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mercoledì 30 novembre 2016

José “Pepe” Mujica, la politica della gente.

📝 Post di Gian Maria Zavattaro.
🎨 Le immagini sono tratte dalla pagina facebook José Pepe Mujica Italia
Il libro edito nel 2016 
dal Gruppo Editoriale Lumi
José “Pepe” Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, fino a pochi giorni fa era in Italia per presentare la sua biografia “Una pecora nera al potere. Pepe Mujica, la politica della gente”, scritta da Andrès Danza e Ernesto Tulbovitz. E’ stata anche l’occasione per ripresentare il suo libro edito in Italia da EIR nel 2014 dal titolo La felicità al potere. A questo libro avevamo dedicato a suo tempo (17.06.2015) un post. Oggi vogliamo riproporlo, adattato all'oggi, proprio alla vigilia del referendum, al di là di qualsiasi risultato elettorale. Post che si rivolge ad ogni persona che ha a cuore il presente ed il futuro della polis,  nella profonda convinzione che tutti  - i sì, i no, i non votanti  e soprattutto coloro che a  qualsiasi titolo detengono potere e responsabilità - possono trovare o ritrovare nella sua testimonianza e limpida coerenza motivi fondamentali e stimoli per una vera “politica della gente”, per mettere in pratica le tante promesse fatte e soprattutto rendersi conto che  nella  democrazia il pluralismo è certamente anche conflitto, duro e severo, che non dovrebbe però mai ridursi a forsennata e volgare sceneggiata, da noi subita con disgusto  nelle scorse settimane. 

Dalla pagina facebook di José Pepe Mujica - Italia
 🔵 Chi è José “Pepe” Mujica Cordano.
Lo chiamavano “il presidente più povero”, ma lui non si sente povero, perché povero è chi vuole sempre di più. E’questione di libertà: non si può passare la vita come uno schiavo per sostenere uno stile di vita costoso e non avere più tempo per se stessi.

sabato 26 novembre 2016

Si e no al referendum: confronto.

📣 👬 Post a due voci: la prima di Rosario Grillo, la seconda di Gian Maria Zavattaro.
🎨 Le immagini sono tutte relative a dipinti del pittore polacco - francese Louis Marcoussis (1878-1941). Il cubismo, a cui l'artista aderisce convintamente, insegna che ogni oggetto è una composizione, in quanto frutto dell'attività costruttiva della mente e della mano. Perciò le figure di questo post accompagnano la discussione sulla scelta che siamo chiamati a compiere il prossimo 4 dicembre 2016, nella consapevolezza che, anche da essa, dipende la formazione della realtà futura.

🗨 Rosario Grillo: IO DICO NO.
Louis Marcoussis, 
Costruzione con una mano
Nel pieno rispetto del progetto condiviso da me e da Gian Maria: informare gli elettori sul referendum senza alcuna alterazione di tono, con la garanzia del terreno comune della democrazia, modellata anche con il contributo indispensabile del Personalismo cattolico, voglio provare ad argomentare le convinzioni che mi portano verso il No.
🔻 Dev’essere un punto fermo il fatto che si tratta di una materia costituzionale.
La Costituzione è il “patto generativo” di quell’associazione di persone che si chiama Stato.
(Qui un inciso filosofico: tra lo statalismo hegeliano, più o meno imbevuto di liberalismo, e l’anarchismo, propendo per una mediazione tra spinta dal basso: le persone, ed è fondamentale, e spinta dall’alto: quella della cifra giuridica delle Istituzioni. Entro la cui sfera si muove lo Stato di diritto).
Louis Marcoussis, 
Composizione con conchiglia
A questa stregua, la scelta non può non preoccuparsi di salvaguardare l’“unità dell’associazione” (appunto per questo il quorum richiesto per l’approvazione  parlamentare di una modifica costituzionale è elevato).
🔻 Secondo asse portante della mia argomentazione è la virtù del parlamentarismo. In esso si racchiude il “tesoro” della democrazia (intendo la democrazia realmente possibile, incistata sulla rappresentanza).
Chi ha seguito il dibattito sorto dalla enunciazione su una parentela stretta tra democrazia ed oligarchia (fatta da Eugenio Scalfari), può essere caduto  in inganno, non comprendendo che vi era nascosto un addentellato “Elitistico” (teoria delle elite di Gaetano Mosca).

mercoledì 23 novembre 2016

Referendum, la nostra sintesi informativa.

