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venerdì 31 dicembre 2021

Augurio di speranza.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Nicolas Poussin, Strage degli innocenti, 1628-29

Il 28 dicembre è stata la festa dei Ss. Innocenti martiri: Noi di fronte alla “strage degli innocenti” che ogni giorno pare espandersi  con insolenza oltre ogni immaginazione. Ogni giorno i media continuano ad offrirci lo “spettacolo” di  questa progressione: sterminio di civili inermi, bimbi falciati nelle acque del Mediterraneo, volti della desolazione, continue guerre ed atti di violenza, ingiusta fame, inutili sofferenze, inique malattie rese ancor più tragiche da blasfeme munificenze come i milioni di vaccini anticovid in repentina scadenza, inutili ed ingombranti, “donati” generosamente dai paesi ricchi ai paesi poveracci. Una sfida alla speranza, tanto più quando il male sembra trionfare anche in coloro che dovrebbero contrastarlo,  tanto più se  viene da noi stessi…

Che cosa possono  fare persone irrilevanti come me e tanti miei amici? Quali speranze possiamo coltivare, noi che contiamo ben poco, per un mondo liberato da questi scandali quotidiani?

lunedì 27 dicembre 2021

Potenzialità del "resto".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Gustave Doré, pittore e incisore francese (1832-1883).
 
“Quando si comincia, c’è già un’antecedenza assoluta “ (Nancy).
 
Gustave Doré, Colomba inviata dall'arca, 1866
Nella Bibbia viene richiamata frequentemente la parola “il resto”. Fenomeno già notato, studiato ed analizzato. Un teologo di fama, Walter Vogels, ne ha fatto l’oggetto della sua recente opera (1), nella quale allarga il raggio fino ad estendere l’analogia alla Chiesa-minoranza nel tempo presente.
Senza dubbio, “il resto” identifica una minoranza e forse sarebbe meglio rappresentabile come “una ridotta” militare. Di volta in volta: dopo il diluvio, dopo la cattività babilonese, eccetera, la palma dell’elezione divina al popolo d’Israele, colpito nella protervia e nell’idolatria, ridotto nel numero e temprato dalla sciagura.
C’è subito da evidenziare che si è compiuta una selezione e i “salvati” hanno purezza d’animo e spirito per ri-cominciare. C’è quindi di mezzo: il cominciamento (biblicamente: all’inizio, l’in principio).
Un punto fermo è però che l’Inizio trascende, è incomparabile con “ciò che viene iniziato”. Una libertà incondizionata è ragione di ineffabilità della volontà di “dare inizio”. Ma, visto che si tratta di ri-cominciare, abbiamo di fronte qualcosa che è già cominciato e che (stand by, ingrippamento, aberrazione?) si è bloccato e deve ri-cominciare.
Nella vicissitudine ha perso quantità, o numero, e si ritrova: resto. Per questa ragione, il resto non è un residuo; piuttosto è una milizia scelta. La consapevolezza dell’elezione imprime, perciò, al nucleo “resto” ardore di testimonianza.

domenica 19 dicembre 2021

Perché attendiamo?

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere di Angelo Balduzzi, con gentile autorizzazione (qui il sito).
 

Angelo Balduzzi, E viene giù dal cielo
“Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?” (C. Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1973, p. 276. Cfr anche il titolo di "Tracce" «Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora, perché attendiamo?» gennaio 2013, Appunti dagli Esercizi spirituali degli universitari di CL, Rimini, 7-9.12.12).

 
Perché, chi, cosa attendere?
Coloro che vogliono vivere in profondo la fede cristiana “attendono” le promesse del Signore Gesù, figlio del Dio vivente e sanno perché (1). L’Avvento è “attesa” nel significato originario dell’etimo: tempo vivificante che tiene desta l’attenzione verso eventi considerati decisivi a cui ci si dedica con vigile cura e coerenti scelte di vita.
Il guaio è che oggi non si sa attendere. Si aborrono i tempi d’attesa di qualunque genere e specie. Nel nostro liquido presente le attese, non importa se vitali o accidentali, sono insopportabili, perché vissute come tempo morto, sprecato.  Non si ha tempo da perdere nella corsa compulsiva a vivacchiare nel consumismo e nel conformismo.
L’Avvento, “tempo dell’attesa vivificante”, richiede invece “attenzione”: fare in noi e attorno a noi silenzio per contemplare, ascoltare, pregare, amare, perdonare, accudire, pazientare, curare…cioè vivere intensamente la vita. In ognuno di noi questo tempo ha la cifra del vigore della propria fede speranza carità, ha il sigillo della propria passione e azione, intelligenza, coerenza, fedeltà. Attesa non passiva che reclama la conversione.
 

sabato 11 dicembre 2021

Esistenze effimere.

Post di Rossana Rolando.

Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno
Nel libro di Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno, il termine effimero ha un posto centrale. In esso è racchiusa la consapevolezza greca del mondo umano.

💥 Effimeri. Lo si trova già nelle prime pagine ephemeros (epì – emèra: che dura un giorno) per indicare la condizione dell’uomo, la sua transitorietà, data dall’ineluttabilità della morte, presa terribilmente sul serio, come il vero nodo da cui nasce il pensiero filosofico. Essa è inaccettabile, non tanto nella sua datità (sappiamo di dover morire), quanto piuttosto nel suo potere di nullificare la vita, svuotandola del suo significato. A che vale una vita che oggi c’è e domani non c’è più? Che segno lascia nel mondo la vita individuale?¹. Essa è come le foglie. Il riferimento a Glauco, in risposta a Diomede, nell’Iliade, è eloquente:
“Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;
le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva
fiorente le nutre al tempo di primavera;
così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra dilegua”.²
Ma il termine effimero lo si ritrova anche alla fine del testo, in un ribaltamento della prospettiva iniziale, che proprio nell’esposizione alla temporalità sembra suggerire la bellezza labile dell’esistenza, preziosa proprio perché fuggevole. La vita è effimera come una farfalla o come un fiore che dura un giorno. E’ bella, è tutto quello che abbiamo – dice Mauro Bonazzi, al termine del suo percorso -, ma è fragile, caduca.
«“La morte è madre della bellezza”. E’ paradossale, forse; è sicuramente doloroso, ma probabilmente è proprio così.»³

sabato 4 dicembre 2021

Immaginare il possibile.

