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lunedì 28 dicembre 2020

Elogio dei rimpianti.

Post di Rossana Rolando.

Immagini delle illustrazioni di Anna Parini (qui il sito instagram).


Anna Parini, Abbraccio
Mentre scorrono gli ultimi giorni di questo anno difficile e, per molte persone, doloroso - segnato da malattia, lutti, perdite -, l’atteggiamento dominante sembra essere quello della fuga verso un tempo migliore, capace di cancellare e portare via questo annus horribilis. Nel futuro si proietta un passato idealizzato, felice, libero da costrizioni. Si attua una sorta di ribaltamento della leopardiana operetta morale dedicata al venditore di almanacchi: il parametro della vita bella non sta nel tempo che non si conosce - un futuro immaginario, carico di speranze, potenzialmente e, per Leopardi, illusoriamente migliore del presente - ma nel passato che si conosce.

I limiti di questo approccio sono da molti osservatori individuati: il virus non è stato la causa di tutti i mali, ma l’acceleratore di situazioni critiche già in atto. Un esempio su tutti: l’individualismo esasperato della seconda ondata di covid ha semplicemente messo in luce una tendenza caratterizzante la società contemporanea. Ed altri temi si potrebbero evocare: le situazioni drammatiche della scuola, della sanità, dei servizi pubblici hanno evidenziato le carenze di una politica e di una mentalità collettiva che non hanno saputo investire risorse in settori determinanti per il bene comune e per il futuro delle giovani generazioni.

Se si tiene conto di tali analisi, l’atteggiamento verso il passato diventa forse più critico, nutrito di fecondi rimpianti, capaci di generare nuove prospettive culturali e sociali.

giovedì 24 dicembre 2020

Il sogno di Natale.

Edward Burne-Jones, Natività, 1888
A tutti gli amici del blog desideriamo rivolgere i nostri auguri, accompagnati da due spunti di riflessione, legati ai video sotto inseriti.

✴️ Il primo riferimento nasce dal racconto di Pirandello Il sogno di Natale. Pubblicato nel 1896, esso risulta ancora attualissimo, capace di interpretare profondamente il dramma del segno religioso nel mondo odierno. 

✱ Da una parte perché l’uomo contemporaneo, in larga misura, non attende l’evento che, per tradizione celebra. Scrive Pirandello: “per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita […].

martedì 22 dicembre 2020

L'albero di Natale di Gesù.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini delle opere di Carl Larsson (pittore e illustratore svedese, 1853-1919).

Carl Larsson, edizione natalizia di Idun, 1901
“Io sono un romanziere e, a quanto pare, ho inventato una “storia” io stesso. Perché scrivo “pare” quando so di sicuro che ho inventato? Eppure ho come l’impressione che ciò sia accaduto in qualche luogo una volta e, precisamente, alla vigilia di Natale, in una non so quale immensa città, mentre faceva terribilmente freddo” (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2017, p.224).

Pensavo in un primo tempo di dar conto della mia lettura di alcune omelie natalizie di p. Balducci finora inedite, fresche di stampa (1). Innegabile l’attualità di pagine quasi proposte per questo tempo di covid: un invito a raccogliere nella nostra concreta situazione l’appello a riscoprire la verità del Natale fatta di infanzia spirituale, gioia autentica congiunta a “severità”, luce che vince le tenebre, speranza (“la via attraverso cui Dio ci si rivela”(2), fede nell’indicazione perentoria di Dio per cui “il fatto che Gesù sia morto come è morto e nato come è nato non è una circostanza contingente ma è invece strutturalmente eloquente riguardo a Dio”, alla Pasqua di Resurrezione, alla salvezza del mondo (3).

Poi ho capito che non potevo pretendere di presentare in sintesi gli ardenti richiami e suggestioni del libro, perché in quelle pagine si ritrova un’aria che ognuno deve respirare da sé. Posso però rivolgere un caldo invito a leggerlo, partendo dalla “verità di fondo: che Dio si manifesta contestato e ripudiato. Non è invenzione nostra, è il dato essenziale su cui dovemmo costruire anche il messaggio di consolazione. Ma se noi eliminiamo l’estraneità di Dio nei rapporti del tessuto della nostra vita, poi niente più torna. Bisogna cominciare da qui, da questo scandalo:“venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11)” (4).

mercoledì 16 dicembre 2020

Poesia e sublimazione.

Post di Rosario Grillo.

Pierre Puvvis de Chavannes, Il sogno, 1883, particolare  



Come per mano di un Dio, un tempo mi avvinse 
Su quel ponte un incanto, mentre passavo,
E sullo sfondo dei monti
La vaga lontananza mi apparve,
E il giovinetto, il fiume, correva alla piana
Lieto e triste, come il cuore che, per troppa bellezza,
In un naufragio d’amore,
Si getta nei flutti del tempo. 
(Hörlendin)

Con le imperfezioni intrinseche ad un patito della argomentazione proverò ad imbastire delle note sulle proprietà della poesia e, a più larga raggio, della comunicazione a-logica.

Il pensiero occidentale ha subito il peso onnivoro della logica. È risaputo invece che nella tradizione orientale è stato più largo il ruolo assunto dal l’espressione non logica.

