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sabato 11 dicembre 2021

Esistenze effimere.

Creature di un sol giorno sono gli uomini. Mauro Bonazzi e la riflessione sul senso del vivere.

Post di Rossana Rolando.

Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno
Nel libro di Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno, il termine effimero ha un posto centrale. In esso è racchiusa la consapevolezza greca del mondo umano.

💥 Effimeri. Lo si trova già nelle prime pagine ephemeros (epì – emèra: che dura un giorno) per indicare la condizione dell’uomo, la sua transitorietà, data dall’ineluttabilità della morte, presa terribilmente sul serio, come il vero nodo da cui nasce il pensiero filosofico. Essa è inaccettabile, non tanto nella sua datità (sappiamo di dover morire), quanto piuttosto nel suo potere di nullificare la vita, svuotandola del suo significato. A che vale una vita che oggi c’è e domani non c’è più? Che segno lascia nel mondo la vita individuale?¹. Essa è come le foglie. Il riferimento a Glauco, in risposta a Diomede, nell’Iliade, è eloquente:
“Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;
le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva
fiorente le nutre al tempo di primavera;
così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra dilegua”.²
Ma il termine effimero lo si ritrova anche alla fine del testo, in un ribaltamento della prospettiva iniziale, che proprio nell’esposizione alla temporalità sembra suggerire la bellezza labile dell’esistenza, preziosa proprio perché fuggevole. La vita è effimera come una farfalla o come un fiore che dura un giorno. E’ bella, è tutto quello che abbiamo – dice Mauro Bonazzi, al termine del suo percorso -, ma è fragile, caduca.
«“La morte è madre della bellezza”. E’ paradossale, forse; è sicuramente doloroso, ma probabilmente è proprio così.»³
 
Antonio Canova, Amore e Psiche
💥 “Chi siamo veramente?”⁴ Come si capisce da questo andamento circolare, che chiama in causa il lettore e l’autore stesso, non è uno studio semplicemente filologico, asettico. Si avverte il brivido dell’autentica interrogazione filosofica. Si respira la partecipazione profonda al tema trattato: “I greci e il mistero dell’esistenza” (questo il sottotitolo) intende riandare alle origini dell’inquietudine esistenziale non solo di ieri, ma anche di oggi. La cultura greca ci riporta al cuore dei problemi ovvero al senso del vivere.
 
💥 I greci e la morte. Il testo poi offre i diversi tentativi di risposta, dati al mistero della morte dal mondo greco, sia in ambito poetico, sia in diversi contesti filosofici. Ad essi, lucidamente, viene fatto seguire il possibile limite.
⏩ Prima tesi. La sopravvivenza nei figli, nel permanere di qualcosa di sé, oltre se stessi (Diotima, Simposio). Limite: a perdurare è la specie e non l’individuo destinato così a perdersi.
Seconda tesi. La ricerca di una vita eroica (Omero, Iliade), che permetta di conquistare una forma di immortalità nella memoria. O, in modo analogo, la vita spesa nella costruzione della città – vita politica – per rendere grande, unica, immortale, la propria comunità (Pericle). Limite: l’esaltazione della forza individuale o collettiva, strumentalizzata anche nel Novecento, in ambito nazista.
Antonio Canova, Ebe (dea della giovinezza)
Terza tesi. La spinta verso la conoscenza che realizza l’uomo nella sua funzione più alta - il pensiero - e gli permette di cogliere l’ordine e la bellezza in cui ciascun uomo è inserito, elevandolo ad uno sguardo che è quello divino (Platone, Aristotele). Limite: la ragione che non riconosce la propria insufficienza, da una parte (Ulisse di Dante), l’indiarsi dell’uomo che perde la sua umanità assimilandosi al divino, dall’altra parte (Platone, Aristotele).
Quarta tesi. L’eliminazione della morte come problema, in ambito epicureo, all’interno di una concezione totalmente materialistica. Limite: non è la morte in sé a generare timore (quando c’è la morte non ci siamo noi), ma è l’attesa del morire.