Post di Rosario Grillo.
Immagini del pittore tedesco Carl Spitzweg (1808-1885).
 
Carl Spitzweg, Una visita
Quando  vogliamo dare una carica di energia al possibile, finiamo di norma per uscire dal riparo naturale e sconfiniamo nell’utopia. Se però commisuriamo il nostro approccio alla situazione angusta, connotata da molteplici distopie, per guarire, non solo auspichiamo un tantino di utopia - aiuta ad uscire dal catastrofismo e a rigenerarsi nello sguardo profetico - ma anche diamo spinta alle componenti euristiche ed insieme fondative della possibilità.
Il possibile ha, a questo riguardo, una serietà epistemologica esplorata al tempo di Mach, di Musil, di Kafka… In più, mi aiuto a rafforzare il mio proponimento con la considerazione di Paolo Giordano. (1) Uno scrittore che ha saputo narrare - che in lui è svelare - avvicinando l’immaginazione al pensiero scientifico. Esempio tipico nella “solitudine dei numeri primi”.
Da lui prendo la sollecitazione a servirci della relatività (2) in una chiave costruttiva non distruttiva. Esempio viene da Einstein e ci porta dentro la relatività del tempo. Questione che noi usiamo confinare nella fisica; che, invece, ci interessa da vicino. Di più, nella situazione che stiamo vivendo sotto la minaccia della pandemia. (2) Ecco che allora aiuta a stendere una base di permanenza, ovvero il tessuto connettivo, per ragionare sulle cause, sui limiti e sulle possibilità di uscita dalla pandemia.

venerdì 26 novembre 2021

Irriducibili novax evocano ipnosi di massa.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini di Mauro Biani (per gentile autorizzazione).

Mauro Biani, 2021.
“Vorrei dirvi questo: noi, noi tutti, vi siamo grati quando sognate. “Ma davvero? I giovani quando sognano a volte fanno chiasso…”. Fate chiasso, perché il vostro chiasso è il frutto dei vostri sogni. Vuol dire che non volete vivere nella notte, quando fate di Gesù il sogno della vostra vita e lo abbracciate con gioia, con un entusiasmo contagioso che ci fa bene! Grazie, grazie, quando siete capaci di portare avanti i sogni con coraggio, per quando non smettete di credere nella luce anche dentro le notti della vita, per quando vi impegnate con passione per rendere più bello e umano il nostro mondo. Grazie per quando coltivate il sogno della fraternità, per quando avete a cuore le ferite del creato, lottate per la dignità dei più deboli e diffondete lo spirito della solidarietà e della condivisione”. (Papa Francesco ai giovani, domenica 21.11.21 solennità di Cristo Re).
 
“Io non difendo qui la nostra giovinezza, non quella determinata dall’età della carne, ma quella che trionfa sulla morte delle abitudini ed alla quale accade che si pervenga se non lentamente, con  gli anni. E’ questa che fa il pregio dell’altra giovinezza, che  ne giustifica, di quando in quando, la sua irruzione un po’ violenta nei ranghi calmi degli adulti. […] Se a quest’età l’uomo che nasce non nega con tutte le sue forze, non s’indigna con tutte le sue forze, se si preoccupa  di note critiche e un po’ troppo di armonie intellettuali prima di aver sofferto il mondo in se stesso, fino  al grido, allora è un povero essere, un’anima bella che già odora di morte”. (E. Mouner, Rivoluzione personalista e comunitaria, Milano, edizioni di  Comunità).
 
💥 Novax e accuse di "ipnosi di massa". Quanto diverso dall’auspicato “chiasso dei giovani” il fragoroso non casuale strepito in tante città non solo italiane di una ridda di manifestazioni di irriducibili individui, non solo verbalmente virulenti, ma pronti a dispiegare scempio e sconquasso. In ogni caso fautori di una lucidamente confusa sottospecie di discutibile “libertà” (novaxlibertinaggio) correlata ad una “democrazia tribale” (formula giornalistica d’amara ironia coniata tempo fa) che non ha nulla a che fare con il “demos”, solo protesa a difendere ad oltranza il proprio campo trincerato di intoccabili certezze e di spettanze intese come esclusivo ed escludente diritto al singolare, che non tollera e non rispetta  “il diritto” al plurale e pertanto nega “il dovere” come obbligo sia singolare sia plurale, che pure è l’altra faccia della stessa medaglia diritti-doveri.

sabato 20 novembre 2021

Singolare plurale.

Post di Rossana Rolando.
Immagini dei dipinti di Francis Cadell, pittore scozzese vissuto tra il 1883 il 1937.