Sono stato provocato dalla lettura di un recentissimo contributo di F. Berardi Bifo, concepito nel contesto della piena pandemia ed interrogativo sulla relazione tra reclusione indotta dall’epidemia ed effusione dei rapporti sessuali. (1)

giovedì 10 dicembre 2020

Pensare l'estremo.

Post di Rossana Rolando.

Immagini delle illustrazioni di Andrea Calisi (qui il sito instagram).

Andrea Calisi, Poggio delle due torri e dei corvi gracchianti
L’andarsene anonimo di tante persone che muoiono in solitudine, senza un saluto da parte della comunità (soprattutto quando, per diverse ragioni, viene meno la dimensione religiosa del rito) è un altro aspetto che impressiona, in questo tempo di coronavirus. I telegiornali si susseguono con i loro bollettini medici e il resoconto altalenante dei morti. Numeri senza volto. Solo le persone direttamente coinvolte nel dramma di chi è colpito dalla durezza della malattia possono avvertire il brivido lacerante.

La morte viene a noi attraverso gli altri, soprattutto attraverso la perdita di persone care. Eppure essa rimane in se stessa qualcosa di profondamente estraneo, anche quando coinvolge dolorosamente. Vladimir Jankélévitch esemplifica l’esperienza di questa alterità in questi termini: “Ho coscienza della morte e so che morirò - ma non ci credo. Così come tutti gli uomini sanno di dover morire - ma non ci credono”¹. Sul tema Tolstoj ha scritto il suo potentissimo racconto “La morte di Ivan Il'ič”, che inserisco come audiolibro al termine di questo post, nella versione integrale. 

Dunque, quella che noi viviamo non è mai la nostra morte. Essa rimane, per il vivente, un “non luogo”, irrappresentabile, non percepibile. Per questo Epicuro afferma: “quando ci siamo noi la morte non c'è, quando c'è la morte non ci siamo noi”.² Nella sua concezione materialistica - che identifica la morte con la dissoluzione del corpo e dell'anima e quindi con una situazione di totale insensibilità - Epicuro ritiene di aver trovato il farmaco per guarire l’uomo dal timore della morte. Eppure lo sgomento non è venuto meno.

venerdì 4 dicembre 2020

L'Avvento e l'Attesa nella tempesta del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Eugène Delacroix, La tempesta sedata, 1841

Senza pretese di alcun genere - se non quella di vivere con coerenza la mia inquieta fede di laico credente in Dio Uno e Trino - sto tentando di chiarire con mia moglie come vivere l’Avvento da cittadini cristiani in questo tempo maledetto e benedetto del covid, che ha messo a fuoco la divisione della umanità tra tensioni fraterne e solidali, (l’I Care di tanti operatori sanitari, volontari ed anonimi cittadini nei loro invisibili gesti quotidiani di “attenzione” agli sventurati) e la cruda noncuranza degli indifferenti sino al cinismo inflessibile di una marea di profittatori speculatori truffatori.

L’Avvento è per il cristiano il preminente tempo dell’“attesa”(1), tempo della speranza contro la disperazione e della gioia contro la tristezza, nella duplice tensione verso il Natale (l’evento di Betlemme che ha cambiato la storia del mondo e ravviva la speranza che Dio non ci lascia soli) e verso la Parusia (la meta della storia, la seconda venuta del Signore nostro Gesù Cristo, compimento e manifestazione suprema della “presenza” che ha avuto inizio con la sua prima venuta e che continua nel mistero dell’Eucaristia, della Chiesa, della Carità e dei Poveri) (2).

venerdì 27 novembre 2020

Pietro Chiodi, un testimone.

 Post di Rosario Grillo.

Pietro Chiodi

Viviamo tempi critici se qualcuno scrive: Oggi il diritto è diventato pretesa e il narcisismo diffuso, triste lascito del Sessantotto e ancor più dei movimenti successivi, ci ha portato fino all’ossessione dei selfie o dei finti dibattiti televisivi. Ormai, grazie all’elettronica, tutti noi, anche i più renitenti, siamo diventati mosche prigioniere in una rete di rimandi che più si estende più ci invischia. Lo specchio della Regina di Biancaneve è il nostro emblema. Abbiamo sempre più difficoltà a misurarci con l’altro da noi e a obbligarci nei suoi confronti. Che altro c’è alla base dei sovranismi, dei respingimenti, dell’indifferenza per i bisogni del prossimo, delle fatue ed egoistiche rivendicazioni di autonomia sanitaria (“io la mascherina non la metto!”) se non il rifiuto, il fascista me ne frego, di riconoscere l’umanità degli altri?(1)

Il rimando al nome di Pietro Chiodi mette in moto il mio bagaglio mnemonico, dal quale ripesco: un lettore della filosofia kantiana, un esponente di un esistenzialismo italiano (corrente poco conosciuta, composta dei nomi di Nicola Abbagnano, Enzo Paci, L. Pareyson, C. Fabro).

sabato 21 novembre 2020

Le cose amate.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Kristina Kemenikova (qui il sito instagram, con gentile autorizzazione).

Kristina Kemenikova, Ufficio a casa
Il covid costringe a rimanere per molto tempo in casa. Lo slogan della prima ondata suonava proprio “Io resto a casa”.

