Riflessioni sulla "civiltà delle immagini" in cui siamo immersi.
Post di Rosario Grillo.
Premessa.
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Copertina del testo edito da Raffaello Cortina Editore
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Sulla natura della
fotografia ho già scritto alcune note, attente al grado di realtà che essa è
capace di catturare e/o al quantum di illusione che scatena e che la sorregge.
In esse veniva fuori anche il nesso con le movenze psichiche e gli addentellati
con le diverse scienze: letteratura sociologia filosofia e storia. La fotografia è
indubbiamente correlata all’avanzare prorompente della società di massa, dove, accanto al vezzo, prende posto la semiologia,
intrinsecamente legata al mondo dei “media”. Sull’onda del
principio “il medium è il messaggio” (McLuhan) si è ipersviluppata una civiltà delle immagini. Epifenomeno dell’ubiquità della
comunicazione, che, spesso, viene espressa e/o manipolata attraverso le
immagini. Il multimediale è il prodotto tipico della contaminazione (o si deve
dire fusione?) tra immagine e parola. (1)
Oltre la fotografia.
Nel successo del
multimediale è nascosto il peso esercitato dalle emozioni. Rivela la compagine
antropica delle tecniche di comunicazione. Si accentua così ancora
di più la irriducibilità della fotografia al segmento della pura oggettività. Se già nella
primitiva riproduzione fotografica della realtà si è rilevato il calco della
selezione soggettiva (scelta dell’oggetto e del tempo della istantanea), poi
accentuato nel momento dello sviluppo con rielaborazione del negativo,
nell’epoca della fotografia evoluta e sofisticata il carico etero tecnologico,
afferente alle “passion”, che accompagnano sottendono e s’innescano, si manifesta
notevole.
** Vilem Flusser.
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Vilém Flusser, Per una filosofia della fotografia
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Si può dire che V.
Flusser, un praghese di origini ebraiche (1920-1991), metta a frutto gli studi
scientifici del padre e le proprie propensioni in direzione della filosofia
fenomenologica. Il banco di prova si
trova nei suoi studi sulle tecniche di comunicazione, con particolare curvatura
artistica. Di sicuro spessore risultano alcuni suoi scritti, nei quali è
riversata questa sua dote (Filosofia
della fotografia e Filosofia del
design). Nella prima, il motivo conduttore si trova in questo inciso: “le immagini sono mediazioni
fra il mondo e l’uomo. L’uomo ‘ek-siste’, non
ha cioè un accesso diretto al mondo, cosicché le immagini devono renderglielo rappresentabile. Nel
momento in cui lo fanno, tuttavia, esse si pongono fra il mondo e l’uomo. Dovrebbero
essere mappe e diventano schermi: anziché rappresentare il
mondo, lo alterano, fino a che l’uomo si mette a
vivere in funzione delle immagini da lui create”. (2) Esso mette in luce l’appartenenza della fotografia al campo dei media,
con la simultanea incidenza dell’interpolazione umana. La potenzialità
dell’asserto sta nella dinamica futuribile e, sotto traccia, nel sostrato
inconscio. Ho rintracciato,
allo scopo, una vibrante conversazione tra Mauro Zanchi e Aurelio Andrighetto, dalla
quale emerge l’applicazione che il padre della psicoanalisi, Freud, faceva
della fotografia, riferendosi al sogno, di cui diceva che era come “indovinello figurato”. Andrighetto dà uno
sviluppo personale alla definizione freudiana, disseppellendo una serie di
nessi che collocano nel campo della enigmistica la relazione tra scrittura ed
immagine. (3) Con essi viene a
galla il potenziale recondito, inconscio ma ricco di future evoluzioni, dell’immaginario umano. Per questa via
suggerisce di muoversi anche M. Zanchi, che si è fatto sostenitore di uno “
stadio oltre” della fotografia. (4) Non si tratta di una
“metafotografia” che si mettesse a dare slancio metafisico alla fotografia,
sganciandola dalla realtà materiale e fenomenica. È invece una sfida con
l’alterità. “... potrebbero essere le immagini
dell’alterità, delle proiezioni oniriche, dell’inconscio, o altro ancora, che
ora non siamo in grado di immaginare”. (5) Così si esplorano i
riti magici e le doti di certe medium, specialmente nel mondo tribale e nell’ancestrale etnologico di certe
tradizioni. (6) In particolare,
suscitano il mio interesse i passaggi tra fisica quantistica e libera
combinazione delle immagini. Dove, a mio parere, si ha una verifica della
confidenza che la fotografia ha con il tempo. In questa configurazione
la fotografia ha già svolto un indimenticabile ruolo di documentazione storica.