Francis Cadell, Interno con sedia rossa
💥 Il titolo di questo blog
è debitore della concezione filosofica alla quale è particolarmente legato mio marito, che in Emmanuel Mounier ha trovato sempre riferimento e ispirazione. L’impostazione mouneriana cerca di coniugare due poli: quello soggettivo della persona e quello collettivo della comunità.
La storia del pensiero, infatti, da Cartesio in poi, ha oscillato nella sottolineatura dell’una o dell’altra prospettiva: da una parte, ponendo come oggetto della riflessione, il soggetto, l’uomo nella sua individualità e dall’altra parte, concentrando l’attenzione sulla comunità, intesa in vario modo, come società, classe, popolo, stato.
In questo post vorrei fare cenno al pensiero del filosofo francese Jean-Luc Nancy, morto lo scorso agosto. Nel suo libro “Essere singolare plurale”¹, egli riprende questa duplicità io-noi, chiarendo proprio l’esigenza di superare l’astratta considerazione di un soggetto separato dalla rete di relazioni in cui da sempre vive e, nello stesso tempo, di evitare la visione della comunità come totalità in cui l’individualità si perde.
Mi pare lo faccia in modo nuovo, meritevole di essere ascoltato.
 

venerdì 12 novembre 2021

Note musicali.

Post di Rosario Grillo.
Immagini del pittore olandese Jan Miense Molenaer (1610-1668).

Jan Miense Molenaer, Interno con violinista
Vado a proporre riflessioni che, nascenti dal mio abituale ricorso alla musica, si riconnettono all’area del legame corpo-spirito, di cui ultimamente mi sto occupando.
Sono un abbonato di Imusic, servizio di Apple; utilizzo l’ascolto della musica per scopi di relax. (1). Confermo, così facendo, (senza, per questo, adottare i principi e la metodologia della musico terapia), la canonica che dà attuazione alla tradizione più antica sui benefici influssi del ritmo. Per questo, basta citare l’importanza della musica nella cultura greca, dove, in ispecie nell’età più arcaica, poeti-aedi, pastori e ninfe esaltarono la combinazione tra parola e suono e l’intreccio con il passo di danza. Tutto un mondo esprimeva i suoi sentimenti in questa maniera. Il teatro ne risentiva. La “cultura degli eroi” ne usciva esaltata.
Io, molto modestamente, mi addormento, confortato dal suono (posso dire: cullato).
 
💥 Musicoterapia.
Da un bel po’ di tempo, a badarci bene, è stato scoperto il benefico influsso della musica in funzione di cura di certe malattie, di stati d’ansia, addirittura di scompensi cardiocircolatori. Ed è stato di grande momento l’impiego della musica nella psichiatria, cardine della dottrina rivoluzionaria che ha liberato la follia da ogni stigma sociale.
Sono richiamati, in questo caso, certi studi che, a largo raggio, hanno rilevato, per via scientifica, l’influenza esercitata dalla musica sulla crescita delle piante, nella reazione dei corpi animali, appunto, di tutti gli animali, quindi anche del corpo umano.

domenica 7 novembre 2021

Pudore, "verità velata".

Post di Gian Maria Zavattaro.
 
Antonio Corradini, Verità velata, (foto di David Syvier)
“Il rispetto della dignità umana significa la disposizione incondizionata a considerare e difendere ogni essere umano, come una realtà di cui non si può disporre. Il rispetto si oppone quindi a tutte quelle maniere che abbandonano l’uomo alla “impudicizia”: fargli violenza, servirsene senza riguardi o logorarlo, degradarlo a puro mezzo per il conseguimento di fini oggettivi (in base a calcoli economici, sociali o politici). Il rispetto si oppone anche a ogni teoria scientifica che ammette di poter misurare e pianificare l’uomo secondo criteri interamente razionali. Del resto, senza rispetto non è possibile alcun criterio assiologico vincolante” (Bernhard Stoeckle).
“Mi ha colpito una frase molto bella di Norberto Bobbio, il quale - come non credente - dice: "La differenza rilevante per me non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti; ovvero tra coloro che riflettono sui vari perché e gli indifferenti che non riflettono". E aggiunge (è un'osservazione un po' amara, forse troppo pessimistica): “La specie degli indifferenti, che è di gran lunga la più numerosa, si trova tanto fra i credenti quanto fra i non credenti” (Carlo Maria Martini, Cattedra dei non credenti, Rusconi, Milano 1992, p. 120).

Per le strade della vita ho incontrato e al mio crepuscolo continuo ad incontrare ogni sorta di persone: non pochi santi, nutrite schiere di pensanti, processioni di donne ed uomini assetati di vero-giusto-bello e - mai come oggi - confuse maree di impediti a pensare e a vedere. Dove collocarmi alla mia età e quali frequentazioni suggerire?

domenica 31 ottobre 2021

Teste ben fatte.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle illustrazioni di Angelo Ruta (qui il sito instagram).
 
Angelo Ruta, La lettura
Il titolo del post riprende un saggio di Montaigne, a proposito dell’educazione, laddove egli afferma: “Il vero problema non sono le teste piene, ma le teste ben fatte”.
Lo ritrovo citato da Salvatore Veca, il filosofo gentile - come è stato definito per la sua singolare signorilità - che ci ha appena lasciati lo scorso 7 ottobre. Nel suo ultimo libro, Il mosaico della libertà,¹ scritto in tempi di covid, nel marzo 2020, proprio nel periodo in cui l’insegnamento era costretto al confinamento della didattica a distanza, vi sono alcune pagine appassionate, dedicate alla scuola. 
Il messaggio di Salvatore Veca su come ripensare l’educazione nel ventunesimo secolo, dopo la pandemia, è prezioso in molti sensi: non solo perché le ultime parole di una persona toccano in modo particolare, come fossero un testamento, ma perché in esse si può trovare conforto e cercare riferimento in questo tempo confuso e difficile per l’intera società e in special modo per la scuola.

domenica 24 ottobre 2021

Rigurgiti?