✴️ “Casa” vuol dire stanze, disposizione degli spazi, per chi è più fortunato significa terrazzo, forse anche giardino. Per tutti comunque rappresenta un luogo circoscritto che limita, ma nello stesso tempo protegge dal contagio. Certo non da altri mali. Può diventare un inferno, quando le relazioni intra familiari siano logorate o peggio ancora ferite, turbate. Può essere la prigione in cui si prova l’angoscia opprimente dell’isolamento. Solo nei casi migliori, diventa il rifugio sicuro nel quale si gode della compagnia più intima e si loda la possibilità di stare insieme, mangiare insieme, scambiare parole vive, non essere soli.

✴️ “Casa” indica certamente le persone (e cani e gatti... se ci sono), ma anche i muri e le cose. Questi non sono semplicemente oggetti di cui ci serviamo, “come taciti schiavi”¹. Sono manifestazione dello spirito, direbbe Hegel.

venerdì 13 novembre 2020

Il futuro. Dietro avanti.

Post di Rosario Grillo.

Paul Klee, Tramonto, 1930
L’ Ottocento con il conforto di uno sviluppo enorme fu un secolo di fiducia nel progresso. Così quegli uomini portarono a compimento il disegno intellettuale ritratto in epoca illuminista.

Leopardi fu tra i pochi che si rifiutarono di accodarsi a tale fiducia. La cagione di questa disconnessione viene, in genere, attribuita alla smodata influenza del suo pessimismo che rinvia a ragioni personali e soggettive.

In pochi interpreti viene scelta un’altra strada, più attenta a ragioni oggettive: quelle che possono portare a leggere Leopardi come “una voce critica del generale consenso al progresso. In modo specifico si elegge la poesia La Ginestra a documento inoppugnabile della smentita delle “meravigliose sorti e progressive”.

Dovremmo fare uno sforzo maggiore per riuscire a cogliere fuori dal coro trionfante, voce ufficiale ma non per questo universale (1), il sentimento oppositivo, infarcito di fatiche e sofferenze. Certamente ne è partecipe il vasto strato sociale delle persone colpite piuttosto che favorite dal trend di crescita.

L’ottocento fu anche il secolo che, con la documentazione raccolta attraverso i viaggi di scoperta e di conquiste coloniali, diede man forte al decollo della antropologia. Ed è appunto quest’ultima a possedere il canale ricettivo e l’organo euristico per leggere dentro il “senso popolare”. Attribuisco a quest’ultimo, pur mancando di titoli scientifici in antropologia, una valenza dichiarativa autentica, di molto superiore all’opinione pubblica, la quale richiede una discriminazione già tra chi legge e scrive e chi no. (2)

Con questa premessa possiamo avvicinarci alla specie “oracolare della verità dei proverbi e detti popolari ed intenderne il recondito significato. Mi servo allo scopo di un valente antropologo: Vito Teti.

domenica 8 novembre 2020

Lo sguardo al tempo del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Antoon van Dyck (1599-1641), Autoritratto (1613), dettaglio

Nel tempo delle mascherine obbligatorie e delle metriche distanze pare tramontato il faccia a faccia (vis à vis, face to face) che era sancito dalle strette di mano oggi poste al bando. Che cosa rimane della irruenza non verbale dello sguardo, adesso che è estrapolato dal volto ed esiliato dal tatto? Le mascherine non nascondono gli occhi ma celano i tratti individuali identificativi del viso (mento labbra bocca gote colorito naso), contesto che immediatamente connota lo sguardo e lo rende decifrabile.

Ma è ancora possibile nella situazione attuale decifrare ed essere decifrati?

domenica 1 novembre 2020

La vera salute sta nella relazione.

Post di Rossana Rolando.

Piccola premessa.

In copertina La furia alata, Pompei, I sec. a.C
Traggo questa espressione “la vera salute sta nella relazione” dal bel libro dedicato al tema dell’amicizia, di Pietro del Soldà, bravissimo conduttore di “Tutta la città ne parla” di Radio tre¹.

Nei tempi dell’isolamento imposto dalla corsa del virus, nelle settimane difficilissime della didattica a distanza e nell’affermarsi sempre più diffuso delle varie forme di smart working… questo libro aiuta a ristabilire le giuste misure rispetto a ciò che conta.

Vi è soprattutto un capitolo che può scuotere un naturale modo di pensare provocato dai bollettini quotidiani dei contagi, che ci ricordano la nostra prossimità con la malattia e ci fanno sentire la necessità angosciosa di salvarci. Siamo abituati a ritenere comunemente, istintivamente, comprensibilmente che la prima cosa sia vivere: questo è il valore supremo che sta alla base di qualsiasi altra possibilità. Ad esso quindi debbono piegarsi tutte le altre esigenze, da quella culturale - che per prima è stata sacrificata - a quella economica - che rivendica la propria sopravvivenza nelle ultime scomposte e spesso cavalcate manifestazioni di piazza.

Eppure ci potrebbe essere qualcosa che vale più del semplice rimanere in vita, si potrebbe avvertire una paura più forte della paura della morte, come insegna Socrate nella sua testimonianza biografica.

martedì 27 ottobre 2020

Scienza e covid.

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Marco Melgrati (qui il sito).

Marco Melgrati, Tempi duri per i viaggiatori
Dico un’eresia se sostengo che nella incertezza di questo frangente storico caratterizzato dall’insidia del Covid 19 è messa sotto accusa la scienza? Sì, certo, prima di tutto la tecnica. A ragione, in quanto ha cullato la pretesa antropocentrica di soggiogare la natura. Ma, la scienza?!

