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martedì 24 aprile 2018

Rifare la Resistenza. Omaggio a Luisito Bianchi.

La Resistenza non è semplicemente un fatto storico: essa si ripete in ogni generazione che lotta contro "l'eterno fascismo".
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle xilografie sulla Resistenza recuperate e riportate alla luce  a Ferrara (qui il sito).

 🌟🌟🌟🌟🌟OMAGGIO A LUISITO BIANCHI🌟🌟🌟🌟🌟
“Partigiano è un termine già troppo insidiato da quando lo intesi per la prima volta, nel terribile ed esaltante 1944, per poterlo a cuor leggero declassare da sostantivo ad aggettivo, col pericolo che quest’ultimo lo deturpi e lo vesta di “partitico”. Oh no, partigiano non ha nulla  a che vedere con partitico, che prende i suoi legami clientelari dai partiti. Partigiano è figlio della Resistenza, ed esiste solo dove sussiste Resistenza, ma è anche condizione e annuncio di Resistenza. E la Resistenza è un fatto di gratuità. La vera: la Resistenza al potere, non per instaurare un altro potere ma per la libertà dell’uomo. Quella che  nel 1944-45 viveva nelle baite bruciate, che portava le sue insegne sui corpi penzolanti degli impiccati, che disseminava di speranze ovunque il suo potente soffio sciogliesse nevi e cuori. Non la Resistenza contro qualcuno  o in favore di qualcuno, ma quella, di vivi e di morti, perché il potere perdesse la sua punta velenosa, distruttrice della libertà, e, quindi, dell’uomo. Per questo Resistenza è gratuità, e Partigiano l’uomo gratuito. Il Dio Gratuito non è forse il Dio partigiano, che prende le parti di chi, in un modo o nell’altro, è perseguitato dal potere? La Resistenza del 1944-45, dei morti e di quei vivi che non l’hanno mai svilita ad instaurazione di nuovi poteri, fu la grande parola laica di gratuità, che ha generato e genera ancora figli ogni qualvolta si resiste al potere dell’uomo in nome dell’uomo. […] E’ la voce dei morti che hanno dato la loro vita gratuitamente, senza nessun contraccambio; e dei vivi che stanno morendo senza avere visto il mondo nuovo che doveva uscire dalla Gratuità” (Luisito Bianchi, MONOLOGO PARTIGIANO SULLA GRATUITÀ, Appunti per una storia della gratuità del ministero nella Chiesa, ed. il Poligrafo, Padova, 2004, pp. 224-225). 

