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sabato 26 aprile 2014

Facile tradire i valori della Resistenza...


No alla retorica, 
ma  anche no alla cancellazione della memoria. 
Festeggiare in modo stanco il 25 aprile, 
non avere il senso delle radici della propria libertà 
significa essere già in pericolo …

Per noi liguri l'agave 
è simbolo di resistenza ...
I continui odierni dissidi tra partiti, la compra-vendita di parlamentari, il populismo imperversante, l’iniquità fiscale, il dilagare di quella che don Gallo amava definire “società delle spettanze” mi hanno riportato in mente un  articolo di C. A. Jemolo apparso su   “La Stampa” tanti anni fa e che già allora – io imberbe studentello alle soglie del ginnasio – mi aveva colpito e che ripropongo in alcune parti.

... la Resistenza è un fatto storico ...
Jemolo invitava a tralasciare le celebrazioni agiografiche della Resistenza, per soffermarsi a riflettere sui  suoi valori, per mantenersi fedeli ad essi nella costruzione dell’oggi e del domani. 

...ma è soprattutto un atteggiamento, 
un modo di vedere la vita ....
”Si assottiglierebbe  molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza”, ma tornerebbero a rifiorire le speranze in  una vera unità Europea dei popoli e non solo dei governi, nella collaborazione  tra i diversi partiti per  il bene del paese, nel rispetto delle diverse opinioni, nella solidarietà e mobilità sociale, nella democrazia sostanziale e non formale, nell’equità fiscale, nel ripudio della guerra, nell’ovvio dovere da parte di tutti i governanti di vita limpida, estranea ad ogni forma di  corruzione e clientelismo. 

... non cedendo a forme di corruzione, 
clientelismo, ...
Pagine di estrema attualità, che invitano a guardarsi bene dall’inneggiare alla Resistenza  ed ai partigiani, se i nostri comportamenti  non corrispondono  a  “quei valori  per cui essi s’immolarono”.

... un modo di sentire la vita 
che non può essere ridotto a monumento ... 
(Cuneo)
... a rievocazione ... 
(Parma)
.... se si vuole che rimanga acceso 
il fuoco dei valori resistenziali...
“Si parla troppo della Resistenza e poco si riflette sui suoi valori. Nulla da stupire. In ogni religione è più facile genuflettersi e cantare inni che chinarsi al giogo delle leggi. Ma ammonirei a ricordare ciò che la storia di ogni paese insegna: quanto sia facile seppellire gl’ideali innalzando marmi a coloro che li asseverarono. […] Bisogna asseverare  i valori della Resistenza; non parlandone in blocco come di cosa nota, bensì discernendoli, mettendoli a fuoco, proiettandoli in ciò che si costruisce, in quanto si vuole realizzare domani.

... riscoprendo quei valori uno a uno ...
Ricorderemo allora che la Resistenza volle essere fenomeno europeo, avviamento ad una Europa unita nella libertà, dove ci fossero cordiali rapporti di popoli piuttosto che di governi. […]   
La Resistenza fu collaborazione fra partiti diversi;  accantonamento di dissensi, guardare alle mete comuni. E’ tradita dove i contrasti si esasperano senza un perché, dove le maggioranze rifiutano ogni collaborazione con le minoranze, non accettano i loro voti, fanno questione di prestigio nel respingere ogni loro proposta, ogni suggerimento. 

... per non tradirli nelle divisioni ... 
ed essere così incapaci di lavorare 
nella prospettiva di mete comuni ...
Fu unione di credenti e di atei;  questi ultimi rispettosi della fede dei primi, pronti a riconoscere l’opera di bene, il gesto coraggioso del sacerdote e della suora. Sono contro il suo spirito gli ecclesiastici che vogliono imporre direttive  ai partiti, come ogni resurrezione di vecchio anticlericalismo, che neghi i valori religiosi. […]
La Resistenza fu sacrificio e rinuncia; il suo spirito, la generosità, l’accettazione conscia della povertà in omaggio alla solidarietà. Sarebbe stato consono ad esso contenere con l’arma fiscale le grandi ricchezze od almeno gli alti redditi, i munifici stipendi; adottare e magari imporre un tenore di vita semplice, di cui le amministrazioni pubbliche dessero l’esempio con la modestia degli edifici, con i viaggi dei ministri in forma dimessa. Ma il suo spirito avrebbe voluto che pure i più umili volessero servire la cosa pubblica, che impiegati ed operai considerassero l’ azienda pubblica come loro […]  Si tradisce quello spirito quando si vuole che nel pubblico impiego, nella stessa magistratura, non si selezionino i più capaci, si dia il bando ad esami e concorsi, si leghi la carriera all’anzianità.  […]

