Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

venerdì 30 giugno 2017

Il profumo del pane.

🖋Post i Rosario Grillo 
🎨Immagini dei dipinti del pittore francese Henri-Horace Roland Delaporte (1724 circa- 1793) 
📹Il video, sul ciclo del pane, rappresenta le opere dell'artista italiano Giovanni Becchina (Gianbecchina), vissuto tra il 1909 - 2001.

Henri-Horace Roland Delaporte, 
Natura morta con frutta e pane, particolare
Mio padre era un panettiere e la mia infanzia porta il profumo del pane.
Lontani ricordi sentono una sveglia che suona in piena notte e rumori al piano di sotto, dov'era il forno e dove si affaccendavano mio padre con mia sorella Maria e mio fratello Cesare.
Al mattino, verso le sette, il pane era già pronto per andare nella bottega di mia mamma e in altre botteghe del paese.
Un lavorio tutto attorno: la preparazione del lievito madre  e nei primi anni addirittura la carica alla fonte di una necessaria cisterna d’acqua, che si riportava a casa, rotolando.
Il prelievo in falegnameria della legna  necessaria per scaldare il forno, poi, con la meccanizzazione, l'alternarsi di giorni  favorevoli e  altri no alla buona combustione, alla liberazione dei fumi attraverso la ciminiera. La dotazione, nel tempo, dei primi macchinari che dovevano alleviare la fatica fisica dell'impasto e della preparazione delle forme.

martedì 27 giugno 2017

Monesi, la montagna ferita.

🖋Post e fotografie 
       di Rossana Rolando.

Poco sopra Monesi di Triora
Siamo saliti a Monesi (1376 m) per ammirare l’ultima fioritura dei rododendri. Dopo la terribile frana del dicembre 2016 - che ha colpito drammaticamente Monesino (Monesi di Mendatica), trascinando a valle la strada con le abitazioni più basse e segnando di dolorose crepe tutte le altre case, esattamente come in un terremoto - non eravamo più arrivati lì (articolo sulla paleofrana).

venerdì 23 giugno 2017

Marc Augé, Un altro mondo è possibile.

🖊Post di Gian Maria Zavattaro
🎨Immagini delle illustrazioni di Beppe Giacobbe (qui il sito)

“Ciò che ci inquieta è che non sappiamo più dove stiamo andando. - Di fronte allo scandalo della profonda disuguaglianza, come reggere l'immagine penosa di coloro che so bene, in fondo, essere uomini come me? - Come trovare il proprio luogo?- Qual è il fine dell'esistenza umana? Cosa bisogna fare per compierlo? - La globalizzazione è un bene o un male? Dove ci sta portando? Verso un mondo migliore? O più doloroso e ingiusto? - Per cosa viviamo?”(Marc Augé, Un altro mondo è possibile, codice ed., To, 2017, pagg. 12-25-48-94-96-97). 

Beppe Giacobbe
Ho letto in questi giorni, anzi ho finito di rileggere, due saggi di M. Augé. Dico subito che molte cose non mi hanno convinto, men che meno la sua fastidiosa pregiudiziale ostilità verso la religione ed in particolare la fede cristiana (qualcuno ricorderà il suo parodistico e dissacrante pamphlet “Le tre parole che cambiarono il mondo”, edito lo scorso anno...). 

Beppe Giacobbe
Tuttavia gli interrogativi sopra riportati, ripetutamente posti nello scorrere delle pagine, mi paiono rivelare un'appassionata ricerca che, pur non aprendosi mai alla trascendenza, anzi negandola senza remissione, si orienta verso risposte che riecheggiano e ripropongono in chiave illuministica gli appelli e le denunce che da anni proprio papa Francesco lancia al mondo (da una parte egoismi ed indifferenza, grido degli esclusi e degli ultimi, guerre insensate, violenze, disuguaglianze; dall'altra l'urgenza e la necessità di “slanci di fratellanza”...). La fede cristiana, la speranza che trascende la storia ma ne prende in carico le utopie, le Beatitudini, l'amore per gli “esclusi” sono in consonanza con certi tratti dell'umanesimo (1) del nostro ateo di stampo illuministico che, come noi, fa sue le parole di Terenzio “homo sum humani nihil a me alienum puto” (2).

domenica 18 giugno 2017

La nascita e il femminile.

🖋 Post di Rosario Grillo
🎨 Immagini delle opere di Georges de La Tour (pittore francese vissuto tra il 1593 e il 1652, maestro della luce, secondo una chiara impronta caravaggesca).

