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Visualizzazione post con etichetta Waterhouse. Mostra tutti i post
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domenica 19 giugno 2016

Proiezioni. Eco e Narciso.

J. W. Waterhouse, 
Eco e Narciso, 
particolare
Il dipinto che abbiamo scelto per questo post ben si adatta ai contenuti espressi. In esso si narra la vicenda di Narciso ed Eco. Il primo è un fanciullo bellissimo destinato a non poter amare che se stesso, la seconda è la ninfa ridotta ad essere semplice suono che ritorna. Narciso - dopo aver rifiutato Eco, innamorata perdutamente di lui - muore nell'inutile tentativo di abbracciare la propria immagine riflessa in una pozza d'acqua.
L'autore del dipinto è John William Waterhouse (1849-1917), pittore britannico etichettato come preraffaellita, che spesso riprende temi mitologici con tocco delicato e personale estro interpretativo e, in ogni caso, affianca la propria opera pittorica a testi letterari, considerando i due linguaggi - parola scritta e parola dipinta - complementari.

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J. W. Waterhouse, 
Eco e Narciso 
(particolare)
L’immagine proiettata
Una certa tradizione attribuisce a Buddha la storia di due cani che in momenti diversi entrarono nella stessa stanza. Uno ne uscì scodinzolando, l’altro ne uscì ringhiando. Una donna li vide e, incuriosita, entrò nella stanza per scoprire cosa rendesse uno felice e l’altro così infuriato. Con grande sorpresa scoprì che la stanza era piena di specchi. Il cane felice aveva trovato cento cani felici che lo guardavano, mentre il cane arrabbiato aveva visto solo cani arrabbiati che gli abbaiavano contro.
Quale può essere il significato originario della favola? Dipende dal nostro modo di specchiarci... Per  Buddha ciò che vediamo nel mondo intorno a noi è un riflesso di ciò che siamo: “Tutto ciò che siamo è un riflesso di quello che abbiamo pensato. La mente è tutto. Ciò che pensiamo diventiamo.”
Ma la metafora dello specchio può indicare molti ulteriori significati, alcuni positivi, altri negativi.

Narciso. 
Può evocare la fine tragica di Narciso: non uscire dallo specchio vuol dire non uscire da se stessi, vuol dire proiettare sull'altro noi stessi, senza entrare in comunicazione con l'altro; vuol dire ridurre l'altro a sé e finire per perdersi annegando in se stessi.

martedì 18 novembre 2014

Assenza del desiderio e potenza del desiderio ... leggendo Massimo Recalcati.

🖊 Post di Rossana Rolando.

La forza del desiderio e Ritratti del desiderio di Massimo Recalcati: il primo è un discorso tenuto dall’autore presso il Monastero di Bose e poi pubblicato dalla Qiqajon, il secondo è un libro uscito qualche anno fa, edito dalla casa editrice Raffaello Cortina Editori.
I volti del desiderio
Recalcati si legge d’un fiato, ha un linguaggio fresco, sa dire cose antiche in modo nuovo, sa rovesciare i comuni modi di pensare, sa svelare meccanismi schiavizzanti e mortificanti. Soprattutto, pur essendo libero da moralismi, è in grado di comunicare una tensione etica che promuove e valorizza la vita. Certo un’etica guardata nell’ottica dell’individuo e della sua felicità personale - e questo individualismo potrebbe essere il limite di tutto il discorso - che va però collocata nel contesto odierno di una società in cui l’assenza del desiderio o il 'desiderio di niente' colpisce tutte le fasce di età e non solo i giovani, andando a costituire una vera e propria malattia.
Provo a suggerire alcuni spunti che credo possano invitare alla lettura. Li ho chiamati rovesciamenti … dell’opinione comune, del pensiero sedimentato, di ciò che appare ovvio ... e li ho associati ad un'immagine.

sabato 28 dicembre 2013

Il nomade Odisseo o Ulisse?


 
Claude Lorrain, 
Partenza di Ulisse dal porto...
Ulisse e Abramo sono  paradigmi  di due modi diversi, per alcuni addirittura  opposti, di esistere e  di vivere il nomadismo.
Entrambi  in viaggio, si allontanano dalla loro patria per altri lidi. Per Ulisse si tratta di viaggio di ritorno  faticoso, problematico - appunto un’odissea - verso la patria conosciuta, di cui soffre la nostalgia. Per Abramo è viaggio di chi, volontariamente o per necessità, si separa  dalla sua terra, muove  verso l’ignoto perché costretto a fuggire dal bisogno  o spinto da una forza interiore,  alla ricerca di una “terra promessa”: nessuna nostalgia, nessun  dolore del ritorno.
Abramo è una figura monolitica, Ulisse invece è personaggio complesso e multiforme, come attesta la ben nota diversità tra  l’Odisseo di Omero e l’Ulisse di Dante. Diverse quindi e anche divergenti   le varietà nomadiche da lui rappresentate.

