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Che cosa si nasconde dietro l'apparente
e sbandierata legalità? |
“Gige, resosi conto di
questo fatto, sperimentò se fosse l’anello
ad avere questo potere e
gli accadde proprio così,
quando volgeva il castone
verso l’interno
diventava invisibile,
verso l’esterno
visibile.
Accortosi di ciò, fece in
modo di diventare
uno dei messaggeri
che vengono inviati dal re e,
sedotta sua
moglie dopo essere giunto (a corte),
teso un tranello con
lei al re, lo uccise e così ottenne il potere.”
(Platone, Repubblica,
II 358a-360d)
Il visibile e l'invisibile in noi.
Da ogni parte siamo continuamente
inondati dagli scandali, divenuti ormai habitus di troppi amministratori e
politici. Non ci sorprende tanto e non solo la loro corruzione, con il
correlato latrocinio, ma il fatto che questi tristi personaggi
occupassero strategiche posizioni di difesa del bene pubblico e si atteggiassero
anche, prima di essere colti con le mani nel sacco, ad irreprensibili soloni di
moralità e di giustizia, assordandoci persino con la loro roboante
retorica (antimafia, anticorruzione, anti parassitismo, anti ogni forma di
ingiusta appropriazione di beni pubblici e privati).
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La legalità visibile
è la maschera dell'ingiustizia invisibile
di molti personaggi?... |
Paradossalmente la loro
visibilità di parolai integerrimi ci era di conforto e noi poveri travet
ci sentivamo meno soli nel pensare un mondo più giusto, mentre l'ipocrita
maschera nascondeva la loro invisibilità di ladroni, corruttori e
corrotti. Non so quanti predatori siano ancora in giro per l’Italia, temo
però che siano tanti e molto più accorti.
Ma, a ben considerare, il
problema coinvolge ognuno di noi molto più profondamente di quanto
sembri, perché queste vicende pongono interrogativi impietosi circa
l’invisibile che abita in ciascuno di noi: quell'invisibile raffigurato da
Platone nel mito di Gige.
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... o l'ingiustizia invisibile
abita in ciascuno di noi? |
IL MITO DI GIGE
E’ Glaucone, uno dei tanti
interlocutori di Socrate, a narrare il mito ed a provocarci.
Gige era un
pastore servo del re di Lidia.
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Gige è un pastore servo del re di Lidia...
(Arthur Rackham) |
Un giorno, mentre accudiva il suo armento,
viene sorpreso da un violento nubifragio, cui si accompagna uno
squassante terremoto che apre nei pressi una voragine.
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... si affaccia sull'orlo della voragine ...
(Arthur Rackham) |
Tremebondo e
insieme curioso si affaccia sull’orlo della faglia, scorge con stupore un
cavallo di bronzo, scende cautamente per controllare da vicino e scopre che
l’interno cavo della statua cela un cadavere dalle proporzioni smisurate che nulla
ha indosso, salvo un anello d’oro.
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... trova un anello d'oro,
dotato di magiche proprietà...
(Arthur Rackham) |
Gige glielo sfila e fugge via.
Durante una riunione con altri pastori scopre la meravigliosa proprietà
dell’anello di rendere invisibile la persona che lo possiede, a seconda
di come si ruota il castone. Prova e riprova: non si tratta di
un’illusione.
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... ne approfitta per sedurre la regina...
(Arthur Rackham) |
Gige allora non perde tempo: fa in modo di
essere inviato dal re e, sfruttando l'invisibilità garantitagli dall'anello,
seduce la regina, uccide il re e si impadronisce del potere.
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... per uccidere il re ...
(Arthur Rackham) |
La conclusione di Glaucone è
impietosamente provocatoria: la giustizia vale solo nel mondo delle persone
visibili, laddove il controllo sociale rende possibile imporre
comportamenti giusti; si é giusti solo per timore di essere scoperti;
nessun uomo è così virtuoso da poter resistere alla tentazione di fare azioni
anche terribili, se gli altri non lo possono vedere. L’invisibilità e la
conseguente impunibilità dissolvono ogni differenza tra l’uomo giusto e l'uomo empio, perché si comporterebbero alla stessa maniera, non
dovendo rendere conto a nessuno delle loro azioni.
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... dal momento che è invisibile
e quindi impunibile...
(Arthur Rackham) |
Anzi, conclude Glaucone, “se
qualcuno, impadronitosi di questa facoltà, non volesse commettere ingiustizia e
neppure sfiorasse i beni degli altri, sembrerebbe essere sciaguratissimo e
folle…”.
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... chi non si comporterebbe come lui
se solo lo potesse? ...
(Arthur Rackham) |
La risposta di Socrate non si fa
attendere: servendosi della maieutica, traccia, in nome della
suprema idea del Bene, le differenti vite dell' uomo giusto e di quello
ingiusto.
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... e allora ... può ancora fare luce
l'idea del bene?
(Arthur Rackham) |
L'ambivalenza della
invisibilità.
Ciò che mi colpisce e mi ferisce
è l'attualità del disincanto di Glaucone nel quotidiano delle nostre
vite: l’invisibilità epidemica della corruzione; l'invisibilità del
disamore per la cosa pubblica; l'invisibilità degli evasori fiscali;
l'invisibilità di chi trova un portafoglio, lo svuota di tutti gli euro e lo fa
pervenire in qualche modo al malcapitato, lui ben contento che
almeno non gli tocca rifare tutti i documenti; l’anonimato di chi sfrutta
ogni bene ed ogni mezzo pubblico quasi fosse atto meritorio di cui
vantarsi; l'anonimato delle violenze negli stadi, nell’uso offensivo ed aggressivo di internet (v. ”l’effetto Gige” nella rete secondo
gli studi di M. Lea e R. Spears), nel nascondersi nella confusione della
massa o nei sodalizi non solo mafiosi di consorterie segrete…
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L'invisibilità è il grembo oscuro della corruzione,
del cinismo, della violenza ... |
Eppure l’anonimato e
l’invisibilità non sono certo forieri di male, ma semplicemente ambivalenti: ci
si può nascondere per operare contro il bene comune per i propri esclusivi
interessi, oppure si può scegliere l’anonimato per operare in silenzio per il
bene di tutti, specie dei più deboli, perché il bene non esige né
la risonanza delle grancasse né vuole reciprocità. E di queste
persone per fortuna è pieno il mondo…
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... l'invisibilità è anche il grembo nascosto
di tanto bene silenzioso ... |
Ognuno di noi deve ogni giorno
dirimere l’ambivalenza dell’anonimato e scegliere tra il disincanto di
Glaucone e la stimolante avventura di Socrate, tra l’invisibilità predatoria e
l'invisibilità oblativa, tra giocare sulla pelle degli altri
e giocarsi invece per gli altri.
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... si tratta di scegliere
che cosa vogliamo far emergere... |
Scegliere, almeno a parole, sembra
facile, ma non è così scontato. Scegliere la via socratica, suscitatrice
di dubbi salutari, ci apre giocoforza ad una vita di coerenza. E’ una
via dove non è certo richiesto né tanto meno preteso - ci mancherebbe! -
l’eroismo paradossale della morte di Socrate, alla cui narrazione Platone ha
dedicato in particolare il Fedone, “uno di quei pochi libri che invitano di
volta in volta gli uomini a indagare se sono degni del loro nome” (Romano
Guardini, La morte
di Socrate nei dialoghi platonici, Morcelliana, Brescia, 1981, pag. 344). Ma
rimane la via di un normale quotidiano coraggio.
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... lungo la via del normale
coraggio quotidiano ... |
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