Post di Rosario Grillo.
 
Devastazione sede sindacale CGL a Roma, 1922, foto d'epoca
Siamo nel 2021 e qualcuno si domanda perché evitiamo di ricordare il centenario. Il 1921 fu un anno che l’Italia visse nella schizofrenia degli empiti rivoluzionari andati in fallimento, delle reciproche abiure, dell’esplosione dello squadrismo fascista rivolto in ispecie contro le Camere del Lavoro. Nel mentre si avvicina l’anniversario del 1922, marcia su Roma...
La dimenticanza provoca il ripensamento della domanda: il fascismo è circoscritto solamente al periodo 1919-1945, compiuto e concluso?
Bisogna in qualche modo dare un perché alla crescita quantitativa di movimenti violenti e radicali, di agitatori e sobillatori, mestatori del sentimento di paura sociale, di gruppuscoli che inneggiano, alla luce del giorno, ai vecchi miti della razza e della violenza purificatrice: fotografia del quadro attuale.
Non si può pensare che sia un effetto solo della pandemia, anche se questa ha reso deflagrante la situazione.

sabato 16 ottobre 2021

Il vaccino, la persona, la comunità.

 Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito)

Andrea Ucini, Caduta libera
“La menzogna, la durezza di cuore, la vigliaccheria, l’egoismo fanno silenziosamente ogni giorno sotto i nostri occhi vittime altrettanto numerose e più lentamente torturate di quanto non sappia fare la guerra: chi ha bisogno che sia il cannone ad aprirgli le orecchie non comprende più da lungo tempo questo tumulto dei tempi di pace”
(E. Mounier).
“È un delitto lasciare la politica agli avventurieri, è un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon cuore senza adoperare il buon cervello” (d. Tonino Bello).
 
Viviamo in una società irta di continue provocazioni e contraddizioni, dove ci si imbatte continuamente e ci si ritrova costretti ad ogni piè sospinto - e spesso è impresa eroica - a discernere tra verità e menzogna, forza e violenza, mediazione e compromesso, bene comune ed interessi di parte, diritti/doveri di tutti e spettanze esclusive. Il tutto oggi aggravato dall’inasprirsi strategico, fraudolentemente correlato al no-vax ed al no-green pass, di violenze ed assalti a pubbliche istituzioni democratiche: violenze in realtà intese a rinchiuderci nel mutismo della maggioranza silenziosa, a fomentare sfiducia e stanchezza nelle istituzioni democratiche, a diffondere assuefazione antidemocratica ed esaltare l’impunità trasgressiva.

sabato 9 ottobre 2021

Orientarsi e dis-orientarsi.

Post di Rossana Rolando

 “Lo spazio mi ha sempre reso silenzioso”
(Jules Vallés).
 
Paul Klee, Murale del tempio della nostalgia. Là. 1922
Mi interessa l’espressione “orientarsi” e il suo contrario “dis-orientarsi”: meglio di altri opposti può indicare, in ogni momento dell’esistenza, il nostro collocarci “nello spazio dell’altrove”.¹
 
💥Orientarsi: Oggi il termine è ricondotto entro limiti ristretti al breve futuro - come quando si parla di orientamento scolastico o universitario - oppure è identificato con le tendenze proprie di ciascuno - nel caso in cui si riferisca all’orientamento sessuale - o infine viene usato per denotare la capacità di orientarsi geograficamente - per esempio all’interno di una città o nei percorsi di montagna.
Eppure, il significato è potenzialmente più vasto, aperto ai grandi spazi della vita e del pensare, collegato ad un senso più globale dell’esistere e dello stare al mondo. Sì, perché la parola orientamento richiama la capacità di seguire una via, di avere un sole, una luce che illumina il cammino e guida nella direzione. Il contrario – disorientamento – individua la perdita di ogni riferimento, la situazione di smarrimento richiamata nella celebre immagine dei “sentieri interrotti”.²

giovedì 30 settembre 2021

Tatto.

Post di Rosario Grillo.

Caravaggio, La buona ventura, 1594-1595, dettaglio
“E’ questo il livello estremo in cui cessa ogni distinzione fra il Sé e l’oggetto e che Matte Blanco ha denominato matrice di base della proiezione e dell’introiezione per sottolineare come proprio la simmetrizzazione estrema sia alla base di questi due fondamentali processi della vita psichica. Se il livello della matrice di base avesse la possibilità di parlare forse utilizzerebbe le stesse orgogliose parole con cui si descrive il Punto in Flatlandia, il quale, non distinguendosi dal mondo, parla di sé in terza persona: «Esso riempie ogni spazio…e quello che Esso riempie, esso è. Quello che Esso pensa, Esso lo dice; e quello che Esso dice, Esso lo ode; ed Esso è Pensatore, Parlatore, Ascoltatore, Pensiero, Parola, Audizione; è l’Uno, e tuttavia il Tutto nel Tutto. Ah, la felicità, ah la felicità di Essere!» (p. 141). Ipotizzare un oggetto che diventa potenzialmente tutti gli oggetti e in questo modo coincide sostanzialmente con il soggetto stesso di cui è l’emanazione implica che vi sia un livello in cui le relazioni spaziali e temporali sono catapultate l’una nell’altra fino a rendere ogni cosa e avvenimento identico ad ogni altro” (1).

martedì 21 settembre 2021

Delicatezza: splendida ambivalenza.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di alcune opere di Raffaello Sanzio (1483-1520).
 
