Risvegliare e risvegliarci per un nuovo inizio post coronavirus.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Ale Giorgini (qui il sito instagram)
Ale Giorgini, #danza #dolcevita |
S.Weil: “La capacità di
prestare attenzione a uno sventurato è cosa rarissima, difficilissima; è
quasi un miracolo, è un miracolo. Soltanto chi è capace di attenzione è
capace di questo sguardo. E’ quindi vero, sebbene paradossale, che una
versione latina, un problema di geometria, anche se sbagliati, purché si sia
dedicato ad essi lo sforzo adeguato, possono in un giorno lontano renderci
meglio capaci di portare a uno sventurato l’aiuto che può salvarlo nell’istante
dell’estremo sconforto. Per un giovane capace di cogliere questa verità e
abbastanza generoso per desiderare questo frutto più di ogni altro, gli studi
saranno pienamente efficaci dal punto di vista spirituale, anche al di
fuori di ogni credenza religiosa. Gli studi scolastici sono come il campo
che racchiude una perla: per averla, vale la pena di vendere tutti i propri
beni, nessuno eccettuato, al fine di poter acquistare quel campo.” (Riflessioni
sull’utilità degli studi scolastici al fine dell’amore di Dio, in Attesa
di Dio, Rusconi, Mi,1991, pp.83-84).
Nel dilagare del covit a ferragosto
l’Italia pare aver rimosso immagini e storie del primo semestre del 2020:
mortali solitudini di tanti anziani, file di camion che trasportavano anonime
bare, volti sguardi pianti disperati dei familiari, calvario degli intubati,
costellazioni di persone e di famiglie costrette alla quarantena, speranze e
progetti stroncati, donne e uomini (medici infermieri operatori sociosanitari
volontari…) sfiniti ma capaci dell’ultima carezza al paziente sconosciuto, solo
nel suo morire separato.
Ale Giorgini, Quarantena, la lettura |
Ferragosto come divertissement (“distrazione diversione divertimento”), stordimento
che rende insensibili alle questioni fondamentali della nostra esistenza in questo tempo
ferito. Devastante egocentrico masochismo corale, forse inconsapevole certo
colpevole, bisogno compulsivo di negare l’evidenza del covit (esiste poi?) e di rifiutare il disagio sociale in esso annidato,
insieme invocazione disperante celata nel gregale meccanismo di formazione
reattiva, quasi esorcizzazione tanatofobica, a conferma del pensiero 348 di
Pascal.
Ale Giorgini, #estate |
Così assistiamo esterrefatti all’assurda
contraddizione, frutto del grave squilibrio economico mondiale, di una duplice
diffusione del covit: da una parte la pandemia tragicamente galoppante in tutti
i paesi indifesi perché “poveri”, carenti o mancanti di strutture e strumenti
di protezione individuale e collettiva; dall’altra nei paesi tecnologicamente
ed economicamente progrediti l’esplosione ferragostana del covit, già
controllato con fatica, sconsideratamente disseminato in miriadi di focolai
dalla sollazzevole incoscienza di greggi - non solo i giovani - decisi a
sacrificare gli altri ed il buon senso sull’altare della “cultura del
qui-e-subito e della fretta”.
Ale Giorgini, #vino |
- fa emergere il problema profondo ed
irrisolto di chi vive rifiutando qualsiasi responsabilità;
- fa emergere ciò che si nasconde
dietro il rifiuto delle misure considerate repressive: conformismo gregario
contrabbandato come anticonformismo (in realtà massificazione sociale e
deprivazione della propria identità) indotto dai professionisti della
persuasione occulta e della menzognera seduzione abboccante;
- fa
emergere la dilagante povertà culturale trasversale a tutte le
generazioni, sballottate nella marea della società liquida e del consumo
(1).
Vera e propria emergenza educativa che riguarda tutte le generazioni:
problema di ogni tempo, ma soprattutto di questo momento con la sua
specifica assenza di educazione alla cittadinanza. La
quale si dovrebbe costruire a scuola.