💥 Al di qua della religione. Chiaro è anche il discrimine tra mondo greco e visione religiosa, in particolare cristiana. Per i greci la morte individuale è una conclusione irreparabile, è una porta che si chiude, senza possibilità di un oltre. La realtà della morte non trova “soluzione” in prospettive escatologiche. Anche i miti dell’aldilà di Platone sono funzionali alla vita giusta, ordinata e bella, tesa alla conoscenza.

💥 Due spiriti. Qui si innesta un’ulteriore tematica, tutta interna alla interpretazione del mondo greco, diviso tra abisso e armonia, tra apollineo e dionisiaco, che poi vuol dire anche tra Platone e Omero, tra Winckelmann e Nietzsche. La visione tragica di Omero (la vita come disordine, flusso, caos, conflitto, divenire) si contrappone alla concezione ordinata di Platone e Aristotele (la vita dotata di senso e valore, la conoscenza come via di comprensione del mondo).

Antonio Canova, Orfeo

💥 Omero e la Bibbia. Interessante, nel testo, è anche la molteplicità dei riferimenti alla filosofia contemporanea e il contrappunto al modello greco da parte di molti autori di provenienza ebraica (Hannah Arendt e la vita attiva, come superamento della solitudine eroica; Walter Benjamin e l’angelo della storia che volge lo sguardo alle macerie di cui è intessuto il cammino dell’uomo; Simone Weil e l’illusorietà della forza; Erich Auerbach e la contrapposizione tra Omero e la Bibbia).⁶

💥 Conclusione. Ho letto con grande coinvolgimento il libro di Mauro Bonazzi. Ne condivido profondamente gli interrogativi, ne apprezzo l’argomentazione lucida e lo spirito di ricerca. Pur collocandosi in un orizzonte immanentistico - che non è quello espresso dal nostro blog – offre stimoli per un discorso che potrà essere ripreso.

💥 Note.

1.Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno, Einaudi, Torino 2020, p. 6.
2.Ibidem, p. 47.
3. Ibidem, p. 150. La citazione è tratta da Wallace Stevens, Domenica mattina, in Id., Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2015, p. 119.
4. Ibidem, quarta di copertina.
5. Cfr. Ibidem, p.114.
6. Ibidem, p. 42.

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4 commenti:

  1. Interessante l'argomento di questo libro e chiarissima come sempre la tua recensione, cara Rossana!
    Penso che anche ogni forma d'arte nasca dal bisogno di superare l'effimero, di colmare un vuoto ed eternarsi. E mi viene in mente Dante che, nel canto XV dell'inferno, dice al suo maestro Brunetto Latini: "M'insegnavate come l'uom s'etterna".
    Grazie e un abbraccio grande!

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  2. Cara Annamaria, molto bello il tuo riferimento a Dante che, tra l'altro, ha un posto tutto suo nel libro di Mauro Bonazzi. Alcune pagine, infatti, sono dedicate alla figura di Ulisse e al celebre "Considerate la vostra semenza/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e canoscenza".
    Un grande abbraccio. Buona domenica.

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  3. Comincio divagando. Ricordo che un celebre ( allora) assessore alla cultura del comune di Roma impostò la rinascita culturale a Roma celebrando l’effimero.
    Ben altra cosa, l’effimero, quando ci mette a contatto con la nostra fragilità!
    Tu, Rossana, perlustrando il contenuto del libro ed illustrandone la problematicità, ti sei soffermata sui nodi cruciali. Ne risulta, ancora una volta, la pregnanza del pensiero greco ed anche continuità e differenze tra i Greci e il Cristianesimo.
    Da brava “ ostetrica” hai voluto anche lasciare in sospeso la conclusione… Ai lettori, ciascuno con la propria sensibilità, trarre la conclusione. Grazie!🌹🤞

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  4. E' vero, c'è anche un significato deleterio del termine effimero(società dell'effimero, in cui tutto è destinato a durare poco, consumato in breve tempo): hai fatto bene a ricordarlo!
    Come tu sottolinei, l'effimero - applicato alla natura umana - è invece il ricco portato della riflessione greca e va a toccare l'essenza della vita, forse anche in senso evangelico, seppure in diversa prospettiva (i gigli del campo, per es. Lc. 12:22-34).
    Grazie, caro Rosario, sempre arguto e profondo. Buona giornata!

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