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lunedì 28 dicembre 2020

Elogio dei rimpianti.

Post di Rossana Rolando.

Immagini delle illustrazioni di Anna Parini (qui il sito instagram).


Anna Parini, Abbraccio
Mentre scorrono gli ultimi giorni di questo anno difficile e, per molte persone, doloroso - segnato da malattia, lutti, perdite -, l’atteggiamento dominante sembra essere quello della fuga verso un tempo migliore, capace di cancellare e portare via questo annus horribilis. Nel futuro si proietta un passato idealizzato, felice, libero da costrizioni. Si attua una sorta di ribaltamento della leopardiana operetta morale dedicata al venditore di almanacchi: il parametro della vita bella non sta nel tempo che non si conosce - un futuro immaginario, carico di speranze, potenzialmente e, per Leopardi, illusoriamente migliore del presente - ma nel passato che si conosce.

I limiti di questo approccio sono da molti osservatori individuati: il virus non è stato la causa di tutti i mali, ma l’acceleratore di situazioni critiche già in atto. Un esempio su tutti: l’individualismo esasperato della seconda ondata di covid ha semplicemente messo in luce una tendenza caratterizzante la società contemporanea. Ed altri temi si potrebbero evocare: le situazioni drammatiche della scuola, della sanità, dei servizi pubblici hanno evidenziato le carenze di una politica e di una mentalità collettiva che non hanno saputo investire risorse in settori determinanti per il bene comune e per il futuro delle giovani generazioni.

Se si tiene conto di tali analisi, l’atteggiamento verso il passato diventa forse più critico, nutrito di fecondi rimpianti, capaci di generare nuove prospettive culturali e sociali.

giovedì 24 dicembre 2020

Il sogno di Natale.

Edward Burne-Jones, Natività, 1888
A tutti gli amici del blog desideriamo rivolgere i nostri auguri, accompagnati da due spunti di riflessione, legati ai video sotto inseriti.

✴️ Il primo riferimento nasce dal racconto di Pirandello Il sogno di Natale. Pubblicato nel 1896, esso risulta ancora attualissimo, capace di interpretare profondamente il dramma del segno religioso nel mondo odierno. 

✱ Da una parte perché l’uomo contemporaneo, in larga misura, non attende l’evento che, per tradizione celebra. Scrive Pirandello: “per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita […].

martedì 22 dicembre 2020

L'albero di Natale di Gesù.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini delle opere di Carl Larsson (pittore e illustratore svedese, 1853-1919).

Carl Larsson, edizione natalizia di Idun, 1901
“Io sono un romanziere e, a quanto pare, ho inventato una “storia” io stesso. Perché scrivo “pare” quando so di sicuro che ho inventato? Eppure ho come l’impressione che ciò sia accaduto in qualche luogo una volta e, precisamente, alla vigilia di Natale, in una non so quale immensa città, mentre faceva terribilmente freddo” (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2017, p.224).

Pensavo in un primo tempo di dar conto della mia lettura di alcune omelie natalizie di p. Balducci finora inedite, fresche di stampa (1). Innegabile l’attualità di pagine quasi proposte per questo tempo di covid: un invito a raccogliere nella nostra concreta situazione l’appello a riscoprire la verità del Natale fatta di infanzia spirituale, gioia autentica congiunta a “severità”, luce che vince le tenebre, speranza (“la via attraverso cui Dio ci si rivela”(2), fede nell’indicazione perentoria di Dio per cui “il fatto che Gesù sia morto come è morto e nato come è nato non è una circostanza contingente ma è invece strutturalmente eloquente riguardo a Dio”, alla Pasqua di Resurrezione, alla salvezza del mondo (3).

Poi ho capito che non potevo pretendere di presentare in sintesi gli ardenti richiami e suggestioni del libro, perché in quelle pagine si ritrova un’aria che ognuno deve respirare da sé. Posso però rivolgere un caldo invito a leggerlo, partendo dalla “verità di fondo: che Dio si manifesta contestato e ripudiato. Non è invenzione nostra, è il dato essenziale su cui dovemmo costruire anche il messaggio di consolazione. Ma se noi eliminiamo l’estraneità di Dio nei rapporti del tessuto della nostra vita, poi niente più torna. Bisogna cominciare da qui, da questo scandalo:“venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11)” (4).

mercoledì 16 dicembre 2020

Poesia e sublimazione.