📝Post di Rossana Rolando, Rosario Grillo e Gian Maria Zavattaro.  
🎨 Tutte le immagini dei dipinti di W.M. Harnett, pittore irlandese-statunitense vissuto tra il 1848-1892, sono state inserite in questo post per i soggetti che esse rappresentano: libri, penne, giornali, lettere, strumenti musicali... Tutti, nel loro nitido realismo, sono simboli di riflessione, di studio, di calma silenziosa e pensante.

William Michael Harnett, 
Scrittoio
1879

Anche noi, in questo e nel prossimo post, rifletteremo sul referendum, con sofferenza e non poche remore, visto il clima vergognoso ed infernale, che da settimane tutti noi respiriamo: attacchi e contrattacchi impietosi di chi, incapace di ascoltare gli altri, preso com’è da furore distruttivo fatto di superiore disprezzo, offende le nostre intelligenze e capacità di discernimento.
Ci sono “sì” e “no” che ci paiono  frutto di fanfare di pancia  pro o contro, di reciproche demonizzazioni e rese dei conti, di intollerabili personalismi, di rinuncia a pensare e far pensare in nome dell’ipse dixit, di ideologismi che paventano scenari apocalittici nel caso di vittoria dell’avversario. Sintomi di una generale crisi, troppo profonda per liquidarla con vuote accuse ed offensivi appellativi  che si pretendono stroncanti: ci paiono solo liquidi “topoi koinoi” oggi tanto di moda: “populista, antidemocratico, reazionario, fascista…” e via dicendo. Tutto ciò  da entrambe le parti.
William Michael Harnett, 
Emblemi di pace, 
1890
Ma ci sono - eccome! - i “no” pensati ed i “sì” pensosi, entrambi sempre sofferti e problematici. Sono questi no e questi sì che vorremmo mettere in evidenza, non senza condizioni e prese di distanze:
- non siamo contro nessuno, siamo per un’Italia migliore ed il voto di ciascuno di noi  sarà decisione personale  che ognuno consegnerà all’urna. Per quanto ci conosciamo, non voteremo nello stesso modo, ma voteremo fidando ognuno nella libertà dell’altro, uniti nel caso specifico da “concordia discorde.

sabato 19 novembre 2016

Chagall, le fonti dell'ispirazione.

Post e fotografie delle opere di Chagall
di Rossana Rolando.

PER L'ANALISI E IL COMMENTO DE  "LA VIE" CLICCARE QUI
Forte di Bard 
(Aosta)
Si è appena conclusa la mostra su Marc Chagall presso il Forte di Bard (di cui consigliamo la frequentazione per la bellezza del luogo e le magnifiche iniziative culturali, qui la pagina facebook). Il pezzo forte - a cui dedicheremo un prossimo post - era certamente La vie (La vita, 1964), il più grande olio di Chagall mai esposto prima in Italia. Numerosi altri quadri (265 opere) arricchivano la rassegna con i motivi che tutti associamo all’arte di Chagall (il sole, la mucca, gli amanti, il gallo, il violino…) fino alla splendida sequenza delle 105 tavole predisposte per illustrare la Bibbia.
Il gallo sopra Parigi 
(1958)
Di fronte ai quadri del pittore russo l'emozione estetica è assicurata: soggetti poetici intessuti di sogno e di incanto, meraviglia di colori, sentimento che afferra e travolge. L'arte - più che mai con Chagall - ha il potere dell'intuizione immediata (Hegel). Il pensiero riflesso subentra dopo. E così, ripensando a quelle visioni provenienti da un altrove sconosciuto, ci si può chiedere da dove Chagall abbia tratto la sua ispirazione; quali siano le fonti del suo immaginario; quale l'originalità del suo linguaggio pittorico.
C’è un percorso in cui questi interrogativi trovano una qualche possibile risposta: è il libro La mia vita scritto da Chagall tra il 1921 e il 1922 quando si trovava in Russia – ancora per poco – nel tempo della Rivoluzione (tradotto poi in francese dalla moglie Bella nel 1931 e disponibile oggi in traduzione italiana nell’edizione Se).
Per ricostruire l'origine di alcuni luoghi tematici ricorrenti nella poetica di Chagall associo alcune immagini fotografate in mostra a determinati passi della biografia di Chagall, secondo un ordine che il testo suggerisce. Sopra ogni immagine: il tema; sotto: il titolo del dipinto; a lato: una notazione tratta dal libro con una brevissima introduzione.
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La madre.
Mia madre 
(1968)
Chagall rivolge questi delicati pensieri alla madre che non c’è più. “Ecco l’anima mia […]. 
Vorrei dire che il mio talento s’era nascosto in lei, da qualche parte, che tutto mi veniva trasmesso attraverso di lei […]. 
Sono passati tanti anni da quando è morta! 
Dove sei ora, piccola madre? In cielo, sulla terra? Io sono qui, lontano. […] Dimmi, piccola madre: nell'altro mondo, in paradiso, nelle nuvole, là dove sei, ti consola il mio amore?  
Potrò con le mie parole filare per te un po’ di tenera, carezzevole dolcezza? (pp. 18-20)