Provate solo ad immaginare, in un baleno, il supporto che la conoscenza scientifica ha rappresentato nel cammino dell’uomo!

Eppure, alla scienza si imputa oggi, da un discreto numero di persone con voce blandamente ponderata, l’imprecisione, e con essa l’incapacità di dare risposta alla esigenza odierna di sicurezza. Comitato scientifico, sapere medico, che è - va ricordato - ramo della pianta scientifica, sono sul banco degli imputati, prescindendo dalla contraddizione in cui si cade, quando, figli del progresso scientifico, ci volgiamo contro un progenitore.

La risposta all’interrogativo richiede, così stando le cose, un esame sulle credenziali epistemologiche delle proposizioni scientifiche. La scienza si è conquistata con sacrifici il ruolo che riveste, liberandosi da compagnie improprie (occultismo, magia, superstizione) e da ingerenze indebite (dogmatismo spesso a sfondo teologico). Ha saputo anche uscire dalle “grinfie” dello scientismo: effetto della distorsione positivista.

mercoledì 21 ottobre 2020

Valutazione impossibile nella scuola a distanza.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Le intense illustrazioni sull'isolamento sociale sono di Ly - Losing You (qui il sito instagram).

Ly - Losing You, Ombra

Tutti concordiamo nel ritenere che la scuola a distanza sia un male minore. Appunto: si tratta di un male, negativo anche nella costrizione dei tempi più infelici del covid, perché la scuola cessa di essere quel che deve essere: luogo per crescere, capire il mondo, se stessi, gli altri; luogo della continuità del tempo in cui avviene il passaggio, graduale negli anni, dalla insignificanza al significato, nelle imprevedibili diverse intensità delle varie ore di lezione e discipline che fanno della scuola un avvenimento vivo, apertura senza sosta del cuore e dell’intelligenza alla complessità sociale a partire dalla relazione anche dialettica docenti/alunni, a tutte le conoscenze, agli incontri, ai progetti di vita…; luogo in cui si crea la comunità educante inclusiva delle diversità tra la passione di insegnare e le variegate reazioni dell’apprendere; luogo in cui “la scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi”(d. Milani).

Invece oggi la Scuola, presto costretta alla distanza, rischia di cedere alla tentazione del non-luogo, dove si danno virtuale appuntamento, senza mai veramente incontrarsi, persone slegate da un luogo reale di relazioni stabili.

domenica 18 ottobre 2020

Siamo ombra profonda, Giordano Bruno.

Post di Rossana Rolando.

Giordano Bruno, stampa d'epoca

Vivo tra forme luminose e vaghe/che ancora non son tenebra./[…]

Nella mia vita son sempre state troppe le cose;/Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;/il tempo è stato il mio Democrito./Questa penombra è lenta e non fa male;/scorre per un mite pendio/e somiglia all’eterno. 

(Jorge Luis Borges, Elogio dell’ombra)¹.

Il tema dell’ombra attraversa i mondi della cultura: dall’arte alla letteratura, dalla musica alla poesia.

Anche in ambito filosofico l’ombra ha avuto una sua storia, non sempre celebrativa.  Platone ha concepito le ombre, nel suo mito della caverna, come il grado meno affidabile della conoscenza, frutto di inganno e talora anche di manipolazione². C’è però chi ha colto nell’ombra l’immagine di cui si nutre la conoscenza. Mi riferisco a Giordano Bruno che al tema ha dedicato un suo scritto denominato Le ombre delle idee. Apparentemente si tratta di un’opera sulla mnemotecnica, in realtà è un invito alla conoscenza e alla scoperta della potenza della mente:

“L’intelletto, come questo sole sensibile, non smette di spargere la sua luce a causa del fatto che non sempre, né tutti, ce ne accorgiamo”.³

martedì 13 ottobre 2020

Covit e coscienza del limite.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini di Fabio Delvò (qui il sito).

Fabio Delvò, Italia e coesistenza pandemia
1.“Durante la nostra esistenza sperimentiamo innumerevoli confini che ci definiscono, segnalando discontinuità, barriere da infrangere, divieti da osservare, soglie reali o simboliche. I limiti ci circondano e ci condizionano da ogni lato e sotto ogni aspetto, a iniziare dagli immodificabili dati della nostra nascita (tempo, luogo, famiglia, lingua, Stato), dall’involucro stesso della nostra pelle, dagli orizzonti sensibili, intellettuali ed affettivi del nostro animo per finire con il termine ultimo della morte”.

2.”La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali e, recentemente, perfino biologici) avrebbe pertanto finito per generare una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa autoesaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili” (R. Bodei, Limite, Il Mulino, Bo, 2018,p.7 e p.8).

Il covid ha demolito, se non spazzato via, l’illusione di poter trasgredire impunemente ogni genere di limiti o di regole. Non ci salveremo dal covid - alla faccia dei negazionisti la cui insensatezza non fa altro che confermare ciò che vorrebbero negare - senza riconoscere i nostri limiti (la mortale caducità delle vite umane e non in astratto, ma la mia, la tua, la nostra¹) senza l’accettazione, libera o costretta, delle regole di comportamento, senza la diffusa consapevolezza dell’inderogabile necessità della corresponsabilità, necessario habitus dell’interagire sociale. A questa tardiva recalcitrante consapevolezza si oppone tuttavia ancora in troppi individui (e mestatori vari) di ogni età, oltre il delirante negazionismo, la presunzione di una conclamata libertà senza limiti che non riconosce margini od obblighi verso chicchessia.

martedì 6 ottobre 2020

Dalla fotografia alla oltre fotografia.