Confidenza che dà risorse propizie alla oltrefotografia, nella quale vien meno
- effetto stocastico - la linearità del tempo e trova margine la reversibilità
e il tutt’uno: passato presente futuro.
Considerazioni a
latere.
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Vilém Flusser, Immagini
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Mi sono trattenuto
poco sul versante sociale dove spadroneggiano i massmedia. Accenni di sfuggita
non ribaltano la funzione ch’essi hanno, dopo essere già stati messi a frutto
dai regimi del totalitarismo, con la disponibilità piena che oggi il mercato e
il potere ne hanno. Il rapporto finzione-realtà oggi è dominante e dovrebbe
essere componente di un’educazione al sapere critico. Sappiamo tutti cosa sono
le fake news e conosciamo il ruolo deleterio che hanno nella formazione della
libera opinione. La manipolazione delle immagini - per la copertura della
verità, per l’Inganno, per la divagazione - è materia corrente. Visto che oggi siamo
toccati dalla “psicosi dell’epidemia” (pandemia), intendendo con essa la
conflittualità tra rappresentazioni attendibili e scientifiche ed altre
alterate e fuorvianti, un commento voglio fare sulle immagini che hanno
riprodotto il numero dei morti, la desolata sfilata dei camion militari che
trasportavano le salme del coronavirus, le fosse comuni al tempo della
emergenza vittime. Ho ascoltato con le mie orecchie le opinioni nichiliste dei
tanti che smentiscono l’informazione ufficiale, che interpretano in chiave
soggettiva quelle foto.
Ai posteri l’ardua
sentenza??!!
Note.
1.Mi soffermo poco sulle implicazioni
che prendono la direzione del risparmio di tempo oltre che della ricchezza
della parola illustrata con immagini come anche sull’accorgimento subliminale
proteso alla persuasione occulta.
2.V. Flusser, Filosofia della
fotografia.
3. http://atpdiary.com/tag/visioni/.
4. https://www.doppiozero.com/materiali/oltre-la-fotografia-la-metamorfosi-dellimmagine.
5.Come nota 3.
6.Hans Belting ha lavorato sul tessuto
storico-biologico-antropico delle immagini per mettere in luce la dialettica
della vita e della morte, esperienza fondamentale inclusa in certe pratiche
funerarie e comune alle capacità profetiche e sciamaniche.. Vedi la sua opera
Antropologia delle immagini.
Come sempre poni il dito su aspetti emblematici, spesso inosservati, della nostra ambivalente “civiltà delle immagini”, fascinosa nelle verità ed insieme negli inganni seducenti che visualizza: è il tuo modo concreto di riempire vuoti culturali, denunciare pressapochismi e banalità dei “topoi koinoi” prossimi al non pensare… Fra i numerosi spunti che offri mi soffermo su uno: tutti siamo sommersi dalla potenza metacomunicativa delle immagini fotografiche (e “oltre la fotografia”…) che sovente girano nei social come virus impazziti, documenti spesso irrefutabili ma anche, come spieghi, irriducibili al segmento della pura oggettività e dunque selezione soggettiva. La mia opinione è che ciò che vale per ogni lettura si può applicare alle immagini specie fotografiche: non c’è denotazione senza connotazione del contesto. E questa connotazione può essere orchestrata ed indotta dall’autore dell’immagine ma deve fare i conti sempre e comunque con il contesto di chi legge (il suo stato d’animo, la sua esperienza di vita, il suo codice valoriale…), provocando una fusione oppure un’opposizione di orizzonti nel rischio persistente della manipolazione e dell’inganno. In ogni caso mi pare che ogni immagine, specie fotografica, sia documento da assumere con l’attenzione dell’atteggiamento critico (ahimè assai poco diffuso), esattamente ciò che la manipolazione e l’inganno vogliono assolutamente evitare. Un caro saluto e grazie, Rosario.
RispondiEliminaGian Maria Zavattaro Ti ringrazio Gian Maria!🙏Metti ulteriore carne al fuoco insistendo sulla natura documentale della fotografia. Mi è sembrata degna di nota ( non semplice curiosità ) l’evoluzione non tanto tecnologica ma concettuale , che potrebbe assumere contezza dello spessore soggettivo ( libero e spontaneo, in quanto latore di profondità psichiche ed immaginifiche), sottraendosi alla becera manipolazione.
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