Viene ricostruita in questo articolo la storia di Don Antonio Cojazzi in relazione al suo incontro con Pier Giorgio Frassati.
Di Gian Maria Zavattaro.
Mons. G.Battista Montini, poi Paolo VI |
“In ogni modo, Deo Gratias” (Don Cojazzi, in punto di morte).
Chi era don
Cojazzi e che cosa ha significato per lui l’incontro con P.G.
Frassati? Ho cercato risposte da più parti, ma è soprattutto
dal Bollettino Salesiano del 1° ottobre 1973 (a. XCVII. n.19, ventesimo
anniversario della sua morte), che ho trovato riflessioni e notizie
decisamente interessanti e soprattutto cariche di autentica passione, che
invito a consultare per una esauriente lettura. Dal canto mio mi limito a
proporre non una impossibile sintesi, ma quanto ho saputo cogliere da varie
letture, selettive come ogni lettura, virgolettando le citazioni che
ho attinto dal Bollettino.
Il sacerdote, l’educatore, l’animatore, lo scrittore.
Antonio nasce nel 1880 a Roveredo in Piano, per lui il paese più bello del mondo. A 13 anni entra in collegio dai Salesiani e dopo il ginnasio decide di farsi salesiano e prete (1). Conseguita la maturità classica, inizia gli studi di teologia ed insieme frequenta l’Università a Torino. Si laurea in lettere nel 1905, nel 1906 in filosofia e si abilita all'insegnamento della lingua inglese dopo un impegnativo perfezionamento in Inghilterra. Lo ammirano professori illustri come G. De Sanctis e A. Graf, ma rifiuta la carriera universitaria.
Nel 1908 è ordinato sacerdote e inizia l’insegnamento prima di lettere
poi di filosofia al Liceo di Valsalice (lo terrà sino al 1948). Le
sue ore di lezione rimarranno memorabili nei ricordi degli exallievi:
vivi avvenimenti in cui si incrociano la passione di educare
dell’insegnante e l’emozione degli allievi che vivono
lo studio come apertura senza sosta dell’intelligenza e del cuore agli
incontri, alla conoscenza, alla scoperta del bello ed alla ricerca
del Vero. Sentono che lì si organizza la cultura, che ognuno a suo modo diventa
protagonista, che una calda umanità vibra dentro l’aula scolastica dove ogni
studente scopre o ritrova la fiducia in se stesso, il fascino del
vivere e l’entusiasmo dello studiare.
Porta della Grande Casa (Roveredo in Piano) nella quale è nato don Antonio Cojazzi |
Il sacerdote, l’educatore, l’animatore, lo scrittore.
Antonio nasce nel 1880 a Roveredo in Piano, per lui il paese più bello del mondo. A 13 anni entra in collegio dai Salesiani e dopo il ginnasio decide di farsi salesiano e prete (1). Conseguita la maturità classica, inizia gli studi di teologia ed insieme frequenta l’Università a Torino. Si laurea in lettere nel 1905, nel 1906 in filosofia e si abilita all'insegnamento della lingua inglese dopo un impegnativo perfezionamento in Inghilterra. Lo ammirano professori illustri come G. De Sanctis e A. Graf, ma rifiuta la carriera universitaria.
Roveredo in Piano, Piazza Roma |
Don Antonio Cojazzi |
Pubblica negli anni decine e decine di volumi (il primo su “Don Bosco diceva così”) sul Manzoni, Maritain, sulla gioia della fede, su giovani eroici come F. Ozanam, G. Borsi, …: libri che anche Pier Giorgio legge. Nel 1920 fonda la Rivista dei Giovani che dirigerà con ostinato entusiasmo sino al 1948. La rivista parte quasi in sordina ma ben presto ottiene vasti consensi: è da leggere adagio, non da sfogliare, ma meditare, “specialmente le parole scritte in tondo”. La Rivista cresce nonostante la mortificazione del fascismo e “mostra a centinaia di preti come si deve parlare ai giovani e ad una larga èlite di giovani rivela che cosa significa essere cristiani”. Don Cojazzi diventa uno dei sacerdoti più conosciuti d'Italia.
