La sfida è questa: conciliare il valore dell'identità plurima, "enciclopedia aperta" di Italo Calvino, con l'esigenza etica di un soggetto che sa orientarsi nel mondo in modo ragionevole, secondo la proposta di Roberto Mordacci, in "La condizione neomoderna".
Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere del pittore spagnolo Juan Gris (1887-1927).
Molteplicità di Italo Calvino.
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Juan Gris,
Pierrot con libro |
Tra i termini che Calvino consegna al
nuovo millennio vi è la parola “molteplicità”, riferita alla narrazione del
romanzo (visto come rete di connessioni, intreccio di linguaggi e
moltiplicazione dei possibili), ma presupposta anche nella concezione di una
soggettività plurale da cui il racconto prende forma: “chi siamo noi, chi è
ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di
letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario
d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente
rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”¹.
Lontano dalla concezione di un self unico, con un’identità già data e
compiuta, con una verità da rivelare, Calvino intende l’opera letteraria come
specchio di una soggettività molteplice, frutto di una pluralità di esperienze,
o addirittura vorrebbe - se mai fosse possibile – “un’opera che ci permettesse
d’uscire dalla prospettiva limitata di un io individuale, non solo per entrare
in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola,
l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in
autunno, la pietra, il cemento, la plastica…”².
La dissoluzione del soggetto forte.
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Juan Gris,
Il fumatore |
Sentiamo profondamente nostra questa
concezione della vita come “enciclopedia aperta”,
come totalità “plurima”³ che attraversa la grande letteratura
novecentesca (le maschere di Pirandello, gli eteronimi di Pessoa, gli infiniti
possibili universi di Borges…) e che trova nella filosofia la sua precondizione.
Infatti, in estrema sintesi, il percorso concettuale della soggettività parte
da una solida entità metafisica (l’anima immortale di matrice platonica, dal
periodo antico al Medioevo e, in età moderna, il cogito cartesiano, pura
razionalità trasparente a se stessa), passa attraverso l’identità di Locke
(intesa come soggetto consapevole di sé nel tempo), completamente desostanzializzata
da Hume (che paragona l’io ad un teatro in cui scorrono scene in successione),
e giunge infine alla polverizzazione dell’io di Nietzsche (gioco di maschere), in
campo teoretico, e al netto ridimensionamento della razionalità di Freud (dominato
da pulsioni inconsce), in ambito psicanalitico.
Il postmoderno.
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Juan Gris,
Tavolo del musicista |
Questo processo raggiunge il suo apice nel
postmoderno, di cui trovo una descrizione critica nel libro di Roberto Mordacci,
La condizione neomoderna⁴. Con
riferimento al pensiero di Gianni Vattimo e all’eredità nietzschiana (le
maschere) e heideggeriana (l’antiumanesimo) del pensiero debole, Mordacci arriva
ad affermare: “Non più “umano”, il soggetto postmoderno non è più fondamento ma
solo “comunicazione”. […] tuttavia la comunicazione, specie nella società
ipermediatizzata, è per questa teoria una selva di giochi linguistici, tutti
ugualmente legittimi, ma proprio per questo ugualmente illegittimi. […].
Secondo i postmodernisti, voler provare a discernere fra ciò che merita la
nostra dedizione, o merita di essere protetto, e ciò che non lo merita è già
violenza, “metafisica occidentale”, eurocentrismo, illuminismo e oppressione.
[…] Il pensatore postmodernista non può nemmeno invocare idee come quella di
soggetto, individuo, per non dire addirittura “persona”. Sono costruzioni che
hanno tentato di imporsi con la violenza della metafisica e vanno smantellate”⁵.
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Juan Gris,
Arlecchino |
Due sono le conseguenze negative di
questa morte del soggetto, di cui sperimentiamo ancora oggi l’onda lunga: da
una parte il riflusso in fasulle identità forti (prima gli italiani, noi contro
loro, fino ai recenti rigurgiti razzisti…), dall’altra parte il disimpegno di
un io totalmente destrutturato, le cui opinioni sul piano etico valgono tanto
quanto le sue contrarie, senza possibilità di ricorrere ad un criterio di
giudizio condiviso. Il risultato è l’immobilità scettica di chi rinuncia a
denunciare il sopruso e l’iniquità, incapace di difendere i bisogni degli
individui, in nome di un relativismo nichilistico per cui tutto è egualmente
accettabile nella pluralità delle prospettive⁶.
Il neomoderno e il ritorno del soggetto.
Eppure, secondo Roberto Mordacci, le diverse
visioni del mondo “non si
equivalgono” sul piano morale e “vanno vagliate sia quanto al rispetto fondamentale per le persone – un
principio non negoziabile e tutt’altro che eurocentrico – sia quanto alla loro
compatibilità in un determinato tempo e luogo a certe condizioni”⁷.