Georges de La Tour, 
Neonato, particolare
Singolare coincidenza. Nella stessa sera leggo prima la celebrazione della donna, basata sul primato della nascita, opposta al culto eccessivo della morte, tipico della società contemporanea e rivelativo di una società rattrappita sulla paura.
Riprendo a leggere subito dopo la “storia del corpo”, frutto di un seminario di storici, antropologici e storici dell'arte e vi ritrovo lo stesso tema, svolto secondo angolazione storica, incentrato sulla dicotomia: “proto-rituale o mitopoietico” = parto in ambiente familiare sotto assistenza di levatrice vs "tecnico - ospedalizzato" ovvero “cyborg” = parto programmato, monitorato dall'inizio alla fine, privo di rituale sociale, collettivo, sostenuto sul ruolo sovrastante della tecnica.
Nell'opera suddetta viene prima messa in luce la comparsa nell’epoca moderna della figura della levatrice, come segno di una attenzione al corpo, foriera di esplorazione anatomica e correlata ad istanze di autonomia dell'individuo.
La storica Duden scrive testualmente: “il soggetto di una nascita, che ha visto la luce grazie al parto di una madre, e il neonato paziente che è stato prodotto con un processo programmato e sorvegliato, non sono sovrapponibili. Il soggetto una volta era un bambino o una bambina. Nascita era la causa originaria dell'apparizione di un bambino atteso nell'ambito 'socio somatico', di un evento corporeo-sociale, che ha inizio con le doglie, e che ha il suo apice nel taglio del cordone ombelicale, e la sua conclusione nella fasciatura del bambino; tutto questo si svolgeva fra donne. Nascita era un nuovo inizio” (Corpi, p.126).

giovedì 15 giugno 2017

Scuola: riforma, tecnologie, stranieri.

🖋Post di Gian Maria Zavattaro 
🎨Immagini e video sono tratte - previa autorizzazione - dalla pagina facebook e dal sito di Your Edu Action (qui il sito).

Mario Lodi, Insegnante
La speranza, dice Dio, la speranza, sì, che mi sorprende. Che questi poveri figli vedano come vanno le cose oggi e credano che domani andrà meglio.[…] Questa speranza bambina che di tutte le virtù, e delle tre virtù teologali, è forse quella più gradita a Dio. Che è certamente la più difficile, che è forse l'unica difficile[…] La piccola, quella che va ancora a scuola. E che cammina. È lei, questa piccola, che spinge avanti ogni cosa. Perché la Fede vede ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. La Speranza vede ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro della stessa eternità. La Carità ama ciò che è. Nel Tempo e nell'Eternità. Dio e il prossimo. Ma la Speranza ama ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. Per così dire nel futuro dell'eternità. La Speranza vede quel che non è ancora e che sarà. Ama quel che non è ancora e che sarà. Nel futuro del tempo e dell'eternità”(Ch.Pèguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Mi, Jaca Book,1978).

La riforma scolastica.
Scuola e riforma
Gli ultimi 10 decreti applicativi della legge 107, riguardanti nodi fondamentali della vita scolastica, sono stati approvati (17) ed hanno concluso l'iter della riforma di cui personalmente do un giudizio non negativo, pur rilevando lacune, approssimazioni, soprattutto un'inguaribile distanza tra l'astratta stesura delle norme e le realtà delle singole scuole chiamate a tradurle in pratica nelle loro zone di frontiera. Tuttavia non voglio entrare nel merito, perché ogni giudizio è opinabile e rischia di essere ideologico, come ben ha rilevato il sondaggio Demos-Coop condotto da I. Diamanti. E’ più utile esaminare le diverse percezioni della riforma. La Buona scuola piace poco a chi la conosce e ne ha esperienza, sindacati e docenti. I giudizi inoltre si differenziano in base all'appartenenza politica e partitica: gli elettori del Pd attribuiscono alla riforma un voto vicino al 7; gli elettori di tutti gli altri partiti la bocciano. L’impressione è che sia percepita, come il referendum costituzionale, al di là del merito, come la Scuola di Renzi e di Gentiloni. 

lunedì 12 giugno 2017

La scuola è inclusiva?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Franco Matticchio.