E’ il nomade  “dal multiforme ingegno”, capace di progettare e di calcolare astutamente, di mascherarsi e di nascondersi.
L'offerta ...
P. Brueghel il Vecchio, Ulisse e Calipso

E’ il nomade smanioso di vivere, avido di provare tutto, girovagando per il mar Egeo della vita ed attraccando ad ogni isola per  gustare  ogni esperienza di vita. 
 ... dell'immortalità ...
H.J.Draper, L'isola di Calipso.
Ma  soprattutto è l’uomo del ritorno, il nomade  che piange e soffre la nostalgia della  sua casa e della sua donna, che antepone alla bellezza divina di Calipso, al dono della immortalità e dell’eterna giovinezza, la sfiorita bellezza della moglie che lo attende da vent’anni. 
... la nostalgia della sua casa ...
J.W.Waterhouse, Penelope e i pretendenti.

 ... l'esperienza dell'ospitalità...
F. Hayez, Ulisse alla corte di Alcinoo.

 P. Lastman, Odisseo e Nausicaa
Ospite di Alcinoo e della tenera Nausicaa, straniero nel paese dei mangiatori di loto, non dimentica il ritorno, resiste  con astuzia ai Ciclopi, sopravvive alla malia della maga Circe e delle Sirene, affronta la discesa agli inferi, dove l’indovino Tiresia gli predice l’ultimo viaggio …
... la seduzione ...
J.W.Waterhouse, Circe offre la coppa ad Odisseo.


... l'incantamento ...
J.W.Waterhouse, Ulisse e le sirene.
E’ il nomade  che rimane solo, dopo la vendetta sterminatrice di Zeus: solo, senza compagni, nudo e vagabondo, gettato sulle sponde di terre dove sperimenta la metamorfosi dell’ospitalità in ostilità.
...l'esperienza dell'inospitalità 
e della ferocia...
W. Turner, Ulisse schernisce Polifemo.
Infine il nomade Odisseo   impone la propria presenza ai Proci,  che inganna nascondendo loro la verità:  il ritorno ad Itaca si conclude con la nemesi e la giustizia sommaria di coloro che hanno irriso l’ospite. Un monito per tutti noi: il prossimo futuro, segnato dal senso della provvisorietà e precarietà di ogni giorno, imporrà il problema dell’ospitalità  tra rigurgiti di barbarie?  

L'Odisseo omerico, l’uomo del  ritorno, non oltrepassa la sfera del sé. Il suo non è un esilio, solo  un lungo sofferto allontanamento cui segue  una perigliosa riappropriazione di  sé nella liquidazione di ogni estraneo. Rimanere centrato su di sè è condizione per  godere di una promessa vecchiaia felice.
... fino alla riappropriazione di sé...
G. Schwab, La strage dei pretendenti.
Odisseo ha un suo fascino discretamente ambiguo, ma mi intriga molto di più il nomade Ulisse di Dante della Divina Commedia (Inf. XXVI): l’uomo del non ritorno, perché non approda  ad  Itaca  e trasforma il suo viaggio in un’avventura “per seguir virtute e conoscenza”:
 
“Nè dolcezza di figlio, nè la pièta

del vecchio padre, né il debito amore

lo qual dovea Penelopé far lieta,

vincer poter dentro da me l’ardore

ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto

e delli vizi umani e del valore”.

Forse questo nomade Ulisse si approssima al nomade Abramo?
Anonimo fiorentino, 
Il naufragio della nave di Ulisse.
Chi desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

  

mercoledì 20 novembre 2013

La porta. Favola.


Dopo lungo tempo...

“Un innamorato tornò dall’innamorata dopo lungo tempo.  Bussò alla porta una prima volta e dall’interno una voce chiese: “Chi è?”. 

... dall'interno una voce chiese: "Chi è?"

L’innamorato rispose: “Cara, sono io, aprimi”. 
Ma la porta non si aprì. 
Il giovane si allontanò, rifletté, tornò una seconda volta e bussò di nuovo.    
E di nuovo giunse dall’interno l’identica domanda: “Chi è?”.
 
Chi è?
Nuovamente l’innamorato rispose: “Cara, son io, aprimi”.  Ma neppure questa volta la porta si aprì. 
Il giovane sì allontanò per riflettere a lungo, poi bussò la terza volta. 

Chi è?


“Chi è?” chiese l’innamorata dall’interno. 
Questa volta egli rispose: “Cara, sono te”. 
Allora la porta si aprì."

( Jalāl al-Dīn Rūmī 1207- 1273)


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 Nel video del post di qualche giorno fa (La volpe ed il Piccolo Principe) non è citato integralmente De Saint-Exupèry. Riporto il brano mancante: 
“…Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica”.

Il tuo passo mi farà uscire ...


... nella luce...

... la mia vita sarà illuminata.



 L’amicizia dunque, ed ancor  più l’amore, è una comunione  il cui centro è “tu” non “io”. 

L'amicizia dunque ...

ed ancor più l'amore ...
Un’esperienza che chi ama di un vero amore oblativo  vive e conosce quotidianamente, nel sentire – come recita P. Claudel – “qualcuno che sia in me più di me stesso”. 

sentire qualcuno in me più di me stesso ...
Un’esperienza che forse solo la poesia e la musica sono in grado di trasmettere e di comunicare, perché – come cantava Joan Baez – “solamente io e te possiamo far sorgere il sole ogni mattina”.

Tutte le immagini riproducono opere di G. W. Waterhouse. 


Chi desidera intervenire può consultare il post del 22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.