Don Luisito Bianchi, autore de La Messa dell’uomo disarmato: v. qui

Carlo Rambaldi, 
Ore d'angoscia
In un  tempo nel quale sembra prevalere ciò che Bellow definiva “l’inferno della stupidità” parlare della Resistenza nel senso indicato da don Luisito ha significato solo se insieme ci si interroga sul nostro resistere quotidiano. 
Ogni generazione ha la sua resistenza da praticare, di cui la Resistenza con la R maiuscola è il riferimento ideale per capire che cosa essa significhi. Resistere era opporsi al fascismo ed al nazismo, alla guerra, alla violenza, alle leggi razziali, alla mancanza di libertà, alla sopraffazione ed usurpazione. Non solo opporsi: resistere per ri-esistere, ridare vita alla democrazia, riaffermare i diritti-doveri intangibili di ogni persona,  la pace, la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la fraternità universale…
Oggi qual è la nostra resistenza? Viviamo in un mondo schizofrenico, diviso tra due stili di vita o prospettive. La prima è pervasa da un presente massimalista (tutto è liquido: amore, sentimenti, relazioni, empatie…) senza memoria di quanto è accaduto in altri tempi, senza progetti  per il futuro, dunque senza storia; è il regno in cui si è prima consumatori individualisti e poi forse cittadini ridotti a spettatori degli interminabili tragicomici scontri tra partiti, nel trionfo (volenti, nolenti) della regola non scritta dell’indifferenza ed espulsione dell’altro in un contesto di globalizzazione che ha  perso il senso della visione universale, soffocata dai cinici interessi guerrafondai del capitalismo finanziario.
Alberto Cavallari, 
Appuntamento con i partigiani
L’altra prospettiva è pervasa dalla ricerca, che non fa spettacolo né clamore, della gratuità, della riscoperta dell’altro e del “noi”, della reciproca ospitalità, dell’accoglienza di ogni differenza, della speranza  “che ama quel che non è ancora e che sarà”.¹ 
La resistenza è riconoscibile anzitutto come opposizione dichiarata ad ogni forma di violenza nei confronti di chi è debole od indifeso, fosse anche la violenza del “disordine costituito”. Entra in campo di fronte ai grandi e piccoli seduttori ed imbonitori, alla manipolazione mediatica di false informazioni, alla riduzione della cittadinanza in sudditanza non pensante, ai bombardamenti consumistici, alla violenza nelle sue molteplici forme, alla mortificazione della dignità, alla sopraffazione delle armi e all'ingiustizia sociale, sia a livello locale sia globale.
Armando Pizzinato, 
Eccidio di Bosco di Cornilio,
Appennini 1944
Come ieri, anche oggi resistenza non è solo opporsi ma è ri-esistenza, che per prima cosa significa memoria, non dimenticare il passato, non smarrirsi nel presente, predeterminato e programmato da altri con la creazione di sempre nuovi e falsi bisogni. La memoria è un  monito: vigilate, attenti, risvegliate le coscienze e il cuore di ognuno della vostra città, su su fino alle istituzioni. Razzismo, fascismo, intolleranza, violenza  sono rischi per ogni generazione (il fascismo come categoria eterna: urfascismo di Umberto Eco, vedi qui).
Oggi come allora resistenza è un’alleanza, un impegno tra generazioni, senza barriere: resistenza delle speranze, delle fedeltà ai valori ed agli ideali per i quali i nostri nonni e bisnonni hanno lottato a rischio della vita. Il rapporto tra generazioni è fatto di consegne di testimoni, come nella corsa a staffette: il nonno consegna al padre e alla madre, e loro ai figli ed i figli quando sarà l’ora ai loro figli: una grande avventura, bellezza di riprendere i sogni dei nonni e dei bisnonni, storia che non tramonta.  Allora capisco l’impegno dell’Anpi di Leca (Albenga) volto a coinvolgere tutti, specie i giovani, non a caso partendo dalla scuola, per eccellenza il luogo  della educazione a nuovi legami  di responsabilità reciproca, luogo dove si è obbligati alla verità ed a cogliere le domande di futuro che vengono dai giovani, luogo di anticipazione del futuro dove ritrovare parole nuove che dicono cura l’uno dell’altro e fioritura  di  vita solidale intessuta di reciproca accoglienza, luogo dove ogni giorno si può imparare lo stile di vita enunciato nei principi e nei primi dodici articoli della nostra Costituzione, frutto maturo della Resistenza. 
Fernando Farulli, 
La madre
Resistere è una grande cosa, è “il gioco della vita” vissuta fino in fondo, entrando in comunione con il mondo ed aprendosi all’esistenza degli altri: “flere cum flentibus, gaudere cum gaudentibus”², partecipare alle gioie e sofferenze degli altri, creare un legame tra solitudine e solidarietà senza infingimenti e nascondimenti, perché la comunione consiste nel prendere parte, schierarsi, costruire a poco a poco l’utopia della fraternità.
Infine resistere è provare tormento e com-passione per il travaglio del mondo, ma insieme  con allegrezza  vivere  in questa nostra società imperfetta senza lasciarsi soffocare,  riconoscere in sé e negli altri la possibilità di errori e cedimenti, il diritto-dovere di ricominciare, accogliere, dar tempo, condividere, non smettere di amare la vita propria ed altrui, non cedere all’oppressione della solitudine e della sofferenza,  non lasciarsi schiacciare dagli eventi che intristiscono e fanno  male e soprattutto respirare il coraggio della speranza di poter vedere un giorno “il mondo nuovo che doveva uscire dalla Gratuità”.  
Ervardo Fioravanti 
(Scena di lotta partigiana)
“Una grande trasformazione nella forma della convivenza e negli stili di vita non ha luogo a opera di un capo, di una legge, o per un singolo evento, ma scaturisce dal convergere delle nostre piccole trasformazioni quotidiane, finché non viene alla luce il profilo di un’altra società. Le piccole trasformazioni che ci consentono di sporgere oltre l’egoismo, per vivere la libertà della gratuità, implicano sempre la scelta di accogliere, effettuata vincendo la tentazione del potere. Quella tentazione che trova radici nella paura di perdere qualcosa”³.

Note.
(1) Ch. Péguy, Il portico del mistero della seconda virtù, Mi, Jaca Book,1978.
(2) cfr. Lettera ai Romani, 12,15.
(3)  R. Mancini,  La scelta di accogliere, Qiqajon, Bose, 2016, p.34.

6 commenti:

  1. buongiorno, sì ri-esistenza resistenza Resistenza. io voglio credere che ci sarà un'umanità che vivrà la libertà della gratuità. anzi, adesso.
    P. S. "girellavo" qui da voi (Persona e Comunità)e avevo appena letto una poesia su -silenzio- di Bonhoeffer. poi arriva la vostra email su -Resistenza-....grazie

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  2. Grazie di cuore Roberta! Bonhoeffer è un grande maestro di Resistenza...

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  3. Un post del genere ti ossigena, ti trasmette la pace dell’animo e ti riempie di Speranza.
    Faccio fatica a commentarlo, per la paura di violare la sua stupenda intessitura.
    Dalla gratuità alla ri-esistenza al passaggio tra le generazioni alla Generatività : le virtù sono chiamate in causa e si ritrovano in sintonia con l’autentico spirito della Resistenza.
    Oggi, in ispecie, che nella scuola si avverte il vuoto o la défaillance della educazione , la “memoria” della migliore Resistenza può aiutare a creare il filo di Arianna della ri-identificazione, punto di convergenza di “una nuova alleanza democratica”

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    1. Caro Rosario, grazie. E grazie per la tua resistenza, che testimoni in ogni tuo post.

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  4. Bellissimo, intenso, denso di spunti.

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  5. Grazie Paolo per il commento al post di Gian Maria, perché coglie il sentimento autentico - non semplicemente e stancamente celebrativo - che sottostà alla stesura dell'articolo. Buon 25 aprile!

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