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domenica 30 giugno 2019

Elogio di Nicodemo.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Crijn Hendricksz Volmarijn (1601-1645), 
Cristo e Nicodemo
“Guardando l’eclettico andirivieni dei nostri giorni guicciardiniani, si può nutrire nostalgia  per uno che “andò a trovare Gesù di notte” nell’intimità e nel silenzio di una ricerca veritiera che, proprio perché autentica e sofferta, può sentirsi appagata solo nella calma serena di una preghiera. Lo abbiamo lasciato all’opera pietosa del sepolcro nell’ora della morte e della desolazione. E non conosciamo altro di lui. Solo Dio sa la sua sorte. A noi è consentita l’ipotesi, l’illazione, la congettura. Ed è rassicurante - per noi poveri cristiani - pensare che abbia attraversato il varco della salvezza. Nell’incontro con Gesù gli era fatalmente apparsa una speranza più alta di quella che aveva cercato. E poiché la sua ragione era umile, aveva imparato, in quell’incontro, che la ragione sa tutto ma non sa nient’altro.” (M. Martinazzoli, La legge e la coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015,p.65-66)

L’ “Elogio di Nicodemo”, scritto da Martinazzoli nel 2002 (1), non vuole essere l’esegesi di una “memorabile pagina” del Vangelo (Giovanni 3,1-21), si limita a “proporre qualche ragguaglio” intorno a Nicodemo.

martedì 25 giugno 2019

Il loro sguardo buca le nostre ombre.

Post di Rosario Grillo.
Scambio epistolare 
tra Jiulia Kristeva e Jean Vanier.
Imbarazzo è l’atteggiamento che di solito assumiamo al cospetto di una persona portatrice di handicap. Lo spieghiamo troppo sbrigativamente con la messa a confronto tra il normale e l’a-normale.
Ma ...- la domanda non è retorica - cos’è il normale, la normalità? Dobbiamo rispondere scomodando la norma ed arrivare a concludere che essa è posta dall’uomo, nel corso delle vicende storiche. Quindi, la normalità non è un parametro assoluto, ma relativo, assai relativo. (1)
Inscritta in questo divenire, la norma ha risentito del tentativo di difesa della società dalle “insidie”, promuovendo un modello “ideale” di uomo.
Un giro di parole per descrivere l’emarginazione, la messa al bando, la ghettizzazione e via di questo passo.
Ritento l’approccio cominciando con l’ostracismo dei lebbrosi, ricordandone la raccapricciante fenomenologia... e includendo nel processo di esclusione quel gruppo sociale, che, di volta in volta, era considerato pericolo per la società (esempi tipici: le streghe, gli ebrei, gli zingari).
Quindi la maglia si allarga fino a contenere di fatto il fenomeno della discriminazione.  Ma fermiamoci, comunque, alla relazione con la diversità.

sabato 22 giugno 2019

Labirinto Luzzati. Creare con gioia.

Post e fotografie di Rossana Rolando.

“…dove si divertono i bambini,
 quello è sempre un bel posto”
(Lele Luzzati)¹.

Mostra Labirinto Luzzati
✴️ Labirinto Luzzati è il titolo della mostra che si è aperta il 1 giugno a Genova presso Palazzo Ducale, nel Sottoporticato, e si protrarrà fino al 3 novembre 2019². Un omaggio della città a questo suo artista - nato a Genova il 3 giungo del 1921 e ivi morto il 26 gennaio del 2007 - che ha considerato il capoluogo ligure la sua principale fonte di ispirazione: “Genova, dove si entra dai tetti delle case e si esce giù per le strade ripide, labirintica come un bosco, è la mia migliore musa. Tutte le volte che esco dall'ascensore del quartiere di Castelletto e guardo fuori mi stupisco, perché vedo sempre qualcosa di nuovo”³.

Mostra Labirinto Luzzati
✴️ Genova per Luzzati non è semplicemente un luogo fisico, è piuttosto una qualità dell’anima, un modo di essere e di sentire, una tensione dello spirito verso il sogno e l’immaginazione: “Uno può benissimo non uscire dalla stessa stanza e viaggiare con la fantasia. Però io ho un altro vantaggio: che sto a Genova… una città che veramente ha delle prospettive talmente diverse: io posso passeggiare sempre nella stessa strada e vedere sempre cose nuove… Genova è una città molto molto ricca di prospettive, di spunti”. Perciò essa è presente, nella sua opera, anche quando risulta apparentemente assente. La verticalità di Genova, come dice liricamente Caproni, si riflette nell’opera di Luzzati, nei saliscendi di scale e scalette, nelle raffigurazioni prospettiche di immagini che si rincorrono e si sovrappongono, facendosi racconto e animazione. La tecnica artistica che meglio la identifica e la rappresenta è quella del collage (molto utilizzato da Luzzati): composizione di ritagli, scorci, spazi, età storiche… di cui è fatta ogni sua casa, strada, piazza. Il video di animazione dedicato a Genova raccoglie magistralmente l’essenza della città e dell’estetica che ad essa si lega.

martedì 18 giugno 2019

Mosè: la libertà e la legge (Mino Martinazzoli).

