Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

giovedì 31 ottobre 2013

Giovani e coraggio civile oggi.


I giovani ieri e oggi.
Sophie Scholl

« "... non si sente colpevole di aver diffuso 
e aiutato la Resistenza, 
mentre i nostri soldati combattevano 
a Stalingrado? 
Non prova dispiacere per questo?", 
e lei rispose:
" No, al contrario! 
Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo 
e per tutti gli uomini. 
Non mi pento di nulla e mi assumo la pena!" »





Sophie Scholl (1921-1943) e il fratello Hans (1918- 1943), attivisti del gruppo antinazista della "Rosa Bianca" emblema della ribellione non violenta al Reich, furono dal regime  nazista arrestati il 18 febbraio e ghigliottinati il 22 febbraio perché, proprio  nel momento del maggior potere del Terzo Reich, osarono protestare apertamente contro i crimini del regime. 


Sophie e Hans Scholl (1961)

L’esempio di  Sophie ed Hans: vivere con responsabilità di fronte a Dio  ed a tutte le persone viventi, essere uomini e donne anche in un mondo inumano, non tacere l’ingiustizia anche se tutti l’accettano in silenzio, impegnarsi anche se tutti si lavano le mani. 


Locandina del film di Marc Rothiemund
  
Giovane donna ritratta da Francesca Selvi



Che c’entrano i giovani di oggi? Guardate l'immagine accanto: non so se sia una celebrità, forse sì forse no. Non importa: potrebbe essere una ragazza come tante altre. Qual è e quale sarà  la sua strada? Coraggiosa e dignitosa o, al contrario, arrendevole e piegata?  Che faranno i suoi amici? E che significa essere coraggiosi?






Tento arditamente una traccia: 
prima di tutto coraggio di essere se stessi;


Il coraggio di essere se stessi.

poi  coraggio dell’impegno per la vita degli altri; 

Il coraggio dell'impegno per gli altri.

coraggio di dire sì quando è necessario e no  quando bisogna,  di scegliere sempre e solo in base alla propria coscienza; coraggio di essere liberi di fronte ad ogni forma di potere…

Il coraggio di esercitare la libertà del proprio pensiero

Chi desidera intervenire può consultare il post del  22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su  "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.  

mercoledì 30 ottobre 2013

La giovinezza non è semplice dato anagrafico.




Dedicato ai giovani.

Quando nel giugno scorso il nostro blog  muoveva  i primi passi abbiamo dedicato ai giovani tutta una serie di post  e così pure nelle settimane susseguenti. Da oggi riprendiamo, a scadenze fisse,  questo nostro voluto impegno.


La giovinezza anagrafica non esaurisce il senso della giovinezza


Ben più del mormorio tranquillo dei concetti ben ordinati, c’è un grido che vorrei intendere e far intendere: quello della giovinezza (che non coincide necessariamente con l'età biografica), della giusta collera e dell'amore, quel grido che rivela uno sguardo sul mondo troppo affettuoso per non essere di fuoco.
 

La fontana della giovinezza: tutti possono tornare ad essere giovani.


“Io non difendo qui la nostra giovinezza, non quella determinata dall’età della carne, ma quella che trionfa sulla morte delle abitudini ed alla quale accade che non si pervenga se non lentamente, con  gli anni. E’ questa che fa il pregio dell’altra giovinezza, che  ne giustifica, di quando in quando, la sua irruzione un po’ violenta nei ranghi calmi degli adulti. […] Se a quest’età l’uomo che nasce non nega con tutte le sue forze, non s’indigna con tutte le sue forze, se si preoccupa  di note critiche e un po’ troppo di armonie intellettuali prima di aver sofferto il mondo in se stesso, fino  al grido, allora è un povero essere, un’anima bella che già odora di morte”. 


L'albero della conoscenza: la vera giovinezza è una conquista.

