Il mistero teologico in alcuni fondamentali riferimenti filosofici ed artistici (il simbolismo di Arnold Böcklin).
Post di Rosario Grillo.
Immagini di alcune opere del pittore svizzero Arnold Böcklin (1827-1901), esponente di grande rilievo del Simbolismo di area tedesca.
Arnold Böcklin, Il bosco sacro |
Come potrà inneggiarti la parola? Nessuna parola,
infatti, può esprimerti. Come ti contemplerà l'intelletto? Nessun intelletto, infatti,
può percepirti. Tu solo sei ineffabile, poiché le parole a Te devono l'origine. Tu solo
sei inconoscibile, poiché i pensieri a Te devono l'origine. Tutto
canta Te, sia ciò che ha voce sia ciò che non l'ha. Tutto rende a Te onore, sia
ciò che ha intelletto sia ciò che non l'ha.
Comuni sono i desideri di tutti gli
esseri, comuni i gemiti che completamente circondano Te. Te supplica, con
pietosa preghiera, il tutto. A Te si dirige un inno silente: lo pronunciano
tutti gli esseri che intellettualmente contemplano ciò che Tu hai creato.
È solo per Te che tutto permane. È solo
per Te che tutto cammina nell'universale moto. Di ogni cosa Tu sei compimento:
Uno, Tutto, Nessuno, anche se non sei né unico né tutti. A Te è ogni nome: come chiamare Te,
il solo che non si può nominare? Qual intelletto, figlio del cielo, penetrerà i veli che si stendono sopra le nubi?
Sii benigno, Tu, l'al di là di tutto: come è possibile lodarTi? (Gregorio Nazianzeno).
Arnold Böcklin, L'isola dei morti (prima versione) |
La morte è sconfitta, la Vita trionfa. Capitolo primo e
fondamento della fede cristiana.
Riandando alla fede, mi interrogo sull’intreccio che in essa
si aggruma tra rivelazione e mistero.
Scopro subito che il termine ri-velazione incorpora una comunicazione del Verbo, che non svela del tutto, piuttosto mantiene la velatura.
Scopro subito che il termine ri-velazione incorpora una comunicazione del Verbo, che non svela del tutto, piuttosto mantiene la velatura.
Di seguito, ritengo calzante quella linea ermeneutica che ha
cercato dichiaratamente la coincidentia oppositorum,
modus intrinseco all’Assoluto che conserva la sua trascendenza, pur partecipando
al mondo sensibile. Nell’approccio del finito: comprensione dell’infinito con
lo “scarto” di un quid invisibile ed incomprensibile. (1)
Durante il Medioevo, l’esemplarismo aveva privilegiato tale
tipo di conoscere: per exempla, per immagini.
Nelle pieghe del passaggio dal Medioevo al Rinascimento toccò
a Niccolò Cusano usare a lungo questo tasto e ne nacque una fisica
rivoluzionaria, a quel tempo.
Arnold Böcklin, L'isola della vita |
Per non annoiare con una lunga disquisizione, accenno
soltanto che la traccia, più o meno trasparente, si sviluppa insieme con la
filosofia. (2)
La teologia negativa, in parallelo con essa, ha continuamente
ammonito che l’Inesauribile non si lascia de-finire e quindi dobbiamo limitarci
a parlarNe per negazione di attributi, che afferiscono solo la scala del nostro
dire. Occorre puntualizzare a questo punto, che mistero, forte della sua radice
etimologica greca e latina, rimanda ad una chiusura (
myeo= chiuso in stesso), cifra del sapere umano, impotente a forzare il segreto
(mistero) della natura di Dio.
È meglio rifuggire, però, da ogni culto misterico che finisce
per trattare la con-versione come “iniziazione ai segreti”: selettiva ed
esclusiva.
La rivelazione, in ispecie nel Nuovo Testamento, è universale:
rivolta all’intero genere umano. Semmai va privilegiata la purezza
del cuore che alberga nell’animo dei più umili. Si rifugge
dall’elitarismo!
Adesso vediamo Dio come in uno specchio, in maniera confusa; ma
allora lo vedremo faccia a faccia (San Paolo, 1 lettera ai
Corinzi, 13,12 ).