Franco Matticchio
“Che vergogna! Essere stati contemporanei di papa Giovanni, di don Mazzolari, di don Milani; anzi, essere stati loro amici e commensali, e non avere imparato. E non essersi convertiti. Ed essere quelli di sempre. Peggio di sempre! Sì, perché si viene dopo un concilio, si viene dopo queste lotte furibonde dei poveri contro i ricchi, lasciando soli i primi e “fornicando” sottilmente (ma poi non tanto segretamente) coi secondi. […] Fin quando la chiesa, una “certa chiesa”, non trova il coraggio di dire che anche don Lorenzo Milani è un santo, questa chiesa non impara! Vuol dire che non cambia, non si converte neppure di fronte alla”lezione” di Dio; vuol dire che non ha compreso i “segni dei tempi”; anzi non ha “temuto Dio che le attraversava la strada. […] Non si dichiara santo uno che abbia “esercitato le virtù teologali e morali in grado eroico”? Uno che sia un modello di fedeltà a Cristo, alla sua chiesa, ai poveri? Allora c’è da sfidare chiunque a trovare altri che sia più fedele, nei nostri tempi, di don Lorenzo Milani. Chi può essere un esempio più efficace ai nuovi credenti, ai giovani inquieti che cercano il regno più di quanto noi conformisti riusciamo a immaginare?” (D. M. Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium ed., Sotto il Monte BG,1997, pp. 28, 41-42).

Scuola e inclusione.
Franco Matticchio
La recente ricerca OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha confrontato gli esiti degli studenti 15enni UE sottoposti ai test PISA nel 2000 (comprensione del testo, matematica e scienze) con quelli ottenuti dagli stessi nel 2012 (test PIAAC), in teoria ormai inseriti in attività lavorative. La scuola italiana sarebbe la migliore d’Europa per quanto riguarda l’inclusione sociale, ma solo fino ai 15 anni, poi, specie in Italia, si osserva un allargamento della forbice a sfavore di chi proviene da famiglie svantaggiate. La scuola riduce le disparità, ma i poveri restano.

giovedì 8 giugno 2017

I sentieri dell'infinito.

🖊Post di Rosario Grillo
🎨Immagini tratte dall'atlante delle stelle (Harmonia Macrocosmica) del cartografo tedesco-olandese Andreas Cellarius (1596-1665).

Andreas Cellarius, Harmonia Macrocosmica, 
1660 (Sistema tolemaico)
Con poche eccezioni tutti i greci prediligevano il finito, segnacolo di ordine e di misura. 
​​Nelle eccezioni l’infinito non poteva che apparire come l’indeterminato (apeiron) o l’illimitato (atomi, chora).
​​Più avanti, pratiche magiche, ambizioni umanistiche, fervore storico, portarono il “segno” dell'infinito nel Rinascimento. È sempre un “infinito intuitivo”, per così dire “di genio”. Ne sono prova Leonardo da Vinci per un lato e Giordano Bruno per l'altro. (È necessario sottolineare la chiave limitata e limitante dell'attribuzione a Leonardo di un'idea dell'infinito.)​​

venerdì 2 giugno 2017

Don Milani, "l'uomo del futuro".

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini di alcuni dipinti giovanili (1941-43) di Don Milani (esposti nella mostra di Palazzo Medici Ricciardi, risalente al 2013: qui l'articolo di riferimento).

Don Milani, 
Autoritratto
La scuola siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità […], dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico […]. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare “i segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso” (Lettere di don Milani priore di Barbiana, Mi, Mondadori, 1970, pp. 222-223).

Il taglio che darò al mio discorrere sulla scuola sarà centrato su don Milani, “l'uomo del futuro”, come titolava il suo libro E. Affinati, e spiegherò perché. La scuola non è un contesto come un altro, perché è il territorio in cui le generazioni si incontrano ogni giorno, il tempo per eccellenza delle “contaminazioni” tra età e culture diverse. É impresa ardua, se non impossibile, presentare in pochi minuti la complessità e problematicità della scuola italiana, fatta di migliaia di istituzioni costituzionalmente autonome, ognuna con la sua storia identità anima. Perciò, rischiando una rozza semplificazione utile però ad avviare il discorso, la inquadrerò entro due poli antitetici, tra i quali porre le intermedie modalità di essere di tutte le scuole italiane.
Da una parte la scuola sognata e praticata da don Milani che “siede tra passato e futuro e deve averli entrambi presenti”, segnata dalla passione pedagogica (1): scuola che vuole sviluppare un ruolo attivo in ogni persona perché cooperi a cambiare le cose, luogo-tempo in cui ognuno diventa protagonista, si sente ed è riconosciuto nella sua singolarità, perché il far sentire speciali le persone è essenziale nel processo educativo, se si vuole annunciare a tutti che un altro mondo è possibile.