Post di Rosario Grillo.

Premessa.

Copertina del testo edito da Raffaello Cortina Editore
Sulla natura della fotografia ho già scritto alcune note, attente al grado di realtà che essa è capace di catturare e/o al quantum di illusione che scatena e che la sorregge. In esse veniva fuori anche il nesso con le movenze psichiche e gli addentellati con le diverse scienze: letteratura sociologia filosofia e storia. La fotografia è indubbiamente correlata all’avanzare prorompente della società di massa, dove, accanto al vezzo, prende posto la semiologia, intrinsecamente legata al mondo dei “media”. Sull’onda del principio “il medium è il messaggio” (McLuhan) si è ipersviluppata una civiltà delle immagini. Epifenomeno dell’ubiquità della comunicazione, che, spesso, viene espressa e/o manipolata attraverso le immagini. Il multimediale è il prodotto tipico della contaminazione (o si deve dire fusione?) tra immagine e parola. (1)

Oltre la fotografia.

Nel successo del multimediale è nascosto il peso esercitato dalle emozioni. Rivela la compagine antropica delle tecniche di comunicazione. Si accentua così ancora di più la irriducibilità della fotografia al segmento della pura oggettività. Se già nella primitiva riproduzione fotografica della realtà si è rilevato il calco della selezione soggettiva (scelta dell’oggetto e del tempo della istantanea), poi accentuato nel momento dello sviluppo con rielaborazione del negativo, nell’epoca della fotografia evoluta e sofisticata il carico etero tecnologico, afferente alle “passion”, che accompagnano sottendono e s’innescano, si manifesta notevole.

domenica 27 settembre 2020

Lezione di libertà.

Post di Rossana Rolando.

Scuola provenzale, Scala di Giacobbe, XV sec.

Apro le lezioni di filosofia, in quarta liceo classico, leggendo alcuni passi della prolusione predisposta da Pico della Mirandola, per il convegno dei dotti che egli avrebbe voluto convocare al fine di un confronto vero e schietto sulle diverse posizioni delle tradizioni religiose e culturali. E’ la famosa orazione De hominis dignitate.¹ La leggo sulla scorta del bellissimo saggio di Massimo Cacciari, dal titolo La mente inquieta² e ne sono profondamente coinvolta. 

Vorrei trasmettere, mentre presento il testo, una convinzione profonda: «“Classico” è ciò che ancora ha da venire»³, ciò in cui è possibile rinascere e dare forma all’avvenire. 

In questo tempo incerto di pandemia, in questo rientro difficile a scuola, soprattutto per i ragazzi che sentono fortissima la limitazione della libertà di fare - non potersi toccare, abbracciare, radunare…, - riflettere sulla libertà di essere, se davvero esiste una simile libertà, mi pare decisivo e salutare.

domenica 20 settembre 2020

Risposta ai negazionisti del coronavirus.

Post di Rosario Grillo

Ritratto di Ippocrate, studiolo di Federico da Montefeltro

La medicina ippocratica.
La cura del corpo, affetto da qualche morbo, è ascrivibile solo all’idoneità/efficacia della medicina prescritta? O vi rientrano anche componenti sociali? La domanda non è oziosa nemmeno meramente tecnica. Sollecita alla messa in luce delle implicazioni sociali delle malattie. Si può dimostrare, cioè, che la malattia non è un affare privato, legato solo allo stato di salute di un individuo, alla vulnerabilità del suo organismo e/o all’usura degli organi vitali. La biologia è strettamente connessa all’ambiente, intendendo questo sia come ambiente naturale sia come complesso sociale. Già nel corpus hyppocraticum (1) il “Trattato sulle arie, acque e luoghi” dava chiara descrizione dell’influenza  che “città, azione del sole e dei venti ...” esercitano sul mantenimento della salute e, in conseguenza, sul legame tra le malattie e le stagioni, tra le stesse e le diverse regioni della terra. Del resto, la dottrina sulla influenza del clima sul carattere e i costumi delle genti è diventata oggi patrimonio comune. Dal corpus partirono inoltre i primi impulsi a riconoscere l’importanza: della combinazione medico-paziente, del peso chiave della risposta del paziente nel procedere della cura. Fedele conferma ne dà il giuramento  ippocratico, propedeutico alla professione medica, dove si riassumono espressioni come: “giuro...di attenermi  ai principi di umanità e solidarietà  nonché a quelli civili di rispetto dell'autonomia della persona; di mettere le mie conoscenze a disposizione dei progresso della medicina, fondata sul rigore etico e scientifico della ricerca, i cui fini sono la tutela della salute e della vita; […] di prestare soccorso nei casi d’urgenza e di mettermi a disposizione dell’autorità competente in caso di pubblica calamità...” (2)

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sabato 12 settembre 2020

Utopia e anti-utopia.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Carlo Stanga (qui il sito instagram).
 
L'importante è imparare a sperare.
(Ernst Bloch, Il principio speranza).
 