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini della vita di Mosè negli affreschi della Cappella Sistina.

Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482), 
Cappella Sistina
“In questa raccolta Mino Martinazzoli rivendica il diritto-dovere di accettare su di sé e di porre - in ogni tempo e al potere di ciascuno e di tutti - la domanda che dà senso alla vita, quella pronunciata da Pilato oltre duemila anni fa, all’ora sesta, poco prima che entrasse in scena il tripode con l’acqua per lavarsi le mani: “Quid est veritas?”. La verità. Quel gesto di Pilato rappresenta l’atto di estrema viltà, il rifiuto di distinguere tra il bene e il male. Mino Martinazzoli, attraverso le storie indagate in queste riflessioni, sottolinea al contrario il dovere di scelta, il primato della responsabilità individuale, lo spazio di soggettività su cui si fonda la cultura dei cattolici democratici, cui Mino rimase fedele sempre. La responsabilità soggettiva è il principio della coscienza, che non è di per sé la fonte dei valori morali, ma è lo strumento attraverso il quale i valori vengono percepiti e diventano vincolanti, per una scelta quotidiana tra il bene e il male, tra la giustizia e l’errore. La  scelta quotidiana necessaria per inseguire le utopie di libertà, giustizia, eguaglianza, aspirazioni irrinunciabili dell’umanità. La coscienza come guida del faticoso percorso di risposta alla domanda di verità” (Tino Bino, Prefazione, a M. Martinazzoli, La legge e la coscienza. Mosè, Nicodemo e la Colonna infame, La Scuola, 2015, pag.10).

***
Cosimo Rosselli, 
Mosè e le tavole della legge (1481-1482),  
particolare (Mosè spezza le tavole)
Cappella Sistina
Ho avuto la ventura di incontrare un’unica volta, a Biella sul finire degli anni 90, Mino Martinazzoli, “nella sua malinconica consapevolezza, un raro esempio di politico pensante” (1). L’incontro con questo “intellettuale prestato alla politica” mi segnò profondamente per quanto fossi distante dalle sue scelte partitiche, ma non dalle motivazioni che lo animavano e dalla sua passione estranea ad ogni obbedienza devota, ad ogni chiusura, sempre “un poco da un’altra parte” (2).
I tre saggi raccolti nel testo citato sono come il suo “testamento spirituale”, che trova nella Bibbia “libro dei  libri” il fondamento dell’agire politico e sociale  di un uomo alieno da ogni presunzione, nutrito di letteratura, assetato di assoluto e proprio per questo vivificato dal “rovello del dubbio” e consapevole dei limiti della politica (3).
Provo a riflettere sul primo saggio proposto dal libro sopra citato, riservandomi un'ulteriore riflessione su Nicodemo.

giovedì 13 giugno 2019

Martin Buber, Il "presente" della rivelazione.

Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti di Vincent van Gogh.

Vincent van Gogh, 
Natura morta con bibbia
Riprendo il filo del discorso interrotto parlando del mistero che circonda la comunicazione di Dio: la effusione della Parola.
Lo riprendo in forza delle argomentazioni di Martin Buber, intellettuale ebreo operante nella prima metà del ‘900 (1878-1965), cantore della intersoggettività (1).
Buber ha una potente fiducia nella Bibbia, che riesce a leggere risalendo al più antico senso delle parole semitiche (2). Ne ricava una “segreta” risonanza della Parola di Dio, alfa ed omega della vicenda cosmica.
Tre i momenti salienti di una vicenda che fa tutt’uno con la Fede: la creazione, la rivelazione e la redenzione.
In tutta la vicenda cosmoteandrica (3) non va disgiunto lo spirito dalla vita (che implica la materia sensibile): ne consegue una “facies sensibile” dell’atto creativo congiunta, indisgiungibilmente, alla “facies spirituale”. Entro questo “flusso” opera il Rauch (spirito, vento) che si rivela a Mosè, che soffia su Adamo dandogli la vita, che crea il mondo nei sei giorni mitici, riposandosi il settimo.

domenica 9 giugno 2019

Il Gesù di Massimo Recalcati.

Post di Rossana Rolando.