Raffaello Sanzio, Autoritratto con un amico
“Manifesto per una comunicazione non violenta.  Con il termine “delicatezza” non s’intende niente di equiparabile alle buone maniere, ma una disciplina del pensiero. Quale è allora la sua utilità nel discorso pubblico, oggi così spesso segnato da incompetenza e prevaricazione? Alcune magnetiche pagine della letteratura e della filosofia ci rivelano un’accezione di delicatezza che ha margini taglienti, così com’è delicata e ferma la mano del chirurgo che incide e lacera. Precisione e fondatezza sono i tratti di una postura del discorso che rifiuta istrionismo e improvvisazione; il vero dialogo nasce dall’ascolto di sé e degli altri, non dal proposito di riportare futili successi a ogni costo” (retrocopertina di: Michele Dantini, Sulla delicatezza - Oggi dovremmo considerare la delicatezza come arte del discorso pubblico, in opposizione a menzogna e sopraffazione, Introduzione di E. Borgna, Il Mulino 2021).
“Occorre sopprime[re] tutta la parte delle nostre istituzioni e dei nostri costumi in cui dimora lo spirito di partito in qualsivoglia sua forma. Né la “personalità di spicco” né i partiti accordano mai udienza alla verità o alla sventura” (S. Weil, La persona e il sacro, 1943, cit. in M. Dantini, o.c., p.14).

domenica 12 settembre 2021

Perfetta attenzione.

Post di Rossana Rolando
Immagini dei dipinti di Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, pittore e compositore lituano (1875-1911).

Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Creazione del mondo I
💥 Senso comune. La tematica dell’attenzione ha risvolti pedagogici e psicologici. Essa riguarda comunemente l’ambito dell’apprendimento. Si parla, infatti, di disturbi dell’attenzione, di errori di disattenzione… A scuola si invita a “stare attenti”, si tiene conto della curva di attenzione e si riflette sull’importanza di educare alla concentrazione.
 
💥 Attenzione e presente. Ma il discorso ha una portata ben più vasta, filosofica, esistenziale ed etica.
Potremmo enuclearlo anzitutto così: l’attenzione è un modo di vivere il tempo, l’istante. 
 
Lo dice meravigliosamente Borges in Nostalgia del presente:
In quel preciso momento l’uomo si disse:
che cosa non darei per la gioia
di stare al tuo fianco in Islanda
sotto il gran giorno immobile
e condividere l’adesso
come si condivide la musica
o il sapore di un frutto.
In quel preciso momento
L’uomo stava accanto a lei in Islanda. (1)
 
Ecco, l’attenzione è la conquista di quel “preciso momento”.

lunedì 6 settembre 2021

Il corpo. Riflessioni e polemiche.

Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di Ernst Ludwig Kirchner, pittore tedesco (1880-1938).
 
Kirchner, Ragazze che ballano in raggi i colore
Del corpo ci accorgiamo quando comincia a dar segno di disfunzione…
Questo l’approccio di un intrigante e ricco dialogo pubblicato di recente su La lettura.
Alzando lo sguardo, poi, sopra il metro delle nostre quotidianità, centrandolo sugli argomenti della filosofia, ci vengono incontro diversi momenti, continue occasioni di riflessione sul tema del “corpo”, non usciti esclusivamente dalla opzionalità tra spiritualismo e materialismo. Sempre più, del resto, in filosofia si argomenta l’inseparabilità tra corpo ed anima.
Così come nel corpo si distinguono gradualità sezioni e modalità in buon numero, nell’anima albergano livelli e protuberanze. C’è dunque una “regione di contatto”.
A confermare il mio giudizio cito la frase-manifesto di Merlau-Ponty: “io sono il mio corpo”.
Mauro Covacich e Alessandra Sarchi, entrambi menomati nel fisico dopo onorata attività fisica (maratoneta il primo, danzatrice la seconda) testimoniano un ritrovato equilibrio, una sorprendente ed insospettabile adattabilità del corpo.
“Essere un corpo, appunto, non disporne come di un attrezzo, è una cosa che sto imparando negli ultimi tempi, grazie agli acciacchi. Ho sempre corso per stare male, per non darmi tregua, ora una varietà di piccoli malanni mi sta guarendo.” (M.Covacich). Si ricava qui il senso della piena compenetrazione.

lunedì 30 agosto 2021

In dialogo con la solitudine.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini dei dipinti di Enrico Ganz (qui, il sito).

Enrico Ganz, Uomo solo
La solitudine è comunione, apertura agli altri e non c’è comunicazione che non abbia come premessa la solitudine che dia ali alle parole e le riempia di contemplazione e di silenzio. La solitudine nasce dall’interiorità ed è uno stato dell’anima che si costituisce come momento diastolico della vita: come dimensione essenziale di ogni relazione fondata sull’alterità. E’ un’esperienza interiore che ci aiuta a dare senso alla vita di ogni giorno e ci consente di distinguere le cose essenziali da quelle che non lo sono … Nella solitudine e nel silenzio che sono in noi avvertiamo l’importanza della riflessione e meditazione, delle attese e delle speranze alle quali ispirare i nostri pensieri e le nostre azioni. Solo così è possibile sfuggire all’egoismo e alla mancanza di amore, alla noncuranza e all’indifferenza, tentazioni che non ci consentono di realizzare i valori autentici della vita: la comunione e la donazione, la partecipazione al destino degli altri e l’immedesimazione nella gioia e nelle sofferenze degli altri. Valori che realizziamo solo se riusciamo a tenere viva nel cuore una solitudine aperta al mondo della vita” (E. Borgna,  In dialogo con la solitudine, Einaudi, To 2021, pp. 94-95).
 
“La solitudine è l’anima nascosta e segreta della vita, ma come non avere la sensazione che oggi nel mondo della comunicazione digitale sia grande il rischio di naufragare nell’isolamento? L’espressione della pandemia, che ancora permane, ha posto tutti di fronte al significato della solitudine…” (1).
 