Carlo Stanga, Volare in libertà
Il destino delle parole “forti” è inesorabilmente legato al nostro amore per loro: noi le amiamo in base a ciò che davvero siamo ed esse ci pungolano a scegliere le nostre vite.
Così è per la parola “utopia”, coniata come si sa da T. Moro nel 1516. All’origine c’è la Repubblica di Platone: “uno stato che esiste solo a parole, perché non credo che esista in nessun luogo della terra. Non ha alcuna importanza che questo stato esista oggi o in futuro, in qualche luogo, perché l’uomo di cui parliamo svolgerà la sua attività politica solo  in questo e in nessun altro”. Utopia (a-topos, ou-topos, eu-topos): essere che non c’è, realtà che non è in alcun dove, terra promessa che non sarà mai posseduta, luogo impossibile chiamato a dar senso e ad animare il mondo.
L’utopia è per l’esistenza della società, dice Ricoeur, ciò che l'invenzione è per la conoscenza scientifica: progetto immaginario di un altro tipo di società, ricerca di un modo alternativo di pensare ed essere, capacità di trascendere il presente ed anticipare il futuro. Non è  fantasia erratica, fiume senz’acqua, eccentrica schizofrenia, ma promessa di una verità nuova ”anticipata e pregustata in fantasia”.

domenica 6 settembre 2020

Ritorno della scuola. Sarebbe stato diverso.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito).


“Io amai in lei qualcosa di più che il professore”
(Lettera di Cesare Pavese ad Augusto Monti, agosto 1926)¹.

Andrea Ucini
Sarebbe stato diverso parlare di ritorno della scuola anziché di semplice ritorno a scuola. La preposizione “della” avrebbe cambiato tutto il significato: non soltanto ritorno “a” scuola in presenza – che è una delle condizioni per poter davvero in-segnare, nel senso di imprimere segni – ma ritorno “della” scuola al centro dell’agenda politica e sociale, in quanto obiettivo prioritario per la costruzione del futuro di ciascuno e di tutti.
Non è così nella prospettiva politica, ma soprattutto - mi sembra di capire - nel sentire di molta parte della società.

✴️ Negli ultimi giorni di agosto si è scatenata, su twitter (e non solo), un’ondata d’odio nei confronti degli insegnanti descritti come nullafacenti: «solo cinque ore al giorno, gite gratis, 7 mesi di “lavoro”, 3 mesi di vacanza estiva, in ferie da febbraio 2020, con lo scoppio della pandemia e lo stipendio garantito…». Sono solo alcune delle invettive rimbalzate in rete.
Andrea Ucini
Non ho intenzione di confutare la falsità di queste affermazioni, molto lontane dalla realtà della maggior parte degli insegnanti, frutto di luoghi comuni estranei al mondo della didattica odierna, tanto più in questo difficile periodo inaugurato dal coronavirus con la scuola a distanza. Non è su questo tipo di accuse che vorrei soffermare l’attenzione. Piuttosto mi concentrerei sull’idea di insegnante e di scuola che si cela dietro queste dichiarazioni e che coinvolge anche chi non si esprime in questo modo: tutta quella parte di società che vuole docenti sempre in aula, sempre coinvolti in attività con gli studenti, intrattenitori cui è affidato il ruolo di sostegno alle famiglie, funzionari di un sistema economico, fondato sul successo che la scuola deve sempre garantire ecc… Questo si vuole dalla scuola, questo si chiede agli insegnanti.

lunedì 31 agosto 2020

Divertissement, fuga dai problemi.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Ale Giorgini (qui il sito instagram

Ale Giorgini, #danza #dolcevita
B. Pascal: “Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno risolto, per essere felici, di non pensarci”(Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, To,1967, 348 pag. 150).
S.Weil: “La capacità di  prestare attenzione  a uno sventurato è cosa rarissima, difficilissima; è quasi un miracolo, è un miracolo. Soltanto chi è capace di attenzione è capace di questo sguardo.  E’ quindi vero, sebbene paradossale, che una versione latina, un problema di geometria, anche se sbagliati, purché si sia dedicato ad essi lo sforzo adeguato, possono in un giorno lontano renderci meglio capaci di portare a uno sventurato l’aiuto che può salvarlo nell’istante dell’estremo sconforto. Per un giovane capace di cogliere questa verità e abbastanza generoso per desiderare questo frutto più di ogni altro, gli studi saranno pienamente efficaci  dal punto di vista spirituale, anche al di fuori di ogni credenza religiosa. Gli studi scolastici sono come il campo che racchiude una perla: per averla, vale la pena di vendere tutti i propri beni, nessuno eccettuato, al fine di poter acquistare quel campo.” (Riflessioni sull’utilità degli studi scolastici al fine dell’amore di Dio, in  Attesa di Dio,  Rusconi, Mi,1991, pp.83-84).

Nel dilagare del covit a ferragosto l’Italia pare aver rimosso immagini e storie del primo semestre del 2020: mortali solitudini di tanti anziani, file di camion che trasportavano anonime bare, volti sguardi pianti disperati dei familiari, calvario degli intubati, costellazioni di persone e di famiglie costrette alla quarantena, speranze e progetti stroncati, donne e uomini (medici infermieri operatori sociosanitari volontari…) sfiniti ma capaci dell’ultima carezza al paziente sconosciuto, solo nel suo morire separato.

mercoledì 26 agosto 2020

Povertà ieri ed oggi.