Massimo Recalcati, 
La notte del Getsemani
Di Gesù si è molto occupata la filosofia.
Non mi riferisco alla elaborazione teologica medievale e moderna, tutta incentrata sul Dio di ragione, sulle possibili dimostrazioni della sua esistenza e sulla elaborazione dei suoi attributi.
No, penso proprio alla figura cristologica, presa in considerazione in molteplici modi da filosofi moderni e contemporanei, anche molto lontani dall’ottica confessionale o critici nei confronti del fenomeno religioso:  da Spinoza a Nietzsche, da Fichte ad Hegel, da Jaspers a Bloch… per citare solo alcuni nomi. Non a caso, su questo tema, è stato scritto da Xavier Tilliette  un poderoso libro dal titolo Filosofi davanti a Cristo¹, a testimonianza del fascino che la figura di Gesù ha saputo sprigionare nel corso del tempo. 
Non vi è quindi nulla di strano nel fatto  che Massimo Recalcati, filosofo e psicanalista a tutti noto, abbia dedicato alla figura di Gesù il suo ultimo lavoro, La notte del Getsemani, frutto di una meditazione rivolta ai monaci di Bose (cui il libro, infatti, è dedicato). Semmai può colpire - in chi non abbia familiarità con i suoi scritti - la profondità della sua visione, la freschezza del suo racconto, capace di suscitare coinvolgimento ed emozione nel cuore di chi legge, trasformando il già conosciuto in qualcosa di totalmente nuovo.  E forse può anche sorprendere la coraggiosa scelta di parlare di Gesù - da parte di chi, come Recalcati, si dichiara laico -  in un tempo indifferente e in alcuni casi ostile nei confronti di tutto ciò che richiama, in qualche misura, la storia del cristianesimo.
Illuminanti allora possono risultare, per porsi nella giusta prospettiva, le parole che  Bonhoeffer scrive nel suo Resistenza e resa e che lo stesso Recalcati cita: «l’ateo – colui che fa esperienza dell’assenza di Dio, del suo silenzio – è assai più vicino a Dio dell’uomo di fede, perché il “Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona”... essere cristiano non significa essere religioso, ma significa essere uomo»².

Chi è dunque il Gesù di Massimo Recalcati? Lo direi, sinteticamente, in tre punti.

martedì 4 giugno 2019

Perché ho votato e voterò Riccardo Tomatis.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Scorci di Albenga nelle fotografie di Rossana Rolando.

Albenga, 
Centro storico, le torri.
Ballottaggio: dal francese ballotage, dall'italiano ballotta (piccola palla  o castagna), dall’inglese ballot (palla ma anche pallottola…). Dunque un fronteggiarsi dei contendenti, sfida da cui uscirà inesorabilmente un unico vincitore.
Motivo per cui, con grande rispetto per il suo avversario e chi lo sostiene, al ballottaggio di Albenga rivoterò il dott. TOMATIS.

Albenga, 
Centro storico, i caruggi
Perché?
- perché mi fido di lui
- perché è persona proba che intende continuare a fare comunità e nella sua professione sa centrarsi sull’altro, non su di sé, e sa agire con efficacia, ben consapevole che sono i fatti che contano e che l'onestà da sola non è garanzia di competenza;
- perché innanzitutto sa ascoltare e parla chiaro e soprattutto si  rivolge al cuore ed alla ragione della gente, non ai visceri con gargarismi linguistici e chiacchiere incantatorie
- perché non si cura né di referenze né di deferenze né di intrighi di consorteria e non è servo di nessuno

sabato 1 giugno 2019

Nondimanco, Carlo Ginzburg.

Post di Rosario Grillo.

Stefano Ussi, 
Niccolò Machiavelli nello studio,1894
Si apprendono molte cose dalla lettura dell’ultima fatica di Carlo Ginzburg: Nondimanco. (1)
In mezzo all’intricato percorso per addivenire alla messa a punto di un testo in edizione critica, affiora una sterminata conoscenza della cultura del Rinascimento e, per essa, una serie di rinvii, da Machiavelli a Pascal, dal primo a Galilei e nell’insieme all’Illuminismo.
Ginzburg compie dei viaggi di andata e ritorno, con acute letture intertestuali, guidato da una parola-simbolo: nondimanco. Una congiunzione, caduta in disuso, che squaderna il contrappunto. (2) 
Filosoficamente (logicamente) parlando, esso mette capo alla disposizione alternativa.
Della congiunzione fece abbondante uso Niccolò Machiavelli, differenziandolo da un quasi simile  nondimeno.
Meglio far parlare il fiorentino, per averne un esempio lampante. Dal cap. XVIII de Il Principe “Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia, ciascun lo intende; nondimanco si vede per esperienza ne’ nostri tempi quelli principi avere fatto grandi cose che della fede hanno tenuto poco conto e che hanno saputo con la astuzia aggirare e’ cervelli degli omini, e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in sulla lealtà”.