domenica 13 novembre 2016

La formazione della persona, con disegni di F. Matticchio.

Di Rosario Grillo.
Immagini di Franco Matticchio.
Franco Matticchio, 
Sonno profondo
Il processo della formazione della persona umana inizia nel nucleo familiare per svilupparsi e maturare dentro la società. Comprende il delicato tema della educazione, che quindi investe la famiglia e la società.
Alla prima è affidato il compito basilare di aiutare il riconoscimento con la presa di coscienza del “sé”, di avviare assieme i prerequisiti per il riconoscimento degli altri.
Alla seconda, il radicamento in progressione della capacità di relazione.
Si è a lungo discusso del potenziamento del sentimento familiare - qui principalmente indagato come amore genitoriale verso la prole - nel corso dei secoli, evidenziando che solo a partire dal secolo XVIII avviene un vero attaccamento materno ai figli. Considerazione che va ristretta solo all’indagine storico-sociale portata avanti. Ipotesi unilaterale, per il resto, smentita attraverso la realtà di un legame ancestrale, direi quasi cosmico, quello di un essere generato verso il generante e reciprocamente, tipici di ogni ordine della natura.
Franco Matticchio, 
Nido
Il “campo” comune dell’operare educativo dovrebbe portare ad una alleanza tra la famiglia e la società.
Alleanza, che talvolta è stata sospinta fino al livello di un’integrale socializzazione delle funzioni educative, con il fine di evitare qualsiasi leggera differenza, instaurando invece una integrale uniformità.
Piuttosto, nel corso del tempo, si è variegato il modo di selezionare l’agenzia sociale deputata al compito pedagogico. Si è passato così dalla figura del precettore privato alle istituzioni culturali preposte a tale ruolo, o per iniziativa privata o per attributo pubblico.
Abbiamo già un esempio di un rapporto problematico tra la famiglia, ferma a certe tradizioni, e l’educatore, nella figura di Socrate, orientata alla rottura delle incrostazioni valoriali. Celebre, a tal proposito, il diverbio rappresentato nelle “Nuvole”, una commedia di Aristofane.

giovedì 10 novembre 2016

Poesia e disegno inediti di Tommaso D'Incalci.

SOLO UN'ALBA
Onde d'archi c'invitano a salpare
su questa piccola zattera
che il mondo non può contenere
Come viso segnato, graffiato,
la sottile ostia d'oro anche oggi
ci chiama al banchetto della vita
In una nuvola di tango
evaporiamo
siamo come buon vino,
lasciato a decantare

domenica 6 novembre 2016

Dentro la psiche.