Pier Giorgio Frassati e don Antonio Cojazzi |
Quando dal
senatore Alfredo Frassati, ambasciatore a Berlino, verso il quale i Salesiani
hanno un debito di riconoscenza (2), giunge la richiesta di un salesiano che si
occupi di seguire negli studi i due figli Pier Giorgio e Luciana, il
Rettor Maggiore don Albera invia don Cojazzi, persona adatta per la sua ampia
cultura, il suo giovanile entusiasmo e la sua capacità comunicativa. In casa
Frassati non è “precettore”', è un amico, specie di Pier Giorgio, di cui
dirà: “Lo conobbi decenne e lo seguii per quasi tutto il ginnasio e il liceo
con lezioni che nei primi anni erano quotidiane: lo seguii con crescente
interesse e affetto”. Pier Giorgio, ormai giovane di punta dell'Azione
Cattolica torinese, ascolta le conferenze e le lezioni che don Toni tiene
al Circolo “C. Balbo”, segue con interesse la sua rivista, sale a
Valsalice nei momenti per lui delicati e decisivi.
Don Cojazzi e il suo libro su Don Bosco |
Pier Giorgio Frassati, L'ultima scalata |
Nel segno di Pier Giorgio.
Le
testimonianze arrivano numerose e vengono vagliate con cura. La mamma di Pier
Giorgio segue il lavoro, fornisce suggerimenti e materiale.
Nell'aprile del 1927 Don Cojazzi guida i fucini in pellegrinaggio alla tomba di Pier Giorgio. Annota: ”Sulla tomba ho parlato. Non so che cosa dissi: ricordo solo che piansi e vidi piangere. Di santa fierezza e di commozione cristiana. Tutti sentivamo la verità di quelle parole ché leggevamo sulla tomba: Perché cercate un vivente tra i morti?”.
Nel marzo del 1928 esce la vita di Pier Giorgio: un successo strepitoso. In pochi mesi si esauriscono 30 mila copie; nel 1932 sono 70 mila; nel giro di 15 anni il libro raggiunge 11 edizioni ed è tradotto in 19 lingue: punto di riferimento per l'Azione Cattolica nel difficile tempo del fascismo. Nel 1942 in Italia con il nome di P.G.Frassati ci sono 771 associazioni giovanili di A.C., 178 sezioni aspiranti, 21 associazioni universitarie, 60 gruppi di studenti medi, 29 conferenze di S. Vincenzo, 23 gruppi del Vangelo…
Ma Pier
Giorgio segna una svolta anche nella vita di Don Cojazzi. Quel biglietto
scritto sul letto di morte (3) gli rivela quasi brutalmente
il mondo dei poveri: “Il venerdì santo di quest'anno (1928) con due
universitari visitai per quattro ore i poveri fuori Porta Metronia. Quella
visita mi procurò una salutarissima lezione e umiliazione. Io avevo scritto e
parlato moltissimo sulle Conferenze di S. Vincenzo... eppure non ero mai andato
una sola volta a visitare i poveri. In quei luridi capannoni mi vennero spesso
le lacrime agli occhi... La conclusione ? Eccola chiara e cruda per me e per
voi: meno parole belle e più opere buone”. Egli vede in questo contatto
vivo con i poveri non solo l'attuazione del Vangelo, ma una scuola di vita per
i giovani: “Sono la migliore scuola per i giovani: per educarli e
tenerli nella serietà della vita. Chi si reca con un confratello spesso più
attempato, a visitare le famiglie povere ogni settimana, e ne tocca con mano le
piaghe materiali e morali, e poi nell'adunanza successiva ragiona e sente
ragionare su quelle e altre miserie, come volete che possa sprecare il suo
denaro, il suo tempo, la sua giovinezza in godimenti malsani? Come volete che
sia malcontento dei propri lavori e dolori, quando ha conosciuto, per diretta
esperienza, che altri lavorano e soffrono più di lui ?”.
Da quel
momento Pier Giorgio, i poveri, il Vangelo delle Beatitudini sono i temi
che sviluppa in migliaia di incontri, come migliaia sono i giovani che
vengono a conoscenza di Pier Giorgio. Non a caso mons. Montini accomunerà
i due nomi (4).
Agli anni
duri della guerra seguono quelli incerti e oscuri del dopoguerra: gli anni
passano anche per Don Cojazzi che avverte i tempi profondamente mutati, ma continua con tenacia ad insegnare al liceo, a predicare, a scrivere
anche quando la Rivista dei Giovani chiude nel 1948. Nell'ottobre del 1953
è a Salsomaggiore, parrocchia di don E. Tonini (poi Cardinale che tutti
abbiamo ammirato): è l'ultima domenica del mese, festa di Cristo Re. Parla sei
volte al pubblico. Al tramonto celebra l'ultima Messa con l’ultima omelia. Alla
sera nel teatrino della parrocchia siede in mezzo ai bambini, ride di
gusto allo spettacolo dei burattini, “lui che con la sua chitarra (che in
realtà non sapeva suonare) aveva tenuto allegri miriadi di giovani
sotto le tende della montagna, attorno ai falò”. Nel pomeriggio del 27 ottobre l'infarto lo abbatte. Sa di stare morendo. Esclama: “In ogni modo, Deo Gratias”.