In questo nostro mondo sorpreso dal covid ogni giorno assistiamo ad un tentacolare conturbante intreccio di innumerevoli solitudini, isolamenti e gesti di fraternità - compresenza di speranze e disperazioni - vortici di sconvolgenti tragedie e babelici incuranti divertimenti: umanità che si agita in balia di una febbre dove “tutto passa e sia rabbia, amore o demenza tutto passa, con volo fulmineo, varca i limiti cupi d’ogni coscienza e tutto si  presenta e si indovina prima che affondi in cuore, come spina dritta, d’un colpo solo” (2).

martedì 24 agosto 2021

Errore, fallibilità, errare.

 Post di Rossana Rolando.

Monica Barengo, Errore, per Edizioni Motus
Queste riflessioni prendono avvio dal discorso tenuto presso l’Università Normale di Pisa, da parte di tre giovani neolaureate, al momento della consegna dei diplomi (video in fondo al post). Il contenuto espresso ha richiamato molti commenti positivi e qualche critica.¹ Per parte mia vorrei soffermarmi sulle parole conclusive: “la retorica dell’eccellenza è incompatibile con l’incompletezza e la fallibilità di ognuno”.
Ecco, il tema dell’errore, della fallibilità di cui le tre studentesse hanno acquisito piena consapevolezza, mi pare centrale. Non solo come antidoto all’arrivismo, alla competizione esasperata che ammorba la nostra scuola, anche fuori dalle sedi universitarie - per esempio nei percorsi liceali, nelle attese dei genitori sui propri figli, nella corsa degli istituti scolastici ad emergere con le valutazioni più alte - ma soprattutto come via di una reale umanizzazione che non resti semplicemente intrappolata nelle maschere vuote dell’apparenza.

martedì 17 agosto 2021

Costituente della Terra.

Post di Rosario Grillo.
 
Terra, NASA
“La forza bruta non è sovrana quaggiù. È per natura cieca e indeterminata. Ciò che è sovrano qui è la determinazione, il limite” (S.Weil, La prima radice).
 
PREMESSA.
Come illuminazione, facendo parte del gruppo che sta lavorando, sotto la guida di Raniero La Valle, a una COSTITUZIONE DELLA TERRA, mi è venuta l’idea di associare lo studio di Alain Supiot alle note feconde della filosofia di Simone Weil, riferendole al momento attuale e alla necessità impellente di curare la “crisi dell’uomo, della società e della natura” rispondendo alla sollecitazione di Papa Francesco e al bisogno di uscire dalla pandemia.

martedì 10 agosto 2021

E' possibile costruire comunità oggi?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Ottorino Stefanini (qui il sito).

Ottorino Stefanini, Singolare collettivo
In un mondo dove tutto è visto come provvisorio, dove si chiede disponibilità e flessibilità, dove ci vogliono sempre pronti con la valigia in mano per adattarsi ai bisogni del lavoro, per cogliere nuove opportunità, è possibile "Costruire comunità"? Quali spazi vi sono per prendersi cura degli altri, per assumersi la responsabilità di collaborare a costruire una comunità? La società liquida è la fine delle comunità? Segna il tramonto dell'Uomo come persona e il trionfo dell'Uomo come individuo? Un individuo senza comunità quali punti di forza può sviluppare e a quali debolezze e povertà va incontro? Cosa si può fare per permettere agli uomini di essere persone, parti di comunità dove ci si prende cura gli uni degli altri? Quale ruolo della fede? quale ruolo della cultura? quale ruolo della politica? Quale ruolo delle associazioni? Qual é il nostro ruolo di persone che credono ancora che una vita "ricca" debba essere vissuta nelle comunità degli uomini?”
(Prof. Paolo Gallana, Biella 2013).
 
Quello che oggi noi di “Persona e Comunità” vorremmo comunicare è chiarire, senza pretese astrattive, innanzitutto a noi stessi, il significato di comunità in questo tempo di covid e riflettere  non su che cosa fare ma su come fare per essere-diventare persone e perseverare nel costruire comunità.
È un cammino in atto - per lo più silenzioso - ovunque nel mondo, laddove abitano tenerezza e agape, si lenisce il dolore, si vive la fraternità e sororità. La comunità esiste ed è esistita nella mente e nel cuore di tanti e, anche se realizzata in modo incompiuto in tempi-luoghi circoscritti, rappresenta un'aspirazione fattibile per quanto imperfetta, per il credente anticipazione-presagio del Regno. E tanto per essere concreti chiediamoci allora se la viviamo in famiglia a scuola nel lavoro nel sociale nella fede che professiamo. 

mercoledì 4 agosto 2021

Luglio 2021, due avvenimenti.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Kasimir Severinovič Malevič, pittore russo vissuto tra il 1879 e il 1935.
 
Immagine copertina di Kasimir Severinovič Malevič, Busto di donna
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Due avvenimenti hanno segnato quest’ultimo luglio 2021 nel mondo culturale: il premio Strega a Due vite di Emanuele Trevi¹ l
8 luglio e la morte del grande Roberto Calasso, intellettuale, presidente della prestigiosa casa editrice Adelphi e scrittore egli stesso, il 28 luglio.
Il collegamento non è solo temporale, ma si allaccia ad alcune notazioni che vorrei proporre qui.
 
