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Visualizzazione post con etichetta Il nome della rosa. Mostra tutti i post
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venerdì 4 marzo 2016

Un ricordo di Umberto Eco e Il nome della rosa.

Umberto Eco ad Albenga presso il Liceo G. Bruno,
in occasione del Premio letterario C'era una svolta 2011
Umberto Eco ad Albenga, 
presso il Liceo G. Bruno.
Presidenza.
Umberto Eco 
ad Albenga
San Carlo, 
Palazzo Oddo
L’altro giorno un caro amico mi ha ricordato un articolo che tempo fa - era il 1987 - avevo scritto su “Il Biellese”. L’avevo sepolto nei meandri della memoria.  Ora l’ho qui davanti e lo rileggo con una buona dose di autoironia, tanto cara ad Umberto Eco. Esprimevo alcune mie riflessioni su Il nome della rosa che avevo letto d’un fiato e che avevo trovato oltremodo  affascinante  e seducente. Proprio  per questo aveva provocato in me una reazione di ovvia ed aperta ammirazione, ma non scevra da un guardingo sospetto, che nel corso della mia vita ho cercato sempre di conservare di fronte ad ogni fascino seducente. E poi ho conosciuto Umberto Eco nel 2011 quando il Liceo che dirigevo lo invitò a presiedere il concorso annuale “C’era una svolta”.  
 Umberto Eco ad Albenga, 
San Carlo, 
Palazzo Oddo
E’ in quell’occasione che incontrai l’uomo: la sua umanità, la sua saggezza, la sua imprevedibile inventiva, il suo bel rapportarsi con i giovani, il suo sguardo sul mondo e sugli altri ricco di indulgenza e tolleranza condite di fine ironia, ma anche - nei riguardi  di alcuni pubblici personaggi - di qualche irridente arguto strale,  pienamente condiviso. Un incontro per molti di noi, più che significativo e memorabile, unico. Qualche giorno dopo una sua bustina di Minerva”  suggellava l’incontro con il Liceo,  quasi un inno di speranza nelle giovani generazioni...


IL NOME DELLA ROSA
Umberto Eco, 
Il nome della rosa
Sette novembrini giorni del 1327 in un’abbazia dell’Italia settentrionale: tempo e spazio invero ristretti, ma più che sufficienti ad U. Eco per presentare, in un giallo intessuto di morbose vicende ed erudite disquisizioni, la crisi di un mondo che si sta progressivamente secolarizzando, nonostante l’ostinata opposizione del potentato clericale il quale, non pago di teorizzare la sua avversione al riso ed all’ironia, attende con solerzia a che nessuno abbia di che ridere, inquisendo, tramando, abbruciando. Libro di dotta erudizione, opera letteraria, romanzo storico, saggio filosofico?


Disegno del labirinto 
della cattedrale di Reims, 
XVIII secolo 
(Schema riprodotto sulla copertina 
de Il nome della rosa, ed. Bompiani).
Labirinto di segni ed ermeneutica.
Da un pezzo da novanta come Eco era lecito attendersi squarci di documentata cronaca, auree briciole di filosofare, eloqui forbiti e generose dosi di opulenta erudizione. Le variegate interpretazioni che la critica ne ha tratto, i sentimenti contrastanti suscitati, le non sopite polemiche sono – soprattutto nel caso di un’opera dal successo strepitoso con risvolti commerciali assai interessanti – effetti dall’autore esplicitamente previsti, come si conviene a chi deve conoscere l’ermeneutica e la psicologia e ben sa che la lettura è sempre un soggettivo comprendere ed un interpretare in situazione. Ma non è questo a suscitare curiosità o interesse, quanto piuttosto il coacervo di questioni ed eventi dall’autore riferiti o dai protagonisti vissuti e patiti.