Note
Nell'aprile del 1927 Don Cojazzi guida i fucini in pellegrinaggio alla tomba di Pier Giorgio. Annota: ”Sulla tomba ho parlato. Non so che cosa dissi: ricordo solo che piansi e vidi piangere. Di santa fierezza e di commozione cristiana. Tutti sentivamo la verità di quelle parole ché leggevamo sulla tomba: Perché cercate un vivente tra i morti?”.
Nel marzo del 1928 esce la vita di Pier Giorgio: un successo strepitoso. In pochi mesi si esauriscono 30 mila copie; nel 1932 sono 70 mila; nel giro di 15 anni il libro raggiunge 11 edizioni ed è tradotto in 19 lingue: punto di riferimento per l'Azione Cattolica nel difficile tempo del fascismo. Nel 1942 in Italia con il nome di P.G.Frassati ci sono 771 associazioni giovanili di A.C., 178 sezioni aspiranti, 21 associazioni universitarie, 60 gruppi di studenti medi, 29 conferenze di S. Vincenzo, 23 gruppi del Vangelo…
Don Cojazzi, Biografia di Pier Giorgio Frassati |
Liceo Salesiano di Valsalice (immagine tratta dal sito) |
Note
(1) Altrettanto faranno si suoi fratelli Enrico e Francesco.
(2) In occasione di una grande montatura scandalistica (“i fatti di Varazze”), per gettare fango sui Salesiani, mentre persino alcuni giornali cattolici parevano smarriti e disorientati, “La Stampa” ed in primis il suo direttore Frassati ne prendono le difese: condotta una rapida inchiesta, precorrono le conclusioni della Magistratura sull’assoluta innocenza dei Salesiani.
(2) In occasione di una grande montatura scandalistica (“i fatti di Varazze”), per gettare fango sui Salesiani, mentre persino alcuni giornali cattolici parevano smarriti e disorientati, “La Stampa” ed in primis il suo direttore Frassati ne prendono le difese: condotta una rapida inchiesta, precorrono le conclusioni della Magistratura sull’assoluta innocenza dei Salesiani.
(3) “Su un
biglietto, con grafia ormai quasi indecifrabile, scrive per l'ingegnere
Grimaldi, suo amico: Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa.
L'ho dimenticata, rinnovala tu”.
(4) E’
ancora don Cojazzi per primo, sulla Rivista dei giovani il 15 novembre
1935, a documentare il miracolo ottenuto per intercessione di Pier Giorgio, che
lo porterà alla beatificazione il 20.5.1990.
Tutte le immagini relative a don Cojazzi sono tratte dall'articolo qui consultabile di Benedetta Cojazzi, contenuto in La Voce di Roveredo, Estate 2015, pp- 38-43.
Su Pier Giorgio Frassati si può vedere su questo blog:
Pier Giorgio Frassati in un opuscolo di Don Cojazzi (1926)
Piergiorgio Frassati, rivisitazione biografica
Piergiorgio Frassati, rivisitazione biografica
Appassionata e partecipe ricostruzione del legame tra due figure simbolo del Cristianesimo autentico, che opera in mezzo ai poveri. Dobbiamo pur pensare che sono tante le forme della povertà, ma partiamo dalla più immediata quella materiale.
RispondiEliminaE’ profondamente vero: tante sono le povertà (la povertà della “cialtroneria politica”, la povertà culturale dettata dal fiato corto dei propri egoismi, dalla miopia dei propri orizzonti, dall’ignoranza fatta di pregiudizi… e ne vedo tante anche in me) ma è da quella materiale che bisogna cominciare(riconducibile a una sola parola = esclusione in tutte le sue forme dalla terra, dal reddito, dal lavoro, dal salario, dalla vita, dalla cittadinanza…), per rispondere alla domanda di Papa Francesco: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi? » (LS 160).
EliminaPreziosa ricostruzione biografica. Da ex iscritta all'A.C. conoscevo Pier Giorgio Frassati, ma non don Cajazzi. Grazie! Cari saluti.
RispondiElimina@mari da solcare. Grazie. In effetti si tratta di una figura che ben rappresenta l’avventura dell’insegnamento e dell’educazione. Quando questa è vera finisce per coinvolgere entrambi i soggetti della relazione: non solo chi viene “educato”, ma anche chi “educa”, in un’esperienza che trasforma entrambi.
RispondiEliminaDon Toni era fratello di mio bisnonno.
RispondiEliminaLa ringrazio per la preziosa biografia.
Benedetta Cojazzi