🔳 Partiamo da Trevi. Ho letto Due vite in poche ore. 
Sono pagine tese, coinvolgenti. Hanno un filo che le lega: la storia della sentita intensa amicizia di due scrittori realmente vissuti e morti rispettivamente nel 2008 e nel 2016 - Rocco Carbone e Pia Pera - tra loro e con lo stesso Emanuele Trevi. Le attraversa un sicuro gusto estetico, assaporabile nei molti riferimenti all’arte pittorica; una vasta conoscenza critico letteraria, impreziosita dai numerosi agganci filosofici; una sapienza della psiche, con squarci rivelativi dei più nascosti labirinti mentali; una ricerca sul tema della scrittura nella sua struttura formale (lingua scritta e lingua parlata), nei suoi effetti, anche terapeutici², e nei suoi risvolti simbolici, capaci di cogliere la verità del tempo biografico e l’unicità della vita personale.
Alcune citazioni possono rendere espliciti questi aspetti:

venerdì 30 luglio 2021

In cerca di un nuovo paradigma.

Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di El Lissitzky, pittore russo vissuto tra il 1890-1941.

El Lissitzky, Proun
Quando le nostre iniziative rimangono invischiate nel corpo, nel linguaggio o in questo mondo smisurato che ci è dato da finire, non è perché un genio maligno ci opponga le sue volontà: si tratta solo di una specie di inerzia, di una resistenza passiva, di un venir meno del senso: di una avversità anonima. Ma anche il bene è contingente. Non si dirige il corpo reprimendolo, né il linguaggio ponendosi nel pensiero, né la storia ricorrendo continuamente a giudizi di valore: si deve sempre sposare ognuna di queste situazioni, e quando esse si superano, lo fanno spontaneamente (L'uomo e l'avversità, pp. 271-272, Merlau-Ponty).

Nel piano della problematica epistemologica quando i neo positivisti da una parte e Popper dall’altra dibattevano il cliché della verità scientifica, Thomas Kuhn chiarì che la loro disputa non avrebbe avuto esito se non si fosse trovato un modello. Solo il modello poteva impegnare tutti i membri della comunità scientifica, della società intera. Vi era intrinseco la comprensione del valore sociale proprio della scienza; venivano messi in luce la cogenza, universalità: vincoli per tutti. Gli diede il nome di paradigma.

sabato 24 luglio 2021

Senso di vuoto.

Post di Rossana Rolando.
 
Léon Spilliaert, Vertigini, 1908
La percezione del vuoto è una profonda esperienza umana che si distingue dall’elaborazione del concetto stesso di vuoto in campo filosofico e fisico (1).
 
💥 Paura del vuoto.
Nell’identità di ciascuno, infatti, la paura del vuoto si presenta in molti modi. Nell’infanzia è il timore del buio, primo rivelatore di un’assenza, non solo di luce, ma di voce e presenza: perciò il bambino chiede di non rimanere al buio o di essere accompagnato per attraversarlo.
Diventa poi la paura di un vuoto interiore che si rivela come mancanza sul piano degli affetti (della mamma del papà dell’amicizia dell’amore) e come terrore del nulla di sé, di “non essere” per gli altri importante, di sentirsi insignificante.
Lo dice splendidamente Emanuele Coccia nel suo ultimo libro La filosofia della casa. In esso la casa non rappresenta solo la dimora nella quale effettivamente abitiamo, ma diventa il modo per pensare i luoghi della mente. E così, a proposito dei corridoi, “spazi scabri, oscuri, senza identità”, si legge: “Per molti anni ho avuto paura di non essere che un lungo corridoio, uno spazio vuoto, dove non c’era nulla di veramente mio, nulla di intimo. Ho avuto paura di essere un posto buio dove c’era sempre molto vento, dove nessuno restava e tutti passavano senza lasciare ricordi e che non lasciava ricordi in chi passava” (2) (p. 91)
La consapevolezza del vuoto, sebbene dolorosa, è tuttavia necessaria, come lo sono i corridoi in una casa: spazi di passaggio che servono a “cambiare luogo” e soprattutto a “cambiare noi stessi”. (3)

domenica 18 luglio 2021

Chi è straniero?

Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie di Oliviero Masseroli (con gentile autorizzazione, qui il sito).
 
Oliviero Masseroli, La vita in dettaglio, Bangladesh
“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. (Documenti del processo di don Milani, L’obbedienza non è più un virtù, LEF,1977, p.12)
 
Forzati o meno, assistiti o meno, impauriti o impaurenti, ci saranno ovunque milioni e milioni di migranti in cammino per tutto il pianeta. Non c'è norma o violenza che li fermerà. E saranno comunque in futuro come già in passato un fattore evolutivo primario per continenti stati popoli ecosistemi”. (V. Calzolaio - T. Pievani, Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Einaudi, To, 2016, p. 130)
 
Oggi “l’altro” non è solo chi appartiene alla mia nazione razza lingua cultura religione, è soprattutto l'”estraneo”, lontano dal mio modo di vedere e vivere la vita, colui che ha la pelle di colore diverso, che parla una lingua incomprensibile.
La sfida del nostro tempo è incontrare questo altro, avendo chiaro il senso della propria cultura e valori, della propria identità per rispettare quella altrui: “Io è un altro e, per quanto diverso e molteplice, anche l’altro è un Io”.
 

mercoledì 14 luglio 2021

Complessità.

Post di Rosario Grillo.