Post di Rosario Grillo
Immagini e video di Stefano Nava (qui il sito).

Presente.
Stefano Nava, 
Pane
Siamo ad un bivio della storia.
Sembrerà esagerato, ma l’esame dell'insieme delle cause che hanno provocato l'attuale pandemia spinge a confermare la dichiarazione iniziale. Ad un bivio, due opzioni. O la conferma di un ordine, di una concatenazione, di un equilibrio di forze, tutti intonati alla competizione, inclinati al Merito, che non è mai neutrale, sottomessi al Mercato estremo, nel cui seno non circolano più beni o merci ma futures. O la via alternativa, improntata alla salvaguardia dei beni comuni, in difesa del Welfare, perorando lo svolgimento come democrazia sociale, via amministratrice delle risorse della Terra (perché viviamo in un sistema finito).
Le encicliche degli ultimi pontefici si sono soffermate sull’orizzonte della seconda via. Ancor di più vi ha insistito Papa Francesco, che nella Laudato sii, ha lucidamente esposto il nesso tra rispetto della natura e giustizia sociale. (1)
Bergoglio non è un neofita della causa. La sua attenzione al problema sociale è di vecchia data, maturato nel continente della sua formazione, America Latina, aduso al dramma sociale. ( 2)
Il succo della scelta chiama in causa l'anima di ogni fede  religiosa, se con essa intendiamo la cura dell’uomo, la Salvezza, rispettando il prospetto di un vero ecumenismo (da oikos); come tale, rinsaldando un percorso di fede che unisce e non divide.
Nello specifico del Cristianesimo, si scinde cristianità da cristianesimo; (3) discendente la prima da un'impronta teocratica/secolare, quindi compromessa nel lungo periodo del potere temporale della Chiesa romana. Fedele, il secondo, allo spirito genuino del messaggio evangelico proteso verso la liberazione dell’uomo. Coerentemente il Santo Padre ha esplicitamente evocato, nell’ultimo periodo, la pratica della comunione dei beni nella Chiesa primitiva. (3)

venerdì 21 agosto 2020

Continuare a nascere. Maria Zambrano.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Stefano Mancuso (qui il sito instagram).

Vivere umanamente è un'azione, 
e non un semplice lasciarsi andare nella vita 
e attraverso di essa 
(Maria Zambrano, Il sogno creatore).

Stefano Mancuso, 
La grazia
Ritorno su Maria Zambrano, la filosofa spagnola che attraversa il Novecento (1904 – 1991) e vive per 45 anni esule, dopo la guerra civile spagnola, a causa della sua opposizione al regime franchista. Una figura già per questo tratto biografico interessante, vicina da tale punto di vista - ma non solo - ad un’altra grande donna filosofa molte volte ripresa in questo blog che è Hannah Arendt. In particolare mi soffermo su un aspetto che rende affascinante la figura di Zambrano, vale a dire l’uso dell’immagine poetica.
La filosofia, già nel mondo greco, intende marcare le distanze dalla rappresentazione lirica. Il filosofo, infatti, cerca “ciò che è atemporale”, il poeta insegue “ciò che si intesse e si disfa nel tempo”¹. Così pensa Platone. Eppure, la poesia non abbandona mai Platone (l’uso dei simboli, delle immagini e dei miti e soprattutto la teorizzazione dell’amore che impregnerà di sé la poesia occidentale) ed egli finisce col salvarla ponendola al servizio della verità filosofica.²

sabato 15 agosto 2020

Solitudini di ferragosto.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini di Fabio Delvò, con gentile autorizzazione (qui il sito)
 
”Segui i desideri del tuo cuore e lo stupore dei tuoi occhi.
 Sappi, però, che per tutto Dio ti convocherà in giudizio.” (Qohelet)


Fabio Delvò, 
Solitudine
Siamo soli, cantava Vasco: è vero! La solitudine, con implicanze e costi assai diversi, riguarda ognuno di noi anche in questi giorni di ferragosto. Ma “solitudine” è parola equivoca e significa diverse e divergenti realtà:
✴️ a- Solitudine come dimensione asociale (isolamento, abbandono) oppure antisociale (dannazione, stigmatizzazione, emarginazione dei malati vecchi stranieri migranti nel binomio indissolubile solitudine-povertà).
✴️ b- Solitudine che rimanda alla storia personale e sofferenze psichiche di ciascuno,  fino a sconfinare nella patologia e/o in morbosi egocentrismi.
✴️ c- Solitudine legata all’identità irripetibile di ognuno di noi, segno di interiorità, mezzo  per trovare se stessi e andare oltre se stessi, polarità costruttiva della dimensione sociale, condizione di autentica relazione con l’altro (il tu) che non ha il suo punto di partenza nel monologo ma nel dialogo, nella fraternità, nell’apertura all’amore tanto che “un buon matrimonio è quello in cui ognuno dei coniugi affida all’altro il compito di vegliare sulla sua solitudine” (R.M. Rilke).
E’ a ferragosto che la solitudine si rivela in tutte le sue contraddizioni,  alla faccia del coronavirus a cui  ormai abbiamo fatto il callo, tanto che molti di noi - troppi - non ci fanno più caso.

martedì 11 agosto 2020

Storia della Chiesa. Un compendio.

Post di Rosario Grillo.