Ben prima del covit e della retorica
di tanti affabulatori dell’ultima ora P. Dominici, professore
all’Università di Perugia, parlava di grave ritardo culturale: “non bastano “cittadini
connessi”, servono cittadini
criticamente formati e informati, educati al pensiero critico ed alla complessità,
educati alla cittadinanza e non alla sudditanza. […]
Occorre agire e intervenire,
con una certa urgenza. E istruzione ed educazione devono preoccuparsi di
formare Persone e Cittadini in grado di sfruttare le opportunità
determinate dall’innovazione tecnologica ma anche, e soprattutto, di
contribuire ad un cambiamento sociale e culturale che non può non fare i conti
con la famosa “questione culturale” e l’assenza di
un’etica pubblica condivisa” (2).
Ale Giorgini, #Dante |
Riuscirà la scuola, intrappolata in mille
incombenze covit, ad assolvere questo compito impossibile alla didattica a
distanza od integrata, ma solo in presenza e nell’intensità
delle lezioni di qualsiasi disciplina? Aprire intelligenza e cuore alle conoscenze e
competenze, alle relazioni interpersonali, agli incontri tra culture diverse; trasmettere
non solo il “pensiero convergente” ma promuovere il “pensiero divergente;
educare alla corresponsabilità e non al conformismo gregario; lievitare con l’I Care dei
docenti la speranza in una umanità meno sofferente e più solidale; promuovere la vera
giovinezza, incarnata nel mondo, che non evade e riconosce la
vocazione di ognuno di noi (l'attenzione!) a “portare a uno
sventurato l’aiuto che può salvarlo nell’istante dell’estremo sconforto”. (3)
E’ la sfida che
l’incosciente dilagare del covit pone ad ognuno di noi: riorganizzare la speranza,
ricercare insieme il
senso comunitario, scegliere ciascuno la conversione
(e non la diversione!), risvegliarci e risvegliare per un nuovo inizio, camminare insieme
e “insieme
arrivare alla verità”.
Note.
Ale Giorgini, #nutrice |
2. Si legga
il lucido articolo del prof. P. Dominici “I rischi di un’innovazione
tecnologica senza cultura e l’illusione di una relazione meno asimmetrica con
il potere” 27.03.17 blog “fuori dal prisma-Il sole 24 ore”.
3. Nulla a che fare ovviamente con la
giovinezza contrabbandata dai media con il nome di successo, consumo,
conformismo, evasione dal pensare, oblio della povertà, rimozione della morte,
emarginazione della vecchiaia. Scriveva Mounier: “Io non difendo qui la nostra
giovinezza, non quella determinata dall’età della carne, ma quella che trionfa
sulla morte delle abitudini ed alla quale accade che si pervenga se non
lentamente con gli anni. E’ questa che fa il pregio dell’altra
giovinezza, che ne giustifica, di quando in quando, la sua irruzione un
po’ violenta nei ranghi calmi degli adulti. Se a quest’età l’uomo che nasce non
nega con tutte le sue forze, non s’indigna con tutte le sue forze, se si
preoccupa di note critiche e un po’ troppo di armonie intellettuali prima
di aver sofferto il mondo in se stesso, fino al grido, allora è un povero
essere, un’anima bella che già odora di morte” (cfr. Rivoluzione
personalista e comunitaria, Mi, ed. Comunità).
Davvero un articolo pregevole che sottoscrivo in ogni sua parte. Grazie per averlo scritto.
RispondiEliminaGrazie a Lei, gent.le Valeria, sempre generosa nei riguardi del nostro blog.
EliminaGrazie, una riflessione che condivido pienamente. Un pensiero forte, per iniziare il nuovo anno scolastico. Condivido in rete.
RispondiEliminaFaccio nostro il suo auspicio per un anno scolastico nuovo, rinnovato.
EliminaGrazie Gian Maria di questo intervento fondamentale, lucido, veritiero.
