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venerdì 6 gennaio 2023

Omologazione e identità.

“Buon 2023 di consapevole recalcitrante vigile inquieto attento discernimento delle “tentazioni omologanti”…
Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini di Ottorino Stefanini (qui il sito).

Ottorino Stefanini, Uomini aquiloni
In questo 2023 ogni giorno continueremo a fare i conti con una quotidiana tentacolare tentazione, penoso ridicolo terrificante inganno chiamato “pensiero unico”. In realtà è modalità esistenziale tutta estranea al pensare: il pensiero si nutre di consapevolezza e di autonomia culturale temprate nel crogiolo del dubbio e dell’infaticabile ricerca del bello del vero del buono del giusto.
 
💥 “Pensiero unico”: modalità ammiccante che ci solleva dalla fatica di pensare, non fa perdere tempo prezioso agli affari nostri e altrui, evita di dispiacere nelle discussioni, è rassicurante, ci conforta di comuni certezze che tutti condividono, è la barriera dalla quale ci sentiamo protetti contro “gli altri”. “Pensiero unico”: modo di relazionarci e socializzare che ci affranca dalla sfuggente anarchia del “mio tuo suo nostro vostro loro pensiero”, impone sentimenti ed emozioni, prescrive gesti comportamenti posture linguaggi verbali e non verbali.
Per i recalcitranti si tratta invece d’intollerabile perdita dell’identità di ciascuno e di alterazione delle relazioni personali e sociali: si chiama “omologazione”, erogata e dosata a tutti da faccendieri, seduttori e accalappiatori di professione per impinguare il loro business economico e ancor più politico.
Ottorino Stefanini, Cappelli bianchi con nastro
Guardiamoci allo specchio: anch’io, anche tu siamo così? Anch’io, anche tu viviamo tranquillamente la seducente convertibilità degli opposti, siamo truppe cammellate che corrono a conformarsi e consumare? Questo il nostro mondo? Si può vivere il 2023 senza cedere al “pensiero unico”? Non lo so, forse sì forse no, in ogni caso una bella sfida in questo contradditorio tempo di sicure incertezze e d’incerte sicurezze, di frantumazione della pace, di ridondanti notizie in un contesto di incomunicabilità, di conclamate libertà in una generale fuga dalla libertà,  di messa a tacere dal nostro orizzonte culturale esistenziale post-secolare di essenziali domande di kantiana memoria  in un presente liquido senza memoria del passato né cura del futuro (1).
 
💥 La scuola. Eppure ci sarebbe un baluardo all’omologazione, se si avesse il coraggio (noi) e la volontà politica (chi ha il potere) di ravvivarlo: la scuola di ogni ordine e grado, con il suo compito titanico da sempre riconosciuto di rigenerare la società specie in tempi di crisi e di cambiamenti; luogo di denuncia ed annuncio, incontro delle diversità non subite ma accolte; figlia di povertà e ricchezza come l'eros platonico, fucina del pensare e della speranza capace di trascendere il presente ed anticipare il futuro. Ben lo sapeva e praticava don Milani (2) e additava il vero compito di ogni persona che consiste nella responsabilità verso l'altro e nello svolgere con onore il proprio ruolo nella società.
Ottorino Stefanini, La coscienza
Il guaio - provate a leggere gli ultimi rapporti Censis e i dati Istat - è che a scuola dovrebbero tornare anche adulti ed anziani, vista la conclamata emergenza educativa che non riguarda solo le giovani generazioni, ma incombe su tutti, adulti ed anziani, impediti a diventare persone, a costruire comunità, ad accogliere e ospitare nel proprio orizzonte gli altri, immersi come siamo nell’indifferenza globalizzata, come la chiama papa Francesco, e nella “malinconia”, sentimento oggi prevalente in Italia, secondo il Censis.
 