Nulla a che fare ovviamente con la giovinezza contrabbandata da ogni parte, quella che trionfa nelle pubblicità a nome dell’efficienza,  del consumo, dell’evasione dalla vita, dell’oblio della miseria e povertà che non sono problemi, della rimozione della morte e dell’emarginazione della vecchiaia perché non troverebbero soluzioni accomodanti. 
E’ un’altra giovinezza quella che ho cercato e cerco di vivere e vedo intorno a me, che è realistica, che non evade, che è  incarnata nel mondo e  conosce la vocazione dell’uomo e la sua tentazione perenne: l’adagiarsi, l’appiattirsi. 

La giovinezza che non evade, che sa portare i pesi dell'esistenza.

“In altre parole, quando accetteranno infine che la grandezza dell’uomo sta nel non rompere con la propria infanzia, con l’avventura, la fragilità, le indignazioni totali, le ingenuità e il dono senza calcolo dell’eterna infanzia? Le puerilità hanno un loro tempo. L’infanzia non ne ha. Nella misura in cui gli anni passano bisogna, per poterla mantenere, riconquistare sull’ostilità degli anni. Infanzia matura, infanzia lucida, infanzia grave, infanzia dolorosa …”.


Il legame con l'infanzia.


(Le citazioni di E. Mounier  sono tratte da Rivoluzione personalista e comunitaria, Milano, edizioni di  Comunità).
Tutte le immagini riproducono opere di Lucas Cranach il Vecchio.
 
Chi desidera intervenire può consultare il post del  22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su  "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

martedì 29 ottobre 2013

Canto all'amore.


L'amore è la fonte della vita.



L'amore è vita che prorompe.




Senza nulla ricevere

“Pazzi o gelidi,

          ossessionati da angeli

o da macchine,

          il desiderio estremo

è amore.

Non può essere amaro,

non può negare,

non può contenersi

se negato:

il peso è  troppo greve.

Deve dare

         senza nulla riavere

come il pensiero

         è dato

in solitudine

         in tutta  l’eccellenza

         del suo eccesso.”


 (Allen Ginsberg, Poeta statunitense 1926-1997) 


Il desiderio estremo è amore.


La dolcezza dell'amore.
 
L'amore vince la morte.


Tutte le immagini riproducono opere di Gustav Klimt. 

Chi desidera intervenire può consultare il post del  22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su  "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.



lunedì 28 ottobre 2013

Non ci si salva da soli.


Due racconti, due percorsi opposti ...


Il primo racconto è questo...


C’era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un’azione virtuosa. 


... una donna che aveva sempre ignorato il volto dell'altro ...

I diavoli l’afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio:
“Ha sradicato una cipolla nell’orto e l’ha data a una mendicante.”
E Dio gli rispose:
“Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà la donna rimanga dove è ora”.
L’angelo corse dalla donna, le tese la cipolla:
“Su, donna,” le disse, “attaccati e tieni”.
E si mise a tirarla cautamente, e l’aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch’essi tirati fuori. 


Gli altri si aggraparono ...

Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo:
“E’ me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra”. 


E' me che si tira fuori, non voi.

Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò e la donna cadde nel lago e brucia ancora. 
E l’angelo si mise a piangere e si allontanò.

F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, vol. II, Garzanti, Milano 1981, pp. 375-376).



C'è poi un secondo racconto ...


Gli altri sono sempre lì.

 C’era una volta un cammello cieco che aveva smarrito la sua carovana. Sospirava e si lamentava, perché la cecità gli avrebbe impedito di raggiungere i suoi compagni.
Ad un tratto si avvicinò una pecora zoppa che aveva perduto il gregge. Sospirava e si lamentava, perché la lentezza le avrebbe impedito di tornare all’ovile del paese prima di notte. Passò di là un vecchio eremita:
“Smettetela di commiserarvi! Il cammello potrà caricare sulle spalle la pecorella: l’uno metterà le gambe, l’altra metterà gli occhi.”


La complementarietà.

E fu così che in meno di un’ora il cammello e la pecora raggiunsero la meta desiderata.

(Le parabole di Anthony de Mello, a cura di Elsy Franco, Piemme).


Ci si salva solo insieme.

Tutte le immagini riproducono opere dell'artista africano Renè Bokoul, oggi profugo in Italia.

