Che cosa si chiede oggi ad un insegnante e alla scuola.
Post di Rossana RolandoImmagini di Andrea Ucini (qui il sito).
“Io amai in lei qualcosa di più che
il professore”
(Lettera di Cesare Pavese ad
Augusto Monti, agosto 1926)¹.
Andrea Ucini |
Non è così nella prospettiva politica,
ma soprattutto - mi sembra di capire - nel sentire di molta parte della
società.
✴️ Negli
ultimi giorni di agosto si è scatenata, su twitter (e non solo), un’ondata
d’odio nei confronti degli insegnanti descritti come nullafacenti:
«solo cinque ore al giorno, gite gratis, 7 mesi di “lavoro”, 3 mesi di vacanza
estiva, in ferie da febbraio 2020, con lo scoppio della pandemia e lo stipendio
garantito…». Sono solo alcune delle invettive rimbalzate in rete.
Andrea Ucini |
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“…la incomprensione di un certo genere di cose si riteneva prima una vergogna perché testimoniava direttamente della ottusità del soggetto, della sua ignoranza, dell’insufficiente sviluppo della sua mente e del suo cuore, della debolezza delle sue capacità intellettuali. Adesso invece la frase: “Io non lo capisco”, viene pronunziata quasi con superbia, per lo meno con solennità. Come se uno con questa frase salisse subito sopra un piedistallo agli occhi degli ascoltatori e, quel che è più comico, anche ai propri occhi, senza vergognarsi. Adesso le parole: “Io non capisco nulla di Raffaello”, oppure “Ho letto a bella posta tutto Shakespeare e confesso di non avervi trovato niente di speciale”, queste parole adesso possono essere prese non soltanto come segno di una mente profonda, ma perfino come qualche cosa di lodevole, quasi come un’azione morale. La superbia degli ignoranti è divenuta davvero smisurata.”³
Andrea Ucini |
Ad
un docente si chiederebbe di essere un presidio di cultura,
si domanderebbe una preparazione fatta di continui aggiornamenti personali
(letture, studio, elaborazione), ben al di là del sapere acquisito con la
laurea. Da lui si dovrebbe esigere la capacità di trasmettere la passione per
il sapere, la tensione verso la conoscenza, credibile perché coltivata ogni
giorno; da lui si dovrebbero reclamare lezioni preparate con cura, nei
pomeriggi che precedono le lezioni mattutine e non percorsi improvvisati al
momento (spesso per le troppe altre mansioni da svolgere) …
Andrea Ucini |
Per questo un insegnante che fosse
totalmente assorbito da impegni scolastici, spesso distanti dalla didattica in
senso stretto (adempimenti burocratici, progetti di ogni genere, gestione
alternanza scuola lavoro, attività di orientamento e molto altro… mi riferisco,
in particolare, alla scuola secondaria di secondo grado) non sarebbe
auspicabile, perché finirebbe per essere del tutto svuotato, alla stregua di un
inutile ripetitore di formule, incapace di rinnovamento e di fascinazione
culturale. Allora si capirebbe che la fiamma del sapere accende se si tiene
accesa, perciò si valorizzerebbero i tempi di sospensione della didattica,
quelli in cui un insegnante può dare nuova energia al proprio impegno
scolastico, continuando ad imparare, approfondendo, leggendo, scrivendo.
Andrea Ucini |
✴️ Ma
non è questo che si chiede oggi ad un insegnante e alla scuola.
Note.
1. Cesare Pavese, Vita attraverso le lettere, Einaudi, Torino 1996, p. 9.
2. Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 2014, p. 135.
3. Il brano è stato recentemente (29 agosto 2020) ripreso nella rubrica "Piccola posta", curata da Adriano Sofri, ne Il foglio (vedi qui).
4. Massimo Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino 2014, p. 98.
Note.
1. Cesare Pavese, Vita attraverso le lettere, Einaudi, Torino 1996, p. 9.
2. Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino 2014, p. 135.
3. Il brano è stato recentemente (29 agosto 2020) ripreso nella rubrica "Piccola posta", curata da Adriano Sofri, ne Il foglio (vedi qui).
4. Massimo Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino 2014, p. 98.
Non posso che essere d'accordo con la tua analisi ampia e puntuale, cara Rossana. Certo: più importante è il ritorno DELLA scuola!