Guido De Ruggiero, 
Storia del liberalismo europeo
La Storia del liberalismo europeo di Guido De Ruggiero è nata negli anni del fascismo, come opera ricca di humus ricavato dalla lezione di Gobetti per un verso, dalla “religione della libertà “crociana per l’altro.
Un classico del liberalismo nella sua pianta ideale, poi a lungo trascurato, sostituto dagli innesti del pensiero di Nozick e di Rawls. Senza dubbio, in esso riconosciamo la linfa del liberalismo, arricchita del travaglio storico dell’età moderna.
Tempo fa vi avevo letto una considerazione molto dialettica sul pensiero della Restaurazione. De Ruggiero acutamente riconosceva l’impossibilità di riportare la storia indietro. Spesso i rivoluzionari (giacobini e altri) si erano serviti dell’accaduto per imporre le loro mutazioni. Cosicché, al dire di De Maistre, mai come allora (Rivoluzione francese) Dio aveva guidato la storia. Occorreva, perciò, che l’intervento arrivasse a compimento, per poter estirpare il paganesimo insito nelle monarchie nazionali moderne e restaurare “l’investitura divina” (1).
C’è uno strato di costituzionalismo medievale, rappresentativo di un patto tra Dio e popolo, che il cammino delle monarchie moderne violenta, demolisce, erodendolo lentamente, fino alla affermazione più esplicita del diritto sovrano nel giurisdizionalismo.
Ci deve indurre a celebrare il Medioevo? Non esattamente. In primo luogo, perché il Medioevo non è così monolitico, come si suol descrivere; tutt’altro, è pieno di chiaroscuri. (2)
Poi, distendendo la disamina piano piano, con calma e riflessione, vengono fuori parecchi centri d’interesse. Fra i primi, un’istanza spirituale, segnata da inquietudine, che a distanza  lega Gregorio Magno con Benedetto da Norcia, con la rinascita monastica e con rivoli di eresia.
In essa possiamo calare la controversa storia del papato, visto che, in certi pontefici, è forte e viva la tensione spirituale e di rinascita. (3)

giovedì 6 agosto 2020

Il pagliaccio e la filosofia.

Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere dell'artista Paolo Ventura (qui il sito)¹.

Paolo Ventura, Pagliacci 
(vedi nota 1).
In uno spot del canale Treccani viene presentata la situazione di un consiglio d’azienda presso il quale sopraggiunge un personaggio vestito da pagliaccio. Quand’egli comincia a parlare il suo linguaggio è così forbito da suscitare stupore ammirato nel direttore. Contemporaneamente il suo volto perde a poco a poco le sembianze del pagliaccio per assumere i tratti di un giovane uomo serio, affidabile ed autorevole. Lo spot gioca su un comune modo di interloquire, quando per esempio si dice “il tale è proprio un pagliaccio” e vuole indicare l’importanza della parola nel rapporto con gli altri e nella considerazione di chi ci ascolta.  Di primo acchito il video risulta molto efficace.
Un momento dopo però, non appena si comincia a riflettere, vien da pensare alla figura del pagliaccio nell’arte rappresentativa (pittura, scultura), nella musica, nel cinema, nella letteratura…, all’importanza attribuita alla clownterapia negli ospedali per l’infanzia… ed ecco che spunta la perplessità sull’uso della figura clownesca, come semplice richiamo dispregiativo ad una persona poco seria e per nulla credibile.

venerdì 31 luglio 2020

A. Leogrande, La frontiera: vedere e non vedere.

Post di Gian Maria Zavattaro
Illustrazioni di Stefano Bosis (qui il sito).

Alessandro Leogrande, La frontiera, 
Feltrinelli 2015
“È a voi che mi rivolgo, giovani di tutti i paesi. Poiché in voi è il potere più grande del mondo: l’avvenire. Siate intransigenti quando si tratta di amare. Non indietreggiate, non venite a compromessi. Ridete in faccia a coloro che vi parleranno di prudenza, di convenienza. E poi soprattutto, abbiate fede nella bontà degli uomini. In ogni cuore di uomo vi sono dei tesori inestinguibili d’amore: tocca a voi farli scaturire. Siate coscienti del dovere che vi tocca di creare del benessere per tutti gli uomini, vostri fratelli. Lottate a viso aperto. Accusate a voce alta. Non sopportate l’inganno attorno a voi. Vi ho preceduto. Vi aspetto”. (Messaggio di Raoul Follerau, fondatore della Giornata mondiale dei lebbrosi stampato da  tip. L. Parma, Bologna,1962). 

Ero adolescente allora, deciso a lasciarmi conquistare dal grido di Follerau, e nel corso degli anni tra il pullulare delle mie deplorevoli contraddizioni  ho cercato di lottare a viso aperto, accusare a voce alta, non sopportare l’inganno, scoprire in ognuno tesori inestinguibili d’amore, cosciente del diritto al benessere per tutti gli uomini, nostri fratelli.
Ho ritrovato l'analogo conturbante invito “Vi ho preceduto. Vi aspetto” in  La frontiera di Leogrande (1), il più travolgente  dei libri letti e riletti nei mesi sospesi. Libro che non dà adito all’ipocrisia e attraverso la voce dei migranti e le loro inenarrabili vicende presenta la realtà impietosa e contraddittoria della “frontiera”, la speranza-disperazione di chi tenta di cavalcare il mare e scavalcare i muri per fuggire dall’inferno.