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venerdì 31 dicembre 2021

Augurio di speranza.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Nicolas Poussin, Strage degli innocenti, 1628-29

Il 28 dicembre è stata la festa dei Ss. Innocenti martiri: Noi di fronte alla “strage degli innocenti” che ogni giorno pare espandersi  con insolenza oltre ogni immaginazione. Ogni giorno i media continuano ad offrirci lo “spettacolo” di  questa progressione: sterminio di civili inermi, bimbi falciati nelle acque del Mediterraneo, volti della desolazione, continue guerre ed atti di violenza, ingiusta fame, inutili sofferenze, inique malattie rese ancor più tragiche da blasfeme munificenze come i milioni di vaccini anticovid in repentina scadenza, inutili ed ingombranti, “donati” generosamente dai paesi ricchi ai paesi poveracci. Una sfida alla speranza, tanto più quando il male sembra trionfare anche in coloro che dovrebbero contrastarlo,  tanto più se  viene da noi stessi…

Che cosa possono  fare persone irrilevanti come me e tanti miei amici? Quali speranze possiamo coltivare, noi che contiamo ben poco, per un mondo liberato da questi scandali quotidiani?

lunedì 27 dicembre 2021

Potenzialità del "resto".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Gustave Doré, pittore e incisore francese (1832-1883).
 
“Quando si comincia, c’è già un’antecedenza assoluta “ (Nancy).
 
Gustave Doré, Colomba inviata dall'arca, 1866
Nella Bibbia viene richiamata frequentemente la parola “il resto”. Fenomeno già notato, studiato ed analizzato. Un teologo di fama, Walter Vogels, ne ha fatto l’oggetto della sua recente opera (1), nella quale allarga il raggio fino ad estendere l’analogia alla Chiesa-minoranza nel tempo presente.
Senza dubbio, “il resto” identifica una minoranza e forse sarebbe meglio rappresentabile come “una ridotta” militare. Di volta in volta: dopo il diluvio, dopo la cattività babilonese, eccetera, la palma dell’elezione divina al popolo d’Israele, colpito nella protervia e nell’idolatria, ridotto nel numero e temprato dalla sciagura.
C’è subito da evidenziare che si è compiuta una selezione e i “salvati” hanno purezza d’animo e spirito per ri-cominciare. C’è quindi di mezzo: il cominciamento (biblicamente: all’inizio, l’in principio).
Un punto fermo è però che l’Inizio trascende, è incomparabile con “ciò che viene iniziato”. Una libertà incondizionata è ragione di ineffabilità della volontà di “dare inizio”. Ma, visto che si tratta di ri-cominciare, abbiamo di fronte qualcosa che è già cominciato e che (stand by, ingrippamento, aberrazione?) si è bloccato e deve ri-cominciare.
Nella vicissitudine ha perso quantità, o numero, e si ritrova: resto. Per questa ragione, il resto non è un residuo; piuttosto è una milizia scelta. La consapevolezza dell’elezione imprime, perciò, al nucleo “resto” ardore di testimonianza.

domenica 19 dicembre 2021

Perché attendiamo?

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere di Angelo Balduzzi, con gentile autorizzazione (qui il sito).
 

Angelo Balduzzi, E viene giù dal cielo
“Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?” (C. Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 1973, p. 276. Cfr anche il titolo di "Tracce" «Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora, perché attendiamo?» gennaio 2013, Appunti dagli Esercizi spirituali degli universitari di CL, Rimini, 7-9.12.12).