Chi desidera intervenire può consultare il post del  22/10/13 oppure semplicemente andare qui sotto su  "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

domenica 27 ottobre 2013

In terra straniera l'esperienza della bontà.




Un giorno Madeleine Delbrêl si trovava in una grande città, all’estero. Era l’anno 1950 o forse ‘51. Già da un po’ era lontana dalla Francia. 


In terra straniera.

Le era rimasto pochissimo denaro, camminava da molto tempo …
Certamente era stanca, era proprio esausta.
In quel momento si sentiva straniera, sconosciuta, abbandonata. Il dolore che provava – lo capiva - non era solo il suo, era qualcosa di più profondo e universale che apparteneva all’esperienza di tutta l’umanità.
 

Il sentimento dell'abbandono.

Le lacrime cominciavano a salire su da non si sa quale angolo riposto del cuore e non riusciva a trattenerle. 

La nostra comune esperienza di uomini.
Intanto iniziava a piovere e aveva fame. 
Con le poche monete che le rimanevano poteva comprare ben poco: un cibo freddo, qualcosa di semplice. Non appena riuscì a procurarselo lo mangiò lentamente mentre l’acqua le scorreva addosso. 


Lo sguardo che lascia soli.

Fu proprio allora, inaspettatamente, che qualcuno le rivolse una parola, in una lingua imprecisata, appena comprensibile.
“Caffè, vuoi? Io, dare” 
… una donna, le stava offrendo del caffè. 
Fu un piccolo gesto destinato a rimanere impresso in modo indelebile nella sua mente. 

La bellezza del dono gratuito

Spesso si trovò, ancora molto tempo dopo, a ripensare e raccontare quell'episodio apparentemente insignificante.
Quando rifletteva sulla bontà, quando voleva  darle un volto, ecco che riemergeva dai ricordi quella donna. 


Riconciliarsi con la vita

Così rimuginava, con riconoscenza, tra sé e sé:
‹‹ …. è stata buona perché era abitata dalla bontà, non perché io ero dei “suoi”, familiarmente, socialmente, politicamente, nazionalmente, religiosamente. Io ero la “straniera” senza indice di identità.  Avevo bisogno di bontà. Io avevo anche bisogno di quella bontà che si fa misericordia. E mi è stata data da quella donna.
Oggi è un esempio assoluto della bontà perché io ero “non importa chi” e “non importa che”, e perché quel che mi ha fatto lo ha fatto perché la bontà era in lei e non perché ero io. Nel suo atto trovo tutto quello che la bontà deve essere per essere bontà››
(M. Delbrêl,  Noi delle strade, Gribaudi ed., 1995,  pag. 169).


Tutte le immagini riproducono opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Chi desidera intervenire e portare il proprio contributo alla riflessione può trovare le indicazioni tecniche nel post del 22 ottobre 2013, dal titolo: "Agli eventuali lettori. Video guida".


giovedì 24 ottobre 2013

La potenza ambigua della rete.





Capire chi sono

Auto - ritratto







E’ un po’ ridicolo parlare del proprio tempo come  se lo si conoscesse veramente e si sapesse esattamente quanto di esso è transitorio e quanto  permanente, anche se l’accelerazione della storia è tale che,  se prima bastavano pochi anni, adesso basta ben poco  per trasformare i nostri modi di vivere  e pensare.

Una mano invisibile trasforma il nostro modo di vivere e pensare?


Consapevole o meno, sono preso nell’ingranaggio della “rete” informatica, di cui non  vedo tutti gli elementi. Seguo la corrente ma non sono in grado di intervenire sul movimento generale: ognuno fa girare la sua ruota senza discutere la direzione seguita o da seguire, perché l’importante è entrare e rimanere nel gioco, mettersi al passo per non essere tagliati fuori. 


L'importante per noi è non rimanere fuori ...

In qualche modo anch’io sono al servizio di questa rete onnipotente, insieme benefica e  malefica e comunque misteriosa, che ci fornisce orizzonti di vita prima mai raggiunti, ma che sfugge al nostro controllo, ci toglie  il potere di giudicare, perché non ha interesse a considerarci soggetti responsabili, ma solo  utenti o clienti, ovvero consumatori. La mia  ambigua partecipazione mi arricchisce e  vincola al tempo stesso. 