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Juan Gris,
La finestra aperta |
Per questo si deve dare spazio ai
tentativi di superamento dell’io postmoderno, ridotto a “una congerie scomposta
di forze impersonali”⁸ coltivando la possibilità di un ritorno del
soggetto. Si tratta di una soggettività pensata eticamente (non entità
metafisica ormai dissolta, né cogito cartesiano dalle idee chiare e distinte), come
razionalità capace di dare ordine alle esperienze e alle conoscenze, in grado
di sottrarsi alla “deriva dell’irrazionale”, in vista della deliberazione e
dell’azione: “Il gioco postmodernista della condanna di ogni forma di ragione è
qualcosa che non ci corrisponde e che, soprattutto, non vogliamo più…”⁹.
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Juan Gris, Il libro |
Mordacci fa riferimento ad una razionalità
neomoderna, critica, costruttiva, che trova il suo parallelo nella prima
modernità, collocata tra Cinquecento e Seicento, fino alla grande sintesi
illuminista, una razionalità sottratta – secondo la sua proposta – alla critica
postmodernista che ha per oggetto la Ragione onnicomprensiva delle grandi
narrazioni della modernità ottocentesca, guidate da un unico principio sovra
individuale: Progresso, Spirito, Emancipazione….
“Neomoderno” evoca quindi un doppio
percorso: significa da una parte ritornare al ruolo critico della ragione che
sa smascherare le falsità e sa argomentare, sostenere ed eventualmente
condividere determinate tesi, non abdicando al suo ruolo e, dall’altra parte,
vuol dire recuperare il valore di una ragione universale, che supera muri e
steccati tra gli uomini, permettendo di considerare l’uomo nella sua universalità,
come soggetto pensante.
1. Italo
Calvino, Lezioni americane, Mondadori, Milano 2016, p. 121.
2. Ibidem,
p. 122.
3. Ibidem,
p. 114.
4. Roberto Mordacci, La condizione neomoderna, Einaudi, Torino 2017.
5. Ibidem,
p. 53.
6. Cfr. Ibidem,
p. 59-60.
7. Ibidem,
p. 60.
8. Ibidem,
p. 90.
9. Ibidem,
p. 91.
...devo rileggere: non ci ho capito molto.
RispondiEliminaCiao Gianni! Grazie per la tua lettura amicale... Se poi è anche doppia... Un abbraccio, Rossana.
RispondiEliminaMolto condivisibile, argomento complesso ma necessario per riflettere sulle numerose aree di pensiero del XX secolo.
RispondiEliminaE' così. Si tratta di un argomento - quello del soggetto - che attraversa "numerose aree di pensiero del XX secolo" (filosofico, letterario, artistico) e che ha oggi "l'urgenza" di essere ripensato, soprattutto per le grandi sfide, sul piano etico, che la contemporaneità ci presenta. Grazie per la condivisione di riflessioni.
RispondiEliminaPost interessante anche se molto complesso, almeno per me.
RispondiEliminaDue veloci osservazioni su ciò che a tutta prima mi ha colpito.
- Centratissimo il riferimento a Pirandello a proposito della dissoluzione del soggetto, e oltre al tema della maschera mi viene in mente "Uno, nessuno centomila".
- Il rischio più pesante della nostra epoca mi pare sia proprio quello identificato in queste parole dell'articolo: "Il disimpegno di un io totalmente destrutturato, le cui opinioni sul piano etico valgono tanto quanto le sue contrarie, senza possibilità di ricorrere ad un criterio di giudizio condiviso". E' purtroppo ciò che, per tanti versi, sta accadendo.
Grazie, cara Rossana, di questo sguardo sempre acuto e profondo che invita a riflettere.
Buona domenica!!!
Ciao Annamaria. Come sempre hai colto il nocciolo di quello che volevo esprimere: in particolare l'antinomia (grande parola, che sa tenere insieme tesi opposte, entrambe legittime) tra la ricchezza di identità plurime (i tanti "io" che ci compongono) e l'esigenza di una razionalità che sappia dare ordine e orientare l'agire, evitando la polverizzazione del soggetto in tante esperienze slegate e fini a se stesse.
RispondiEliminaDissonanza e armonia... per usare un linguaggio che ti è caro.
Grazie, ti abbraccio e buona domenica anche a te.
Invito alla riflessione, necessario in un tempo che ci vede sottoposti ad una omologazione conseguente al predominio di “ forze impersonali “. Quelle che hanno sostituito un “io eccessivo”. Necessario,infatti, lo stop ad un Soggetto egemonico...
RispondiEliminaRicominciamo con un soggetto “umile”. Grazie Rossana!
Nell'ottica di Roberto Mordacci il verbo giusto è proprio quello che tu utilizzi: "ri-cominciare", nel senso del riandare alle origini dell'età moderna e alla freschezza di una ragione critica, propositiva, e anche direi "umile" (non "eccessiva" come è accaduto nella assolutizzazione ottocentesca del Soggetto). Ne avremmo davvero bisogno... Un caro saluto.
EliminaCara Rossana, sto segnando in agenda il testo di Roberto Mordacci. Dalla tua disamina, mi pare intrigante. Addirittura da leggere con gli amici delle cenette filosofiche. Grazie della segnalazione. Buona settimana.
RispondiEliminaCredo proprio che sarebbe una lettura feconda, capace di sollecitare nuovi percorsi per la contemporaneità. Sono felice di aver dato - eventualmente - il mio piccolo contributo alle "cenette filosofiche". Un abbraccio.
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