RispondiEliminaGent.le e cara Laura, questo giudizio ci è particolarmente gradito, nella speranza che il messaggio del post non si riduca ad essere solo voce che grida nel deserto, ma possa, senza clamore, umilmente, essere almeno un po’ virale…
EliminaAlla fine la febbre vacanziera è esplosa più forte dell'epidemia, all'insegna dell'irresponsabilità, del " non me passa manco pe la capa", cioè non ci voglio proprio pensare, me la voglio godere tutta, rinforzata da quelli che " è tutta una montatura", " la mascherina limita la libertà", oppure a sproposito " si muore più di cancro, di infarto o di fame nel terzo mondo"..di cui prima non si sono mai occupati...
RispondiEliminaVorrei dar ragione a Simone Veil ma avendo 74 anni, conosco tanti anziani che pur essendosi concentrati a suo tempo su versioni di latino e problemi di algebra, oggi non prestano alcuna attenzione al povero, all'immigrato, anzi ne sono infastidi e semmai strizzano l'occhio a chi vorrebbe
"prima gli italiani", perché "non è giusto che pretendano la roba nostra" e simili amenità. Non saprei dire qual è il segreto che fa distinguere e optare per un "I care" piuttosto che per un
" me ne frego"; vedo però che quelli che scambiano per libertà " fare quello che mi pare alla faccia degli altri" sono moltissimi.
Ha ragione: non basta lo studio asettico del latino o della geometria se il contesto che lo connota non è l’I Care, ovvero l’attenzione di cui parla S. Weil: … E questo dovrebbe essere il respiro, il clima educante di ogni scuola , “al di là di ogni credenza religiosa”, chiamata a rendere libero nelle scelte ogni alunno e nel contempo a testimoniare “la perla” dell’attenzione verso il prossimo sofferente. Grazie.
EliminaNon siamo Cassandra! La tua vibrante esortazione al senso morale, alla cifra della cittadinanza, al “ segno spirituale “ ( riassunto con le parole di Pascal e della Weil), la riuscita sinergia tra iconografia e parole mettono alla gogna la superficialità del “ gregge” che, dietro alla scusa dello spirito vacanziero, ha voluto sfidare la pandemia, lo stato di salute della comunità, inneggiando al “ menefreghismo “. Si potrebbero richiamare le omelie del Papa, mettere in evidenza “ l’indifferenza “ ee “ l’economia dello scarto “... su tutto aleggia l’irresponsabilità. Educazione, cultura, meditazione, prossimità aiutano ad uscirne. Una grande lezione morale, Gian Maria!💫💫💫
RispondiEliminaCaro Rosario, leggo nelle tue espressioni il tuo preciso impegno e quanto insieme a Rossana in ogni post tentiamo di testimoniare con gioiosa libertà di parola e sofferta speranza. Grazie.
RispondiEliminaGrazie davvero di tutto cuore per questa riflessione, Gian Maria, che condivido appieno e che sino ad ora è mancata, forse per incuria e impotenza, o forse per timore.
RispondiEliminaTemo, gentile Patrizia, che sia prevalente il timore di compromettersi in posizioni scomode e impopolari. Tanto più, quindi, la ringrazio per la sua condivisione. Resta il problema drammatico del compito della scuola, in questo momento affannata in mille altre questioni contingenti (si spera contingenti).
EliminaGian Maria proprio questo temo sia il punto dolente della questione. Se non si concrescono, genitori e istituzioni, persone consapevoli e informate, capaci di sostenere le difficoltà temporanee in vista di un bene comune, quale la salute, e in attesa del superamento di una gravissima calamità, allora la speranza fatica a farsi strada. Ecco perché ho percepito le parole di Simone Weil come profetiche e da tenere come preziose per tutti noi.
EliminaTrovo questa riflessione molto attenta e dettagliata. Grazie, è davvero toccante.
RispondiEliminaGrazie a lei per il commento che esprime una forte sensibilità sociale che ci auguriamo possa coinvolgere il maggior numero di persone.
RispondiEliminaRiflessioni magistrali, che sottoscrivo integralmente. Grazie. E ... speriamo bene, essendo la speranza virtù teologale. Saluti cordiali.
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