... per non ridurre parole come solidarietà 
e giustizia a involucri vuoti ...
Se così si fissasse lo spirito della Resistenza, si vedrebbe quanti realmente lo onorano e quanti lo aborrono [...]. Certo si assottiglierebbe  molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza,  ma son certo che “se cosa di qua in ciel  si cura”, quanti caddero per la Resistenza sarebbero ben lieti di vedere dimenticati i loro nomi, senza un fiore le loro lapidi, pur che restassero vivi (fosse pure coltivati da una minoranza) quei valori  per cui essi s’immolarono”.

... trasformando così la Resistenza 
in un albero secco che non porta più frutti ...
Arturo Carlo Jemolo (1891–1981), da “La Stampa”,  24 luglio1960.

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venerdì 25 aprile 2014

Luisito Bianchi e la resistenza.



“…La Resistenza è un fatto di gratuità. La vera: la Resistenza al potere, non per instaurare un altro potere ma per la libertà dell’uomo. Per questo Resistenza è gratuità, e Partigiano l’uomo gratuito. Il Dio Gratuito non è forse il Dio partigiano, che prende le parti di chi, in un modo o nell’altro, è perseguitato dal potere? La Resistenza del 1944-45, dei morti e di quei vivi che non l’hanno mai svilita ad instaurazione di nuovi poteri, fu la grande parola laica di gratuità, che ha generato e genera ancora figli ogni qualvolta si resiste al potere dell’uomo in nome dell’uomo” .
                                    (dall’Introduzione a DIALOGO SULLA GRATUITA’).

Don Luisito Bianchi.
Ho conosciuto don Luisito Bianchi quando facevo il preside, grazie all’amico Gianni Peirano che mi sollecitò a leggere La messa di un uomo disarmato. L’ho letta. Fu una rivelazione: il più bel “romanzo” che  avessi mai letto negli ultimi 30 anni. 


La copertina del romanzo.
Invitai Luisito a parlare agli  studenti dell’ultimo anno del Liceo per il 25 aprile 2006. Era molto riluttante (amava molto scrivere, ma non apprezzava i bagni di folla), infine riuscimmo a convincerlo. Poiché non guidava né aveva un mezzo proprio, fu Gianni, Presidente del Consiglio di Istituto, ad andare a prelevarlo all’abbazia di Viboldone ed a riportarlo il giorno dopo.  

Abbazia di Viboldone, Milano.
Per noi fu una giornata memorabile,  compresa  la serata che Gianni volle ad Ortovero ed i momenti agapici trascorsi insieme. 
Da allora spesso Rossana ed io abbiamo  rivissuto quei momenti di grazia, di  trionfo del silenzio ed insieme della  Parola, fuori dalla frenesia degli impegni professionali e delle ineluttabili scadenze quotidiane.
La facciata, in notturna.
Rossana ha meditato a lungo la “messa”, proponendo una forte  riflessione, pubblicata nel 2007 in occasione degli 80 anni di Luisito. La riportiamo nella pagina di questo blog, appassionata  interpretazione, laica e cristiana,  del suo romanzo.
Ogni mattina, prima di recarmi  a scuola, sino all’ultimo giorno del mio lavoro professionale, passavo a vedere ed a sentire il mare ed era per me spontanea l’associazione a don Luisito che, prima di partire, ospite in Seminario, ci aveva confidato l’ora   trascorsa sulla marina di Albenga, all’alba ed al tramonto, ad ascoltare il respiro del mare, pieno di stupore di fronte alla sua bellezza.

