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venerdì 28 dicembre 2018

Per una nuova rinascita sociale.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini dei dipinti di Giuliano Giuggioli, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). Il pittore è in mostra ad Albenga fino al 13 gennaio 2019, presso Palazzo Oddo: un ringraziamento particolare a Francesca Bogliolo - curatrice della mostra - che ci ha permesso di conoscere l'artista.

Giuliano Giuggioli, 
Dobbiamo proteggere i nostri sogni. Il sorvegliante
“L'azione politica, quale si concepisce oggi, è viziata nel suo più profondo modo d'essere. I suoi fini sono limitati: la conquista del potere e la conservazione o la riforma delle istituzioni. Ora l'azione politica di oggi è divenuta, quasi insensibilmente, totalitaria nelle sue esigenze” (E. Mounier. Rivoluzione personalista e comunitaria, Ed. Comunità, Milano 1955, pp. 343 s.).

Ottantasei anni fa, nell’ottobre 1932, il giovane Emmanuel Mounier pubblicava il primo numero di “Esprit”, rivista oggi ancora ben presente nel panorama europeo, che soprattutto nel secondo dopoguerra  fu punto di riferimento per molti cattolici italiani. Mounier è stato anche voce ispiratrice del Vaticano II ed ancor oggi, nella sua inattualità,  offre spunti  formidabili di riflessione in questo “tempo di privazione”.

domenica 23 dicembre 2018

Auguri speciali di Natale.

Albenga, Albero di Natale, mare, spiaggia

Siamo stati indecisi sino all’ultimo se fare  o non fare gli auguri tipo:

Auguriamo   di cuore  un lieto  Natale
ed un Nuovo Anno  ricco di serenità e di bene
  
recita augurale che ogni anno rischia di diventare sempre più insulsa, frutto di una ritualità collettiva, tanto compulsiva quanto insensata; auguri seriali sbandierati ovunque, non genuflessi presso una mangiatoia accanto a sconosciuti viandanti e pastori, ma pressati (chi più  chi meno)  all’altare del consumismo e del mercato.

giovedì 20 dicembre 2018

Natale modesto, Giorgio Caproni.

Post di Rossana Rolando
Immagini dei dipinti di Lippo Memmi (1291-1356) e Simone Martini (1284-1344).

Simone Martini e Lippo Memmi,  
Annunciazione e due santi, particolare, 1333, 
Firenze, Uffizi
Quando Giorgio Caproni, nel suo Taccuino dello svagato, scrive le pagine di “Natale modesto”¹, il riferimento ad una poesia retorica e ampollosa viene posto in contrasto con l’asciuttezza di una parola “guerriera”, aspra, “ostile verso i sentimenti e verso le facili seduzioni dell’immagine e del ritmo”. E’ il giorno di Natale, il 25 dicembre 1960. 
E non è un caso. Per parlare del Natale è necessario questo linguaggio essenziale, scabro, teso. Lo dice un poeta che ha fatto dell’assenza di Dio la cifra della sua presenza. In Caproni convivono, infatti, due interdizioni: da una parte l’impossibilità di scovare il 'Deus absconditus' ”, dall’altra parte l’incapacità di “cancellarne il buco, il nome, il vuoto”². Nessuna delle due vie può essere percorsa e l’equilibrio che scaturisce da questa duplice impotenza è una ricerca esigente, che non si accontenta di scorciatoie e di acquietanti risposte.

domenica 16 dicembre 2018

Un discorso sul sacro a partire da Pasolini.

Post di Rosario Grillo.