San Paolo descrisse così la “tara” del
nostro intendere Dio, annunciando al contempo la parusia: con la venuta
di Dio la conoscenza “faccia a faccia” dell’Invisibile. (3)
Arnold Böcklin, L'eremita |
Di conseguenza, prese forma una riflessione
che forma il solco di una tradizione che, passando per Schleiermacher, approda
a Rudolf Otto.
Notevole lo studio che quest’ultimo fece
del concetto di sacro. (4)
Avendo alle spalle le dispute filosofiche
tra Jacobi, Kant e Hegel, e risentendo dell’influenza della fenomenologia di
Husserl, R. Otto categorizzò il sacro come il numinoso. In veste di numen,
il sacro implica una qualità di fascinazione, dalla quale rimangono colpiti gli
uomini devoti.
Al sacro, però, pertiene un altro aspetto,
legato al mysterium, da cui discende il tremendo.
Dentro questa curvatura dialettica, lo
storico tedesco iscrive il sacro, velato, per essenza, di mistero. (5) (6)
È un significato - parlerei di una
vibrazione - che al mistero assegna anche W. Benjamin, allargandone lo spettro,
quando descrive lo spettro dell’aura.
In conclusione, usando un linguaggio
comune, direi che l’alone di mistero accompagna il sacro, e rientra come
ingrediente congruo dell’esperienza di fede, affinché si mantenga la soglia
di rispetto al cospetto di Dio.
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🌟NOTE.
1. Operando con la parola latina corrispondente - comprehendo - la nostra potenza di presa sull’Assoluto non è totale.
2. Più marcata nella tradizione che discende dalla filosofia ebraica; molto presente nel seno dell’Idealismo tedesco.
3. Evidentemente la “costrizione” è pesante per certi razionalisti, che lanciano la ragione all’inseguimento della verità, sicuri di avere nella cognizione scientifica lo strumento per aprire gli “arcana”. Molti epistemologi, però, ribadiscono che la misura della scienza è il conoscere per gradi, dubbioso e fallibile.
4. R. Otto, Il sacro, 1917.
5."Assunto nel suo valore universale e sbiadito significa solamente segreto, nel senso di straniero a noi, di incompreso, di inesplicato, e in quanto mysterium costituisce quel che è da noi considerato una pura nozione analogica, ricavata dall'ambito del naturale, senza che effettivamente attinga la realtà. In se stesso però, il misterioso religioso, l'autentico mirum, è, se vogliamo coglierlo nell'essenza più tipica, il 'Totalmente altro', il tháteron, l’anyad, l’alienum, l’aliud valde, l'estraneo, e ciò che riempie di stupore, quello che è al di là della sfera usuale, del comprensibile, del familiare, e per questo "nascosto", assolutamente fuori dall'ordinario, e colmante quindi lo spirito di sbigottito stupore.» ( R. Otto, Il sacro ).
6. Da Gianluca Cuozzo, Il velo: una metafora dell’apparire in www.academia. e “Ancora Walter Benjamin, nel Passagen-Werk, proprio facendo riferimento a I discepoli di Sais (1798-1799), dice che il nesso vero/mistero «fu espresso da sempre nell’immagine del velo, che è un vecchio complice della lontananza» (Benjamin 1986, p. 476) - e, in questa splendida definizione, riemerge tutta la tematica benjaminiana dell’aura artistica, definita non a caso come «l’apparire unico di una lontananza» (Benjamin 2011, p. 10), distanza capace di preservare in velamine l’unicità di ciò che si fa visibile. Stando così le cose, scrive ancora Benjamin nel saggio su Le affinità elettive di Goethe (1925), la contemplazione artistica «non è un disvelamento (Enthüllung) che distrugga il mistero, bensì una rivelazione (Offenbarung) che gli rende giustizia» (Benjamin 2001, p. 73). Cfr. anche: Il sacro su http://disf.org/
1. Operando con la parola latina corrispondente - comprehendo - la nostra potenza di presa sull’Assoluto non è totale.
2. Più marcata nella tradizione che discende dalla filosofia ebraica; molto presente nel seno dell’Idealismo tedesco.
3. Evidentemente la “costrizione” è pesante per certi razionalisti, che lanciano la ragione all’inseguimento della verità, sicuri di avere nella cognizione scientifica lo strumento per aprire gli “arcana”. Molti epistemologi, però, ribadiscono che la misura della scienza è il conoscere per gradi, dubbioso e fallibile.
