Il “resto” - un “nucleo eletto” - radice di un mondo salvabile.
Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Gustave Doré, pittore e incisore francese (1832-1883).
“Quando si comincia, c’è già un’antecedenza assoluta “ (Nancy).
Gustave Doré, Colomba inviata dall'arca, 1866 |
Senza dubbio, “il resto” identifica una minoranza e forse sarebbe meglio rappresentabile come “una ridotta” militare. Di volta in volta: dopo il diluvio, dopo la cattività babilonese, eccetera, la palma dell’elezione divina al popolo d’Israele, colpito nella protervia e nell’idolatria, ridotto nel numero e temprato dalla sciagura.
C’è subito da evidenziare che si è compiuta una selezione e i “salvati” hanno purezza d’animo e spirito per ri-cominciare. C’è quindi di mezzo: il cominciamento (biblicamente: all’inizio, l’in principio).
Un punto fermo è però che l’Inizio trascende, è incomparabile con “ciò che viene iniziato”. Una libertà incondizionata è ragione di ineffabilità della volontà di “dare inizio”. Ma, visto che si tratta di ri-cominciare, abbiamo di fronte qualcosa che è già cominciato e che (stand by, ingrippamento, aberrazione?) si è bloccato e deve ri-cominciare.
Nella vicissitudine ha perso quantità, o numero, e si ritrova: resto. Per questa ragione, il resto non è un residuo; piuttosto è una milizia scelta. La consapevolezza dell’elezione imprime, perciò, al nucleo “resto” ardore di testimonianza.
🍀Kierkegaard e Bonhoeffer
Gustave Doré, Abramo va nella terra di Canaan, 1866 |
La ripetizione non si slega dall’abitudine, dal comodo seggio di una professione sociale consolidata.
La ripresa “salta” e sceglie. In coerenza, nella vita incarnata, Kierkegaard scioglie il fidanzamento e il futuro rito matrimoniale; sceglie la singolarità della fede in Cristo.
Bonhoeffer va oltre la protezione dell’appartenenza ad una famiglia altolocata e combatte ufficialmente il Führer senza arretrare davanti all’ipotesi dell’attentato.
In questa veste, è totalmente immerso nella storia; conferma chiara del riconoscimento del mondo e del mondano. A questa condizione la religione cristiana deve corrispondere.
Superata la fase della trascendenza dell’Assoluto, matrice di una relazione di devota ubbidienza, anzi, a contrasto della tentazione subita dall’umano di ergersi a giudice del “bene e del male”, si dà solo la sostituzione vicaria che spinge l’uomo ad essere nel mondo “etsi Deus non daretur”. Da cui: il superamento del Dio tappabuchi, l’impegno responsabile all’amore del prossimo, ad “essere per l’altro”, a dare la vita per il trionfo della vita.
🎈Una maionese impazzita
Gustave Doré, Giacobbe e l'Angelo, 1866 |
Sulla via di Bonhoeffer, di un radicale confronto della fede con il terreno, tenendo per ferma la ricerca del senso del “ resto”, avvicinarvi la filosofia del corpo sviluppata dal compianto J.L.Nancy.
Il corpo nella riflessione di Nancy si distacca dal fenomenico, nell’atto stesso della conferma del “pieno concreto”. Corpo è “la verità della totalità delle monadi” (2). Rifiuto della separatezza (astrazione) (3) della monade ed “estensione indefinita del principio individuationis” (4).
Nancy si serve del criterio di “partizione “(5), per configurare l’aperto che il corpo è, propedeutico alla relazione. “Ma un corpo ‘dentro’ un corpo, ego ‘in’ ego, non apre nulla: è a contatto con l’aperto che il corpo è già, infinitamente, più che originariamente; è, a contatto con quello, che ha luogo questo attraversare che non penetra, questa mischia senza mescolanza. L’amore è il tocco dell’aperto.
Ma l’aperto non è, e non può essere, un ‘sostantivo’. L’ ‘extra’ non è un’altra ‘pars’ tra le ‘partes’, ma soltanto la partizione delle parti. Partizione, partitura, partenza” (5).
Questa dimensione del corpo pensato da Nancy mi spinge a collocarlo sulla stregua del “resto”, di un “nucleo eletto”, radice di un mondo salvabile. (6)
Note.
(2) Nancy, Corpus, Cronopio, p.25.
(3) Astrazione qui è effetto della deduzione, per via logico-matematico-metafisica, del concetto di mondo.
(4) Corpus, p. 32.
(5) Come nella “partizione delle voci”.
(6) La riflessione di Nancy sul Corpus si sviluppa in un discorso lento, frammentario, denso, pensato quasi in diretta (serve dire : quasi co -prodotto con il lettore?). Tocca vertici incredibili, assunta la via dei “ modi della sostanza” spinoziana, con l’obiettivo di svelare le intuizioni della teologia abbozzata dal “secondo” Schelling. Nei vertici, l’interazione tra Dio, ovvero la “ Morte” del corpo e i corpi, “figli di Dio”, togliendo lo stampo dell’immagine. I corpi sono luoghi, modi, maniere dell’esposizione di Dio, dello spaziamento. Se si è presa l’interpretazione corretta, si intende la Nascita, la Venuta, l’Incarnazione. Solo - ribadisco - per Nancy, non per interno ma per esterno. Da qui il corpo-caverna di Platone. Fermo restando, che fatto il corpo: luogo snodo del senso, è vietato sciogliere l’inter -vallo tra senso di sé nell’inesprimibile e corpo del senso e, per quanto si richieda la comunione e la comunità politica, da essa non riceviamo sostegno e svelamento. Rimane l’instabilità tra l’essere segno e il cercare senso. La figura astrofisica che si adatta alla “contraddizione” è quella di “buco nero”: energia che implode/esplode.
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Buon 2022 a tutta la... redazione di questo prezioso blog.
RispondiEliminaVi prego di continuare con questa lucida ,disinvolta e libera analisi intelletuale,buon anno a tutta la redazione
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