Pier Paolo Pasolini
Pasolini, chi?
Sono più di quaranta gli anni che ci separano dalla morte di Pasolini.
Do per scontata la sua assunzione nell’Olimpo della letteratura d’autore, suffragandola con le poesie, con gli Scritti corsari, con i suoi film, con la suggestione dei suoi interventi pubblici, sempre attenti e mai convenzionali.
La sua scelta politica, che andava verso il comunismo, non fu, neanche essa, ossequiosa ai paradigmi del Partito. Nasceva, piuttosto, da un marxismo critico, attento al tema dello sfruttamento e del riscatto, coinvolgendo nel proletariato sia la classe lavoratrice delle fabbriche sia il mondo contadino, allargando, al contempo, la gamma del capitalismo.
La civiltà contadina, del resto, ha, per Pasolini, una  “purezzaquasi mitica, sulla scorta della vita vissuta nella sua adolescenza a Casarsa, borgo rurale (allora) del Friuli.
Il poco che filtra di lui, della sua testimonianza, se si eccettuano le conoscenze di quanti riescono ad intercettarlo a scuola, in virtù di piani di studio illuminati, evidenzia la natura polemica, le tirate contro il “costume televisivo e contro il “Palazzo, emblema del continuum democristiano.
Risaputa e variamente giudicata la vicenda che lo portò alla morte.

giovedì 13 dicembre 2018

Il tempo dell'attesa.

Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie d'autore di Tommaso Giulla, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). I titoli sono fedeli all'ispirazione, ma liberamente adattati.

Tommaso Giulla, 
L'attesa
“Gli ultimi sono quelli che hanno creduto nell’attesa, nell’avvento, nella speranza, virtù dell’attesa. Hanno creduto che il tempo è tempo di speranza e che la vita è l’avvento del tempo definitivo, ultimo, del compimento finale.  Gli ultimi sono i poveri di Dio, gli spogliati per Dio, gli impotenti a salvarsi, che attendono Dio come Ultimo della loro attesa, che chiedono a Lui la salvezza, che aspettano Lui come salvezza” (Lino Prenna: in Lo spazio dell’anima domenica 2 dicembre, Agenda Famiglia Cristiana 2018). (1)

giovedì 6 dicembre 2018

Teologia() al femminile.

Post di Rosario Grillo

Luisa Muraro, 
Il Dio delle donne
Ho nascosto un piccolo tranello nel titolo, che vedremo di svelare in corso d’opera.
Ultimo della nidiata in una famiglia numerosa, con maggioranza femminile, ho avuto modo di frequentare a lungo l’universo femminile. La confessione è finalizzata a “pesare” la naturalezza della mia comprensione della “causa femminile”.
Evidentemente non così eccelsa da permettermi di intendere ed appoggiare la battaglia femminista nel “caldo ‘68”.
Il tema che sto per introdurre rimanda a questa causa, per vie diverse.
La denuncia è sempre uguale: il lungo dominio maschile, la lettura parziale del cammino storico, intonato al maschilismo ed intrecciato con le chiavi del Potere, quasi sempre in mano al genere maschile (1).
Il modo, però, e, aggiungo, il metodo, con inevitabili ripercussioni sull’obiettivo, sono diversi.
Dove si teorizzavano emancipazione e parificazione, ora si sceglie la differenza.

sabato 1 dicembre 2018

Può esserci arte senza bellezza? Vito Mancuso.

Post di Rossana Rolando.

Mostra Marina Abramovič, Firenze, 
Palazzo Strozzi, 
Fotografia di Alessandro Moggi

C’è una domanda fondamentale all’interno del breve e denso capitoletto dedicato da Vito Mancuso all’approfondimento sull’arte contemporanea, nel suo ultimo libro La via della bellezza (qui la mia recensione), ed è questa: “Perché l’arte sembra aver perso il desiderio di produrre bellezza? Perché prevalgono così tanto la negazione, la storpiatura, la satira, la dissacrazione? Perché questo desiderio di abbruttire piuttosto che di abbellire?”¹
Questi interrogativi sottendono due questioni: la prima, relativa allo statuto dell’arte, mette in discussione la possibilità che si dia arte senza bellezza; la seconda,  conseguenza e radicalizzazione della prima, problematizza la stessa eventualità di poter oggi accedere all’esperienza del bello. Infatti, se l’arte è “il proprio tempo appreso con il sentire”, se è “il più acuto sensore”² di un determinato clima culturale, allora essa esprime nel modo più consapevole il malessere di un mondo disgregato e disarmonico, in cui la bellezza non può trovare spazio.