Era un uomo semplice ...
Era  un uomo semplice e complesso, dimesso e signorile, mingherlino e coriaceo, dolce e severo, povero per scelta e vocazione, ricco di  passione autentica e di fede incrollabile, umile testimone, la cui protesta si levava però con grido possente.

... e nello stesso tempo complesso ...
Fu così che iniziammo una frequentazione sia epistolare,  a cui rispondeva sempre in tempo reale, sia soprattutto fatta da parte nostra  di visite a Viboldone. Bellissima la festa per i suoi 80 anni.  Poi la caduta rovinosa,  il lungo calvario sulla carrozzella  con la mente lucidissima a scrivere e colloquiare fino all’ultimo. Ed infine il 5 gennaio 2012 – aveva quasi 85 anni – il dies natalis. 

Abbazia di Viboldone, interno.
Sacerdote conquistato da don Mazzolari, fu missionario in Belgio, poi insegnante di religione e vice assistente delle ACLI nazionali. Abbandonò l’incarico perché  deciso a vivere in modo radicale la povertà: fa il  prete operaio (in fabbrica alla Montecatini di Spinetta Marengo, poi l’inserviente all’ospedale), perché la sua   fede  non ammetteva compromessi di sorta con il disordine costituito e le connivenze clericali.  La GRATUITA’ di Dio è stata il suo richiamo accorato ed il dono gratuito è stato sua pratica costante, tanto da rifiutare qualsiasi emolumento quando era insegnante di religione ed assistente alle Acli, non ritirando mai lo stipendio ("perché la Chiesa fa pagare i suoi servizi, perché questo commercio del divino? Gratis accepistis, gratis date"). Possiamo arguire il suo non facile rapporto con la gerarchia ecclesiastica e curiale.

La gratuità era la parola 
che più amava.
Molti i testi da lui scritti sul tema della gratuità. Ma il suo innegabile capolavoro  è La messa dell’uomo disarmato, romanzo sulla resistenza: rifiutato da vari editori, stampato da amici nel 1989, venne edito da Sironi nel 2002 e divenne  subito un autentico caso editoriale. 

La messa dell'uomo disarmato
romanzo memoriale...
La messa è memoria della liberazione da parte di un testimone adolescente (Luisito) che ha vissuto la resistenza come avvenimento centrale nella sua vita, tale da  provocare la sua “terza nascita": testimone che non fa sconti a niente ed a nessuno, a cominciare da se stesso. Il romanzo - intreccio tra invenzione letteraria, ricerca spirituale e ricostruzione storica - è quasi un itinerario liturgico in tre tempi: il gemito della parola - il silenzio della parola - lo svelamento della parola. La resistenza, senza confusioni e senza revisionismi di sorta, si muove tra la potenza della memoria e l’attualità della responsabilità: resistenza come gratuità nel doppio significato di racconto della lotta partigiana e di categoria spirituale, sia cristiana (la presenza di Dio della Parola anche nei fatti tragici e violenti) sia laica (la misura della gratuità nella liberazione dal potere).

... romanzo di grande respiro poetico 
e valore letterario.
Come categoria spirituale tutti siamo chiamati a combattere la nostra resistenza per la libertà e per la gratuità: radicale annuncio in un mondo dominato dal business, dove tutto è negoziabile. Utopia? No, charis-topia!

... romanzo sulla resitenza per la libertà ...
In ogni pagina don Luisito ci ricorda che la resistenza è stata il risveglio della coscienza civile, il fondamento della nostra  repubblica, dunque  la  radice della libertà di cui ognuno di noi oggi gode. Essa - unendo liberali, monarchici, comunisti, socialisti, cattolici, militari, civili, uomini, donne - ha aperto  la via verso l’Europa unita.
In modo non mitizzato né retorico don Luisito ci fa vivere i motivi che spinsero i giovani a scegliere la montagna, il carcere, i campi di concentramento, i motivi del no deciso al fascismo ed  alla Germania nazista e perché  il confine tra la parte sbagliata e la parte giusta deve rimanere chiaro.