💥 Che fare? Assurdo velleitario e al limite farneticante auspicare un terremoto disomologante, sradicamento in un angelismo disincarnato fuori del tempo e spazio.
Molto prosaicamente basta provare a  pensare, sul serio: renderci consapevoli,  non rinunciare ad essere vigilanti, attenti soprattutto a noi stessi, costruire o ricostruire nel tempo l'habitus la virtù oggi piuttosto desueta del discernimento. Non credo esistano ricette a poco prezzo per questa virtù di vigilanza, attenzione, resistenza. Ognuno deve fare i conti con se stesso nel contesto in cui vive. E decidere di pensare, cioè trovare o ritrovare la strada della consapevolezza e mettere a nudo le proprie tentazioni. Posso provarci anch'io con  le mie  tentazioni per intravvedere la mia strada:
 
Ottorino Stefanini, Uomini aquiloni
💥 1. Mi sento omologato quando per indifferenza e insensibilità non guardo l’orizzonte di vita che va oltre la mia, quando mi rendo cieco o anche solo miope di fronte alle infinite nuove povertà attorno a me e nel mondo.
2. Mi sento omologato quando compio gesti dettati da altri, mi lascio dominare da decisioni e convinzioni preconfezionate, giudizi e linguaggi stereotipati.
3. Mi sento omologato quando la routine quotidiana mi distoglie dai problemi basilari dell’esistenza umana come la pace l’amore e la solidarietà, quando non mi ribello al costo più doloroso, la perdita del senso della comunità e della fraternità.
4. Mi sento omologato quando mi lascio irretire nella trappola di un’invisibile anonima autorità: nessuno ordina, però tutti ci conformiamo all’autorità invisibile del senso comune, del si fa, si pensa, si sente, si dice. Chi può attaccare l’invisibile? E così perdo il senso di me stesso, faccio tutto quello che tutti fanno…
5. Mi sento omologato quando fingo di ignorare il rovesciamento sociale del tempo: non c’è più il prima e il dopo, ma solo e null’altro che il qui ed ora in permanente agitazione individuale e sociale e così rischio di passare buona parte del mio tempo a dire “NON HO TEMPO” come se “il tempo reale” fosse congelato e non fosse in divenire, come inesorabilmente riconosco vedendomi nello specchio tutte le mattine. Se lo voglio veramente, io HO TEMPO: posso in ogni momento essere me stesso, con la mia irripetibile identità, perché nessuno può riuscire a sradicare la mia visione della vita, il gusto di vivere intensamente la mia vecchiaia, di amare mia moglie e offrirle ogni giorno un seme di speranza che fiorirà, abbracciare i miei familiari e amici, gaudere cum gaudentibus et flere cun flentibus, dividere qualcosa di me con tutti coloro che incontro vivere fiero dei miei ideali, pur sempre accompagnati da grumi di dolore per le violenze e ingiustizie che segnano i volti di milioni di persone ovunque nel mondo.
Ottorino Stefanini, La nuova identità
6. La malinconia secondo il rapporto Censis sarebbe il sentimento prevalente degli italiani. Ma posso viverla in positivo  - invito suggestivo di L. Ponticelli (3) - come segno di “squarci di luce”, stimolo a “smilitarizzare i cuori, a globalizzare la compassione”, a ritrovare “poesia, musica, canto, bellezza, sensibilità, delicatezza”, a “vedere il sole oltre le nuvole e trovare un senso dove il senso sembra perduto”. Sì, malinconia  “invocazione di salvezza e collaborazione con Colui che tutto assume e tutto redime”.
È questo il modo – mio, di mia moglie, dell’amico Rosario - di augurare a tutti i nostri lettori “Buon 2023 di consapevole recalcitrante vigile inquieto attento discernimento delle “tentazioni omologanti”…

💥 Note.

1. Le tre domande kantiane sono qui riproposte in versione plurale (noi) e non individuale (io): “Che cosa insieme possiamo conoscere? Che cosa insieme dobbiamo fare? Che cosa insieme ci è concesso sperare?”. In sintesi: Chi siamo noi?
2. “La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, Mi, Mondadori, 1970, p. 222-223).
3. L. Ponticelli, sacerdote e psicologo, Sul rapporto Censis e il sentimento prevalente degli italiani, E se questa nostra malinconia fosse anche una buona notizia?, art. del quotidiano Avvenire,12.22 2022, pag. 3. 