Il sonno di chi non sa giudicare.

E’ lo stile del nostro tempo, che rende altrettanto ambigua ed ambivalente ogni trasformazione in atto:  le relazioni tra le generazioni sono  impoverite, ma insieme rese più autentiche; alcune virtù sono celebrate, altre relegate al punto che è impossibile nominarle senza suscitare ilarità; le  manipolazioni finanziarie arricchiscono qualcuno e privano altri dei  risparmi di tutta una vita; l’amore per il lavoro si trasforma in  disoccupazione o - quando va bene - in cassa integrazione; la sicurezza sociale e la tutela pubblica della salute  non si sa più che cosa siano; gli analfabeti scompaiono ma rinascono masse di semianalfabeti, quelli che non sanno usare internet  o non conoscono l’inglese;  le vecchie povertà sono in parte debellate, ma nuove povertà prima mai viste  invadono il  paese, e così via.




L'ambiguità, il duplice volto

Il fatto è che la “rete”,  nonostante il suo disordine apparente,  ci situa  nel mondo che si va facendo, modifica i nostri punti di riferimento  e ci insegna in che modo dobbiamo condurci. E così ha assunto il compito principale della cultura tradizionale, con una novità rispetto ad essa di non poco conto: l’abolizione della relazione maestro-discepolo. Non insegna ciò che deve essere, ma mostra ciò che è e noi, immersi in un’immensa collettività virtuale, a torto o a ragione ci  sentiamo liberi: ognuno di noi  entra ed esce nel circuito della rete quando vuole e non deve render conto a nessuno; non ci sono più  maestri e non ci sono più tabù, nonostante le apparenti censure ed i “vietato ai minori di 18 anni”. 


Maestro e discepolo.

Poco importa se la rete è piegata a mille servitù e convenzioni, pilotata da abili manovratori più o meno anonimi, celati  dietro le loro quinte virtuali; poco importa  se ci arricchisce o deforma o fa entrambe le cose. Il fatto è che  esiste come realtà reale e non solo virtuale:  informa,  getta in faccia a noi  pubblico virtuale tutto ciò che può  colpirlo, senza esclusione di colpi, e trasforma lo spirito del nostro tempo. E’ bene o male? Dipende.  Ciò che ci dovrebbe preoccupare  è  l’opacità  di questa  “rete” ambivalente: se ci lasciamo intrappolare, nessuno di noi può ritenersi ancora capace di denunciare e di riparare le ingiustizie. Oh, certo, l’ingiustizia e la miseria appaiono in rete, provocano emozioni e  sensazioni, ma non è detto che suscitino un nuovo pensiero né un’eventuale azione: si vedono gli orrori, abbondano le immagini di violenza e di oppressione, sappiamo che il male esiste, anche noi  siamo nella tempesta, per un po’ ci indigniamo e protestiamo, e poi continuiamo come prima. 


 L'innocenza di chi non deve rendere conto a nessuno ...

Non so proprio: si tratta  di un’arte di mostrare per accecare oppure per vedere meglio? Di una cultura orgiastica che insegna a vedere tutto come se non si vedesse oppure  a guardare più in profondità  e ad  essere “intelligenti” (intus-legere)?


Interrogarsi ...



E allora che cosa si può dire del nostro tempo?  Semplicemente che ci si trova davanti non ad un destino da accettare, ma ad un mondo di cui prendere coscienza critica e le cui benefiche potenzialità vanno esplorate e quelle alienanti neutralizzate. Soprattutto ci si trova davanti  ad una realtà da umanizzare con pervicace garbo, senza mai demonizzare niente e nessuno.    

Umanizzare con garbo ....

 Tutte le immagini riproducono opere di Pablo Picasso.


Chi desidera intervenire e portare il proprio contributo alla riflessione può trovare le indicazioni tecniche nel post del 22 ottobre 2013, dal titolo: "Agli eventuali lettori. Video guida".