Post di Rosario Grillo.

Pierre Puvvis de Chavannes, Il sogno, 1883, particolare  



Come per mano di un Dio, un tempo mi avvinse 
Su quel ponte un incanto, mentre passavo,
E sullo sfondo dei monti
La vaga lontananza mi apparve,
E il giovinetto, il fiume, correva alla piana
Lieto e triste, come il cuore che, per troppa bellezza,
In un naufragio d’amore,
Si getta nei flutti del tempo. 
(Hörlendin)

Con le imperfezioni intrinseche ad un patito della argomentazione proverò ad imbastire delle note sulle proprietà della poesia e, a più larga raggio, della comunicazione a-logica.

Il pensiero occidentale ha subito il peso onnivoro della logica. È risaputo invece che nella tradizione orientale è stato più largo il ruolo assunto dal l’espressione non logica.

Sono stato provocato dalla lettura di un recentissimo contributo di F. Berardi Bifo, concepito nel contesto della piena pandemia ed interrogativo sulla relazione tra reclusione indotta dall’epidemia ed effusione dei rapporti sessuali. (1)

giovedì 10 dicembre 2020

Pensare l'estremo.

Post di Rossana Rolando.

Immagini delle illustrazioni di Andrea Calisi (qui il sito instagram).

Andrea Calisi, Poggio delle due torri e dei corvi gracchianti
L’andarsene anonimo di tante persone che muoiono in solitudine, senza un saluto da parte della comunità (soprattutto quando, per diverse ragioni, viene meno la dimensione religiosa del rito) è un altro aspetto che impressiona, in questo tempo di coronavirus. I telegiornali si susseguono con i loro bollettini medici e il resoconto altalenante dei morti. Numeri senza volto. Solo le persone direttamente coinvolte nel dramma di chi è colpito dalla durezza della malattia possono avvertire il brivido lacerante.

La morte viene a noi attraverso gli altri, soprattutto attraverso la perdita di persone care. Eppure essa rimane in se stessa qualcosa di profondamente estraneo, anche quando coinvolge dolorosamente. Vladimir Jankélévitch esemplifica l’esperienza di questa alterità in questi termini: “Ho coscienza della morte e so che morirò - ma non ci credo. Così come tutti gli uomini sanno di dover morire - ma non ci credono”¹. Sul tema Tolstoj ha scritto il suo potentissimo racconto “La morte di Ivan Il'ič”, che inserisco come audiolibro al termine di questo post, nella versione integrale. 

Dunque, quella che noi viviamo non è mai la nostra morte. Essa rimane, per il vivente, un “non luogo”, irrappresentabile, non percepibile. Per questo Epicuro afferma: “quando ci siamo noi la morte non c'è, quando c'è la morte non ci siamo noi”.² Nella sua concezione materialistica - che identifica la morte con la dissoluzione del corpo e dell'anima e quindi con una situazione di totale insensibilità - Epicuro ritiene di aver trovato il farmaco per guarire l’uomo dal timore della morte. Eppure lo sgomento non è venuto meno.

venerdì 4 dicembre 2020

L'Avvento e l'Attesa nella tempesta del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Eugène Delacroix, La tempesta sedata, 1841

Senza pretese di alcun genere - se non quella di vivere con coerenza la mia inquieta fede di laico credente in Dio Uno e Trino - sto tentando di chiarire con mia moglie come vivere l’Avvento da cittadini cristiani in questo tempo maledetto e benedetto del covid, che ha messo a fuoco la divisione della umanità tra tensioni fraterne e solidali, (l’I Care di tanti operatori sanitari, volontari ed anonimi cittadini nei loro invisibili gesti quotidiani di “attenzione” agli sventurati) e la cruda noncuranza degli indifferenti sino al cinismo inflessibile di una marea di profittatori speculatori truffatori.

L’Avvento è per il cristiano il preminente tempo dell’“attesa”(1), tempo della speranza contro la disperazione e della gioia contro la tristezza, nella duplice tensione verso il Natale (l’evento di Betlemme che ha cambiato la storia del mondo e ravviva la speranza che Dio non ci lascia soli) e verso la Parusia (la meta della storia, la seconda venuta del Signore nostro Gesù Cristo, compimento e manifestazione suprema della “presenza” che ha avuto inizio con la sua prima venuta e che continua nel mistero dell’Eucaristia, della Chiesa, della Carità e dei Poveri) (2).