cielo divenne tenebre.
Oh, è difficile danzare
con il demonio sulle spalle!
Essi hanno sepolto il mio corpo
e hanno creduto che fosse tutto finito,
ma io sono la danza
e guido sempre il ballo.
Essi hanno voluto sopprimermi
ma io sono balzato ancora più in alto
perché io sono la Vita
che non può morire:
e io vivrò in voi e voi vivrete in me
perché io sono, dice Dio,
il Signore della danza.”
(Sidney Carter)

Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.



Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

mercoledì 25 febbraio 2015

L'allegrezza del cuore.



Ogni uomo è affamato di gioia e di felicità 
(J. Moltmann).
Il desiderio della gioia ...


Potrei credere solo in un Dio che sappia danzare 
(Nietzsche).


Moltmann nelle pagine iniziali del suo aureo libretto “Sul gioco” si chiede come si possa giocare quando nel mondo i bambini muoiono di fame, quando donne ed uomini vengono torturati, quando innocenti vengono uccisi; come si possa ridere vivendo in una terra straniera, in una società alienata e alienante, dove ogni giorno i volti di migliaia di persone sono inondati di lacrime; come si possa gioire in mezzo a gente ferita dalla miseria ed irrimediabilmente umiliata dall'altrui indifferenza.

Si può cantare, danzare, gioire... 
nonostante il dolore che ci circonda?
Per prima cosa liberiamoci dagli equivoci. Non ci interessa la presunta gioia commercializzata che da ogni parte ci viene propinata: inganno delle diverse forme alienate di divertimenti, diversivi, passatempi.

Quale gioia?
Ci interessa il sentimento autentico e liberante della gioia, che scaturisce dall’incontro con una persona o con un avvenimento e che  immediatamente viviamo come un dono che si presenta con un volto particolare o con una luce tutta speciale.

La gioia dell'incontro .... 
con un volto.
Se non siamo capaci di godere questa gioia con semplicità nella felicità dell’istante forse è perché siamo diventati persone piatte, individui rattrappiti, soffocati nella tristezza e nella depressione. Certamente le circostante esterne, felici o infelici, condizionano in misura essenziale la nostra capacità di consegnarci all’esperienza della gioia. Ma molti adulti sono incapaci di gioire semplicemente perché hanno ucciso il bambino che portavano in sé.

La gioia fanciullesca di un bambino.
Anche se si può piangere di gioia, l'ineffabile espressione della gioia è nel sorriso e nel  riso,  i cui confini si estendono dallo scherzo innocuo allo humour e si oppongono al cinismo di chi non ha più gioia di vivere.

La gioia di vivere.
Amo lo humour - “ilarità della serietà”, come lo definisce H. Rahner – perché esso avverte della vita non solo il carattere di dono, ma anche la difficoltà ed  il  peso:  mai completamente libero da tristezza non rinuncia  tuttavia alla gioia di vivere sconosciuta al cinico. Nello humour, sospeso ed ondeggiante in una leggera melanconia per il travaglio del mondo, si dispiega un’allegrezza del cuore che  riconosce  che si può vivere e gioire anche in una società imperfetta.

La leggerezza 
dello humor ....
Forse solo chi ha provato il sapore della libertà soffre quando essa viene meno, solo chi ha conosciuto l’amore si ribella all’odio, solo chi è capace di piangere può vivere momenti autentici di gioia, catarsi liberatrice nel nostro contradditorio quotidiano.

La polifonia della vita.
Certo non è gioia piena né imperitura alla quale può forse aspirare solo la speranza che scaturisce dalla fede nella “lieta novella”: ”Io vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà, e nessuno vi strapperà la vostra gioia” (Gv.16,22).

Una gioia anticipatrice?
Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.