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6 commenti:

  1. Da Rosario. Premessa- Un immenso grazie per questa lettura ( e di avermi addirittura inserito nel trio che formula gli auguri del 2003).
    AUGURI Sì auguri, quando l’augurio invita ad una vita rinnovata e generativa, come fai tu.
    Disomologante, individuata nella omologazione la “serpe” che ci insidia .
    Da essa discende il pensiero unico : che vediamo “ spiattellato” nelle figurazioni di una cultura invitante e consumistica, “ sbandierato “ dagli informatori che si sono accomodati alla “ corte della regina”(imbonitrice con l’olio di ricino di vecchia marca).
    Con essa, “ la convertibilità degli opposti “, ovvero la negazione della dialettica, che nel concetto hegeliano ha ben altra ragione. In virtù di una finta pacificazione, visto che si sviluppa con un’ampia vendita delle armi ( contraddizione vistosa!).
    Ed aggiungi, togliendo addirittura al “ pericoloso rosso” Lenin : CHE FARE?
    Già , che fare? La parola ancora a te, che hai indicato i rimedi ed il LUOGO DEPUTATO, che “” i manovratori di turno”(ma quanto insidioso tal Valditara!) deviano dal rettò cammino e governano in maniera “funzional- aziendale”.
    Sono con te e ti abbraccio 🤗

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  2. Sempre grazie, caro Rosario, sempre uniti dall'impegno di testimoniare nel concreto del nostro agire, con tutti i miei limiti. quanto affermiamo. Che la volontà volente sia volontà voluta... Ricambio, ricambiamo l'abbraccio.

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  3. Riflessioni preziose, su cui meditare e da cui trarre spunti di cittadinanza impegnata. Grazie. Buona domenica.

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  4. Gentile professore, che piacere aver "scoperto" questo suo blog! Sono stata sua alunna ad Alba nel lontano 1975/76, e ritrovo in questi articoli tutta la profondità e la passione che ricordo nelle sue lezioni di allora. "Possedere la parola" e "appartenere alla massa": non ho mai dimenticato i suoi commenti a Don Milani, ed in tutti questi anni ho sempre fatto mio l'amore per la Scuola che lei ha saputo trasmetterci. Ho insegnato con passione per quarantadue anni (prevalentemente alle Medie) e mi sono quasi commossa quando, leggendo i suoi post e quelli dei suoi collaboratori, ho constatato che esiste ancora una visione della Scuola simile alla mia, supportata da un pensiero critico in grado di andare oltre il "nuovo" fine a se stesso e animata dal sincero desiderio di contribuire al reale miglioramento della società… Sì, gli ultimi anni di insegnamento sono stati duri: ero rimasta in minoranza a difendere i principi in cui ho sempre creduto, cercando di resistere di fronte al dilagare di inutili progetti e infinite tecniche cosiddette "innovative" ma prive di qualunque visione, mentre si lasciavano i ragazzi sostanzialmente soli e sempre meno in grado di comprendere la realtà. Credo che, oggi più che mai, ci sia un grande bisogno di diffondere - almeno tra gli insegnanti! - un pensiero critico in grado di orientare verso il meglio i nostri comportamenti, e di aiutarci a resistere alle infinite "tentazioni omologanti" che ci attorniano: grazie davvero per gli interventi e gli spunti di riflessione che vengono offerti in questo blog!
    Naturalmente continuerò a seguirvi, e con l'occasione mando a lei e ai suoi collaboratori i miei migliori auguri per un anno sereno, sempre ricco di stimoli e di proficuo impegno.
    Con riconoscenza e stima
    Angela Saglietti

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    1. Gentile prof.ssa Angela, ho letto con profonda commozione il suo commento. L'anno passato ad Alba è tra i ricordi più cari e vivi tra i 42 anni di servizio scolastico trascorsi 16 come docente e 26 come preside. La sua inaspettata citazione di don Milani - uno dei fondamentali riferimenti della mia azione educativa ieri, e oggi come volontario alla scuola Migrantes di Albenga dove risiedo - è quanto ancora continuo a dire, scrivere e umilmente testimoniare con solo una piccola variante che a don MiIani forse non sarebbe dispiaciuta ("appartenere alla comunità"). A maggio ricorreranno i 100 anni dalla sua nascita e questo blog farà la sua parte... Infine trovo bello e confortante sentirci in sintonia per quanto concerne l'amore per la scuola. A Lei un caldo saluto e, tramite Lei, a tutte le "ragazze" del 75/76 di Alba che ho avuto la fortuna e l'onore di avere come alunne.
      P.s. Anche mia moglie Rossana Rolando che, più giovane di me, continua ad insegnare storia e filosofia al liceo di Albenga, ha insegnato per tre anni ad Alba (92-95).

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