RispondiEliminaMi permetto di aggiungere solo una piccola cosa.
La scuola di questi ultimi anni...forse anche decenni, si è focalizzata su saperi e competenze immediatamente spendibili in rapporto agli interessi economici della società. Non dico che ciò sia sbagliato, ma l'errore di fondo è stato - in nome di questo - trascurare e ritenere inutile ciò che concorre invece alla FORMAZIONE di una persona, lavoro molto più lento e che talora non dà immediato riscontro. Parlo dell'educazione al bello attraverso l'arte, la poesia, al rigore del ragionamento attraverso la filosofia, la matematica, il LATINO!!!! La conoscenza delle nostre radici con la storia, la lingua greca! E potrei continuare.
Certo, sono discipline che si studiano ancora e non mancano fior di insegnanti lodevolmente impegnati su questo fronte e capaci di "fascinazione culturale"...ma occorrerebbe anche una politica, uno sguardo dall'alto che puntasse ai valori e non solo ad assecondare la mentalità comune e ad approfondire il baratro in cui la scuola oggi sta finendo.
Grazie!!!
Annamaria cara, hai colto perfettamente il punto. C'è un bel libro di Nuccio Ordine, che forse conosci, dal titolo "L'utilità dell'inutile" (Bompiani), proprio centrato su questo, con riferimento anche alle politiche miopi che tagliano le risorse finanziarie a scuola e università: "Proprio quando la crisi attanaglia una nazione è necessario raddoppiare i fondi destinati ai saperi e all'educazione dei giovani, per evitare che la società precipiti nel baratro dell'ignoranza" (p. 121).
EliminaIl fatto che oggi la scuola non abbia spazi adeguati alle necessità del distanziamento rispecchia, in termini fisici,l'assenza di uno spazio progettuale sulla scuola e sui giovani, con il trionfo di una logica tesa a risparmiare sull'inutile (nel doppio significato di ciò che non dà profitto e di ciò che non porta voti e non crea immediato consenso...).
Grazie a te.
La supponenza non ti appartiene, come non appartiene ai veri educatori. Con garbo, circondata dalla fantasia immaginativa delle icone, anche con piglio: nel graffio di quella modifica basilare ( della, invece di a ), cara Rossana, metti a fuoco il ruolo universale della scuola: sede istituzionale della cultura. Cultura in itinere , perché sentiero ininterrotto di intuizioni, fascinazioni, bisogno di emancipazione, dialogo e diffusione di idee: fucina,come ben hai detto. Lo sviamento, per effetto di modelli che non ci appartengono, ha dato il destro a politiche fondate su principi di “ ragioneria del risparmio “ ed è andata incontro ad umori “ populistici “ di famiglie illuse. Se la fermata ha avuto un senso, la riflessione per il recupero dello “spirito della comunità educante “ dovrebbe prevalere. Anche chi ha lasciato la scuola per motivi di età si accoda. Grazie 😊
RispondiEliminaBellissima la definizione di "cultura in itinere", intesa come "sentiero ininterrotto di intuizioni, fascinazioni, bisogno di emancipazione, dialogo e diffusione di idee", una cultura che la scuola dovrebbe custodire. In particolare sottolineo il "bisogno di emancipazione" (dall'ignoranza, dall'odio, dalla violenza, dalla strumentalizzazione, dalla demagogia...) che mi pare particolarmente urgente oggi e che segna il carattere spirituale e morale della crisi che attraversiamo.
RispondiEliminaUn caro saluto.
Sottoscrivo le tue riflessioni, tra le cui righe avverto la sofferenza di una docente seria, competente e appassionata. Forza! Il tuo/nostro mestiere - sebbene incompreso, sottovalutato o addirittura vituperato - può cambiare in meglio il mondo. Un abbraccio affettuoso.
RispondiEliminaGrazie,cara Maria. So che le tue sono parole vere, vissute in profondità nella tua esperienza di insegnante per scelta e vocazione. Ti sentirò vicina in questo anno sicuramente complicato, che mi auguro comunque significativo per la mia scuola e per tutte le scuole, "per cambiare in meglio il mondo". Un abbraccio affettuoso a te.
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