Di Rosario Grillo.
SINTOMO ED INCONSCIO.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Stanchezza
Il “sintomo” è la manifestazione della malattia, secondo il linguaggio semplice dei medici. Eppure la sua indagine etimologica ci porta alla soglia di una casualità, di una “coincidenza (simptoma, simpiptein), dove l’accento cade su quel sin (con), quindi sulla compartecipazione.
Risalendo per questa via si ha la possibilità di riconoscere nella natura psichica una ambivalenza (passività/attività – presenza/assenza) densa di prospettive.
Ci serve, a tal fine, seguire il percorso di Freud, maestro della psicanalisi. 
Nel “complesso d’Edipo, Freud poneva il test d’ingresso alla vita adolescente, gradino verso la conquista della maturità. In esso, attraverso connotati mitologici, si accentrano le pulsioni libidiche legate al principio del piacere, culminanti nel desiderio incestuoso di possedere la madre.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Il bacio
Freud stesso metteva in luce che l’epigono/epilogo della vicenda era nel momento della contrapposizione e contemperanza del “principio di realtà, propedeutico a l’ingresso nella società.
Occorre far chiarezza sul “principio di realtà, che, sbrigativamente, è stato letto come un residuo di “positivismo.
Nello stesso tempo, l’analisi del “principio del piacere riconosce che vi si è trasfuso un pansessualismo, molto lontano dal vero Eros. Si è aperta la strada, così, al consenso illimitato al piacere sessuale, rompendo gli argini con l’inganno di realizzare libertà e disinibizione, di trionfare dei tabù.
Non si è rispettata, così, la mescolanza concentrata nell’inconscio di istinto e ragione, desiderio e mancanza (vi è forse dialettica?).
L’inconscio, rivelazione della psicanalisi freudiana, fondata sulla terza deantropomorfizzazione (dopo Galilei e Darwin).
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Al Salon di rue des Moulins
Ed in effetti, l’inconscio testimonia che “l’io non è padrone in casa sua, quindi implica e pratica un Io “limitato”, complementare ad un soggetto debole.
Però, dopo il cammino esaltante del Soggetto moderno, esplorato dalla filosofia e dalla scienza moderne nelle sue competenze conoscitive, tecniche ed etiche, occorre dare la giusta interpretazione di tale debolezza. Essa non nasce da vincoli di autorità o da status di eteronomia; è, invece, la risultanza di una “mancanza”, bisogno di alterità, consapevolezza di natura divisa: in-divido.

venerdì 4 novembre 2016

Una riflessione personale sul 4 novembre.

Di Gian Maria Zavattaro.
La virtù che amo di più - dice Dio - è la speranza.
 La fede non mi stupisce. Non è stupefacente. Sì, io risplendo a tal punto
nella mia creazione, che, per non vedermi, questa buona gente dovrebbe essere cieca.
 L’amore  - dice Dio -  non mi stupisce.  Queste povere creature sono così infelici:
 come potrebbero non avere pietà l’una dell’altra, a meno che non abbiano un cuore di pietra.
  Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio.
 Questo è stupefacente”
 (Ch .Pèguy)
Ripropongo  una riflessione personale su ciò che la prima
guerra mondiale ha rappresentato per tante famiglie, come la mia.

Redipuglia, Cimitero Militare
(Collezione Umberto Fabiani)
Il 4 novembre è per me un giorno di trepida mestizia, unita ad una pervicace speranza. Non riesco a provare altri sentimenti. Questo post vuole essere un tributo, tenero come un abbraccio fraterno, alle miriadi di morti, in ogni parte del mondo, a causa delle guerre di ieri e di oggi.
Secondo le stime della gran parte degli storici il totale dei morti nella prima guerra mondiale, tra militari e civili, è compreso tra i 15 e i 17 milioni, di cui circa 1.200.000 italiani (militari e civili).
Dalle doline del Carso 
(Collezione Claudio Granella)
Tra loro anche mio nonno paterno, morto sul Carso cent’anni fa (dicembre 1916), lasciando una vedova ventiquattrenne, mia nonna, e due bimbi piccoli, mio padre e mio zio. Da allora la mia famiglia è stata segnata per decenni, e lo è per certi versi ancora oggi, da questo tragico e per noi assurdo e inconcepibile lutto. Così è stato per centinaia di migliaia di famiglie in Italia e per milioni nel mondo.
Non ho nessuna voglia di celebrare il 4 novembre sotto altra forma se non quella di ricordare il pianto di vedove ed orfani prematuramente privati degli affetti più cari da un’ inutile strage”, che  nulla sembra insegnare a noi  uomini e donne del 2016. Non è questione di essere o non  essere pacifisti. Certo, mi dichiaro e voglio essere pacifico (operatore di pace, dal lat. pacifĭcus, comp. di pax-pacis ‘pace’ e il suffisso -ficus,  der. di facĕre ‘fare’), ma non pacificato dalle guerre di ieri e di oggi.