Piet Mondrian, Terra n. 1, 1913
La percentuale crescente del numero di persone anziane dentro le società ha comportato come risposta immediata la diffusione dei giochi di brain test, tesi a favorire l’allenamento “salva Alzheimer”.
Debbo dire che l’apparente reazione del mercato del consumo, pronto a mutare in profitto di parte le défaillance di una quota importante di cittadini, ha trovato compensazione negli studi di approfondimento su l’oggetto: cervello e reti neuronali. Ne è sortita la scoperta della plasticità del cervello. In essa: la risorsa umana per non soccombere al decadimento fisico più alcuni ponderati consigli per rivisitare potenziando l’educazione permanente.
Uno studio scientifico esplicita: “In passato gli scienziati ritenevano che le diverse aree del cervello umano fossero predefinite e immutabili e che la produzione di neuroni cessasse dopo l’età dello sviluppo, ad eccezione delle strutture dedicate alla memoria, le quali seguitano a produrre neuroni anche in età adulta. Ciò faceva del cervello un organismo che, una volta raggiunto il suo pieno sviluppo, diveniva statico e incapace di crescere ulteriormente ed era perciò condannato a un lento e inesorabile declino. Nella seconda metà del Novecento ha iniziato a diffondersi, suffragata da dati sperimentali, l’idea che il cervello è sufficientemente plastico da potersi riorganizzare in caso di bisogno anche in età adulta. Il cervello umano non è “cablato” con circuiti neurali fissi e immutabili; la rete sinaptica cerebrale e le strutture correlate, compresa la corteccia cerebrale, si riorganizzano attivamente grazie all’esperienza e alla pratica”. [Mahncke et al., 2006; Doidge, 2007] (1)

venerdì 9 luglio 2021

Stupidità.

Post di Rossana Rolando.
 
Pieter Bruegel il Vecchio, Due scimmie incatenate, 1562
L'essenza della stupidità.
Conosciamo la parola “stupido” fin da quando siamo bambini, nella veste del rimprovero (non fare lo stupido) o dell’insulto, anche semplicemente tra coetanei (sei proprio stupido). La portiamo poi nella vita adulta, riconoscendola in noi stessi (ho fatto, detto una stupidaggine) e negli altri (comportarsi in modo stupido).
L’etimologia non rimanda direttamente all’insieme di sentimenti sgradevoli che la parola suscita: essa riconduce alla stessa radice di stupore e stupido indica, infatti, attonito, sbalordito, reso inetto dalla meraviglia. Ma il termine si è caricato di un retaggio negativo che lo associa ad una deficienza del pensare e/o del sentire e/o dell’agire.
Ma che cos’è realmente la stupidità? Bonhoeffer la identifica - in una sua pagina di Resistenza e resa, dedicata al tema, - nella “mancanza di indipendenza” interiore, nell’assenza di pensiero autonomo, sostituito da slogan e luoghi comuni. Aggiunge che solo conoscendone l’essenza si può spuntarla con essa.¹ 
Eppure delimitarne i confini e la natura risulta impresa piuttosto difficile.
Non è il nome di una precisa malattia, studiata con esattezza eziologica e sintomatologica: la stupidità appartiene, infatti, al mondo della “normalità”, non risparmia nessuno, si rileva in situazioni molteplici, dipende molto spesso dal contesto, si accentua in determinate condizioni, per esempio nel panico.
 

domenica 4 luglio 2021

Io sono l'altro.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Disegno di Doriano Solinas
L’incontro con l’altro
- oggi soprattutto lo “Straniero” - è la sfida di questo nostro tempo che trascorre tra indifferenza e cinismo di molti, speranza e solidarietà di altrettanti. Anzi, è la sfida del XXI secolo, come dichiarava Kapuscinski (1)
Come premessa vale il riferimento a Bauman, teorico della società “liquida”, del  trascorrere-sciogliersi di ciò che é solido, metafora della nostra "condizione" di vivere e  di essere, dello stato mutevole di un presente fatto di puntiformi istanti e di forme sociali instabili: famiglia- denatalità - lavori precari a chiamata intermittente -  dinamiche consumistiche cangianti - profonde disuguaglianze sociali - crollo delle ideologie - spaesamento degli individui, eterodiretti a loro insaputa, brutalmente esposti alle violenze della società dell'incertezza, alle omologazioni collettive, tutti affaccendati nell’esorcizzare la "solitudine del cittadino globale" (titolo di un suo celebre lavoro).
E poi a Byung-Chul Han(2). Nel suo saggio "L’espulsione dell’altro" afferma che il problema radicale oggi è che "alla crisi dell'amore conduce soprattutto l'erosione dell'Altro”. Il fatto che l'Altro scompaia è la malattia più grave dei nostri giorni: siamo talmente impegnati a parlare a noi, a pensare ai fatti nostri,  da avere perso la capacità di stabilire una vera relazione con gli altri, di vedere l’altro come altro. Viviamo “nell'«inferno dell'Uguale”:  ognuno di noi, immerso nella comunicazione digitale e nei rapporti neoliberistici di produzione, è autoreferenziale, guarda “solo ciò in cui può riconoscere, in qualche modo, se stesso” e tutto ciò non si è certo attenuato in questo tempo di covid. Ma dove è promosso l’Uguale, la vita s’impoverisce e sorgono nuove patologie: l’inflazione dell’io centrato su di sé genera angoscia e autodistruttività; l’esperienza e la conoscenza sono sostituite dalla mera informazione, le relazioni personali cedono il posto alle connessioni telematiche. Solo l’incontro vivificante con l’Altro può conferire a ciascuno la propria identità. Il saggio si chiude invocando l’urgenza della costruzione di una comunità umana fondata sull’ascolto e sull’apertura all’Altro. Il possibile orizzonte oltre la liquidità è l’amore che fiorisce sia nell’intimità sia nel sociale, si apre all’altro, lo riconosce. Può essere eros, può essere filìa ma la sua vera cifra è agape: dono, gratuità pazienza, corresponsabilità capace di far fiorire spazi che siano veri “luoghi di relazione”.