4. R. Otto, Il sacro, 1917.
5."Assunto nel suo valore universale e sbiadito significa solamente segreto, nel senso di straniero a noi, di incompreso, di inesplicato, e in quanto mysterium costituisce quel che è da noi considerato una pura nozione analogica, ricavata dall'ambito del naturale, senza che effettivamente attinga la realtà. In se stesso però, il misterioso religioso, l'autentico mirum, è, se vogliamo coglierlo nell'essenza più tipica, il 'Totalmente altro', il tháteron, l’anyad, l’alienum, l’aliud valde, l'estraneo, e ciò che riempie di stupore, quello che è al di là della sfera usuale, del comprensibile, del familiare, e per questo "nascosto", assolutamente fuori dall'ordinario, e colmante quindi lo spirito di sbigottito stupore.» ( R. Otto, Il sacro ).
6. Da Gianluca Cuozzo, Il velo: una metafora dell’apparire in www.academia. e “Ancora Walter Benjamin, nel Passagen-Werk, proprio facendo riferimento a I discepoli di Sais (1798-1799), dice che il nesso vero/mistero «fu espresso da sempre nell’immagine del velo, che è un vecchio complice della lontananza» (Benjamin 1986, p. 476) - e, in questa splendida definizione, riemerge tutta la tematica benjaminiana dell’aura artistica, definita non a caso come «l’apparire unico di una lontananza» (Benjamin 2011, p. 10), distanza capace di preservare in velamine l’unicità di ciò che si fa visibile. Stando così le cose, scrive ancora Benjamin nel saggio su Le affinità elettive di Goethe (1925), la contemplazione artistica «non è un disvelamento (Enthüllung) che distrugga il mistero, bensì una rivelazione (Offenbarung) che gli rende giustizia» (Benjamin 2001, p. 73). Cfr. anche: Il sacro su http://disf.org/
Grazie, caro Rosario. La tua riflessione su come parlare oggi di Dio e vivere la nostra redenzione, nell’indifferenza e silenzio della secolarizzazione, mi ha colpito: in particolare il riferimento a due essenziali asserzioni. La prima è che Dio è da noi inesprimibile ed inconoscibile: quando di Lui parliamo non facciamo che balbettare, pieni di stupore di fronte al Totalmente Altro. La “palea” del nostro discorrere, teologia negativa compresa, è la dimostrazione più evidente che la fede cristiana non ha nulla a che fare con l’antropomorfismo. Ma se non posso parlare veramente e pienamente di Dio ineffabile, allo stesso tempo, come credente cristiano, non posso tacere di Lui. La seconda è il riconoscimento dell’abisso tremendo e fascinoso: parlare di Dio è accogliere il mistero, mantenere “la soglia di rispetto al cospetto di Dio”. La Sua apparente assenza è in realtà il dono della Sua presenza attraverso la creazione, attraverso il volto di tutte le persone che incontriamo, attraverso i testimoni che cooperano alla Sua opera, attraverso “la purezza del cuore che alberga nell’animo dei più umili”.
RispondiEliminaSono pienamente d’accordo con te Gian Maria! Il Mistero che circonda Dio è una salvezza ( cortina che separa ) dalla contaminazione con il mondano, l’effimero, che la secolarizzazione rischia di promuovere.
EliminaPer questo motivo la teofania potrebbe essere vista in parallelo con il panteismo, o almeno il panenteismo, perché la voce di Dio passa e resta impressa nella Natura. Ecco anche perché vedo nell’Idealismo “magico” ( tra Novalis e Hoelderlin ) tanta presenza di Dio.
D’altr, la nostra preghiera, che in primis è ricerca di Dio, è il necessario documento della presenza di Dio a noi, in noi. Grazie! Il tuo commento, raro, vista la peculiarità dell’argomento, è prezioso e riempie di gratificazione. Ringrazio Rossana per l’azze-
caro Bocklin
Caro Rosario, potresti darmi il riferimento bibliografico della preghiera di San Gregorio Nazianzeno che riporti all'inizio del tuo commento? Potresti rispondermi all'indirizzo: aldoantonelli@outlook.it
RispondiEliminaGrazie