L'eredità di Luisito 
nelle sue pagine...
Invito infine  ad avere il coraggio di leggere la “pagina” di  questo blog dedicata alla “messa di un uomo disarmato”: pagina indubbiamente impegnativa, in cui Rossana dà una lettura alta, approfondita ed accorata. In una delle sue prime lettere a noi indirizzate cosi  Luisito terminava: “La bellezza dell'abbazia sconfina in quella della Gratuità. Bisogna che chiuda. Continuerei, come urge l'amicizia. Ma anche nel dire GRAZIE è continuare. Un affettuoso e grato ricordo a Gianni. Un abbraccio Luisito". 

Abbazia di Viboldone, interno. 
Particolare.
Grazie a Luisito 
per la Sua Amicizia.
Chi desidera ulteriori informazioni sulla figura e sugli scritti di Luisito Bianchi può consultare il sito a Lui dedicato:


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mercoledì 23 aprile 2014

Le Fraternità di Gerusalemme a Firenze.



... la presenza di Dio nel cuore della città ...
(giochi di luce all'interno della Badia)
... questo vuole essere la Badia...
Dopo il post dedicato alle Comunità monastiche di Bose, presentiamo brevemente le Fraternità di Gerusalemme – maschile e femminile - che hanno sede ed operano nel cuore di Firenze, presso la Badia Fiorentina (vicina a Piazza della Signoria, dietro Palazzo Vecchio).

Campanile della Badia di fronte 
al Museo del Bargello 
(Firenze).
... il campanile della Badia 
visto dal portico interno...
L’ordine fu fondato a Parigi nel 1975 da Padre Pierre-Marie Delfieux. Egli visse un’esperienza di vita eremitica nel deserto e lì incontrò Fratel Carlo Carretto. 

Padre Pierre-Marie Delfieux
Fratel Carlo Carretto
Fu proprio il deserto ad ispirare l’idea di un monachesimo nella città.

... il deserto come luogo fisico 
e come metafora ...
Il monachesimo come oasi di frescura e refrigerio in mezzo al deserto, quel deserto di senso e di gioia che viene a rappresentare metaforicamente tutta  la solitudine, l’isolamento, l’angoscia,  il tormento, la sofferenza dell’uomo, di ogni uomo.


... un'oasi di frescura in mezzo al deserto...

All’immagine stereotipata del monaco che fugge il mondo e la vita si sostituisce quella del monaco che si colloca dentro la città e che condivide in tutto e per tutto la condizione degli altri uomini.  


Monaci e monache ... 
(giorno di Pasqua 2014) ...

... in comunione con tutti i cristiani ...
(Vespri di Pasqua 2014
insieme alla chiesa ortodossa russa, 
a Firenze...)
... desiderano mettere la preghiera ...
... nella città ... 
(mendicanti davanti alla Badia  
nel giorno di Pasqua 2014: 
i poveri invitati alla celebrazione 
e alla distribuzione di viveri)....
... e la città ...

... nella preghiera ...
... nell'ascolto e nel silenzio...
E così i monaci di Firenze sono cittadini, salariati, inquilini, uomini come tutti eppure tanto diversi da tutti. 

.... vivendo come tutti ... 
(sorella della Fraternità)
In mezzo alla città degli uomini, in mezzo a Firenze, questi monaci vogliono testimoniare e far risplendere Gerusalemme come segno di contraddizione, come figura di una città improntata ai valori evangelici dell’accoglienza, della fraternità, della condivisione … valori tanto diversi rispetto a quelli del mondo, ispirati prevalentemente al successo, all’ambizione, alla prevaricazione.

...ma testimoniando un cammino, 
una tensione ...
... verso forme di convivenza 
più evangeliche e umane ...

Per chi desiderasse ulteriori informazioni si rimanda al sito delle Fraternità di Gerusalemme, in cui si trova anche la pagina della Badia Fiorentina:
http://jerusalem.cef.fr/it/monastiche 


Per conoscere più a fondo la spiritualità delle Fraternità di Gerusalemme si consiglia la lettura di Pierre-Marie Delfieux, Monaci nelle città, edizione San Paolo, Milano 2005, con prefazione di Fratel Carlo Carretto.


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