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martedì 28 novembre 2023

Imparare i sentimenti. No alle scorciatoie.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle sculture lignee di Alessandra Aita (qui il sito).
 
Alessandra Aita
In questi giorni si parla nuovamente dell’introduzione a scuola di un ennesimo insegnamento distinto dalle discipline curricolari, legato all’educazione dei sentimenti e delle emozioni. Il progetto sperimentale del ministro Valditara - sull’onda del turbamento collettivo che ha coinvolto l’opinione pubblica, in seguito all’uccisione della giovane Giulia Cecchettin - riprende, in forma diversa, una proposta di legge già avanzata anni fa.
 
La cultura e i sentimenti. Ancora una volta, si pensa di affrontare un enorme tema – come quello dell’educazione all’affettività – con qualche ora in più, in questo caso pomeridiana e libera, affidata a docenti volenterosi e psicologi.
Da anni si espropria e si svuota la scuola del suo specifico ruolo - che è quello di educare attraverso la cultura - per introdurre materie trasversali che rischiano di rispondere solo alla strategia politica di chi cerca di ottenere consenso, facendo leva sulla diffusa ansia sociale, attraverso l’offerta di soluzioni facili e semplificate rispetto a problemi difficili e complessi.

mercoledì 22 novembre 2023

La via di Francesco.

Post di Rosario Grillo
Immagini tratte dal sito Museo francescano virtuale (qui).
 
Mimmo Paladino, San Francesco, 1993
La misura della crisi, alla luce della feroce guerra arabo-israeliana in corso, è davvero così orribile (1) da legittimare il ricorso al “ritorno alle origini”, come avveniva un tempo? (2) I fatti dicono: che una specie di terza guerra globale “a pezzi” è in corso - sono tanti i focolai accesi. Mettono ancora in evidenza un crescendo di strage di civili durante i conflitti (guerra in Ucraina e guerra in Terra Santa). Suggeriscono la facilità della scelta del ricorso alle armi sia per situazioni conclamate di crisi sia come facile strumento per instaurare un nuovo assetto geopolitico. Rappresentano un’obiettiva défaillance della prassi democratica.
Correndo su questo binario, al seguito dell’indicazione data da Umberto Baldocchi, ho fatto l’incontro con il libro che padre Ernesto Balducci ha dedicato alla figura di Francesco d’Assisi. (3)
È veramente, il nostro, un tempo di crisi apocalittica? Quali sono, se ci sono, le analogie tra il nostro e il tempo di Francesco?
Un segnale, di certo, è dato dall’attuale pontefice, che ha voluto assumere il nome del frate d’Assisi, imprimendo al suo pontificato il sigillo della “misericordia di Dio”, adottando in diverse occasioni il volto della povertà: il tocco del “servizio ai deboli e bisognosi”. Nel crinale del paradosso - essere contro il “secolo” ma servirsi degli strumenti tecnici del “secolo” - Papa Francesco ha di recente utilizzato lo strumento mediatico e risposto, nell’intervista del Tg1, spiegando di non considerarsi un “papa comunista” (4). Una risposta confermata dalla consonanza della sua azione ai principi ed alla condotta della Chiesa primitiva, sentita come “esemplare maniera” di mettersi sulle orme di Gesù.
Anche Francesco d’Assisi - ce lo ricordava Machiavelli - si è mosso per riportare la Chiesa alle origini, considerando queste ultime consustanziali alla natura comunitaria: indice incontrovertibile della pratica della fraternità.
Esplorando con autenticità la biografia del Santo, vengono in risalto le motivazioni reali delle scelte del frate assisano, dall’abbandono della casa paterna (e dei suoi agi) all’impostazione della “regula” fino al Testamento, segni tangibili di una Chiesa riportata sulle orme di Gesù. I movimenti pauperistici, diffusi in quel periodo, avevano appunto il comune denominatore della scelta della povertà: rimedio per curare la “malattia della potenza” che affliggeva la Chiesa del tempo. (5)

venerdì 10 novembre 2023

Lottare per la scuola e la cultura.

Post di Rossana Rolando.
Immagini tratte dalla pagina facebook dell'artista afghana Shamsia Hassani (qui).
 
Shamsia Hassani, Studentessa
💥 Resistere oggi, almeno nel nostro mondo occidentale, asservito a logiche di profitto e di consumo, in cui l’apparire conta più dell’essere, significa continuare a fare cultura, in ogni luogo, soprattutto a scuola.
Potrebbe sembrare una tautologia: certo, a scuola si fa cultura, cos’altro?
Eppure… Anche la scuola è assediata da una pretesa utilitaristica, quella per cui ha sempre meno spazio la formazione fine a se stessa, la promozione del pensiero senza altri fini, la coltivazione delle discipline teoretiche, i cui risvolti applicativi non risultano immediati.
Nel pieno delle cose da consumare, in cui tutto appare facile, a portata di mano, l’avventura del sapere sembra perdere il proprio fascino e la propria rilevanza all’interno della società.
La figura del docente è sempre più lontana dal compito dell’intellettuale, dell’uomo/donna di studi, per essere declassata in molti modi, sia internamente al mondo della scuola, con le sue logiche aziendali che equiparano gli studenti a clienti, sia esternamente ad esso, nelle aspettative dei genitori e della società tutta, che alla scuola chiedono tanti altri servizi, ma non quello della formazione-educazione della mente.
Quel che Nicola Gratteri ha affermato qualche giorno addietro, rispecchia un’opinione diffusa: «Oggi i ragazzi vedono gli insegnanti come degli sfigati. Quando un insegnante arriva a scuola con la Panda, agli occhi dei ragazzi è un fallito. Il loro modello è il cafone che arriva davanti al pub la sera col Suv vestito tutto luccicante. È il loro modello vincente perché non si è investito in istruzione».¹

domenica 5 novembre 2023

Della clemenza.

Post di Rosario Grillo.

Artemisia Gentileschi, Allegoria dell'inclinazione, 1615
Eppure la clemenza non è il perdono. E che cos’è allora? Qual è la sua condizione stereotipica, quali ne sono i motivi e l’utilità? Chi esercita o dovrebbe esercitare la clemenza, il giudice buono, il padre indulgente, il sovrano misericordioso, il politico populista? In effetti la clemenza è la disposizione benevola del capo sovrano verso l’inferiore; è virtù esterna, pubblica, non privata e interna come lo sono bontà e umiltà. È virtù dei potenti verso i soggetti, è azione di un superiore sociale verso un inferiore, talora richiesta alla giustizia, che con la grazia risparmia la vita o anni di pena. Si applica a contesti di giurisprudenza e di politica, esprime la mitigazione della retribuzione (Clemenza in Doppiozero).
 
💥 PREMESSA
Passando lo sguardo sulla postura della società attuale vien fuori la rigidità di una pretesa morale ispirata alla rettitudine bacchettona. Su di essa è seduta la disposizione comune a considerarsi portatori di verità incontrovertibili, con la refrattarietà ad assumere apertura al dissenso e proposito di dialogo.
A mio parere, non è solo un effetto del piglio “polemico e ciarliero” del mondo da social media; è soprattutto invece effetto scaturito da un input impresso dall’alto, da quanti subdolamente applicano il precetto latino: divide et impera.
La gamma di questa postura, del resto, ha molteplici variazioni e sembianze, tutte convergenti però nel rinsaldare un fondamentalismo culturale di base (1).