 
Perché, chi, cosa attendere?
Coloro che vogliono vivere in profondo la fede cristiana “attendono” le promesse del Signore Gesù, figlio del Dio vivente e sanno perché (1). L’Avvento è “attesa” nel significato originario dell’etimo: tempo vivificante che tiene desta l’attenzione verso eventi considerati decisivi a cui ci si dedica con vigile cura e coerenti scelte di vita.
Il guaio è che oggi non si sa attendere. Si aborrono i tempi d’attesa di qualunque genere e specie. Nel nostro liquido presente le attese, non importa se vitali o accidentali, sono insopportabili, perché vissute come tempo morto, sprecato.  Non si ha tempo da perdere nella corsa compulsiva a vivacchiare nel consumismo e nel conformismo.
L’Avvento, “tempo dell’attesa vivificante”, richiede invece “attenzione”: fare in noi e attorno a noi silenzio per contemplare, ascoltare, pregare, amare, perdonare, accudire, pazientare, curare…cioè vivere intensamente la vita. In ognuno di noi questo tempo ha la cifra del vigore della propria fede speranza carità, ha il sigillo della propria passione e azione, intelligenza, coerenza, fedeltà. Attesa non passiva che reclama la conversione.
 

sabato 11 dicembre 2021

Esistenze effimere.

Post di Rossana Rolando.

Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno
Nel libro di Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno, il termine effimero ha un posto centrale. In esso è racchiusa la consapevolezza greca del mondo umano.

💥 Effimeri. Lo si trova già nelle prime pagine ephemeros (epì – emèra: che dura un giorno) per indicare la condizione dell’uomo, la sua transitorietà, data dall’ineluttabilità della morte, presa terribilmente sul serio, come il vero nodo da cui nasce il pensiero filosofico. Essa è inaccettabile, non tanto nella sua datità (sappiamo di dover morire), quanto piuttosto nel suo potere di nullificare la vita, svuotandola del suo significato. A che vale una vita che oggi c’è e domani non c’è più? Che segno lascia nel mondo la vita individuale?¹. Essa è come le foglie. Il riferimento a Glauco, in risposta a Diomede, nell’Iliade, è eloquente:
“Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;
le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva
fiorente le nutre al tempo di primavera;
così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra dilegua”.²
Ma il termine effimero lo si ritrova anche alla fine del testo, in un ribaltamento della prospettiva iniziale, che proprio nell’esposizione alla temporalità sembra suggerire la bellezza labile dell’esistenza, preziosa proprio perché fuggevole. La vita è effimera come una farfalla o come un fiore che dura un giorno. E’ bella, è tutto quello che abbiamo – dice Mauro Bonazzi, al termine del suo percorso -, ma è fragile, caduca.
«“La morte è madre della bellezza”. E’ paradossale, forse; è sicuramente doloroso, ma probabilmente è proprio così.»³

sabato 4 dicembre 2021

Immaginare il possibile.

Post di Rosario Grillo.
Immagini del pittore tedesco Carl Spitzweg (1808-1885).
 
Carl Spitzweg, Una visita
Quando  vogliamo dare una carica di energia al possibile, finiamo di norma per uscire dal riparo naturale e sconfiniamo nell’utopia. Se però commisuriamo il nostro approccio alla situazione angusta, connotata da molteplici distopie, per guarire, non solo auspichiamo un tantino di utopia - aiuta ad uscire dal catastrofismo e a rigenerarsi nello sguardo profetico - ma anche diamo spinta alle componenti euristiche ed insieme fondative della possibilità.
Il possibile ha, a questo riguardo, una serietà epistemologica esplorata al tempo di Mach, di Musil, di Kafka… In più, mi aiuto a rafforzare il mio proponimento con la considerazione di Paolo Giordano. (1) Uno scrittore che ha saputo narrare - che in lui è svelare - avvicinando l’immaginazione al pensiero scientifico. Esempio tipico nella “solitudine dei numeri primi”.
Da lui prendo la sollecitazione a servirci della relatività (2) in una chiave costruttiva non distruttiva. Esempio viene da Einstein e ci porta dentro la relatività del tempo. Questione che noi usiamo confinare nella fisica; che, invece, ci interessa da vicino. Di più, nella situazione che stiamo vivendo sotto la minaccia della pandemia. (2) Ecco che allora aiuta a stendere una base di permanenza, ovvero il tessuto connettivo, per ragionare sulle cause, sui limiti e sulle possibilità di uscita dalla pandemia.